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Autore: Little_Lotte    17/05/2015    7 recensioni
Andrew e Christian.
Due destini che si incontrano, si intrecciano e si dividono senza mai separarsi del tutto.
Una vita spezzata troppo presto e un dolore troppo grande da descrivere.
Pregiudizi e paure, sorrisi e speranze, una gran voglia di gridare al mondo che non è ancora troppo tardi.
E amore. Soprattutto amore.
[ Storia scritta per la Giornata Mondiale contro l'omofobia. ]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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PRIMA DELLA LETTURA: Questa storia, scritta per la Giornata Mondiale contro l'omofobia, non ha alcuno scopo di lucro e si limita semplicemente a sensibilizzare il lettore, senza troppe pretese. Non è mia intenzione offendere nessuno e qualsiasi riferimento alla religione cattolica è stato fatto nel massimo rispetto della medesima, senza un vero e proprio schieramento personale.
Il titolo è tratto dalla canzone di Hozier "Take Me To Church".
Buona lettura.

 

<< Christian? Christian, ti prego... Apri questa porta. >>

Christian non rispose.

Se ne stava seduto sul proprio letto, le ginocchia raggomitolate al petto e il volto sepolto fra le proprie braccia, quasi stesse cercando di isolarsi completamente dal resto del mondo. Non voleva vedere nessuno e tanto meno parlare, desiderava solamente essere lasciato in pace, da solo e in silenzio con il proprio dolore.

<< Christian? Te lo chiedo per favore, figlio mio, apri questa porta. >>

Sua madre, tuttavia, sembrava non riuscire ad accettare quella decisione.

Non che la povera donna fosse da biasimare, in effetti; erano trascorsi diversi giorni, oramai, da quel terribile “incidente” e per quanto fosse comprensibile che Christian ancora non fosse riuscito ad elaborare il lutto, non era minimamente accettabile che il ragazzo se ne stesse così barricato nella propria stanza, rifiutando in maniera categorica qualsiasi tipo di contatto con l'esterno.

Questo comportamento, a lungo andare, avrebbe finito col distruggerlo completamente.

<< Christian. >> ripeté ancora una volta la donna, a denti stretti ed in tono estremamente rigido << Sto cominciando a perdere la pazienza, se continui così sarò costretta a buttare giù la porta a calci. Adesso vedi di farmi entrare, altrimenti io... >>

Le sue parole vennero interrotte da un rapido click e la serratura scattò di colpo, la porta che si aprì rivelando finalmente l'immagine di un giovane ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri e spenti, gonfi a causa delle lacrime; il suo volto era scavato dal dolore e solcato da un'espressione cupa e spenta.

Chiunque lo avesse conosciuto prima di quel momento, avrebbe probabilmente fatto fatica a riconoscerlo.

<< Che cosa vuoi? >> domandò in tono piatto, permettendo a sua madre di entrare e richiudendosi in fretta la porta alle spalle << Ti avevo detto che volevo stare da solo. >>

La donna lo guardò in silenzio per diversi secondi, uno sguardo a metà fra il severo e il preoccupato.

<< Sono giorni che dici di voler stare da solo, Christian. >> osservò << E' da oltre una settimana che non esci di casa, te ne stai chiuso dentro la tua stanza e a malapena ne vieni fuori per mangiare, hai perso completamente la voglia di vivere! Non puoi andare avanti così, amore mio, di questo passo finirai per consumarti completamente. >>

Christian non rispose e tornò a sedersi sul materasso, raggomitolandosi nuovamente su se stesso.

Sua madre non perse tempo e si sedette vicino a lui, fissandolo intensamente e continuando a parlare; sperava che, prima o poi, la sua insistenza e le sue argomentazioni avrebbero portato il ragazzo all'esasperazione, convincendolo finalmente a rimettere insieme i pezzi e a venir fuori da quel cupo, appartato rifugio che si era così faticosamente costruito.

<< Christian, ascoltami... Non voglio sembrarti troppo dura, so bene quello che stai passando in questo momento. >> disse la donna, con voce morbida e comprensiva << Non sto cercando di sminuire la tua sofferenza, vorrei solamente che tu provassi a reagire. Non puoi andare avanti così, non è in questo modo che si affronta il dolore. >>

Christian, a quel punto, sollevò lentamente il capo e rivolse lei un'espressione gelida, talmente intensa e penetrante che la donna non poté fare a meno di avvertire, lungo la propria schiena, un violento brivido di terrore.

<< Tu pensi di sapere cosa sto passando? >> domandò il ragazzo, con una leggera punta di sarcasmo << Credi davvero di sapere come mi sento? Oh, no... No, qui ti sbagli di grosso, mamma: nessuno sa come mi sento, nessuno potrà mai capirlo. >>

Si alzò in piedi di scatto e si allontanò di qualche passo, come a voler mantenere una distanza di sicurezza da sua madre; la donna si alzò a sua volta e provò ad andargli dietro, ma fra i due vi era come una sorta di linea di confine, un margine immaginario che li teneva separati, impedendo lei di avvicinarsi a Christian ed invadere il suo territorio sicuro.

La donna continuò a guardarlo in silenzio, gli occhi colmi di tristezza e disappunto.

<< Io sto solo cercando di aiutarti. >> disse << So quanto stai soffrendo per la morte del tuo amico, ma non puoi rinchiuderti in te stesso per sempre! Io sono certa che lui non vorrebbe questo da te, se solo tu provassi a... >>

<< Tu non sai niente di cosa vorrebbe lui, mamma! >> strillò a quel punto Christian, gli occhi che di nuovo gli si riempirono di lacrime, rabbia e dolore << Che cosa ne sai di lui? Neanche lo conoscevi, non sei neppure venuta al suo funerale perché non riuscivi ad accettare il fatto che fosse morto perché era... Aspetta, come lo hai definito? Ah, sì... Diverso. >>

Quell'ultima parola risuonò nelle orecchie di sua madre come un vero e proprio frastuono, colpendola con la stessa intensità di un milione di lame arrugginite che le trafiggevano il cuore.

<< Christian, io... Ti prego, non essere così duro con me. >> mormorò a mezza voce << So che sei ancora molto scosso per quanto è accaduto, l'incidente che ha ucciso il tuo amico è stata una vera tragedia e... >>

<< Incidente? Davvero ti ostini a chiamarlo incidente? >> Christian la guardò con espressione persa e vacua, quasi non riusciva a credere alle sue orecchie << Quello che tu chiami incidente, mamma, è stato una vile bastardata che un branco di stronzi, figli di puttana, ha ben pensato di mettere in atto per punire Andrew di un crimine che non aveva mai commesso. >>

<< Vedi di moderare i termini, giovanotto. >> lo ammonì bruscamente sua madre, ma Christian non aveva alcuna intenzione di prestare attenzione al galateo e alle buone maniere.

