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Autore: ale_lu_maguire    14/06/2015    0 recensioni
Fino ad adesso non sono mai andata sul personale, ma sentivo il bisogno di buttar fuori queste cose.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage
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Le persone che amiamo, non ci lasciano mai veramente.
 
“Questa è dedicata a te che mi guardi da lassù, a te che mi hai amata
Fino alla fine. A te che mi hai incoraggiata ogni giorno della tua vita.
Voglio dedicarla a te nonno, voglio dedicarti la nostra storia,
voglio dedicarti il nostro essere “Felici”. Una felicità,
che prima o poi, è dovuta sparire insieme a te. Non smetterò mai di volerti bene,
sei sempre nel mio cuore.”
 
 
 
Camminavo lungo il corridoio dell’ospedale, ero immersa nei miei pensieri mentre mi dirigevo verso il distributore per comprare una semplice bottiglietta d’acqua. Mi piazzai davanti al distributore come se dovessi scegliere chissà che cosa, dopotutto non era una scelta così difficile, diamine dovevo prendere solo una dannata bottiglietta d’acqua. Il mio sguardo si perse attraverso quel sottilissimo pannello di vetro, mille pensieri, mille emozioni, mille paure erano in giro per la mia mente. “Paura. Ammettilo hai semplicemente paura di perderlo, hai una fottutissima paura di perdere ciò che ti rende felice ogni giorno da quando sei nata” pensai. Ero ancora piazzata davanti a quel distributore quando mille ricordi, mille momenti passati insieme a lui attraversarono la mia mente. Avevo inserito la moneta nel distributore, o per meglio dire la tenevo li fra l’indice e il pollice come per fermarla.
 
