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Autore: coldmackerel    19/05/2015    6 recensioni
Levi/Eren | Hospital AU
Una commedia sull'essere morti.
Levi, finalmente, torna a lavorare come infermiere dopo essersi ripreso da un incidente d'auto che l'aveva quasi ucciso. Non c'è niente di meglio a darti il 'bentornato' quanto il realizzare di aver perso la testa e riuscire a vedere gli spiriti dei pazienti comatosi del reparto sei. Così, si trova, controvoglia, ad aiutarli a imparare a vivere da morti. Eren, l'ultimo paziente dell'ala sei, ha sei mesi per imparare ad essere morto. Buona fortuna, ragazzo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Qui Seth, la traduttrice. Ugh, sono in ritardissimo lo so T_T. Mi dispiace tanto ma ho avuto veramente parecchio da fare e questo capitolo (nonostante quello che ho detto nelle note del precedente) si è rivelato ancora più lungo del 15 xD non ho mai tradotto un mostro simile e ci ho messo tre volte il tempo di un capitolo normale. Però è stupendo, per cui spero varrà la pena dell'attesa. Detto ciò ringrazio tantissimissimo tutti quelli che stanno leggendo, chi ha inserito la fic tra i preferiti/seguiti/da ricordare e soprattutti chi sta commentando! Siete straordinari! (domani rispondo a tutti i commenti!!!) Buona lettura!
SULLA TRADUZIONE: scusate in anticipo per eventuali errori... per il resto tutto regolare... immagino sappiate tutti chi è il Grinch xD mentre il Lo Mein è un piatto cinese a base di noodles. Ah, non credo che all'epoca della stesura si sapesse già che il compleanno di Levi è il 25 dicembre.


The 6th ward
CAPITOLO 16: Luce e neve

2 mesi, 27 giorni

“Che cosa farai a Natale, Levi?” chiese Sasha, facendo girare tutti gli altri verso di lui. Fantastico. Spirito natalizio, il suo preferito.

I mocciosi erano stati contagiati dall’umore festivo che soffocava l’ospedale in quel periodo dell’anno. Levi sperava che il fatto di essere morti rendesse le festività meno importanti, e quindi, in qualche modo, meno fastidiose, ma quegli stupidi erano eccitati come lo sarebbe stato ogni mocciosetto delle elementari. Non essendo un grande fan del Natale, Levi, ogni anno, sperava solo che passasse il più in fretta possibile.

“Lavoro. C’è la paga dei festivi.” rispose brevemente, cercando di chiudere lì la conversazione.

“Saresti meno un matusa se fossi letteralmente nato durante l’età della pietra.” ribatté Eren, con uno sguardo di leggera delusione nei suoi occhi verdi.

“Hanji e io ci prendiamo qualcosa da mangiare e ci ubriachiamo la sera dell'antivigilia, se la cosa conta come una tradizione per te.” aggiunse Levi.

“Ovviamente no,” Eren lo stava guardando con fare accigliato. “Intendo dire cose come addobbare l’albero e cantare qualche canzone di natale e cose del genere.”

“Ah, sì! Preparare dei biscotti e far sentire a tutti il mio spirto natalizio, portare dei regali ai miei colleghi e magari anche cucinare un bel tacchino ripieno! Era questo il genere di cose che intendevi?” chiese Levi con finta sincerità.

“Sì!” esclamò Eren con eccitazione.

Levi scosse la testa, con espressione impassibile. “Non faccio nulla di tutto ciò.”

“Lo sapevo che era come il Grinch.” rise Connie.

“Non è vero,” borbottò Levi, ignorando il modo infantile in cui suonava la sua protesta. “Non ho niente contro il Natale, e non lo odio. Semplicemente non mi interessa.”

Connie ed Eren si scambiarono un sorrisetto che lo fece incazzare come non mai.

“Ma scommetto che farai qualcosa almeno con la tua famiglia a Natale. E’ praticamente obbligatorio.” disse Reiner dubbioso.

L’espressione di panico sul volto di Eren fu abbastanza per far capire a Levi che, differentemente da come si sarebbe aspettato, il ragazzo non aveva detto agli altri che lui non aveva una famiglia. Era strano. Eren non era il tipo di persona che si tratteneva dal rivelare certe informazioni personali. Non che per lui fosse un gran problema se Eren avesse detto agli altri tutto quello che sapeva – non erano informazioni a cui Levi teneva particolarmente. Ma lo sguardo a metà tra il colpevole e il nervoso sul volto del ragazzo morto valeva la pena. Stava guardando Levi con una tale empatia, che il suo cuore iniziò a fare quella cosa stupida che lo faceva sbattere contro le sue costole come se si fosse improvvisamente dimenticato qual era il suo posto.

“Non ti preoccupare,” lo rassicurò infine, con un sorriso quasi impercettibile. Eren era un tipo nervoso di natura, ma l’unica cosa di cui era colpevole in quel momento era di tenerci troppo. “Quindi questa è la parte della storia dove voi volete che faccia cazzate natalizie con voi, giusto?” borbottò, ignorando gli sguardi vagamente confusi che gli altri si erano scambiati dopo le parole che aveva rivolto ad Eren. “Perché la risposta è no, quindi vi salverò dal disturbo di chiedermelo.”

“Ah, dai,” si lamentò Connie. “E’ il nostro ultimo Natale! Non puoi negarci l’ultimo Natale, no?” chiese astutamente.

Levi annuì. “Certo che posso.”

“Perlomeno portaci qualcosa per decorare o altro,” lo pregò Sasha. “Non c’è bisogno che ci aiuti. E’ solo che io adoro il Natale.”

“Già, amico,” concordò Reiner. “Concedici almeno questo, no?”

“Sarebbe bello.” disse Bertholdt nostalgicamente, ed Annie annuì discretamente al suo fianco.