Se ne infischiava delle buone maniere, le buone maniere non sarebbero certo servite a riportargli indietro il suo migliore amico.

<< Andrew è morto per colpa di quelli stronzi, mamma, e di tutte quelle persone che non sono mai riuscite ad accettarlo per quello che era. >> dichiarò a denti stretti Christian, guardando la madre con aria furente << Compresa te. >>

Sua madre, a quel punto, lo colpì duramente con uno schiaffo in pieno volto, talmente forte da fargli persino girare la faccia. Christian si morse il labbro inferiore e riuscì a malapena a trattenere le lacrime, poi si ricompose lentamente e massaggiandosi la guancia dolorante sibilò in direzione di sua madre: << Vattene via, voglio stare da solo. Non ho più voglia di parlare con te, non ho voglia di parlare con nessuno. Lasciami in pace e vattene via. Adesso. >>

La donna sospirò profondamente e, infine, fu costretta a cedere alle richieste dell' adolescente; abbandonò la stanza senza aggiungere altro e si richiuse gentilmente la porta alle spalle, lasciando ancora una volta Christian alla sua solitudine, e non potendo fare a meno di chiedersi se non avrebbe potuto fare qualcosa di più per aiutare il ragazzo ad uscire dalla propria depressione.

In ogni caso, Christian, sembrava non voler essere minimamente aiutato.

Tornò a sdraiarsi sul proprio letto - le ginocchia strette al petto e il volto ancora una volta sepolto nelle proprie braccia – e finalmente poté abbandonarsi ad un lungo, indisturbato pianto di dolore.

Erano trascorsi giorni e giorni, eppure ancora non riusciva a capacitarsene.

Aveva visto egli stesso seppellire Andrew nel cimitero comunale della sua cittadina, eppure faceva ancora troppa fatica a credere che fosse morto davvero.

Le lacrime continuavano a scendere a fiotti lungo le sue guance e il suo respirò iniziò a farsi pesante, quasi singhiozzante; sentiva il cuore contrarsi dolorosamente dentro al suo petto ed aveva la netta sensazione che il fiato, prima o poi, sarebbe venuto a mancare.

In quel momento avrebbe tanto desiderato un abbraccio, ma non un abbraccio qualsiasi, non avrebbe certo accettato di perdersi nel tiepido calore di una persona qualunque; no, il solo abbraccio che avrebbe potuto restituirgli la forza di vivere era quello di Andrew, della sola persona al mondo che lo avesse mai fatto sentire libero di essere se stesso.

Solo che Andrew, adesso, non c'era più.

Christian si morse ancora una volta il labbro e ricominciò a piangere, le braccia sempre più strette attorno alle proprie ginocchia come a voler simulare quell'abbraccio da lui tanto anelato. Poi chiuse gli occhi e lasciò che la mente andasse a vagare liberamente da tutt'altra parte, abbandonandosi del tutto al piacere e alla nostalgia dei ricordi.

*

Christian ricordava ancora molto bene il giorno in cui, per la prima volta, i suoi occhi azzurri incontrarono quelli verdi e pieni di brio di Andrew.

Accadde tutto il primo giorno di scuola, durante la prima ora di quel primissimo giorno di liceo: Christian si presentò in perfetto orario al corso di letteratura inglese e, da bravo studente modello, andò a sedersi in prima fila per accertarsi di riuscire a seguire al meglio la lezione; nessuno dei suoi compagni era minimamente intenzionato a fargli compagnia in quel piccolo, solitario banco a pochi centimetri di distanza dalla cattedra, e così Christian si ritrovò a dover seguire da solo quell'infinita, insopportabile lezione introduttiva al corso.

Questo, almeno, per i primi venti minuti.

Avvenne tutto talmente in fretta che Christian a malapena riuscì a mettere a fuoco: un ragazzo dai lunghi capelli castani e due grandi, vivacissimi occhi verdi, irruppe improvvisamente nell'aula di letteratura, disturbando così il regolare svolgimento delle lezioni; il suo viso era paonazzo e il respiro visibilmente affannato, come se avesse appena concluso una gara di corsa alla massima velocità.

Nel vederlo comparire così disordinatamente sulla soglia, Christian non poté trattenere un leggero sorrisetto divertito.

<< Scusate il ritardo. >> ansimò il nuovo arrivato, sostenendosi allo stipite della porta per evitare di collassare a terra per la fatica << E' questo il corso di letteratura inglese primo livello, vero? >>

Il professor Hudson, un uomo dal fisico tarchiato, senza capelli e con due minuscoli occhi grigi nascosti dietro ad un paio di lenti spesse come fondi di bottiglia, si alzò dalla cattedra e rivolse lui uno sguardo severo, mentre il resto della classe s'irrigidiva sulla propria sedia.

<< Il corso è questo, ma la lezione è iniziata da almeno venti minuti. >> rispose duramente l'uomo, fissando il ragazzo con aria perplessa << Che cosa le ha fatto pensare di potersi presentare con un tale ritardo, signor...? >>

Il ragazzo arrossì violentemente.

<< A-Andrew Smith. >> farfugliò imbarazzato << M-mi dispiace, io... Temo di essermi perso. Non ho un buon senso dell'orientamento, ero finito dal lato opposto della scuola e non riuscivo più a tornare indietro. Questo edificio è un tale labirinto! >>

Tutti gli studenti ridacchiarono divertiti – compreso Christian – e questo fece arrossire ulteriormente il povero ragazzo, che chinò immediatamente il capo per non dover guardare il professore – già chiaramente innervosito - dritto negli occhi. Il professor Hudson, tuttavia, si mostrò ben più comprensivo del previsto e con un rapido sospiro rivolto al cielo disse: << Beh, non che si sia perso poi molto, a dirla tutta. Su, vada a sedersi da qualche parte e apra il libro alle prime pagine introduttive. E che questo genere di episodi non si verifichino mai più, signor Smith. >>

<< Oh, sì... Può starne certo, non si preoccupi! >> esclamò allegramente Andrew, accomodandosi nell'unico posto libero che era ormai rimasto in tutta la classe.

Quello di fianco a Christian.

Il biondo lo osservò curiosamente mentre sfogliava le pagine del manuale, ben più interessato alla sua figura che ai suoi gesti: il suo volto era dolce e i lineamenti delicati, i capelli castani raccolti in un codino di media lunghezza ed i suoi occhi... Oh, i suoi occhi.

Christian credette di non aver mai visto niente di simile in tutta la sua vita: Non erano semplicemente di un colore incredibile, a metà fra il verde dell'erba e l'azzurro del mare, più di ogni altra cosa essi erano splendenti, luminosi e traboccanti di vita.