“Era notte fonda quando mi sentii chiamare da qualcuno, che diamine adesso non potevo nemmeno dormire. -Ale sei sveglia? Il nonno vuole parlarti- mi sussurrò mio padre per non svegliare mia sorella che dormiva nel letto accanto al mio. Ero distesa sul fianco destro rivolta verso mia sorella, e quando sentì le parole di mio padre mi voltai verso mio nonno che era dietro le mie spalle. Mi stiracchiai appena e sospirai.
-D-dimmi nonno- sussurrai fra uno sbadiglio e l’altro. C’era qualcosa di strano quella notte, mi sfiorai leggermente la fronte, era completamente imbrattata di sudore. Si faceva decisamente caldo.
-Ti ricordi quando mi hai detto che avevi quell’aggeggio rotto?- mi chiese. Stavo cercando nella mia mente quale aggeggio intendesse. Rimasi un attimo in silenzio e poi mi venne in mente cosa gli avevo detto un paio di giorni prima quando andai a casa sua.
-Ehm, si. Intendi il Nintendo ds?- gli chiesi. Lui annui semplicemente, e la stanza si riempì nuovamente di silenzio, un silenzio alquanto imbarazzante.
-Ecco ti faccio una promessa. Se stanotte non mi lasci solo e mi tieni compagnia te lo regalo nuovo- una bellissima proposta.
-Va bene nonno, ti prometto che rimango tutta la notte sveglia con te- gli risposi sorridendo. Ma non accettai per uno stupido arnese elettronico con la quale potevo giocare. Avevo accettato per un semplice motivo. Perche gli volevo bene, perché sapevo che prima o poi lui sarebbe andato via portando con se un pezzo della mia vita. Un pezzo del mio cuore. Un pezzo del nostro essere “Felici” fino alla fine. Ero li che lo osservavo sorridermi sempre di più come se non mi avesse mai vista prima di allora. I miei occhi si facevano sempre più pesanti, la vista cominciava ad annebbiarsi “No! No gli ho promesso che sarei rimasta sveglia!” pensai. E invece no crollai come un  sacco di patate, mi addormentai rivolta verso di lui. Mi svegliai sentendo la sveglia suonare, dio quanto la odiavo di prima mattina. Avevo decisamente dimenticato di toglierla, non appena aprì gli occhi mi ritrovai davanti lui.
-Buongiorno- mi disse sorridendo. Diamine, l’avevo lasciato sveglio e da solo tutta la notte.
-N-nonno scu…- non mi fece terminare la frase, per qualche motivo non mi fece finire di pronunciare la frase.
-Ma se sei stata sveglia con me tutta la notte- mi disse con un sorriso stampato in faccia, ma entrambi sapevamo che non era vero. Sapevamo che io ero crollata dieci fottutissimi minuti dopo aver parlato con lui.
-Di che state parlando tutti e due?- chiese mia nonna. Ed eccola li mia nonna che al solito suo si immischia negli affari miei e di mio nonno.
-Lina zitta sto parlando con mia nipote e preferisco non essere interrotto- le disse mio nonno. Wow sembrava una cosa seria di come aveva azzittito mia nonna.
-Ti ho promesso una cosa e tu sai che quando ti faccio una promessa io la mantengo sempre- si lo so nonno, so che qualsiasi cosa tu mi abbia promesso in tutta la mia vita, hai sempre mantenuto la parola che mi avevi dato.
-Di chi sta parrannu Bastià?- ed eccola di nuovo che parla troppo.
-Zittiti fammi finiri di parrari!- le disse per poi rivolgere di nuovo il suo sguardo verso di me.
-Allora, appena prendo la pensione ti do i soldi e te lo vai a comprare- mi disse sorridendo.
-Ma nonno io…io non ho mantenuto la mia di promessa- gli dissi abbassando lo sguardo. Mi sentivo tremendamente in colpa per non aver mantenuto la promessa.
-E che mi interessa, sei mia nipote e ti voglio bene più di ogni altra cosa al mondo, ti ho fatto una promessa e intendo mantenerla. Ti voglio bene- concluse iniziando a fare colazione. Lo guardai per un semplice secondo, e iniziai a pensare che fra tanti nonni che esistessero al mondo, a me è capitato il migliore dell’universo. Si secondo me lui era il migliore, ma non perché mi comprava quello stupido aggeggio di cui me ne importava ben poco, ma perché mi voleva bene come non mai, perché io sentivo dentro di me che lui era speciale.”
 
Un rumore, un semplice e stupido rumore mi riportò alla realtà. Alzai lo sguardo verso il distributore, non mi ero nemmeno accorta di averlo abbassato verso il pavimento, mi potevo riflettere benissimo su quel vetro sottile di quell’aggeggio. Un semplice e stupido rumore, il rumore della moneta che mi era scivolata dalle dita, mi aveva fatto ritornare alla realtà, mi aveva fatto allontanare quel bellissimo ricordo. Guardai nuovamente il vetro della macchinetta e vidi che avevo appena pianto senza accorgermene. Un’altra lacrima solcò il mio volto fermandosi sotto il mento, la osservavo riflettendomi attraverso quel vetro. Eccola li, sotto mento, ma non rimase li ancora per molto ad un tratto cadde. Abbassai lo sguardo e notai alcune lacrime sparse sul pavimento, come se fossero semplici gocce d’acqua. Asciugai gli occhi e alzai nuovamente lo sguardo, guardai il numero della bottiglietta e lo digitai nella tastiera che si trovava in alto a destra poco sopra alla piccola apertura dove si inseriscono le monete. Osservai la bottiglietta cadere verso il basso, ma per qualche strano motivo non la presi subito rimasi li ad osserva tutte quelle bottiglie del cavolo. “E se dovesse morire? E se appena ritorni li con una bottiglietta del cavolo e papà ti dice che è morto? Cosa farai? Urlerai, piangerai, ti odierai per non aver passato più tempo possibile con lui” mi facevo un mucchio di domande. Ero davvero pronta a perderlo? Ero davvero pronta a perdere la persona che ho voluto bene sin dalla più tenera età? Ero davvero pronta a perdere ciò che mi faceva sorridere anche quando non ne avevo voglia? O peggio ero pronta a iniziare a soffrire finche il dolore non fosse scomparso con il passare degli anni? Forse anche se avevo 13 anni Dio aveva deciso che dovevo essere pronta a soffrire in qualsiasi momento.
 
