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Autore: Atra    13/06/2015    7 recensioni
Squall era il mio alter ego. Era complementare a me. Ciò che io non sarei mai potuto e voluto essere. Ma era ciò che sarei dovuto diventare.
Era come avere davanti il mio riflesso che si muoveva in direzione opposta alla mia, come leggere allo specchio dei caratteri che misteriosamente si invertono.
Sentivo il dovere di aggiustare quella sincronia imperfetta.
Ma al tempo stesso di distruggerla.

Una mia ipotesi (dal punto di vista di Seifer) sul motivo che portò Seifer e Squall al duello con cui il videogioco si apre.
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà della Square-Enix e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro. Nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

La stanza era bianca, così bianca da fare male agli occhi.
La luce che la inondava completamente penetrava attraverso le fessure in alto delle tende a veneziana e striava di grigio le pareti, ma non completamente dato che le tende non erano abbassate del tutto. Il ventilatore girava ronzando sopra la mia testa e le pale sibilavano tagliando l'aria.
Quando mi mossi per capire dov'ero le molle del letto cigolarono. Imprecai dentro di me, ma la Dott. Kadowaki si stava già avvicinando, un sopracciglio alzato con aria critica.
La solita aria critica di chi non sa criticare che le azioni degli altri.
La porta si chiuse con un fruscio alle sue spalle, poi la stanza ripiombò di nuovo nel silenzio.
Non durò molto:
-Seifer - esordì severamente. Rimasi immobile a guardarla, senza la minima intenzione di ascoltare - ormai non dovrei più stupirmi di nulla, dato che ormai qui sei di casa-.
Intendeva davvero farmi il predicozzo, pur conoscendo la mia reazione? In quanto allo stupore, che facesse come voleva. Non mi interessava cosa pensasse la gente di me.
-Non rispondi nulla?- mi incalzò lei. Alzai le sopracciglia con aria di sufficienza, rimanendo sempre in silenzio.
La Dott. sospirò pesantemente:
-Ogni volta cerco di capirti un po' di più, ma cosa voglio pretendere da una testa dura come te?-. Appunto. Cosa voleva capire lei?
Espirai di colpo per farle capire che mi stava dando fastidio. Se era venuta per dirmi le sue opinioni, che se ne tornasse pure a scaldare la sedia. Non avevo bisogno del parere di una dottoressa per essere una persona migliore.
-Dunque, dicevo... Seifer hai la spalla sinistra lussata e una costola rotta. Ennesima lite in cortile, eh?-.
Rimasi in silenzio, irritato dalle continue domande retoriche della Kadowaki. Sapeva benissimo che non avrei risposto nemmeno quella volta, eppure ci provava sempre.
La verità? Non c'era mai stata nessuna rissa in cortile. Né quella volta né una settimana prima e nemmeno dieci giorni prima. Mi allenavo fuori orario nel Centro di Addestramento, durante la fascia oraria in cui si aggiravano molti Archeosaurus e troppi guai. E che nessuno mi venga a dire che era un'esagerazione. Da me stesso pretendevo questo ed altro. Non andavo a ficcare il naso negli affari degli altri, io.
Io facevo lavorare i muscoli e il cervello.
Ma se si fosse venuto a sapere che, nei miei "giorni no", gli Archeosaurus me le davano di santa ragione, mi sarei sentito debole. Che andassero in malora le dicerie e i pettegolezzi da ragazzine sul mio conto. Quella era una questione aperta con me stesso. Il giorno in cui mi avrebbero dato del debole, avrei perso ogni autostima.
Ma questo non potevo certo dirlo alla Kadowaki. Avrebbe trovato sicuramente pane per i suoi denti.
-Non ti sarai battuto con Squall, vero?- chiese improvvisamente, forse preoccupata dal mio silenzio e dal mio sguardo seccato.