Levi alzò le mani in segno di resa, cercando di fermare l’ondata di lamentele e preghiere. “Va bene, va bene, comprerò un po’ di roba in modo che possiate godervi la commercialità della una festa economica per antonomasia. Contenti?”

Senza realmente dargli una risposta, tutti iniziarono a parlare tra di loro con entusiasmo, discutendo delle varie cose che gli servivano per le decorazioni natalizie. Eren stava ancora fissando Levi con attenzione, come se non gli avesse creduto quando lui gli aveva detto di non preoccuparsi. Levi alzò gli occhi al cielo, e l’umore di Eren passò da preoccupato a leggermente irritato. La sua espressione lasciava capire che si era pentito di essersi preoccupato, e Levi si lasciò sfuggire una risatina all’istantaneo passaggio da pietà a rabbia. Eren era veramente un sempliciotto.

“Abbiamo bisogno di un albero di Natale,” disse Sasha risolutamente. “E di luci.”

“Sì, un fottuto chilometro di luci,” concordò Connie. “Per i corridoi e l’albero e tutto il resto. E intendo abbastanza luci da mandare in crisi energetica l’edificio quando le accenderemo. Tutto dovrà essere così festivo da intimorire chiunque entrerà qui dentro.”

Levi non credeva proprio che avessero veramente bisogno di mettere così tante decorazioni per riuscire a spaventare qualcuno.

“Peccato che i regali non valgono più nulla a questo punto,” rise Reiner. “Le possessioni materiali non contano molto se sei morto.”

“I regali non devono essere per forza per noi,” disse Bertholdt timidamente. “Potremmo preparare qualcosa per gli altri reparti. Per quelle persone che, come noi, non potranno tornare a casa per Natale.” Gli altri lo stavano fissano, quindi lui si rimangiò in fretta le parole. “E’ una stupidaggine, come non detto. Stavo solo pensando ad alta voce.”

“Stai scherzando?” chiese Sasha incredulamente. “E’ un’idea fantastica. Ci hai preso, Bert!”

Bertholdt arrossì leggermente, borbottando qualcosa di impercettibile. Reiner gli diede un paio di affettuose pacche sulla schiena, mentre gli altri tiravano fuori proposte per il resto dei pazienti costretti in ospedale a Natale. Levi era diviso tra il sentirsi infastidito dalla loro infantile sincerità o irritato a causa del suo spontaneo affetto per i mocciosi. Dannazione a loro e alla loro stupida tenerezza.

“Levi prendi un foglio,” gli disse Connie. “Avrai bisogno di farti una lista.”

L’infermiere sospirò, scusandosi dal gruppetto riunito in camera del ragazzo per andare a prendere il blocco note nella saletta delle infermiere. Perché un gruppo di ragazzi morti aveva il permesso di darsi alla pazza gioia con la sua carta di credito? Dei ragazzi vivi sarebbero stati meno costosi di quegli idioti. Mentre camminava, sentì qualcuno affrettarsi per raggiungerlo e scommise con sé stesso tutti i soldi che aveva mai scommesso in vita sua che era Eren. E aveva ragione.

“Scusa per, uhm, prima. Sai – ah, come non detto,” disse Eren piano, iniziando a camminare dietro di lui. “Immagino che neanche io non avrei fatto un granché a Natale se non avessi avuto una famiglia. Semplicemente ho sempre costretto Armin e Mikasa a fare stupide cose natalizie, perché siamo l’unica cosa rimasta a tutti e tre.” mormorò nervosamente.

Levi si fermò improvvisamente ed Eren gli finì addosso. Sospirando, l'uomo si girò per guardarlo con fare critico. “Ti ho detto di non preoccuparti. Non è che ci tenga molto.”

Eren si accigliò e guardò al di là della testa di Levi, ma a nulla in particolare. “Lo so che non ti interessa. E’ solo che è, be’ – un po’ sconvolgente?”

“Cosa è sconvolgente?” chiese Levi sospettosamente.

Finalmente ritornando a guardare Levi negli occhi, Eren si carezzò il braccio destro impacciatamente. “E’ solo che quando penso che non sarò con Armin e Mikasa a fare stupide cose natalizie mi deprime un po’, in un certo modo. Ed è esattamente quello che hai fatto tu per la tua intera vita – stare da solo,” Eren scosse la testa. “Dimenticatelo.”

“Già fatto.” rispose Levi brevemente, girandosi per terminare il tragitto verso la saletta delle infermiere.

Eren emise un gemito frustrano e seguì Levi in silenzio. Tuttavia, dopo che l’infermiere ritirò il blocco note dalla stanza, Eren decise di tentare di spiegarsi meglio. “E’ solo che mi dispiace, capisci?”

“Lo so,” disse Levi, perdendo la pazienza. “E io ti ho detto di non pensarci.”

“Non ci riesco.” rispose Eren testardamente.

“E allora cosa vuoi da me?”

Eren chiaramente non avrebbe lasciato il discorso a metà. “Semplicemente che tu rimanga qui. Per stare con qualcuno e fare le scemenze che si fanno a Natale, perché è quello che la gente normale fa. Solo questa volta. Va bene?”

“Va bene.” rispose Levi. Non aveva intenzione di litigare con Eren su una cosa del genere. Sapeva quando una battaglia era persa in partenza.

Eren sembrava stupito. “Sul serio?”

“Devo comunque lavorare. Non è che ci sia molta scelta.” disse Levi stancamente.

Con un sorriso stupidamente smagliante, Eren afferrò il blocco note di Levi dalle sue mani. “Non te ne pentirai.”

“Non ci scommetterei.” borbottò Levi.





