Codardo.
Lui
mi guarda è vede un vile.
Vorrei
potergli dire che non è come pensa, che non ho paura,
che vorrei stare ancora e per l'ultima volta al suo fianco.
Vorrei
poter urlare il suo nome nella breve distanza che ci separa. Imprigionare il
suo viso tra le mie mani, guardare per un attimo quelle iridi blu di cui
conosco, ormai, ogni sfaccettatura a memoria e poi affogare nelle sue labbra.
Affondare
le mie mani da servo nel grano che circonda il suo viso, lasciandogli segni
nella carne con unghia e denti, perdermi in lui.
Invece
guardo i suoi occhi e dove prima leggevo ammirazione, stima, amore ora non c'è
che delusione, amara rabbia.
Quegli
occhi che in svariate notti, in diversi momenti, mi penetravano
sin dentro l'anima mente il mio piacere arrivava al culmine del nostro
insaziabile desiderio di appartenerci. Adesso non vedo più la loro luce, si è
affievolita velata dalla mestizia e dalle ombre che ora offuscano il suo cuore
puro.
"
Artù " lo chiamo, potrebbe
essere l'ultima volta che pronuncio il suo nome. Vorrei che ascoltasse ciò che
ho da dire perché sono davvero tante e troppe le cose e non c'è tempo, ma lui
non mi lascia parlare.
Cala
la testa e mi risponde amareggiato " No,
no, io capisco " ti volti lanciandomi un'ultima occhiata.
Penso
che più asino di lui non ci sia nessuno e la paura di non poterlo più rivedere
è troppa, ma senza la magia non posso proteggerlo.
Devo
andare, devo farlo prima che cambi idea, prima che il
mio istinto agisca nel prenderlo senza lasciarlo più.
Infatti,
sono rimasto troppo a pensare, perché adesso, tirandolo per un braccio
costringendolo a guardarmi, sta tra le mie braccia.
"
Devo andare Artù " un sussurro
al suo orecchio e sento allentare la presa delle sue braccia. Si allontana a
testa bassa, come un cucciolo di cane che è stato appena abbandonato.
' guardami ' vorrei gridare alle sue
spalle larghe e curve, alza la mano sventolandola al suo solito modo per dirmi
di stare zitto e andare via.
Indugio
ancora a guardarlo ma le mie gambe camminano per inerzia verso la porta, mentre
i miei occhi continuano a scrutarlo e lacrimare. Sento il cuore dolere, come se
un laccio l'avesse stretto tanto da soffocarlo.
Apro
la porta lentamente, scricchiola, lo vedo riprendere la sua posizione
fiera. Spero che mi fermi anche solo per
una parola, per uno sguardo o per un bacio, forse l'ultimo che condivideremo.
Devo sapere che mi perdonerà.
Invece
silenzio.
Solo
silenzio.
"
Non mi perdonerà mai, Gaius "
sussurro mentre la mia testa si nasconde tra le mie mani.
"
Lo farà, capirà " sento
rispondermi debolmente dal vecchio buon Gaius, tutore
e maestro in questi anni, un uomo che mi mancherà.
Sono
ormai lontani chilometri, il mio destino è lontano da me a Camelot ancora per poco mentre si prepara per la
battaglia, riesco quasi a percepire la sua rabbia nei miei confronti. Lui, il mio Re ancora inconsapevole di tutto
quello che sta per accadere.
Sono
dentro la grotta dei cristalli e il buio è fitto senza fondo, Morgana mi ha
rinchiuso qui dentro, perché togliermi la mia essenza non era abbastanza.
Che
ingenuo sono stato, mi sento così stanco e senza forze, mi trascino lento verso
una roccia sino ad arrivare in cima.
Cado
stremato, sono ferito e su di me grava il peso di mille ere ma il mio unico, forse
ultimo, pensiero va ad Artù " mi
dispiace " sussurro.
Buio.
Silenzio.
Note Autrice:
Salve salvino!!
:D FF che non pretende nulla, nata in ore di noia!
Spero che vi sia piaciuta e che sia stata una piacevole lettura.
Un bacio a chiunque leggerà. Recensirà,
la inserirà tra preferite o ricordate e a tutti quanti ;*