Squall era il cocco di tutti. Se qualcuno glielo avesse detto, si sarebbe talmente incazzato che probabilmente l'avrebbe steso all'istante. Tuttavia, tutti credevano di doverlo proteggere. Ma quel ragazzo aveva bisogno di protezione quasi quanto me, cioè per niente. Quello di cui aveva bisogno era una bella svegliata, che nessuno osava dargli perché aveva paura di lui. O meglio, aveva paura della sua reazione.
Tra noi erano volate alcune parole grosse, ma non si era mai venuti alle mani. La cosa che mi infastidiva di più di lui era la sua completa indifferenza verso il mondo. Lui sarebbe potuto andare più lontano di dove il suo carattere lo stava portando, ma a Squall non sembrava importare nulla di tutto questo. E io, che pretendevo il massimo da tutto, non lo capivo. E lui non comprendeva me. Ma, ripeto, non avrei mai alzato le mani su di lui, come non lo avrei fatto con nessuno degli studenti del Garden.
La Kadowaki stava invece già fantasticando su un duello all'ultimo sangue tra me e chissà quale studente del tutto innocente. Sperai almeno che, nella sua immaginazione, per una volta vincesse il cattivo.
Dopo qualche minuto mi spazientii e decisi di interrompere quel silenzio che mi pesava sulla testa in modo insopportabile:
-Allora dottoressa, quando potrò andarmene?- borbottai. La Kadowaki si riscosse e mi fissò con aria truce. Poi sbuffò:
-Se ci tieni tanto puoi andare anche ora. Ma evita movimenti bruschi, quindi per almeno una settimana sarai sospeso dalle lezioni pratiche-. Dannazione. Non avrei rinunciato agli allenamenti anche se avessi avuto entrambe le braccia rotte. Sapevo maneggiare il Gunblade con altrettanta destrezza anche con la destra, dato che ero ambidestro.
Schizzai fuori dal letto e mi aggiustai il soprabito grigio. Passai accanto alla dottoressa masticando un "grazie" tra i denti, per poi uscire dall'Infermeria.
Guardai l'orologio: erano le dieci passate. Troppo tardi per la lezione di Oggetti. Non che mi dispiacesse, a dire il vero.
Per ingannare il tempo decisi di fare un salto al Centro, per prendere un po' di confidenza con la mia simpatica costola rotta. Strinsi l'elsa del Gunblade e imboccai il corridoio Verde. Sicuramente sarei stato in completa solitudine, dato che era orario di lezioni. La cosa non mi disturbava affatto, anzi.
Nella prima ora che rimasi lì, non mi imbattei in alcun mostro particolarmente entusiasmante, cosicché combattei pigramente e di malavoglia. Stavo quasi per voltarmi e andarmene annoiato, quando sentii un fruscio tra gli alberi alti, oltre il recinto giallo che delimitava il sentiero. Non esitai un secondo, scavalcai la recinzione ignorando il dolore al fianco e mi addentrai nella foresta. Non dovetti aspettare molto per conoscere l'origine di quel movimento.
Davanti a me si parò un bell'Archeosaurus, che tagliò l'aria davanti alla lama della mia arma con la sua coda e mi ruggì in faccia tutto il suo disprezzo.
Glielo avrei dimostrato anche io, ma a modo mio.
Provai a distrarlo con una finta, ma il ragazzo doveva avere una certa esperienza con quei trucchetti, perché non mosse il muso di un centimetro. Poi lui attaccò veramente, tuttavia non abbastanza velocemente da mordere nient'altro che aria dove prima c'era la mia testa. Mentre mi spostavo, sentii uno strappo alla fasciatura al fianco. Imprecai ad alta voce, ma non indietreggiai.
Per vincere battaglie di quel tipo solevo giocare d'astuzia. Tuttavia quell'Archeosaurus non era un mostro propriamente stupido. Nient'affatto. Avrei dovuto puntare sulla velocità, allora.