2 mesi, 25 giorni

Non che gli desse poi così tanto fastidio, ma Levi sapeva che, senza ombra di dubbio, gli altri clienti del negozio di articoli per la casa, avevano cose migliori da fare che fissarlo. D’altra parte, era pur vero che stava praticamente per comprare l’intero stock di lucette bianche e colorate di Natale che il negozio offriva. Non era proprio sicuro di quale fosse un quantitativo normale di luci di Natale, ma i mocciosi avevano chiesto un sacco di luci e lui non aveva intenzione di essere rimandato indietro perché non ne aveva comprate abbastanza. Eren, che – ovviamente – lo aveva seguito, sembrava leggermente preoccupato dall’ammontare di luci che strabordavano dal loro carrello, ma non disse niente. Sotto il carrello, c’era una scatola piena di parti di un enorme albero di Natale finto. Per nessun diavolo di motivo avrebbe comprato un albero vero. Si stava già occupando di un albero vero, e quello era abbastanza una rottura di palle. Per nessun motivo avrebbe iniziato a curarne due.

“Quindi, ehm, credo che abbiamo abbastanza luci.” disse Eren, cercando di nascondere il sorriso che minacciava di stirargli le labbra.

Levi strinse gli occhi, sfidandolo a sorridere. “La lista dice ‘una montagna di luci’. Ho comprato una fottuta montagna di luci. Problemi?”

Eren scosse la testa velocemente. “Ah, no. Nessun problema, signore.”

Il cassiere che li servì sembrava voler veramente fare delle domande, ma Levi gli lanciò un’occhiataccia ogni volta che lui tentava di aprire la bocca, e alla fine sembrò che l’uomo decise che non valeva la pena farlo. Perlomeno non era stupido. Il conto degli acquisti di Levi era economicamente doloroso, ma lui passò comunque – per quanto riluttantemente – la carta di credito nella macchinetta. Eren si scusò profusamente, ma Levi gli lanciò un’occhiata molto più assassina di quanto avrebbe voluto, e il ragazzo chiuse la bocca all’istante.

Augurandogli una buona giornata, il cassiere porse a Levi uno scontrino ridicolmente lungo. Eren aiutò Levi a riempire la macchina, e poi quasi l’intero viaggio di ritorno all’ospedale si svolse in un timido silenzio. Mancavano solo cinque giorni a Natale, ma il traffico era già peggiorato parecchio. Le famiglie di tutti avevano iniziato a riversarsi in città da una settimana prima di Natale, come al solito, ed era già impossibile andare da qualsiasi parte senza fare ritardo. Mentre si avvicinavano all’ospedale, Eren decise di rompere il silenzio.

“Credo che abbiamo comprato troppe luci.” osservò timidamente.

Levi si accigliò. “Sì, lo so.”

Eren sorrise, ancora fissando il traffico che aumentava di fronte ai suoi occhi. “Va bene.”





“Ma fai sul serio?” chiese Sasha, che era stata la prima a parlare dopo che Levi aveva lasciato cadere i suoi acquisti sul pavimento del corridoio del reparto sei. I mocciosi avevano solo fissato la ridicola quantità di luci, non sicuri su come reagire.

“Probabilmente no,” disse Connie, raccogliendo una scatola di luci. “Questi fili sono anche lunghissimi. Dannazione Levi, stavo in parte scherzando quando ho detto di voler causare una crisi energetica.”

A Levi non poteva interessare di meno. Non li graziò nemmeno di una risposta, decidendo di iniziare il suo giro e occuparsi delle loro cartelle cliniche, che era la cosa per cui veniva effettivamente pagato.

Per il resto della giornata, fu costretto ad inciampare tra fili di luci che erano state tirare fuori dalle loro scatole a casaccio, e lasciate nel corridoio mentre i ragazzi tentavano di appenderne altre ai muri. Bertholdt era l’unico che riusciva effettivamente a raggiungere un’altezza appropriata per fissarle, ma Sasha e Connie avevano pensato che fosse una brillante idea far arrampicare lui sulle spalle della ragazza e tentare di fare come Bertholdt. Alla fine, il risultato fu che rallentarono il lavoro, facendo cadere luci anziché fare qualche progresso. L’idea non era cattiva, però, se non erano Connie e Sasha a metterla in atto, e, difatti, Reiner ed Eren imitarono la loro tattica. Con Eren seduto sulle larghe spalle di Reiner, fu possibile raddoppiare i progressi del lavoro di Bertholdt, e attaccare luci molto più velocemente.

Levi sarebbe stato contento di poter continuare la sua normale routine e ignorare le festività, ma Eren lo aveva delegato a mettere insieme l’albero finto con l’aiuto di Annie. Lavorarono silenziosamente, parlando solo quando necessario, e risultando più che efficienti. L’albero, di per sé, era facile da mettere insieme, nonostante le dimensioni ridicole. Fortunatamente, il reparto sei era in un’ala esterna dell’edificio, e questo voleva dire che il suo lungo corridoio era chiuso da un lato. L’albero non entrava in nessuna delle stanze, e quindi optarono per posizionarlo alla fine del corridoio, dove non avrebbe potuto bloccare nessuno.

“Credo che l’albero sia troppo grande.” disse Annie brevemente.

“Già.” concordò Levi. La cima era piegata in una strana angolazione nel punto in cui toccava il soffitto del corridoio.

Un paio di minuti di silenzio passarono prima che Annie aggiungesse: “Credo che tu abbia comprato troppe luci.”

“Già.”

Annie annuì. “Grazie.”

“Nessun problema.”

Levi aveva davvero comprato troppe luci. Una volta che ebbero finito di posizionarle su ogni superficie possibile e in ogni possibile angolino sia del corridoio che delle camere di ognuno, non avevano utilizzato nemmeno il dieci per cento dei fili disponibili. E così, concepirono un piano per posizionare il resto delle decorazioni negli altri reparti per lunga degenza, una volta caduta la notte. In genere, verso le due del mattino, l’ospedale era abbastanza tranquillo da poter essere quasi sicuri di non incontrare nessuno. Solamente il pronto soccorso non si fermava mai.