Non poteva essere un semplice essere umano, pensò fra sé e sé, solamente un angelo o una creatura divina poteva avere un simile sguardo.

<< A quanto pare dovrò comprarmi una bussola per le prossime lezioni. >> mormorò a bassa voce Andrew, rivolgendosi a Christian con un sorrisetto sornione sulle labbra << Forse in questo modo riuscirei a cavarmela, che ne pensi? >>

Christian arrossì a sua volta e fece un lieve cenno con il capo, in segno di assenso.

<< P-probabilmente. >> disse poi, con voce flebile.

Andrew ampliò il proprio sorriso e Christian dovette trattenersi parecchio per non arrossire ancora di più.

<< Comunque piacere, io sono Andrew. >> disse il primo, in tono affabile e cortese << Come avrai già avuto modo di capire, in effetti. E tu invece sei...? >>

<< Signor Smith, per caso la mia lezione disturba le sue chiacchiere? Il primo richiamo non le è bastato? Desidera forse che le metta una nota sul registro proprio il primo giorno di scuola? >>

Andrew scosse il capo e sospirò profondamente, mortificato.

<< No, signore. Mi scusi, non accadrà più. >>

<< Beh, voglio sperare. Adesso, che cosa stavamo dicendo? Ah, sì! I poeti che andremo a studiare durante la prima parte del corso sono... >>

Andrew chinò il capo sul proprio libro e serrò le labbra in un rispettoso silenzio, senza prestare – tuttavia – particolare attenzione alle parole del professore. Christian, a quel punto, strappò un pezzo di carta dal quaderno e vi scribacchiò sopra qualcosa, passandolo di nascosto al suo vicino di banco, facendo molta attenzione a non farsi beccare.

Andrew osservò curiosamente quel piccolo foglio stropicciato e lo aprì con molta attenzione, mentre Christian continuava a fissarlo con la coda dell'occhio, in attesa di una reazione. Gli occhi di Andrew scorsero lungo tutte le lettere che componevano quell'unica parola ed il suo volto, immediatamente, venne solcato da un ampio sorriso deliziato.

Christian.” pensò fra sé e sé Davvero un bellissimo nome.”

I due si scambiarono un lungo sguardo eloquente e si sorrisero a vicenda, senza alcun bisogno di proferire parola. Sapevano, del resto, di essersi trovati e che quello sarebbe stato l'inizio di una vero, splendida ed importante amicizia.

E che niente, nelle loro vite, sarebbe mai più stato lo stesso.

*

La prima volta che Andrew e Christian parlarono di omosessualità fu circa un mese dopo il loro primo incontro: quel giorno l'intera scuola era in subbuglio perché Percy Campbell, uno studente del terzo anno, era stato espulso per aver picchiato un suo compagno della squadra di football, senza alcuna valida ragione apparente. Le ragioni del fermento erano tante, a cominciare dal fatto che senza Campbell in squadra, la scuola poteva sognarsi di vincere la prima partita del campionato contro l'istituto della città di confine, sua eterna rivale sin dai tempi più antichi.

<< Non trovi assurdo che tutti continuino a preoccuparsi di Campbell e del futuro della squadra di football? >> domandò in tono polemico Andrew, sdraiato sul prato insieme a Christian durante uno dei loro tipici momenti di svago << Nessuno ha detto una sola parola su quel povero ragazzo riempito di botte, come se non contasse un bel niente! Come se non importasse a nessuno il motivo per cui è stato preso di mira da quel bullo. >>

<< Cosa... Il motivo? >> Christian lo guardò curiosamente, senza capire << Perché, tu conosci il motivo per cui Campbell lo ha picchiato? >>

Andrew annuì.

<< Lo sanno tutti a scuola, solo che non vogliono parlarne. >> biascicò << Del resto, a nessuno piace parlare dell'omosessualità di una persona. >>

<< Cosa... Garrison è omosessuale? >> domandò subito Christian, piuttosto sconcertato dalla notizia << Dici sul serio? >>

<< Certamente! A scuola lo sanno tutti. >> rilanciò Andrew, scrollando le spalle << A parte te, è ovvio. Anche se adesso sei stato informato anche tu, quindi si può dire che lo sappiano davvero tutti. >>

Christian quasi non riusciva a credere alle sue orecchie.

<< Pazzesco... Dunque è questo il motivo per cui Campbell se l'è presa con lui? Perché ha scoperto che è omosessuale? >>

<< Già, non è un vero schifo? >> sbraitò rabbiosamente Andrew, contraendo il volto in una smorfia << Quel bastardo di Campbell meriterebbe di non fare più ritorno a scuola, anzi, dovrebbe essere bandito da tutte le scuole del pianeta! Non riesco a credere che esistano persone tanto meschine da prendersela con qualcuno solamente perché diverso da loro. >>

Christian lo guardò timidamente, prima di mormorare con voce incerta: << Beh, ma... Essere omosessuali è comunque una cosa sbagliata... Giusto? >>

<< Cosa? >> Andrew si tirò su di scatto e rivolse all'amico uno sguardo letteralmente attonito; stavolta era lui a non credere alle sue orecchie << Non stai dicendo sul serio, vero Chris? >>

Christian si fece completamente rosso in volto e abbassò in fretta lo sguardo, sentendosi di colpo tremendamente vulnerabile di fronte all'amico.

<< Beh, io... Voglio dire, in genere agli uomini piacciono le donne e viceversa, il fatto che ad un uomo possano piacere altri uomini va contro la natura umana ed è... Beh, sbagliato. >> disse con voce fioca << Almeno, questo è ciò che dicono sempre mio padre e mia madre. >>

Andrew lo guardò con curiosità e poi, comprendendo perfettamente il suo stato di confusione, provò a chiedergli gentilmente: << E tu, invece, che cosa ne pensi? >>

Christian sospirò profondamente.

<< Non lo so. >> ammise << Confesso di non aver mai avuto la possibilità di farmi una mia idea, credo di essermi sempre lasciato influenzare da ciò che i miei genitori mi avevano messo in testa. >>

<< Beh, adesso hai la possibilità di fartela questa idea. >> rilanciò immediatamente Andrew, con insistenza << Cerca di non riflettere troppo su quanto ti ho appena chiesto e rispondimi di getto, senza pensarci su. Allora, Christian: tu cosa ne pensi dell'omosessualità? >>

<< Ecco, io... Non so, se devo essere sincero... >>

<< Ci stai pensando troppo su, Christian, così non va bene! Avanti, rispondi di getto senza fare una delle tue solite, eterne elucubrazioni mentali. Allora, che cose ne pensi della... >>

<< Sì, sì... Ho capito! >> sbraitò a quel punto Christian, in tono lievemente alterato << Io... Io non lo so che cosa penso, Andrew. Immagino che non sia giusto giudicare qualcuno in base a ciò che sente per una persona, o in base a chi sceglie di amare. E' vero, io sono cresciuto con l'idea che fosse una cosa sbagliata perché tutti – i miei genitori e la chiesa – mi dicevano così, ma io non penso di essere molto d'accordo. In effetti, se devo essere sincero, penso di non esserlo affatto. >>

Andrew sorrise ampiamente – era evidente che fosse molto soddisfatto da quella risposta - e poi tirò un lungo, profondo,sospiro prima di accasciarsi nuovamente sull'erba fresca di quel grande prato deserto. Christian pensò di fare altrettanto ma pochi istanti dopo, prima ancora che avesse il tempo di mettersi comodo, Andrew sollevò di nuovo il capo e si rivolse a lui con aria interrogativa.