“Il telefono di casa si mise a squillare, lo sentivo in lontananza poiché ero nella mia stanza. Mi alzai dal letto abbandonando il Nintendo Ds vicino al cuscino e andai in cucina a prendere il telefono.
-Pronto?- dissi avvicinando il telefono all’orecchio.
-Alessia, perché non sei venuta? Stai male?- mi chiese il nonno. Era sempre così da quando ne avevo memoria. Se non andavo da lui per più di quattro giorni consecutivi si preoccupava.
-Si ho mal di orecchio- risposi dispiaciuta. Mi dispiaceva un sacco quando non potevo andare da lui a giocare. Non ricordo perfettamente quanti anni avessi ma credo sui nove dieci.
-Ah. Se vuoi più tardi vengo con la nonna- mi chiese dispiaciuto. Sul mio volto si dipinse un sorriso enorme, diamine sarebbe venuto per giocare a carte con me.
-Va bene. A ce ora vieni?- risposi felice.
-Non lo so, forse verso le 16:30-17:00- rispose, come sottofondo si sentiva mia nonna parlare con qualcuno, credo che stesse parlando con la vicina, la signora che ha un sacco di piante che io odio alla follia perché non fanno altro che portare zanzare, api, mosche.
-Va bene nonno, ti aspetto. Ah voglio qualcosa- gli dissi ridendo. Con lui scherzavo sempre, era bello prendere in giro mia nonna mentre lavorava la maglia.
-Ti porto l’ovetto della Kinder- wow, stavo solo scherzando e lui già è pronto a portarmi qualcosa.
-Ma stavo scherzando- risposi più seria che mai.
-E io no. Te lo porto ugualmente. Ci vediamo dopo che tua nonna sta iniziando a borbottare per andare a mangiare- mi disse ridendo. Scoppiai a ridere non appena sentì mia nonna dire “Bastià! Finisti di parrari o telefunu? Nachiti ca amma manciari!” rido troppo quando sento mia nonna parlare il dialetto Siciliano. Mi aveva promesso che sarebbe venuto e così fu. Alle 17:00 in punto mio  nonno si presentò a casa mia con mia nonna.
 