Quindi, nonostante il desiderio di Levi di tornare a casa e dormire, raccolsero tutte le luci e uscirono per costringere gli altri reparti a partecipare al loro ‘spirito natalizio’ alla fantastica ora delle tre del mattino.

“Non posso tornare a casa?” borbottò Levi, con le braccia piene di fili di luci.

“Abbiamo bisogno di qualcuno da incolpare se veniamo colti in flagrante.” disse Connie innocentemente.

Fantastico. Come se l’intero ospedale non pensasse già che Levi si era completamente bevuto il cervello negli ultimi mesi. Be’, tecnicamente lo aveva fatto. Qualche volta i gossip non erano poi così lontani dalla realtà.

Avendo guadagnato un certo slancio e una strana efficienza dopo aver decorato il proprio reparto, i mocciosi lavorarono molto più velocemente negli altri reparti. Nessuno li disturbò a quell’orribile orario, e quindi finirono in molto meno tempo di quanto avevano fatto precedentemente . Bertholdt lavorò da solo, Reiner si rimise in spalla Eren, e Connie rimase seduto su Sasha, un po’ aiutando, ma soprattutto facendo casini. Era una sorta di roulette russa con loro. Annie e Levi mantennero i lunghi fili di luci per quelli che li stavano posizionando.

Sasha insistette per lasciare le luci spente mentre lavoravano in modo che, una volta finito, avrebbero potuto accenderle tutte insieme e farla sembrare una vera e propria sorpresa. Terminarono intorno alle cinque e mezza e presero posizione vicino alle varie prese per iniziare ad accendere il frutto delle loro installazioni. Reiner emise un forte fischio aiutandosi con le dita, e così iniziò l’accensione in massa delle decorazioni per tutto l’ospedale. Sasha e Connie corsero per tutto l’ospedale, accendendo fili di luci con varie grida e piagnucolii, che avrebbero svegliato l’intero ospedale se si sarebbero potute sentire. Non appena tutte le luci furono accese, l’intero reparto sei fece una corsa folle verso il boschetto nel giardino a nord, trascinando Levi lungo il corpo scale di servizio e fuori la porta nell’aria gelida d’inverno.

Dopo essersi allontanati abbastanza da riuscire a vedere tutte le finestre su quella facciata dell’ospedale, anche Levi dovette ammettere che era una visione impressionante. L’intero ospedale brillava felicemente di vari colori, attraverso ogni reparto e in ogni corridoio visibile. Il caldo bagliore, poi, si rifletteva sulla neve a terra. L’intero dannato ospedale sembrava una specie di albero di Natale gigante.

Congratulandosi tra di loro, i mocciosi iniziarono a chiacchierare con entusiasmo, indicando le varie finestre e facendo stupide battutine riguardo l’assurdo consumo di energia che si stava svolgendo proprio di fronte ai loro occhi. Spostando lo sguardo verso di loro, Levi non riuscì a fermarsi dal lasciar curvare leggermente verso l’altro la punta delle sue labbra, mentre tutti si davano il cinque, si scambiavano pugni e ridevano fragorosamente. Il suo sguardo si fermò su Eren, che lo stava fissando furtivamente, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Il brillio dell’ospedale si mischiava stranamente bene con i suoi occhi verdi, rendendo quasi impossibile dire quale fosse il loro vero colore. Il cuore di Levi fece di nuovo la cosa stupida. Che diamine.

Eren mimò con le labbra quello che sembrava un ‘Te l’avevo detto’, e Levi alzò gli occhi al cielo, incapace di fermare il suo sorriso.





2 mesi, 23 giorni

Nessuno venne mai a sapere chi aveva appeso tutte quelle luci in ospedale. Una volta che si ebbe la conferma che, né quelli della manutenzione ospedaliera, né nessuno dei molti volontari, erano stati gli autori del gesto, la cosa divenne motivo di lunghe speculazioni. Fortunatamente, Levi era l’ultimo di cui chiunque avrebbe mai sospettato. Similmente, il reparto sei era l’ultimo a cui si poteva pensare. Quindi, nessuno fu vittima delle speculazioni che, invece, avrebbero avuto credito riguardando loro.

Abbastanza stranamente, invece, Hanji capì subito chi c’era dietro l’intera faccenda.

“Non ho idea del motivo, ma qualcosa mi dice che sei stato proprio tu.” disse improvvisamente mentre pranzavano.

“Sono stato proprio io a far cosa?”

Hanji non alzò lo sguardo verso di lui, ma continuò a punzecchiare con noncuranza la sua insalata. “Tutta questa cosa delle luci di Natale. Sei stato tu e quei ragazzini morti, no?”

Levi prese in considerazione l’idea di mentirle, ma decide semplicemente di fare spallucce. Hanji avrebbe comunque inteso che stava mentendo, sebbene lui fosse un maestro a farlo.

“Cavolo, devono veramente piacerti questi ragazzi morti. Tu odi il Natale.” concluse Hanji, prendendo un boccone della sua insalata con disinteresse.

“Mi hanno costretto.” replicò Levi.

“Letteralmente chiunque in tutto l’ospedale è un sospettato migliore di te,” scherzò Hanji ad alta voce. Levi non rispose, ma continuò a mangiare la sua ben poco soddisfacente mela. “Ci sei ancora domani sera?”

Levi annuì. “Certo, ma compri tu da bere.”

Annuendo simpateticamente, Hanji abbandonò la sua insalata per un biscotto. “L’avevo immaginato. Quelle luci non saranno state una spesa da poco.”

Ridacchiando piano, anche Levi abbandonò la sua mela per un biscotto. Non me lo dire. E, a pensarci bene, porta anche da mangiare. Ormai sono un fottuto senzatetto.”