<< Chris, ascolta... Potrei farti un'altra domanda? >>

Christian si tirò su leggermente, puntellandosi sui gomiti, e guardò l'amico di rimando con altrettanta curiosità.

<< Sì, certo. >> rispose << Di che si tratta? >>

Andrew si morse il labbro ed incominciò a giocherellare nervosamente con un filo d'erba, come se stesse cercando di prendere tempo. Christian continuò a fissarlo curiosamente, quasi incredulo da quel suo atteggiamento così insolitamente timido e tentennante, così lontano dalla sua tipica spavalderia e dalla schiettezza dei suoi modi di fare.

<< Andrew? Guarda che a me puoi dire qualsiasi cosa, non c'è niente di cui vergognarsi. >> gli disse ad un tratto il biondo, vedendo che ancora faceva fatica a trovare le parole << Sei il mio migliore amico, non potrei mai avercela con te per qualcosa che hai detto o fatto. >>

Andrew lo guardò dolcemente e sorrise, non potendo fare a meno di sentirsi fortemente rincuorato da quelle parole. Sì, in fin dei conti Christian aveva ragione: il legame che si era instaurato fra di loro era forte e stabile – bastava vedere quanto rapidamente fossero diventati amici - e di certo non sarebbe bastato così poco a mandare tutto a monte.

Anche se...

<< Allora, Andrew? >> insistette Christian << Coraggio, parla. >>

Andrew sospirò profondamente e poi, finalmente, si decise a vuotare il sacco.

<< Dimmi la verità, Christian: che cosa faresti se ti dicessi che anche io sono omosessuale? >>

Christian allibì e per diversi secondi rimase così sospeso senza dire una sola parola, i suoi occhi ancora saldamente puntati su Andrew in un'espressione di mero stupore e confusione. Avrebbe voluto dire qualcosa – qualsiasi cosa – ma la sua gola era come essiccata, del tutto incapace di produrre qualsiasi genere di suono.

<< Come... Tu... P-perché me lo stai chiedendo? >> riuscì a biascicare infine, dopo diversi tentativi di articolare qualcosa di vagamente comprensibile.

Andrew abbassò nuovamente lo sguardo e ricominciò a torturarsi il labbro inferiore, le sue guance che molto velocemente andarono a tingersi in un brillante colore vermiglio.

<< Perché è così. >> disse poi, con un filo di voce << Anche io sono omosessuale, Christian, proprio come Garrison. >>

In quel momento, nella testa di Christian, tutto incominciò finalmente ad avere un senso.

<< Ecco perché te la sei presa così tanto quando hai saputo della faccenda di Campbell. >> osservò argutamente << La cosa ti ha segnato ben più profondamente di chiunque altro perché... >>

<< .. Perché al posto di Garrison avrei potuto esserci io, sì. >> concluse Andrew, con voce mesta << Cerca di capire, Chris... Sono andato nel panico! Non sono ancora riuscito a fare coming out con i miei genitori e di certo non ho intenzione di farlo qui a scuola, viste le premesse. Non so ancora quando troverò il coraggio di uscire allo scoperto, però tu... Beh, tu sei il mio migliore amico e io... Io ho bisogno che tu lo sappia, ho bisogno di sapere che le cose fra di noi non cambieranno, anche se io sono così... Diverso. >>

Nel sentir pronunciare quelle parole, il cuore di Christian si riempì inevitabilmente di tristezza; non aveva mai visto Andrew così vulnerabile e spaventato, sembrava quasi una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto. Si rese conto di quanto dovesse essere difficile, per lui, vivere nell'ombra e per nessun motivo si sarebbe mai sognato di voltargli le spalle proprio in quel momento.

<< Andrew, ascolta... Io non so dirti che cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, non ne ho alcuna certezza. >> rispose infine, con un ennesimo sospiro profondo << Però conosco te e so che tipo di persona sei: So che faresti qualsiasi cosa per le persone che ami, so che il tuo cuore è grande e pieno di buoni sentimenti, e so che per nessuna ragione al mondo sarei mai in grado di fare a meno della tua amicizia. Non so se l'omosessualità possa o debba essere considerata come una cosa di sbagliata, ma se fa parte di te e ti rende in parte quello che sei... Beh, allora non può certo essere così terribile. >>

Il volto di Andrew s'illuminò di colpo e lui, incredulo, si rivolse a Christian con un leggero sorrisetto sulle labbra.

<< Dunque... Questo significa che non te ne andrai? >> domandò timorosamente << Non pensi che io sia una persona sbagliata e che staresti meglio lontano da me? >>

Christian ridacchiò sommessamente, facendo segno di no con il capo.

<< Posso pensare tante cose di te, Andrew, ma non che tu sia sbagliato. >> disse << Al contrario, penso che tu sia una delle persone più belle che io abbia mai conosciuto e non ho alcuna intenzione di perderti. Non mi importa se ti piacciono gli uomini, le donne o le capre... Io ti voglio bene per quello che sei, semplicemente. >>

Andrew, in risposta, si alzò di scatto e si gettò fra le braccia di Christian, stringendosi a lui in un caloroso abbraccio di riconoscenza.

<< Grazie, Chris. >> mormorò flebilmente, incapace di trattenere le lacrime << Grazie, io... E' così importante per me sapere che non te ne andrai. >>

Christian abbozzò un sorrisetto intenerito e poi, nonostante quel poco di imbarazzo provocatogli da quella bizzarra situazione, conferì maggior forza alla presa ed avvolse interamente il corpo di Andrew, tanto più esile e minuto del suo.

<< Non devi preoccuparti, Andrew. >> lo rassicurò dolcemente << Non permetterò mai alla tua diversità di essere di ostacolo alla nostra amicizia. >>

E così fu, in effetti: Trascorsero i giorni, le settimane e persino i mesi, e non vi fu mai una sola volta in cui la diversità di Andrew andò ad interferire con il loro rapporto, mai una volta in cui Christian, esasperato, avvertì dentro di sé il bisogno di andarsene o di allontanarsi dal suo caro amico; forse perché, dal canto suo, Christian sapeva che era proprio quella diversità a rendere il loro rapporto tanto unico e speciale.