Respirai profondamente, prima di lanciarmi in direzione del suo ventre e premere il grilletto del Gunblade. Il sangue mi schizzò in faccia, ma colsi l'attimo in cui la bestia lanciò un ruggito di dolore per affondare la lama nella ferita già inferta. Poi arretrai di scatto, bilanciando il peso dell'arma per evitare di perdere l'equilibrio. Fu un errore, perché la spalla sinistra scricchiolò e per un secondo persi la sensibilità dell'intero braccio.
Mentre una zampata del mostro si abbatteva a due passi da dove mi trovavo io, iniziai a pensare che forse non era stata un'idea felice quella di affrontare un Archeosaurus incazzato in quelle condizioni e per giunta in un mio "giorno no".
Lanciai un'altra imprecazione, mentre incidevo un profondo graffio sulla coda del mostro, che mi aveva quasi sfiorato.
Improvvisamente sentii una voce:
-Chi è là?-. Dannazione, era la voce di quel damerino di Squall. Imprecai di nuovo, ma le mie parole furono soffocate dal ruggito del mostro. Se avesse voluto partecipare alla festa, era il benvenuto.
Ma l'ultimo colpo sarebbe stato mio, come al solito.
Sentii uno scalpiccio concitato, poi Squall sbucò da dietro un tronco. Alla vista dell'Archeosaurus strinse gli occhi e rinsaldò la presa sul Gunblade già sguainato.
-Sapevo che non avresti resistito alla tentazione di fare l'eroe- lo schernii mulinando la spada. Lui sembrò accorgersi in quel momento che c'ero anche io. Sollevò le sopracciglia:
-Se avessi saputo che eri tu non sarei venuto- osservò gelidamente. Feci una risata:
-Perché, quanto hai scommesso che prima o poi qui dentro ci rimarrò secco?-.
Lui non rispose e partì all'attacco del mostro a testa bassa e con il Gunblade ben saldo fra le mani. Lo seguii a ruota e ben presto lo circondammo. Messo alle strette, il mostro non sopravvisse a lungo. Dopo avergli rotto con un colpo ben assestato le zampe posteriori, lo vidi cadere in avanti. Io e Squall ci guardammo e, senza una parola, ci gettammo entrambi sulla sua gola, che si stava avvicinando dall'alto. Prima che fosse a portata della sua spada, diedi una spallata sulla destra al mio avversario/alleato e sgozzai l'Archeosaurus.
-Ma che diamine fai?- urlò Squall puntando la lama a terra per recuperare l'equilibrio. Diedi un colpetto al cadavere del dinosauro con aria soddisfatta:
-Si chiama doppio gioco. O, come preferisci, "filosofia dell'ultimo colpo ad ogni costo". La insegnano in prima, sai- risposi mentre pulivo la lama sull'erba. Squall sputò per terra:
-Me ne infischio della tua filosofia. Se non fossi venuto ad aiutarti a quest'ora saresti stato il suo spuntino- commentò.
-Me la sarei cavata comunque. L'avevo già ferito al ventre- mi difesi, iniziando ad alterarmi. Cosa voleva, che lo ringraziassi per avermi dimostrato un'altra volta in quel giorno la mia debolezza?
-Superficialmente - precisò lui rinfoderando la spada - Comunque non andrò in giro a vantarmi, se è questo che ti turba-.
-Certo che non andrai in giro a vantarti - ribattei aspramente, muovendo con cautela la spalla - Tu non ti abbassi a simili pagliacciate-. Squall, che stava pulendo la lama del Gunblade, non reagì.
-Guardati: non te ne frega proprio niente di nulla. Non c'è niente che mi porterebbe a pensare che qualcosa possa smuoverti da dentro, dove nessuno può vedere. Questo farebbe di te un guerriero eccezionale, se solo tu ne fossi consapevole e imparassi a farti qualche scrupolo per te stesso. Ammettilo: prima che io sgozzassi quella bestia - accennai furiosamente al dinosauro che ancora giaceva a terra - e prima che io ti spingessi via, ti sarebbe bastato fare un affondo per recidergli la carotide. Invece l'hai lasciato finire a me. Sai quanto vale scrivere nel rapporto di fine giornata "Oggi ho ucciso un Archeosaurus?"- urlai alla fine. Quanto detestavo la sua calma flemmatica. Quanto odiavo quella sua perenne indifferenza. Quanto mi infuriavo al pensiero di tanta potenzialità sprecata. Tuttavia, non riuscivo a non pensarci.