2 mesi, 22 giorni

“Quando esattamente abbiamo deciso che cibo cinese e liquore sono la migliore combinazione del mondo?” biascicò Hanji, mangiando un altro boccone di Lo Mein.

Levi sbuffò. “Credo sia accaduto quando abbiamo deciso di rovinarci Natale.”

“Scusami un attimo,” riuscì a dire Hanji nonostante la bocca piena. “Sei tu ad aver deciso di rovinarti il Natale. Io semplicemente non volevo lasciarti da solo a farlo.”

L’alcool era riuscito, in qualche modo, a far sentire Levi di buon umore, senza un motivo ragionevole. “Se vuoi fare una cosa a tre l’unica cosa che devi fare è chiedere.”

Hanji si strozzò con il cibo, cercando poi di riprendersi con un generoso sorso di whiskey. Dopo aver liberato le sue vie respiratorie, rise rumorosamente. “Mi dimentico sempre che mi piaci molto di più quando sei ubriaco.”

“Specchio riflesso.” sospirò Levi, afferrando la bottiglia dalle mani di Hanji per non permetterle di finirsela tutta. Avevano passato la serata della vigilia come facevano sempre, bevendo troppo e mangiando oleoso cibo cinese da quattro soldi. Era una tradizione ben poco sana, ma qualcosa che entrambi adoravano fare. Hanji se ne andava sempre la viglia per visitare i suoi genitori e il resto dei suoi parenti, quindi loro facevano qualcosa di stupido prima che lei dovesse andare a vedersela con la sua famiglia. Ogni anno, Hanji si offriva di passare il Natale con Levi – probabilmente perché sapeva che lui non aveva nessuno – ma lui rifiutava sempre, e lei non aveva mai insistito. Era stranamente confortante sapere che lei avrebbe scaricato la sua famiglia in un attimo, se Levi glielo avesse chiesto. Che imbecille.

“Anche se non ti sei esattamente rovinato il Natale quest’anno,” gli fece notare Hanji. “Quei ragazzi morti ti hanno veramente messo alle strette.”

“Lo fanno sempre.” ammise Levi.

“Te lo ha chiesto Eren di fare tutta quella roba per loro? Non riesci proprio a dire no al ragazzo, no?”

Levi ignorò la domanda, prendendo un sorso inutilmente lungo del whiskey che aveva confiscato ad Hanji.

“Sei difficile da capire, Levi,” scherzò lei. “Ma ti sei proprio innamorato di quel ragazzo, vero?”

Fantastico. Ora erano così ubriachi che si erano messi a parlare di sentimenti. Levi cercò di non stozzarsi con il whiskey, ma fallì miseramente. Ridendo di gusto, Hanji incominciò a dare una serie di pacche sulla sua schiena fino a quando questi non smise di tossire. “E’ una rottura di palle.” rantolò Levi, vincendo sul whiskey che gli stava bruciando la trachea.

Hanji fece spallucce. “Sì, ma lo sei anche tu, eppure io sono qui.”

“Si?” rise Levi, spingendo la bottiglia di whiskey dall’altra parte del tavolo, verso Hanji.

“Sì,” lo sfidò lei, prendendo la bottiglia offerta. “Amare qualcuno non dipende da quanto questi è uno stronzo o meno. In caso contrario ora staresti bevendo da solo, stronzo.”

“Grazie al cielo,” replicò Levi affettuosamente. “Mi stai dicendo che potrei essere sobrio e felicemente addormentato, al posto di stare a sentire la tua stupida vocetta? Sei una vera salvatrice. Cosa farei senza di te?”

“Sei un tale stronzo,” protestò Hanji, allungandosi per prendere le sue bacchette, ma non riuscendoci per un largo margine. Entrambi avevano bevuto decisamente troppo. “Ti mancherò quando me ne sarò andata.”

“Andata per sempre?” chiese Levi con leggerezza. “Non mi prendere in giro con false promesse.” si lamentò, aprendo un’altra birra. Diamine, era così ubriaco che ormai una in più o in meno non avrebbe cambiato nulla.

“Hai ragione,” disse Hanji. “Non me ne andrò mai. Sarai costretto a stare con me per il resto della tua vita.”

Levi buttò giù più di metà della birra in un sorso. “Destino crudele.” si lamentò, passandosi il dorso della mano sulle labbra.

Hanji si alzò in piedi, barcollando un po’ mentre camminava verso il punto della stanza dove aveva appeso il suo cappotto. “Certo, certo. Non pensare di potermi mentire. “ Poi cercò di indossare il suo cappotto, tentando svariate volte di infilare le braccia nei buchi delle maniche. “Devo andarmene prima che i pullman smettano di passare. Col diavolo che me ne torno a casa in auto.”

Levi si alzò, anche lui oscillando un po’, mentre l’accompagnava alla porta. “Sì, be’, buon viaggio,” la prese in giro, aiutandola a infilare le braccia nei punti giusti della giacca. “E goditi il Natale, o quello che è.”

“Cosa, niente regalo di Natale?” rise lei, con un finto tono di delusione.

“Al diavolo no. E se mi hai preso qualcosa, giuro su Dio che ti prendo a calci in culo, qui ed ora. Non mi interessa quanto sei ubriaca.”

Per sfotterlo, Hanji gli diede un pugno sulla spalla. “Come se ti prenderei mai qualcosa.” Poi ci pensò un attimo, prima di stringerlo in uno dei loro rari abbracci. “Fai qualcosa a Natale, okay?” mormorò nelle sue orecchie. “Mi arrabbierò un sacco che scoprirò che sei andato a lavoro anche se ho cancellato il tuo nome dalla lista dei turni.”

“Tu hai fatto cosa?” chiese Levi, districandosi dall’abbraccio.