Oppure, più semplicemente, perché i due erano molto meno diversi di quanto Andrew non potesse immaginare.

Christian, tuttavia, si guardò sempre molto bene dal rendere nota ad Andrew quest'ultima informazione; in fin dei conti, accettare Andrew era stato piuttosto semplice sin dal principio, ma accettare se stesso... Beh, quello era un qualcosa per cui sentiva di non essere ancora sufficientemente pronto.

*

La prima volta in cui Christian ed Andrew parlarono di Dio, fu anche l'ultima.

Entrambi conoscevano le rispettive posizioni riguardo alla religione e la cosa non aveva mai costituito un problema per nessuno dei due: Andrew era un ateo convinto e Christian, fedele alle tradizioni di famiglia, un cristiano praticante che non si perdeva mai una messa domenicale.

Diversi anche in questo, fra le altre cose, non avevano mai permesso alla religione di porsi come ostacolo fra di loro eppure quel giorno, ad appena un paio di settimane dall'inizio delle vacanze di Natale, Christian non poté fare a meno di porre al suo migliore amico quella fatidica domanda che ormai gli ronzava in testa da troppo tempo.

<< Hey, Andrew... Perché tu non credi in Dio? >>

Andrew, seduto a pochi passi di distanza da lui sul divano del proprio salotto, lo guardò confusamente e con aria visibilmente perplessa; era evidente, a giudicare dal suo sguardo allampanato, che quella fosse decisamente l'ultima domanda che si sarebbe mai aspettato di ricevere.

<< Perché me lo stai chiedendo? >> domandò curiosamente << Credevo che la cosa non ti importasse. >>

<< Sì, beh... Non mi importa, infatti. >> rispose l'altro, con una leggera scrollata di spalle << Sono solo curioso, tutto qui. Non ho mai avuto un rapporto così stretto con un ateo, mi piacerebbe semplicemente conoscere un punto di vista diverso da quello che mi hanno sempre offerto. >>

Andrew sorrise ampiamente.

<< Legittimo. >> rispose << D'accordo, allora... Ti accontento subito: Non credo in Dio perché, a mio parere, non c'è davvero un bel niente in cui credere. Insomma, pensaci bene: se esistesse davvero un Dio, una creatura onnisciente e onnipotente, il cui compito è quello di vegliare su ogni singolo cristiano presente su questa terra ed amarlo con tutto il suo buon cuore, non dovrebbero esistere le ingiustizie, né tutti gli altri mali di questo mondo. Come riesci a spiegarti tutto questo, Chris? >>

<< Beh, io... Dunque, io... >> iniziò a tartagliare Christian, senza riuscire – tuttavia – ad argomentare alcunché << .. Io credo che... Oh, d'accordo! Ammetto che le tue perplessità siano abbastanza fondate, ma questo non dovrebbe essere una valida motivazione per non credere in Dio. Insomma, Dio è molto più di tutto ciò: Egli è amore, calore, carità per il prossimo e... >>

<< … Ed un tizio che predicava l'amore e l'uguaglianza fra tutti gli uomini, salvo poi rimangiarsi ogni cosa facendomi nascere gay e permettendo all'umanità intera di detestarmi e desiderarmi morto, a causa di un destino che non sono stato io a scegliere per me stesso. >> lo interruppe bruscamente Andrew, facendo una smorfia << Sinceramente, Chris... Ti aspetti davvero che io possa accettare una religione che si fonda su simili basi di ipocrisia? >>

Christian lo guardò mestamente, un po' imbarazzato e mortificato per aver fatto quella domanda.

<< Scusami, temo di essere stato inopportuno. >> mormorò a mezza voce << Non avrei dovuto insistere, non volevo certo risultare fastidioso o... >>

<< Hey, stai tranquillo... Non c'è nessun problema. >> lo rassicurò prontamente Andrew, rivolgendo lui uno dei suoi sorrisi più teneri << Va bene così, Chris, non c'è nulla di male ad essere diversi: tu hai le tue idee ed io le mie, probabilmente non s' incontreranno mai ma questo non significa che non possiamo essere amici! Anzi, al contrario, a volte le amicizie più belle sono proprio quelle che nascono dalle maggiori diversità. >>

Christian gli sorrise di rimando.

<< Dunque non sei arrabbiato? >> domandò timidamente.

<< No, certo che no! >> lo rassicurò l'altro << Ci vuole ben altro per farmi arrabbiare, Chris! Non preoccuparti, neanche io permetterei mai alle nostre diversità di porsi come ostacolo fra di noi. Ricordi, no? Amici per sempre, a prescindere da qualsiasi cosa. >>

Il sorriso sul volto di Christian si ampliò enormemente e il ragazzo tirò un ennesimo sospiro profondo, rincuorato da quelle parole. Poi, senza dire una sola parola, scivolò il più possibile vicino ad Andrew e posò la testa sulla sua spalla, chiuse gli occhi e mormorò con voce morbida: << Grazie, Andrew. Grazie di tutto cuore. >>

Andrew lo guardò confusamente: << E di che, Chris? Non ho fatto assolutamente niente, io. >>

Christian restò semplicemente lì, immobile, senza dire una sola parola, e quel silenzio fu per Andrew ben più eloquente di qualsiasi altra risposta che avrebbe mai potuto ricevere. Rimasero così, senza parlare, per molto tempo e ogni singolo istante di silenzio fu come una lunga e solenne dichiarazione di affetto per entrambi.

Quella fu la prima e l'ultima volta in cui i due parlarono di Dio e di religione, ma Christian non riuscì mai a smettere di pensare del tutto alle parole di Andrew e, suo malgrado, non poté fare a meno di lasciarsi influenzare da esse. Continuò ad andare a messa ogni domenica e a pregare, così come aveva sempre fatto, ma non riuscì più a pensare a Dio allo stesso modo.

E ogni volta che i suoi occhi incrociavano un crocifisso, non riusciva ad impedirsi di guardare ad esso con un po' più di rabbia e di vergogna.

*

L'ultima volta che Christian vide Andrew, fu durante un tiepido pomeriggio di primavera.

Erano appena finite le lezioni pomeridiane e Christian, a differenza di tutti gli altri giorni, dovette fare immediatamente ritorno a casa per aiutare sua madre con i preparativi per la festa di compleanno di sua sorella.

<< Mi dispiace, vorrei poter fare la strada insieme a te come tutti i giorni, ma allungherei troppo il tragitto e arriverei a casa con un ritardo mostruoso. >> si giustificò con il suo amico, mostrandosi sinceramente mortificato.