Squall era il mio alter ego. Era complementare a me. Ciò che io non sarei mai potuto e voluto essere. Ma era ciò che sarei dovuto diventare. Era come avere davanti il mio riflesso che si muoveva in direzione opposta alla mia, come leggere allo specchio dei caratteri che misteriosamente si invertono. Sentivo il dovere di aggiustare quella sincronia imperfetta. Ma al tempo stesso di distruggerla.
Squall era il mio rivale. Era sulla riva opposta del fiume, pronto a gettarsi come me sull'unica zattera rimasta. E quel giorno me ne aveva dato la prova. Ma lui non lo sapeva ancora.
Durante tutto il mio discorso, lui non batté ciglio. Si appoggiò il Gunblade sulla spalla e mi disse solo:
-Hai finito? - e poi, senza aspettare una risposta - Ti saluto, allora-. Poi si infilò tra gli alberi e scomparve.
Ebbi una contrazione nervosa al sopracciglio.
-Squall Leonheart! - gridai fuori di me - Verrà il giorno in cui ti metterò alle strette! E allora... allora vedremo chi fra noi due passerà il fiume!-.
Nessuna risposta. Non che me ne aspettassi una.
Uscii dal Centro di Addestramento e mi trascinai verso i Dormitori. La spalla aveva ripreso a dolermi e la costola rotta pulsava. Mi gettai sul letto ancora vestito, il Gunblade mi scivolò di mano e cadde sul pavimento con un clangore metallico. Ma io mi addormentai di sasso, di un sonno senza sogni.
Quando mi svegliai era a malapena l'alba. Fuori dalla finestra si prospettava una giornata fredda e grigia. Non mi importava. Quando passai davanti all'orologio lo sguardo cadde sulla data. E mi ricordai che quel giorno si sarebbe tenuto l'esame pratico da SeeD.
Quante volte ci avevo provato? Avevo perso il conto. Non ero mai passato. E ogni volta che fallivo, sentivo il fuoco bruciante della mia rabbia, covato troppo a lungo e troppo spesso alimentato. Allora i miei allenamenti diventavano più intensi e frequenti, come lo erano conseguentemente le volte che finivo in infermeria. Ero caduto in un circolo vizioso, una spirale di sangue e sudore che per me non erano mai abbastanza.
Ma quella volta sarebbe andata in modo diverso. Avrei passato quel dannato esame, avrei dato prova della mia forza e della mia abilità in battaglia. Tutti avrebbero capito che Seifer Almasy era un guerriero nato che, seppur consumato dal fuoco della sua ambizione, sapeva andare avanti proprio grazie ad esso. E speravo proprio di essere in squadra con Squall, per portarlo con me verso la gloria o farlo precipitare una volta per tutte nel suo nulla.
Raccolsi il Gunblade da terra e uscii per farmi una passeggiata fuori dal Garden. A quell'ora nessuno sorvegliava le porte, quindi riuscii a farla franca.
Per un po' costeggiai la strada, poi la abbandonai per bighellonare un po' sulla pianura. Da lì si vedeva il mare che si stendeva a vista d'occhio a circondare tutta l'isola di Balamb. Respirai l'aria salmastra, che mi investì da capo a piedi.
E sulla spiaggia vidi una figura nera che mi stava guardando. Sorrisi fra me e me: il destino ci voleva proprio vedere uno contro l'altro.
Mi mossi per raggiungere Squall proprio mentre lui stava facendo dietrofront per andarsene.