“Sì, non hai il permesso di lavorare,” rise Hanji. “Ho corrotto il personale e tu sei fuori dalla lista. Vai a fare qualche cosa stupida e natalizia.”

Levi la guardò male, ma Hanji si limitò ad osservarlo soddisfatta, con le mani nascoste nelle tasche della giacca. “Ti voglio bene, stronzo.”

Alzando gli occhi al cielo, ma incapace di fermare il sorriso che gli si disegnò in volto, Levi sospirò. “Lo so.”

“Vai a fare qualcosa a Natale,” ripeté lei, cercando qualcosa in tasca. Con l’altra mano, aprì la porta di casa di Levi, uscendo al freddo. Prima di richiudersela alle spalle, tirò un pacchetto a Levi, ridacchiando, dopo aver visto l’occhiataccia che le aveva lanciato lui. “Ti ho comunque preso qualcosa! Goditela stronzo!” disse maliziosamente, prima di chiudergli la porta in faccia.

Ogni anno Hanji trovava un modo per lasciare un regalo a casa di Levi, o nella sua cassetta della posta o da qualche altra parte. Questa cosa lo irritava tremendamente. Le avrebbe preso qualcosa anche lui, ma ormai, per dispetto, era abituato ad ignorare ogni possibile standard sociale sulla cosa. Tornando in cucina, Levi scartò riluttantemente il pacchetto, per trovare una nota scritta nella grafia quasi illeggibile – e degna di quella di un medico – di Hanji.


Un’altra vittoria per me! Ecco un altro anno in cui sono riuscita ad essere migliore di te. Sapendo che avresti rotto le palle sull’aver perso la paga di un giorno festivo, ecco quello che avresti guadagnato se non ti avessi cancellato dal turno. In più, c’è una cosa che probabilmente ti serve, vista la tua nuova strana passione per le cose che fanno la fotosintesi. Se rimani a casa da solo a Natale, non ti perdonerò mai più.
- Hanji



Sotto la nota c’era un identicamente illeggibile assegno per quella che era circa la paga di otto ore in un giorno festivo, e un paio di guanti da giardinaggio nuovissimi. Hanji era irritantemente premurosa a volte.





2 mesi, 21 giorni

La viglia di Natale nel reparto sei fu sorprendentemente festosa per avere come partecipanti un gruppo di invalidi affetti da morte cerebrale. Levi aveva portato alcuni CD di Natale sotto richiesta di Sasha, e tutti si sedettero ad ascoltare, parlando dei loro ricordi natalizi preferiti. Connie e Sasha erano quelli con le storie migliori, avendo deciso già da piccoli di fare cose incredibilmente idiote ogni viglia di Natale, molte delle quali finivano con loro a passare la notte in punizione. Farli uscire dalla loro stanza solo la mattina di Natale era diventata una tradizione familiare per i loro poveri genitori. Levi era contento di poter stare semplicemente a sentire. Tutte le sue storie di Natale lo vedevano o a lavoro, o seduto sul divano di casa con una bottiglia di qualcosa di forte, o qualche sorta di combinazione delle due.

Più tardi, però, arrivarono le famiglie di Connie e Sasha, riempiendo le loro stanze per condividere un po’ di spirito natalizio con i mocciosi morti. Non rimasero molto a lungo, ma prima che se ne andassero, si presentarono Mikasa ed Armin. Neanche loro rimasero a lungo, perché, c’era davvero poco di cui parlare con un membro della famiglia praticamente morto. Mikasa aveva detto ad Eren di quanto era bello l’appartamento in cui lei ed Armin vivevano ora, del fatto che Armin aveva trovato un buon lavoro, e di come lei riusciva a lavorare nonostante la scuola, il tutto giocherellando un lembo della vecchia sciarpa rossa che sembrava indossare sempre.

Ad un certo punto, Erwin si era presentato per raccogliere alcune cartelle cliniche da Levi, e si era fermato quando aveva sentito la musica natalizia messa a tutto volume sul vecchio stereo.

“Non pensavo fossi un tipo sentimentale.” commentò.

Levi borbottò in risposta: “Non si può sentire un po’ di musica natalizia durante la vigilia? Dai.”

Confuso, ma dispiaciuto, Erwin si ritirò, mentre i pazienti del reparto sei scoppiavano a ridere a causa della sua breve conversazione con Levi.

Nonostante il malessere nei confronti delle festività, il turno non era stato particolarmente terribile. Quando Levi se ne andò quella sera per farsi una più che necessaria dormita, tutti erano riuniti intorno all’albero di Natale, mentre Reiner raccontava qualche favola poco conosciuta di Natale, con la sua voce bassa e calmante. Era in momenti come quelli che Levi apprezzava quanto tutti fossero giovani. Seduto vicino all’albero, Reiner sembrava una versione sbagliata di Babbo Natale, che raccontava storie a un gruppetto di mocciosi entusiasti. Levi odiava sapere che erano morti. I ragazzi non dovrebbero morire.





2 mesi, 20 giorni

“So che sembrerò terribilmente noioso,” iniziò Eren chetamente. “Ma darei qualsiasi cosa per passare il Natale con Armin e Mikasa.”

Levi alzò gli occhi verso il ragazzo, che aveva uno sguardo nostalgico sul volto, mentre guardava la neve che scendeva lentamente, fuori la finestra. “Sì sei abbastanza noioso.” confermò Levi.

“Oh, vaffanculo.” rispose Eren.

Levi fece spallucce. “Vai a passare il Natale con loro. Nessuno ti ferma.”

Considerando l’idea, Eren girò la testa da un lato. “Ma vivono così lontano. E poi, probabilmente finirà solo con l’essere deprimente. Non sono nemmeno nella stessa realtà in cui si trovano loro.”

