«Mh.»
Nel dormiveglia, un mugolio basso
salì dalla gola di John, e Chas aprì – più o meno - gli occhi.
Guardò l'orologio, sbattendo più volte le palpebre per riuscire a
mettere a fuoco. Erano le tre passate, - di già?, - e nel
mulino regnava il silenzio assoluto. Non uno scricchiolio, non un
cigolio, nei corridoi polverosi della casa sicura dalle architetture
impossibili. L'unico suono che Chas riusciva a distinguere, nello
stordimento del sonno e nella quiete totale della notte, era il
respiro di John, leggermente più veloce del solito, e i suoi lamenti
lievi. Stava sognando qualcosa di poco piacevole, probabilmente;
immerso in uno stato di assopimento profondo, gli occhi che si
muovevano rapidamente dietro le palpebre chiuse. Chas si stropicciò
pigramente gli occhi con la mano libera – un braccio era incastrato
sotto la vita di John, non poteva muoverlo, e quasi non lo sentiva
più – e si soffermò a guardarlo. Sembrava veramente un
angioletto, mentre dormiva. Sembra un angioletto finché non apre
bocca, pensò confusamente Chas, con un ghigno d'ironia
spontanea. Ma amava il sarcasmo di John; e le sue giornate non
sarebbero state le stesse, senza i suoi commenti pungenti – che
costituivano il novantanove virgola nove per cento del suo
repertorio. A Chas piacevano tutti gli aspetti di John, anche quelli
più scomodi: pacchetto completo.
Lo sentì gemere di nuovo,
contrarre impercettibilmente le labbra in una smorfia. Gli passò il
braccio libero intorno al fianco, lo strinse, se lo tirò vicino fino
ad aderirgli completamente – riuscendo anche a cambiare posizione
per risvegliare il braccio intorpidito, ormai completamente
insensibile.
John sembrava non essersi accorto
di niente. Mormorò qualcosa di incomprensibile; poi, all'improvviso,
mosse con uno scatto la mano destra, come se stesse tirando uno
schiaffo a qualcosa di invisibile. Colpì il lenzuolo, stancamente.
Chas gli prese delicatamente la mano e gliela posò sullo stomaco, la
coprì con la propria, trasferendogli calore.
«Ehi,» sussurrò, sfiorandogli la
tempia con la punta del naso. «È solo un brutto sogno», articolò,
difficoltosamente, ancora impastato di sonno. Salì ad accarezzargli
i capelli, tenendogli un braccio di traverso sull'addome. Il gesto
sembrò calmare l'inconscio inquieto di John: i suoi respiri si
fecero più regolari, i mugolii cessarono.
«Mmm-- Chas...?»
John dischiuse appena appena gli
occhi, cercando lentamente l'altro nel buio della stanza. Ottenne, in
risposta, un bacio ruvido sul collo, sotto l'orecchio, e una stretta
calda e sicura che lo indusse ad avvicinarglisi ancora un po'. Le
carezze di Chas, di notte, erano la migliore rassicurazione che un
esorcista alcolizzato potesse ricevere. John si rannicchiò il più
possibile affinché l'altro potesse circondarlo tutto e, mentre
scivolava di nuovo nel torpore, si allarmò leggermente, sentendolo
muoversi. Istintivamente, ancora ad occhi chiusi, si aggrappò al suo
braccio, come se volesse assicurarsi che non scappasse nel cuore
della notte.
«Non vado da nessuna parte.»
Le
parole roche di Chas erano ciò che voleva sentire, e il bacio che
percepì sulla fronte era, senza ombra di dubbio, la buonanotte migliore che avesse
mai ricevuto. Seguirono una piccola serie di movimenti,
lente manovre di assestamento notturno, finché non si trovarono
incastrati in un modo che risultava comodo a entrambi. Da quel
momento in poi, per John la discesa nel substrato dei sogni fu rapida
e indolore, morbida e serena. Chas lo tenne stretto a sé come fosse
qualcosa di incredibilmente delicato e prezioso. John sembrava ancora
più fragile, senza vestiti, tutto angoli e ossa dure, tra le sue
braccia. Ma sprigionava un calore rilassante, e qualche minuto dopo
anche Chas riprese a sognare, e fu sereno.