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Autore: Bellis    09/01/2009    4 recensioni
Un Soldato ed un Cavallo.
Compagni d'armi la cui unione supera qualsiasi periglio, istinto o terrore.
(One-Shot Prima Classificata al Contest di Rolly Too sull'Amicizia.)
Genere: Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Bellis
Titolo: Il Sacrificio
Rating: Giallo
Genere: Drammatico [Sottocategorie: Introspettivo, Guerra]
Avvertimenti: One-Shot
Note dell'autore: Beta Reading - gentile cortesia di Jomarch.
Introduzione: Un Soldato ed un Cavallo. Compagni d'armi la cui unione supera qualsiasi periglio, istinto o terrore.

Questa One-Shot ha partecipato al Contest indetto da Rolly Too sull'Amicizia. Per visionare il topic correlato sul forum di EFP, cliccare QUI.



Il Sacrificio

Philippe combatteva.

Il sollievo completo e accattivante del torpore lo avvolgeva periodicamente, trascinandolo in un abbraccio caldo e mortifero.
Ogni arroganza dei fuochi o del fragore esterno sembrava attenuarsi, scomparire dolcemente, insieme al pungolo dell'aria gelida sul volto freddo.
La pressione atroce delle centinaia di spilli che parevano perforare il suo cranio si affievoliva, e così il giovane si accostava, lentamente, alla fine.

Ma ecco!
Un barlume di coscienza era rimasto, e la consapevolezza della sua posizione ritornava, nella mente malandata del soldato.
Cercava di aggrapparsi a quelle ombre sfocate che vedeva intorno, ai suoni secchi ed aspri che lo circondavano, persino al dolore.
E mentre vinceva la battaglia, sempre più incerto dell'esito della guerra, si accorgeva che si stava muovendo.

Un suono soffocato e ritmato giungeva alle sue orecchie: zoccoli sull'erba secca e polverosa.

E la realtà lo travolgeva, senza pietà.

Con un gemito, allungò la mano destra ad afferrare la criniera lunga e chiara della sua cavalcatura, tentando disperatamente di reggersi in sella, accasciandosi sul collo sudato dell'animale, le ginocchia che premevano sui suoi fianchi martoriati, le staffe che si conficcavano nel pelo e nella carne.

Lentamente, gradualmente, il cavallo si piegò sulle zampe robuste e muscolose, sdraiandosi sul terreno arido e soffiando la sabbia dalle froge larghe.
Avvertendo il contatto della poca vegetazione brulla e spinosa sugli stinchi, Philippe si rilassò e poggiò la fronte al braccio tremante.

"Noël." chiamò, passandosi la mano sul viso che sentiva madido, e ritraendola macchiata di un rosso malsano.
"Noël, che ci facciamo qui?..."

Accarezzò il dorso del suo destriero, per quanto la pesante bardatura glie lo permettesse, e lo sentì vibrare al suo tocco.

Era l'alba, e già qualche raggio rosato scintillava sulla pelle sporca dell'Uomo, nelle sue iridi riluttanti e scure, sul muso dorato del Cavallo che, impassibile, fissava l'orizzonte a Est, come contemplando l'inesorabile scorrere dei minuti.

Era imponente e fiero, il vecchio Palomino, nonostante gli acciacchi dell'età e le ferite della lotta.
Di carattere diffidente e ritroso, aveva tuttavia accompagnato ovunque il suo cavaliere.
Durante la caccia, nel lavoro agricolo, nei viaggi verso i grandi Mercati delle città in pietra.
E nella Guerra.

Noël voltò pianamente il capo, osservando Philippe con quella quieta dolcezza che si può notare in chi sia troppo stanco per una manifestazione entusiasta, tuttavia deciso ad esternare il proprio compiacimento.

Il Soldato si costrinse a non cedere allo sfinimento, a fissare quell'occhio bruno e rassicurante, a non crollare per la stanchezza.
A sostenerlo blandamente, la massa calda del destriero.
La divisa sgualcita, strappata, macchiata, un viscido ricettacolo delle sue forze spezzate.

Il petto bruciava, ed un rombo lontano giungeva ai suoi timpani come il vago suonar delle campane.
Tuoni, scariche di fucileria, il vago sottofondo della morte tutto intorno, opprimente, una piazza d'armi murata da alti palazzi, null'altro al suo interno fuorchè il plotone d'esecuzione, schierato in triplice fila.
Claustrofobia.