“Arrangiati.” disse Levi, senza insistere. Tecnicamente non stava lavorando, visto che Hanji, a quanto pare, aveva corrotto quelli dell’organico in modo che lui non fosse nella lista nera dei dipendenti di Natale. Ma, avendo poco da fare, e volendo riluttantemente mantenere la promessa di non passare il Natale da solo, si era comunque presentato al reparto sei, ma non nella divisa da infermiere, per una volta. Ovviamente, i mocciosi gli avevano fatto passare un guaio, facendo finta di non riconoscerlo in abiti normali.

Immaginando di aver tenuto fede all’obbligo di avere compagnia a Natale, Levi decise di tornare a casa per quella sera. Non aveva da lavorare fino al tardo pomeriggio del giorno dopo, quindi si sarebbe potuto riposare e poi avrebbe potuto dormire di più. “Buona notte, moccioso.” disse ad Eren, facendo per andarsene.

“Hai qualche impegno?” chiese Eren dubbioso.

“No.”

“Ti dispiace se vengo?”

Levi fu preso alla sprovvista: non si aspettava una proposta del genere. “Cosa c’è? Mi vuoi di nuovo fissare mentre dormo? Per quanto sia eccitante – ”

Eren lo interruppe. “No, è che io, è solo – ”, fece una pausa, cercando di mettere in ordine i suoi pensieri. “Credevo solo che non volessi rimanere da solo a Natale.”

Levi lo fissò incredulo. “Quale parte delle cose che sai di me ti fa pensare che mi dispiaccia rimanere da solo a Natale?”

“Ah, dimenticatene,” borbottò Eren, ritornando a fissare fuori la finestra. “Divertiti in solitudine.”

Fermandosi alla porta, Levi prese una decisione di cui già sapeva si sarebbe pentito amaramente più tardi. “Muoviti moccioso, non ho intenzione di aspettarti.”

Eren si girò su sé stesso, con un sorrisone in volto. “Sì, signore.” scherzò, mimando un saluto militare, e seguì Levi come un ombra, mentre si dirigevano fuori dal reparto sei e verso il parcheggio. Viaggiarono in un relativo silenzio, con Eren che fissava fuori il finestrino del sedile passeggero. Levi si chiese come mai non stesse parlando a mille chilometri l’ora come al solito. Lo sguardo malinconico sul suo volto gli disse che sperava ancora di passare il Natale con la sua famiglia. Levi ripensò alla cartella di Eren, dove aveva letto l’indirizzo di Mikasa nei contatti di emergenza del ragazzo. Davvero viveva abbastanza lontano. Levi conosceva il posto, e sapeva che era ad almeno mezz’ora di macchina da lì.

Per la seconda volta quel giorno, prese una decisione che era decisamente non da lui. Al posto di girare nella strada che portava a casa sua, fece inversione e si diresse verso la strada principale. Eren alzò gli occhi dal finestrino, con uno sguardo di domanda nei suoi tristi occhi verdi.

“Dannazione, ragazzo, se devi fare quella faccia, non sei per niente di aiuto. Ora stai zitto e aiutami ad arrivare a Newland Hills.” Eren gli stava sorridendo affettuosamente, e Levi si agitò a causa delle attenzioni. “E smettila di fissarmi in quel modo.”

Eren non smise di fissarlo in quel modo, e Levi cercò, senza successo, di ignorarlo durante tutto il lungo tragitto in auto verso l’appartamento di Mikasa ed Armin. Alla fine lo trovarono, ma non senza aver sbagliato strada un bel po’ di volte. Levi non conosceva quella zona molto bene, e tutto quello che aveva era un indirizzo che sperava di ricordare correttamente. Quando si fermarono davanti all’edificio, Eren rimase in auto senza dare segno di volersi muovere.

“Allora?” disse Levi. “Datti una mossa. Non sarà Natale per sempre, grazie al cielo.”

Eren stava fissando nervosamente il condominio. “Sto cercando di decidere se mi farà più male esserci o meno.”

Levi annuì. “Va bene. Be’ io rimarrò qui e aspetterò di sapere se vuoi andare o no,” disse, parcheggiando la macchina in un posto vuoto. “Aspetterò.”

Annuendo calorosamente, Eren uscì dalla macchina. Si assicurò che nessuno stesse guardando, prima di entrare nell’edificio e sparire su per una rampa di scale. Levi accese il riscaldamento dell’auto e reclinò leggermente il sedile traballante. Non sapeva bene quanto tempo Eren aveva intenzione di trascorrere lì, ma se se ne fosse andato, il ragazzo sarebbe dovuto tornare a piedi, perciò non aveva molta scelta se non aspettare che tornasse indietro. Passarono un’ora o due e Levi era ancora seduto da solo in macchina, il vecchio ammasso di rottami che stava bruciando benzina mentre tentava di far funzionare il riscaldamento. Levi aveva raggiunto un piacevole stato di disconnessione con il suo stesso cervello, fissando la neve mentre cadeva graziosamente a terra e sul suo parabrezza, e godendosi l’intenso carole di quel piccolo spazio chiuso. Ad un certo punto, si addormentò, sconnettendosi completamente da ogni stato di coscienza.

“Ehi, Levi,” mormorò qualcuno dolcemente, intromettendosi nel suo piacevole, sognante annebbiamento. “Mi dispiace molto,” poi l’intruso fece una pausa. “Stai dormendo?”

“Non più,” borbottò Levi, strofinandosi gli occhi e cercando di dissipare la sonnolenza languente nel suo cervello. Eren era di nuovo seduto in macchina, con uno sguardo dispiaciuto sul volto. “Oh mio Dio, mi dispiace tantissimo. Mi sono dimenticato che eri qui fuori.”

Levi si guardò intorno, un po’ disorientato. “Che ore sono?”

Massaggiandosi impacciatamente la nuca, Eren mormorò: “Quasi mezzanotte.”