Andrew, tuttavia, non sembrava essere troppo risentito al riguardo.

<< Non preoccuparti. >> gli disse << So bene quanto possano essere fastidiose le madri, quando ci si mettono. Stai tranquillo, vai a casa senza pensare a me e goditi la festa di tua sorella. Tanto, noi due ci rivedremo domani, come sempre. >>

Christian sorrise ampiamente ed annuì.

Il bello di Andrew – fra le altre cose – era che, qualsiasi cosa dicesse, aveva sempre il potere di far credere al mondo che andasse tutto bene; era impossibile dubitare di qualcosa o avere sfiducia nell'universo, quando si parlava con lui.

Così, quel giorno, Christian fece ritorno a casa senza troppe preoccupazioni, ben certo del fatto che avrebbe rivisto il suo migliore amico l'indomani, così come era sempre stato.

Non poteva sapere che Andrew, forse per noia oppure sovrappensiero, quel giorno aveva deciso di percorrere una strada secondaria, diversa da quella che i due percorrevano ogni giorno; non poteva sapere che durante la sua traversata in mezzo a quei quartieri malfamati, si sarebbe ritrovato a discutere con un gruppo di teppistelli della loro scuola, con i quali aveva già avuto modo di scontrarsi qualche tempo prima; non poteva certo immaginare che quei ragazzi, armati di cattiveria, pregiudizi e spregiudicatezza, si sarebbero accaniti su di lui con tanta violenza, picchiandolo e martoriando il suo corpo come se fosse un vecchio straccio da gettare via, un oggetto di poco conto, un qualcosa che – molto semplicemente – non meritava di restare al mondo. Non poteva sapere che, mentre sua madre lo stava sgridando per essere – comunque – arrivato a casa in ritardo, Andrew su di un'ambulanza stava disperatamente lottando fra la vita e la morte.

E quando, più tardi quella sera, i genitori di Andrew lo chiamarono in lacrime per informarlo dell'accaduto, non riuscì ad accettare il fatto che quello fosse stato l'ultimo giorno di vita del suo migliore amico.

*

Il funerale di Andrew fu il momento più difficile e doloroso della vita di Christian.

Per tutta la durata della funzione egli rimase semplicemente in disparte, seduto in un angolo di quella minuscola chiesa, intento a fissare la bara con occhi vuoti e – al tempo stesso – colmi di disperazione. Si chiese, per un attimo, se Andrew riuscisse a vederlo dall'alto e se, in qualche modo, provasse un minimo di fastidio nel vedere che la cerimonia del suo funerale era stata celebrata secondo il rito cattolico, nonostante il suo espresso ateismo e la sua avversità nei confronti di Dio e la religione.

Sembrava quasi ironico, pensò Christian.

Quasi.

Lo sarebbe stato, in effetti, se Andrew fosse stato lì con lui, a ridere e scherzare sull'assurdità di quella situazione. Probabilmente lo avrebbero trovato entrambi di pessimo gusto, ma sarebbe stato comunque piuttosto divertente, in un certo senso.

Adesso non vi era rimasto più niente di divertente, Andrew era morto e Christian non lo avrebbe rivisto mai più, se n'era andato per sempre.

Per sempre.

Christian si morse il labbro inferiore e serrò con forza i pugni, chinando il capo per nascondersi alla vista degli altri. Voleva piangere, esprimere apertamente tutto il suo dolore, ma non voleva farlo lì, davanti a tutti; desiderava semplicemente essere solo, nell'oscurità della sua stanza, e abbandonarsi del tutto al proprio dolore, piangere ogni singola lacrima che aveva in corpo, fino a quando non fossero tutte esaurite.

Non ebbe neanche il coraggio di parlare con i genitori di Andrew.

Scappò via di corsa, dopo la funzione, e si rinchiuse in camera sua senza dire niente, con il chiaro intento di restare sepolto fra quelle quattro mura il più a lungo possibile. Non voleva vedere, sentire o parlare con nessuno, voleva soltanto essere lasciato in pace.

Da solo, con il proprio dolore e con i propri ricordi.

E con un unico, amaro rimpianto: quello di non aver mai avuto il coraggio di dire ad Andrew ciò che provasse realmente per lui.

*

<< Mamma! Mamma, presto! >>

Christian si ridestò di colpo dai propri ricordi e con un balzo fulmineo saltò già del letto, precipitandosi fuori dalla stanza e poi giù per le scale, fino a raggiungere sua madre in cucina.

<< Mamma! >>

<< Sì, ho capito! Che cosa... >> la madre di Christian si voltò verso di lei e nel vederlo, finalmente, in piedi e fuori dalla propria stanza, non poté trattenersi dall'emettere un acutissimo strillo di gioia << … Christian! Oh, sia lodato il Signore... Sei qui! Hai finalmente deciso di uscire dalla tua stanza, è una notizia meravigliosa e... >>

<< Mamma... Mamma, calmati! >> la zittì immediatamente Christian, guardandola di traverso << Per favore, le lodi al Signore rimandiamole a più tardi. Adesso ho bisogno che tu mi porti in un posto. >>

<< Come? >> la donna la guardò confusamente << In un posto? E dove vorresti andare? >>

Christian si morse il labbro inferiore e poi, dopo aver tirato un rapido sospiro d'incoraggiamento, disse: << In chiesa. >>

<< In chiesa? >> sua madre sembrava sempre più confusa << Non capisco... Per quale motivo vuoi andare in chiesa proprio adesso? >>

<< Ho le mie buone ragioni. >> rispose fermamente Christian, non ritenendo necessario addurre ulteriori motivazioni << Per favore, mamma, portami in chiesa. Ne ho veramente bisogno in questo momento, solo lì posso trovare il conforto di cui necessito. >>

La madre di Christian non osò controbattere – del resto, non era sempre stata lei a dire ai suoi figli che, nei momenti di grande sconforto, la cosa migliore era sempre rivolgersi a Dio – e senza ulteriori esitazioni fece montare in macchina il ragazzo e lo portò in chiesa, facendosi promettere di farsi ritrovare davanti all'ingresso esattamente un'ora più tardi, così da non rischiare di arrivare a casa troppo tardi per l'ora di cena.

Christian assentì distrattamente e poi, infine, si diresse dentro l'edificio in cerca del padre confessore; conosceva piuttosto bene quel prete – Padre Bryce – e sapeva che si trattava di un uomo fidato e di buon cuore, certamente il tipo di persona cui si potesse affidare un segreto importante.

La fortuna, quel giorno, era decisamente dalla sua parte: la chiesa era completamente deserta, fatta eccezione per il prete – Padre Bryce, per l'appunto – che in quel momento era impegnato con una delicatissima operazione di pulizia delle candele; non appena vide arrivare Christian, il suo sguardo si fece di colpo allegro e luminoso.