Le palpebre calarono, e l'oscurità piombò su di lui come un avido uccello da preda, come un demone tentatore che, raggiunto il suo scopo crudele, immerga l'animo perduto in un sospiro di fuoco, fiamme rossastre che lambivano il cuore e le membra...

Andrè aveva voluto andarsene.
Philippe ricordava bene l'irrevocabile decisione scolpita a caldo sui lineamenti ardenti del suo volto, tanto che i capelli rossicci ed il viso erano una sola cosa.

"Dove vai?" gli aveva chiesto, corrugando la fronte a tal punto che le sopracciglia si erano incontrate sul naso affilato.

"Dove credi che vada?" era stata la gelida risposta dell'amico, mentre caricava la spalla sinistra del peso d'una sacca.

Il giovane Philippe si era piantato tra Andrè e la porta, proponendosi di sbarrargli la strada.

"Non è un gioco. E' la realtà. E' la guerra."
La voce del suo coetaneo proveniva da molto lontano e formava echi accavallati nel suo pensiero.

"Sono lontani miglia e miglia, Andrè!" aveva gridato il ragazzo, perdendo improvvisamente la testa, urlando quel pensiero che lo tormentava da quando l'amico, caro quanto un fratello, aveva manifestato la sua intenzione di partire.
"Ci vorranno settimane, prima che giungano a noi, forse mesi! Magari non ci arriveranno mai, saranno fermati, prima che..."

Andrè si era avvicinato, scrollandolo bruscamente per le spalle, scuotendolo come si farebbe con un pazzo, con un folle, con un bambino capriccioso.
"Lo capisci, che non si tratta solo di noi? C'è gente che sta morendo, ora. Ci sono campi bruciati, terra rovinata dal sangue e dalla polvere da sparo. C'è il Nemico, che avanza, assassinando bambini e giovani madri come se fossero animali, schiavi da uccidere per divertimento." parlava a scatti, attraverso i denti stretti e le labbra tese.

Poi aveva varcato quella soglia che Philippe, allibito, aveva abbandonato per appoggiarsi allo stipite.

"Andrè..."

Una corsa a perdifiato, mentre già lo scalpiccio di zoccoli sul legno si udiva distintamente.
Un'anta gettata di lato, finimenti legati troppo stretti alla groppa chiara di un cavallo.

Philippe era montato in sella, spronando coi calcagni il vecchio Palomino del padre, all'inseguimento di un grigio corsiero che già spariva tra gli alberi, in lontananza, inghiottito dalla foresta.

"ANDRÈ!"

Galoppò fino a notte fonda, sillabando il nome del perduto amico tra i singhiozzi, setacciando la boscaglia, sino a quando, vinto dalla frustrazione, calando i pugni esangui e freddi sulla groppa del destriero, non ebbe abbandonato ogni speranza.

Non avrebbe mai più abbracciato Andrè.
Lo sapeva.

Il fedele Noël riportò a casa il ragazzo sconvolto, mentre l'alba rosseggiava come una perpetua esortazione alla vita.

Due settimane dopo, un cavallo dal mantello leardo ritornò per stramazzare, esanime, di fronte alla tarlata porticciola di legno.

La sella scorticata e lacera rotolò di lato, slacciandosi.
Non portava nessun cavaliere...

Philippe si scoprì accasciato in una pozza di fanghiglia.

Un battito mancato del cuore, che martellava impavido contro le costole, poi un altro.
Sì, stava piangendo.

La vergogna, quel senso amaro di strano odio mescolato a venerazione che accompagnano il forte sentore di una mancanza, invasero il petto del Soldato come un fiotto di disgraziata linfa vitale.

Si trascinò a fatica sui gomiti sbucciati, muovendo a malapena le spalle doloranti, la cintura che premeva sul ventre e sembrava tagliare la carne.
Un ronzio tiepido permeava i timpani delineando il delicato confine tra la coscienza e l'incoscienza.

Abbracciò il collo muscoloso di Noël, inzuppando la criniera polverosa di sangue e lacrime.

E si costrinse a scacciare la confortante idea dell'amicizia dalla propria mente.
Troppe disillusioni avevano straziato il suo animo giovane, troppo disappunto, troppa delusione.

L'ira aveva conteso selvaggiamente il predominio con la ragione, mentre, rapida, l'adolescenza fuggiva e si dileguava nel Nulla.