Sbadigliando, Levi accese la macchina. “Non ti preoccupare, ragazzo,” disse un po’ stordito. “Non avevo comunque nulla da fare.” Ed era la verità.

Eren si girò verso di lui e tirò Levi in un abbraccio goffo a causa della loro posizione sui sedili anteriori dell’auto. “Grazie.” disse brevemente, mentre il suo respiro freddo solleticava la nuca di Levi. “Solo – grazie.”

“Certo, certo. Possiamo andare ora?” chiese Levi piano.

Eren lo lasciò andare, balzando sul suo sedile imbarazzato. “Sì, ovvio. Scusa.”

Il viaggio di ritorno verso l’appartamento di Levi passò in un stato di stordimento per Levi. Non era proprio riuscito a scrollarsi di dosso la sonnolenza che aveva spento il suo cervello nelle ultime ore. L’unica cosa che era riuscito veramente a processare era quanto Eren sembrasse felice. C’era una luce nei suoi occhi dopo aver passato del tempo con la sua famiglia, e un sorriso permanente sul suo volto. Non era così male.

Levi si offrì di riaccompagnare Eren in ospedale, ma il ragazzo rifiutò, dicendo che avrebbe aspettato il giorno dopo quando Levi avrebbe dovuto tornarci. In segreto, Levi fu contento della cosa, perché era veramente troppo stanco per tornare fino in ospedale.

Una volta a casa, Levi si diresse dritto dritto verso il suo letto, togliendosi la maglietta in un unico movimento e lasciando cadere i pantaloni a terra senza vergogna. Al diavolo, era troppo stanco per curarsi di essere una persona decente davanti ad Eren. Salì sul letto, con nulla oltre i suoi boxer, e si rimboccò le coperte fin sopra la testa. Eren si sarebbe probabilmente messo a suo agio da solo, come faceva sempre.

“Immagino che questa sia una risposta riguardo la tua età: boxer o slip.” ridacchiò piano Eren.

Levi grugnì. “Chiudi quella boccaccia, Eren. Sono troppo stanco.”

Ci fu una pressione applicata dall’altro lato del letto di Levi, e lui assunse che Eren aveva deciso di guardarlo dormire di nuovo. Che facesse quello che diavolo gli pareva. Dal canto suo, lui si addormentò in fretta, ed Eren non disse nient’altro.





2 mesi, 19 giorni

Doveva essere qualche ora assurda del mattino quando Levi si svegliò, perché era ancora buio pesto fuori. Ma questa non era una cosa strana riguardo ai suoi risvegli. La cosa strana era che qualcosa di mediamente freddo era posato sulla sua schiena, e aggrappato al suo petto. “Se volevo un dannato parassita del caldo attaccato alla schiena, lo avrei fottutamente chiesto.” mormorò Levi con rabbia.

Quando non fu degnato di una risposta, e neanche di un singolo movimento, Levi allungò la testa oltre le sue spalle per trovare Eren che stava russando dolcemente. Fermi tutti, che diamine. I ragazzi morti non possono dormire. O sì? Be’, tecnicamente non esisteva un manuale esatto su quello che i ragazzi morti potevano o non potevano fare. Quindi apparentemente potevano dormire. “Stai dormendo?” esclamò Levi, ed Eren saltò a sedere sul letto, muovendo la testa velocemente avanti e dietro.

“Chi? Cosa?” balbettò. Sembrava che non avesse nessuna idea di dove si trovava, e Levi cercò di nascondere un sorriso.

“Stavi russando, ragazzo,” lo rimproverò. “Ti piacerebbe spiegare?”

Eren scosse la testa lentamente. Sembrava confuso tanto quanto lui. Mettendosi a sedere a sua volta, il più grande prese nota dello sguardo sconcertato del ragazzo. I suoi occhi erano spalancati e riflettevano quel poco di luce lunare che entrava attraverso la finestra. Improvvisamente, Eren sembrò realizzare di trovarsi troppo vicino a Levi e fece per scansarsi, mormorando qualche scusa. Una parte di Levi fece muovere la sua mano per afferrare la maglietta bianca dell’altro, fermandolo prima che potesse allontanarsi. Eren sembrò allarmato al contatto e guardò Levi con fare di scusa. “Mi dispiace,” riuscì a dire, alzando le mani in segno di resa. “Non sapevo di potermi addormentare.”

“Va tutto bene, ragazzo,” disse Levi dolcemente. Per qualche ragione non voleva che Eren lo lasciasse da solo in quell’enorme stanza vuota. “Grazie per essere rimasto qui.” aggiunse velocemente, in quello che era a stento un sussurro. Gli occhi di Eren si spalancarono ancora di più, e Levi lasciò la sua maglietta, ritornando a stendersi e rivolgendo la schiena ad Eren.

“Ah, come?” chiese Eren da dietro di lui.

“Sta' zitto,” mormorò Levi. “Torno a dormire.”

Eren non gli chiese altro, ma si allontanò di un paio di centimetri e si piegò all’indietro in modo da stendersi di nuovo. Levi non tornò subito a dormire, ma rimase ad ascoltare il respiro di Eren fino a quando rallentò ad un ritmo che indicava che stava dormendo di nuovo. Rigirandosi, Levi osservò la sua figura, con il petto che gli si alzava e abbassava lentamente nel sonno. Ma Eren era un tipo da sonno agitato, e ben presto Levi si trovò con la distanza tra di loro nuovamente annullata: la fronte del ragazzo era posata leggermente sulla sua spalla, e un mano avvolta intorno al suo braccio. Era come una fottuta piovra.

Levi fissò il soffitto e sentì il suo cuore fare quella cosa stupida che faceva ogni volta che non riusciva battere ad un ritmo salutare. “Ah, merda.” mormorò nel buio.

   
 
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