<< Christian, figliolo! Che piacere vederti qui! >> esclamò briosamente, mettendo da parte le sue candele e correndo nella sua direzione << Tua madre ci aveva detto che ancora non avevi superato la fase del dolore per la perdita del tuo amico e non sai quanto mi renda felice vedere che, al contrario, stai finalmente incominciando a riprenderti. >>

Christian abbozzò un leggero sorrisino impacciato.

<< Cerco di farmi forza, Padre. >> disse << Non è facile, ma ho deciso che voglio riuscirci ad ogni costo. A tal proposito, in effetti, credo che lei potrebbe darmi una mano. >>

Padre Bryce sorrise ampiamente: << Sempre a tua disposizione, figliolo. Vuoi che ci spostiamo nel confessionale? >>

Christian si voltò in direzione di quell'enorme cabina oscura ed un violento brivido di terrore lo percorse lungo la schiena.

<< P-preferirei restare qui, se per lei non è un problema. >> rispose << Quei cosi mi mettono addosso una gran soggezione. >>

Padre Bryce ridacchiò sommessamente.

<< Capita a tutti, non devi certo vergognartene. Le panche delle prime file sono altrettanto utili e funzionali, non preoccuparti. >> afferrò il ragazzo per le spalle e gentilmente lo condusse in cima alla navata, accomodandosi insieme a lui su una delle prime panche << Allora, Christian... Parla pure! Non aver paura di essere sincero con me, sai sono qui solamente per ascoltarti e non per giudicarti. Dimmi, figliolo, cos'è che ti affligge? >>

Christian sospirò profondamente ed abbassò lo sguardo con una punta di vergogna, scostandosi dietro l'orecchio una piccola ciocca di capelli ribelli; stava tergiversando, era ovvio, e il fatto che Padre Bryce non gli stesse mettendo addosso alcuna fretta lo rendeva ancor più nervoso ed agitato di quanto non volesse apparire.

<< Christian? >> disse ad un tratto il curato, guardandolo dolcemente e con sguardo paziente << Puoi dirmi tutto quello che vuoi. >>

Christian fece segno di sì con la testa e risollevò lo sguardo in direzione dell'uomo, sebbene non fosse ancora sufficientemente a suo agio da riuscire a guardarlo direttamente negli occhi.

<< Padre, io... Io sono molto confuso. >> ammise il ragazzo << In questi ultimi giorni non ho fatto altro che pensare, la morte di Andrew mi ha dato parecchi spunti su cui riflettere e adesso... Adesso non so davvero che cosa fare di me, mi sento così perso! Mi sento come se non riuscissi a trovare una vera e propria direzione. >>

<< Alla tua età è normale. >> tentò di rassicurarlo Padre Bryce << L'adolescenza è un periodo estremamente complicato, voi ragazzi siete sempre in conflitto con il mondo intero ed è proprio questo il momento in cui ci si sente più sperduti, non mi stai certo raccontando qualcosa di nuovo. Certo, la morte del tuo amico è stato un evento traumatizzante per te, e di certo affrontare i tipici cambiamenti dell'adolescenza con un simile peso sulle spalle si sta rivelando una vera... >>

<< Non si tratta solo di questo, Padre. >> lo interruppe immediatamente Christian, con voce tremante << A dire il vero, è da diverso tempo che io.. Che mi trascino dietro un segreto troppo importante, una cosa che non ho mai osato rivelare a nessuno e che, adesso, mi sta praticamente distruggendo l'anima. >>

Padre Bryce rivolse lui uno sguardo piuttosto allarmato.

<< Christian, così mi spaventi. >> disse << Quale terribile segreto può mai avere un ragazzino di soli quattordici anni? >>

Christian sospirò profondamente e poi, finalmente, si decise a confessare tutto ciò che per tanto tempo aveva così dolorosamente tenuto nascosto dentro al suo cuore.

<< Io sono gay, Padre. >> dichiarò << Lo so da molto tempo, ma non ho mai avuto il coraggio di dirlo a nessuno... Neppure al mio amico Andrew. So di essere un vigliacco e non pretendo che Dio – o chi per lui – mi perdoni per quello che ho fatto, vorrei solo essere in grado di far tornare indietro il tempo ed avere di nuovo il mio amico qui con me, dirgli tutto ciò che ho sempre provato nei suoi confronti e quali fossero i miei reali sentimenti verso di lui. Ancora non riesco a perdonarmi di aver lasciato che morisse senza conoscere la verità. >>

Padre Bryce lo guardò con aria comprensiva, sorridendo pacatamente.

<< Dunque tu eri innamorato di Andrew. >> osservò << Perché non glielo hai mai detto? Temevi forse che non ricambiasse i tuoi sentimenti? >>

<< Non era solo per quello, io... Io avevo paura. >> ammise Christian, i suoi occhi che nuovamente andarono a riempirsi di lacrime << Andrew era così sicuro di sé, sicuro della propria omosessualità, ed io al contrario non riuscivo ad accettarmi. Non ho mai avuto alcun problema ad accettare Andrew per quello che era – forse perché, in maniera del tutto inconscia, mi ero innamorato di lui sin dal primo momento in cui lo vidi – ma nonostante la sua costante presenza e la sua incredibile sicurezza, non sono mai riuscito ad accettare me stesso per quello che ero. Ed è una cosa assolutamente stupida, io... Io mi sono celato dietro ad una menzogna e sono ancora qui, mentre Andrew, che non ha mai permesso a niente e nessuno di scalfirlo, è morto perché non ha mai sentito il bisogno di nascondere ciò che era. Quanto può essere giusta una cosa del genere? >>

Padre Bryce si morse il labbro inferiore e poi sospirò tristemente.

<< Non c'è mai niente di giusto quando muore qualcuno. >> rispose << Questo però non significa che tu debba biasimarti per qualcosa, di certo non puoi accusare te stesso della morte del tuo amico. >>

<< Andrew è morto perché quel giorno io non ero con lui! >> strillò a quel punto Christian, in preda ad un pianto a dirotto << Se fossimo tornati a casa assieme, se avessimo percorso il nostro solito tragitto lui non avrebbe mai incontrato quei bastardi e... E... >>

Non riuscì neanche a concludere la frase, le lacrime ed i singhiozzi non glielo permisero. Si accasciò lentamente sulla panca e continuò a piangere senza sosta, sotto lo sguardo contrito e addolorato di Padre Bryce. L'uomo gli accarezzò i capelli gentilmente, in un tenero e spontaneo gesto di affetto, e poi ricominciò a parlare, con quel suo solito tono di voce così piacevolmente morbido e pacato.