Era fuggito dalla sua cara dimora, aveva lottato ed ucciso non in memoria dell'amico morto, ma per riscattare se stesso da un passato di codardia e vigliaccheria.
Aveva tolto la vita a coloro che si era trovati di fronte non perchè essi fossero gli assassini di Andrè, ma perchè avevano derubato lui, Philippe, di una seconda possibilità.

Avevano sgretolato ogni occasione di pace nel suo cuore nervoso e torbido.

Egoismo, egoismo, maledetto egoismo!

Stupida e malefica sensazione di centralità per chi non sarebbe degno d'altro che di disprezzo...

E Noël?

Philippe deglutì, levando le iridi nere verso le orecchie mobili ed appuntite dell'anziano animale.
Il suo muso fremeva lievemente alla brezza, stringendosi ai lineamenti scarni del Soldato con naturale istinto di protezione.

Noël l'aveva sempre seguito, aiutato, difeso, compreso, sin dalla prima volta che un bambino biondo e spensierato l'aveva montato, a dispetto degli avvertimenti e dei consigli di una famiglia premurosa e preoccupata.

Il cavallo stava tirando lentamente il pesante aratro attraverso il campo bruno e soffice, quando, a tradimento, improvvisamente, si era ritrovato un lieve peso in più sulla groppa.
Si era semplicemente fermato, contemplando con flemma il proprio nuovo carico...


Il Soldato allungò la destra sudicia e malferma per posarla sul ciuffo del vecchio Noël, unico legame tra quel mondo di orrori e la quieta gioia della sua esistenza di bambino.
Tossì, mentre disperatamente arginava il torrente impetuoso dei propri sentimenti, forzando il petto a smettere di vibrare, obbligando il proprio respiro a farsi regolare.

Il suo corpo scavalcò la massa del cavallo sdraiato, con qualche difficoltà, con dolorosi coltelli arroventati che parevano trafiggere continuamente ogni arto.

Mentre un sospiro veniva spezzato dal propagarsi delle fitte lungo la spina dorsale, Philippe afferrò le redini, tenendole molli e distese nelle mani semiaperte.

"Devo farlo, capisci, Noël?" sibilò, serrando la mascella e rabbrividendo.

Doveva combattere e morire, raggiungere Andrè nella schiera dei più.

Non per lo scoramento della disperazione.
Per quel mondo di dolcezze e d'infanzia che aveva lasciato, e che doveva ritornare a popolarsi.
Che molti teneri piccini avevano lasciato per uno scherzo del Destino.

Non avrebbe costretto il suo compagno d'armi a seguirlo.

Una ben strana comunione, la nostra, riflettè Philippe.
Io, il padrone. Noël, lo schiavo.

In ogni rapporto esiste una subordinazione.
Nella condivisione dei sentimenti e degli affetti, sussiste sempre una predominanza.

Come un lampo nella nebbia, questa consapevolezza invase i pensieri affollati e confusi del giovane.

E nello stesso istante, senza che egli si muovesse minimamente, come in risposta alle sue parole, Noël si levò in piedi, pacatamente, volgendo il muso allungato alla battaglia che infuriava poco lontano, scrollando la criniera e la coda.

Philippe diede in quel momento a quel suo sentimento di affetto e riconoscenza un significato più alto e puro: erano frammenti di un'emozione perduta per la quale entrambi avrebbero lottato.
Sì, il suo fedele compagno lo avrebbe seguito e sorretto sino alla fine.

Si protese in avanti, gli scarponcini ben saldi alle staffe, e Noël balzò verso i fuochi, saetta dorata nell'Ombra.

La divisa era ben riconoscibile, sopra la sella marrone: un verdastro farsetto campagnolo.

Si fermarono insieme, trafitti nello stesso istante, il cuore d'Uomo e quello di Cavallo.
Caddero e si persero nella polvere intrisa di rosso, tra migliaia di volti, e migliaia di corpi.
I due eserciti alleati, quello dei Cavalieri e quello dei loro Destrieri, giacevano insieme, sulla riva di un fiume le cui acque nessuno avrebbe gustato per molto tempo.

Il rito era compiuto.
Un Sacrificio all'altare solenne e maestoso della Patria, ispirato da quel legame più forte dell'istinto e più vicino alla fratellanza, grazie al quale gli animi si fortificano di un affetto supremo e cristallino, limpido e sconvolgente.

L'Amicizia.

   
 
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