-Squall, cosa fai? Scappi da me?- gli urlai per sovrastare il ruggito delle onde. Squall si inchiodò così di colpo da sollevare la sabbia, che volò trasportata dal vento e mi sferzò le guance.
-Seifer, non è giornata. Lasciami in pace- rispose. Dal suo tono si capiva benissimo che non voleva essere disturbato. Ma quando mai avremmo avuto ancora l'occasione di parlare? Tra un mostro e l'altro nel giro di poche ore?
-E quando sarai SeeD potrai declinare ogni incombenza dicendo "lasciatemi in pace"?- gli feci notare, fermandomi a dieci passi dalla sua schiena. Lo vidi irrigidirsi. Poi si voltò lentamente, rimanendo in silenzio.
-Oggi sosterrai anche tu l'esame, no? Pensi di essere pronto?- gli chiesi, osservando ogni cambiamento del suo viso.
-Dove vuoi andare a parare?- chiese, mentre il ciuffo ribelle gli frustava la fronte.
-Rispondi semplicemente alla mia domanda: sei pronto o no? - ripetei - E non dire che...-
-Non sono affari tuoi- completò lui. Io ridacchiai:
-Sapevo che l'avresti detto- commentai.
-Tu non sai niente di me- sibilò lui. Il vento mi schiaffò il viso come per enfatizzare le sue parole. Non smisi di ridere:
-Io ti conosco meglio di quanto tu lo sappia-. Lui ebbe un moto di impazienza:
-Cosa vuoi dire? Non ti capisco-. Accorciai le distanze di cinque passi. Ora potevo guardarlo negli occhi:
-Squall, proprio non capisci che sei come me? Io e te abbiamo votato tutti noi stessi alla guerra. Sin da bambini abbiamo stretto un'arma in mano e abbiamo imparato ad usarla parallelamente alle nostre esperienze di vita. Ma ora le nostre strade si stanno dividendo, perché io, per quanto mi sforzi al massimo, non riesco mai a soddisfare la mia sete di perfezione in tutto, e tu non ti sei ancora posto un obiettivo da raggiungere perché non ti interessa!
Tu sai quanto vali? Vali quanto me. Sei l'unico che può batterti con me e uscirne vivo. Perché, anche se non lo sai, tu potresti prevedere le mie mosse come io potrei prevedere le tue! Siamo come le parole allo specchio: stessa sostanza e direzione, ma verso opposto-. Sputai queste parole una ad una, ma il volto di Squall rimase impassibile. Poi qualcosa cambiò sul suo viso:
-Ti sbagli - disse con tono rabbioso misto a irritazione - io e te non abbiamo niente in comune. Io sono quello che sono, la mia vita è una MIA decisione e le mie azioni dipendono soltanto da ME. Ma tu, tu Seifer sei incapace di bastare a te stesso. Tu brami ciò che nessun essere umano potrebbe raggiungere. Come puoi paragonarmi a te?-.
-Perché siamo COMPLEMENTARI- sillabai con forza. Squall si alterò:
-Siamo OPPOSTI, Seifer! E non capisco cosa ti importi tanto di questa storia!-.
-Mi importa perché mi incuriosisci. Sei l'unico della scuola con cui vorrei davvero misurarmi- ammisi.
Riconoscevo il valore quando lo vedevo e stimavo Squall per questo. Se solo lui avesse capito cosa saremmo potuti diventare insieme...
-Scordatelo - disse lui perentorio - non mi batterò mai con te-.
-Hai paura?!- chiesi sorpreso. Squall scosse forte la testa:
-Non è un gioco, Seifer- si limitò a rispondere. Ridacchiai:
-No, ma è dannatamente divertente!-.
-Vedi perché non andremo mai d'accordo?- fece lui sollevando un braccio e indicando il nulla.