<< Christian, non è stata colpa tua. >> disse << La vita a volte ci fa degli scherzi beffardi e nessuno di noi è in grado di prevedere quel che accadrà. Tu non hai colpe, la morte di Andrew non è mai dipesa da te, ma da un gruppo di ragazzi privi di cuore e di umanità, che hanno giocato a fare Dio con la vita di un altro, innocente individuo. Non è mai stata colpa tua, Christian. Ti prego di mettertelo bene in testa. >>

Christian sollevò lentamente il capo e guardò l'uomo timidamente, sentendosi appena un po' più rincuorato da quelle parole.

<< Davvero? >>

<< Sì, davvero! E non devi neanche sentirti in colpa per non aver mai trovato il coraggio di confessare il tuo segreto, nella vita non tutti sono come Andrew! Non tutti riescono a trovare il coraggio di essere se stessi con la stessa facilità, spesso c'è chi ha bisogno di molto tempo per imparare a capirsi e ad accettarsi fino in fondo. Tu non sei peggiore di lui, Christian... Sei solamente diverso. >>

Christian si morse nuovamente il labbro ed annuì con fare comprensivo.

Diverso.

Sì, aveva sempre saputo di essere diverso da Andrew e questo non era mai stato un problema, per nessuno dei due: Andrew era così espansivo, estroverso e sicuro di sé, mentre Christian era più timido e riservato, insicuro e costantemente terrorizzato dal giudizio degli altri.

Eppure, questo non gli aveva certo impedito di diventare ottimi amici.

<< Vorrei solo avergli rivelato i miei veri sentimenti. >> disse poi Christian, con un filo di voce << Vorrei che non fosse morto senza sapere che cosa provavo realmente per lui. >>

Il volto di Padre Bryce, a quel punto, venne solcato da un ampio e profondo sorriso di tenerezza.

<< Io credo che lo sapesse, Christian. >> gli rispose dolcemente << Credo proprio che, in cuor suo, lui sapesse benissimo che cosa provavi e che adesso ti stia guardando dall'altro con un bel sorriso soddisfatto sulle labbra, lieto di vedere che finalmente hai trovato il coraggio di essere del tutto sincero con te stesso. >>

Christian abbozzò un sorrisetto divertito.

<< Crede che mi perdonerà? >> domandò.

Padre Bryce continuò a sorridere.

<< Credo proprio che l'abbia già fatto. >> replicò << E credo anche che tu debba imparare a fare altrettanto. Essere omosessuali non è un crimine, Christian, anche se molte persone continueranno a farti credere il contrario. Lo so che spesso la Bibbia si è espressa in maniera estremamente dura sull'argomento, ma si tratta di un libro scritto da uomini e gli uomini, si sa, spesso sanno essere terribilmente crudeli. Ma sai chi, al contrario, non è mai crudele con nessuno? >>

Christian fece segno di no con il capo: << Chi? >>

<< Dio. >> rispose Padre Bryce << Egli non giudica chi ama, semplicemente è felice perché colui che lo fa ha scelto di dedicarsi all'amore piuttosto che all'odio. Dimentica ciò che ti hanno detto sul fatto che Dio odia gli omosessuali e quant'altro, Dio non odia proprio nessuno! Egli non si aspetta che tu ami una donna per compiacere chi ti circonda, desidera semplicemente che tu abbia il coraggio di amare senza riserve, senza mai abbandonarti al rancore e ai cattivi sentimenti. Credimi, Christian, tante persone potranno dirti che essere omosessuali è sbagliato, ma non Dio: Egli sarà sempre dalla tua parte, purché tu abbia sempre il coraggio di esprimere amore. >>

Un'espressione semi-confusa comparve a quel punto sul volto di Christian.

<< Dio crede davvero tutto questo? >> chiese, con una leggera punta di incertezza.

<< Assolutamente. >> gli rispose Padre Bryce, con il tipico tono che non lascia spazio ad alcun genere di dubbio.

Christian restò in silenzio per pochi istanti, pensieroso, prima di decidersi a porre quell'ultima, fatale domanda.

<< E lei, Padre, che cosa crede? >>

Padre Bryce rivolse lui un ennesimo, caloroso sorriso, e con quel suo tipico tono di voce bonario ed affabile rispose: << Io credo in Dio, Christian. E Dio non sbaglia mai. >>

Christian non sentì il bisogno di udire altro.

In maniera forse un po' troppo sfacciata, si gettò fra le braccia del prete e lo strinse forte, in segno di gratitudine.

<< Grazie, Padre. >> mormorò << Adesso so che cosa devo fare. >>

Padre Bryce sorrise con orgoglio e un po' di commozione.

<< Lieto di esserti stato utile, figliolo. >> disse, mentre Christian lo liberava dall'abbraccio << Ricordati che, per qualsiasi cosa, io sarò sempre qui per te. E anche Dio ci sarà: lui, più di chiunque altro, non ti abbandonerà mai. >>

Christian ringraziò di nuovo e poi, senza aggiungere altro, corse fuori dalla chiesa e si gettò sull'erba fresca del prato appena tagliato, ridendo e piangendo allo stesso tempo; aveva da poco incominciato a piovere e le gocce cadevano copiosamente sopra di lui, mescolandosi alle sue lacrime.

Christian, comunque, non se ne preoccupò.

Rimase semplicemente lì, sotto la pioggia, a piangere e ridere a cuore aperto come non faceva da troppo tempo ormai; non era ancora del tutto certo di cosa ne sarebbe stato di lui, di quale fosse la cosa migliore da fare, né di quando avrebbe trovato il coraggio di rivelare a suo padre e sua madre la propria omosessualità.

Di una cosa, tuttavia, era assolutamente certo: aveva finalmente ritrovato se stesso e, da quel momento in poi, non si sarebbe mai più permesso di perdersi di nuovo.

<< Andrew... Oh, Andrew! >>

Sollevò lo sguardo al cielo, rivolgendosi ad esso come ad una persona, ben certo del fatto che Andrew fosse lì da qualche parte, pronto ad ascoltare nuovamente la propria dichiarazione.

<< Ti amo, Andrew. >> mormorò fra le lacrime << E non ti dimenticherò mai. E grazie, grazie infinitamente, per avermi mostrato chi sono. >>


 





N.d.A: Questa storia è dedicata a tutti gli Andrew e ai Christian del mondo, a tutti coloro che vivono nella paura di essere se stessi o che, ancora oggi, devono lottare per veder riconosciuti i loro diritti di esseri umani.
L'Omofobia, come tante altre forme di razzismo, è la vera malattia... Non la diversità.
Un grazie a tutti coloro che sono arrivati fino a qui e a chi mi ha supportato durante la stesura di questa storia; se è stata finalmente pubblicata, è anche merito vostro.
  
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