-Lo so, lo so che mi disprezzi sotto tanti punti di vista. E nemmeno io devo dire che apprezzo la tua compagnia. Ma se vuoi sapere tutta la verità...ti ammiro. Forse in te vedo ciò che io non avrò mai, forse in te vedo un po' di me- gli risposi. Lo vidi spalancare gli occhi e socchiudere le labbra. Ma non c'eravamo ancora. Dovevo spingere ancora di più:
-Io non ho niente di te. Ma su una cosa hai ragione: io sono ciò che tu non potrai mai essere- rispose lui.
-Ed è per questo che ho bisogno di te, Squall. E tu hai bisogno di me- azzardai. Lo vidi impallidire:
-Smettila di parlare così! Io non ho bisogno di nessuno: né di te né di altri!- urlò improvvisamente. Sogghignai: c'ero quasi.
-Tu hai bisogno di me perché, come me, degli altri non sai che fartene- ribattei.
-Tu non mi conosci!- sillabò, ormai quasi fuori di sé.
-Cosa diresti se la persona che odi di più al mondo si rivelasse quella che ti conosce meglio?- lo stuzzicai, sempre sorridendo.
-Io non ti odio, Seifer! Odio questa tua ossessione nei miei confronti- Squall riuscì a dominarsi e fece alcuni respiri profondi.
-Com'è stato?- gli chiesi. Lui mi guardò in cagnesco.
-Cosa?- finse di non sapere. Ma lo sapeva, eccome se lo sapeva. Stetti al gioco:
-Perdere la calma- dissi tranquillamente.
-Non so di cosa stai parlando- disse fra i denti. Mi preparai per il colpo finale:
-Oh, invece lo sai benissimo. Quante persone sono riuscite a farti perdere il controllo? Cosa mi dici della tua corazza impenetrabile di indifferenza?-. Squall impallidì. Feci scivolare la mano sull'elsa della spada.
-Non mi batterò con te- ripeté lui.
-Squall, siamo uomini. E a volte gli uomini si battono. Per il territorio, per una donna, per la gloria...- dissi.
-Non voglio niente di tutto questo- ribatté lui.
-No, certo che non lo vuoi. Perché vuoi diventare SeeD, Squall? Tu che non ti fai mai coinvolgere nemmeno in una partita a carte...- sospirai. Squall ebbe un moto di impazienza:
-Essere SeeD non è solo gloria- puntualizzò.
-Ma lo comporta. Cosa te ne farai?- gli chiesi, accarezzando con la punta delle dita il Gunblade.
-Non me ne importa- fece lui nervosamente. Aveva capito anche lui che sarebbe andata a finire come avevo detto io.
-Lo dici adesso...- lo canzonai.
-Che ne sai tu? Non provare a immedesimarti in me!- scattò Squall.
-Provamelo, Squall. Provami qui e ora che combattere per te non significa niente. Che non ti importerà contro chi dovrai batterti, se sarà per fare il tuo dovere. Avanti - lo spronai - provami con il canto della tua spada, che è uguale alla mia, che in realtà non ti conosco affatto. Io ti ho detto che mi sarebbe piaciuto misurarmi con te, ma credo che tu ti faccia troppi scrupoli per esserne in grado. Provami che non sei un codardo, che la tua è vera indifferenza e non codardia- gli sibilai. Squall esitò.
-Provami che mi sbaglio in pieno sul tuo conto!- gli urlai, scoppiando poi a ridere della sua esitazione.
Ci fu un bagliore. Il sole si rifletté sulla lama nuda del Gunblade di Squall.
Il mio sorriso gaio si distese in una smorfia di sfida.
Il mare urlava e cantava accanto a noi.
La pianura zittita scuoteva il suo manto d'erba.
Poi non sentii più nulla.
Vedevo solo il mio complementare.
"Siamo parole allo specchio" pensai.
Scattammo contemporaneamente.
"E' giunto il momento di leggerle nel giusto verso" pensai ancora.
Le spade erano a un soffio dalla collisione.
"Ma quale? Chi è dalla giusta parte dello specchio?".
Rumore dell'acciaio che stride.
-IO!- urlammo contemporaneamente.
   
 
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