Un altro stupido e semplice rumore mi riportò alla realtà. Il rumore dell’ascensore che si apriva mi fece allontanare di nuovo un pensiero felice con mio nonno. “Meglio che ritorni da loro” pensai nella mia mente. Mi misi a camminare in quel maledetto corridoio del pronto soccorso dell’ospedale Gravina di Caltagirone. Ogni passo, ogni respiro, ogni secondo mi avvicinavo a lui, forse, forse lui è la e non appena mi vede mi sorride. Stavo per raggiungere mio padre, quando davanti a quella stanza dove avevano portato mio nonno. Vidi il dottore parlare con mio padre e mia nonna, aumentai il passo non appena li vidi tutti li a parlare. Mi avvicinai a mio padre, dio speravo che era tutto apposto, quanto lo speravo.
-Papá ma è vivo?- chiesi con un nodo alla gola e con una voce ridotta a un fottuto sussurro.
-No- rispose lui. C-cosa? No. Non posso crederci. Questo è tutto un maledettissimo sogno dalla quale voglio svegliarmi subito. Questo è un fottuto sogno, si è un sogno.
-C-cosa? Non posso crederci. Papá dimmi che non è vero- gli dissi con la voce ancora più bassa. Lui si limitò a scuotere la testa. L'unica cosa che riuscì a fare in quel minuto era piangere, piangere e piangere per poi scappare verso l'uscita. Correvo l'ungo quel corridoio dove incontrai mia madre che era stata fuori a parlare con mio zio al telefono.
-Che c'è?- mi chiese lei. Scontrai la mia testa contro la sua spalla e continuai a piangere, disperatamente.
-IL NONNO! MIO NONNO! È MORTO!- urlai tra le lacrime. Dio non potevo crederci, era solo un fottuto sogno dalla quale volevo svegliarmi di corsa. Mi scollai da mia madre e uscì fuori, ancora fra le lacrime, lei mi raggiunse per chiamare mio zio e dirglielo.
-Rosanna, digli a Marcello che, se ne è andato- mia mamma forse era piu distrutta di me, certo mio nonno per lei era come un padre.
-Aspetta che ti passo Alessia Marcello- disse mia madre pochi secondi dopo.
-ZIO DEVI VENIRE. DOMANI PRENDI UN FOTTUTO AEREO E VIENI, IL NONNO È MORTO.- quelle furono le parole che gli dissi urlando e piangendo. Mia sorella non sapeva niente ancora, ma non appena mia madre le ha telefonato per dirglielo, da Mazzarrone lei è venuta di corsa.
-NONNO! NO!- continuavo a urlare, le mie urla, le mie lacrime, tutto quello che stavo provando, ovvero dolore era forte, molto forte e faceva male. C'era un uomo con il camice verde, che venne con un carrello d'acciaio, uno da obitorio.
-No. Non puo essere vero- si stava andando a prendere il corpo di mio nonno. Non appena arrivò mia sorella mi strinse in un abbraccio, uno di quelli forti. Cercavamo entrambe di consolarci, ma come cazzo potevamo consolarci.
-Seguiamo il signore, dobbiamo andare a vestirlo- si era tutto reale. Tutto così fottutamente reale, ricordo ancora tutto di quella sera.
-Io non ce la faccio a vederlo- disse mia sorella fra le lacrime.
-Io lo voglio vedere, devo salutarlo- le dissi mentre aspettavamo mio padre. Dopo due ore, ma non ne ero totalmente sicura che fossero passate due ore, mio padre uscì dall'obitorio.
-Se volete vederlo venite- disse mio padre.
-Voglio vederlo- dissi seguendolo. Camminammo tutti e quattro vicini, in quel lungo corridoio, finche mio padre non svoltò a sinistra e noi facemmo lo stesso. Dio, era li, bianco come la cera, fermo, immobile come un pezzo di legno. Dio era morto sul serio. Mi avvicinai a lui, mia nonna era seduta al suo fianco insieme a mia zia, la sorella di mio nonno.
-Nonno- sussurrai fra le lacrime avvicinandomi sempre di più a quello che fino a poche ore prima era il mio nonino che sorrideva. Gli accarezzai la mano che rimase nella stessa posizione, ovvero l'indice un po sollevato, il pollice un po verso l'interno. Quella era la mia mano preferita, quella che prendevo sin da bambina, la mano che prendevo quando dovevo attraversare la strada, la mano che prendevo quando dovevo aiutarlo ad alzarsi. Dio nonno non posso crederci. Non posso crederci che sei andato via sul serio.
-Addio nonno, sarai sempre qui, nel mio cuore- sussurrai appena fra le lacrime. Solo adesso mi pento di non averlo fatto, di non averlo abbracciato per l'ultima volta, mi pento per non averlo stretto a me per un'ultima volta.
-Andiamo a casa- disse mio padre. Uscimmo tutti dall'obitorio e tornammo a casa.
-L'abbiamo lasciato solo- disse mia nonna. Si cazzo sarei rimasta con lui, non lo avrei lasciato. Non avevo paura di lui. Cazzo nonno sto male, adesso sono qui che racconto la nostra storia. Sono qui che mentre scrivo piango nel ricordare ogni singola parola, ogni singolo maledetto istante di quella sera.
Tornammo tutti a casa, mia nonna dormiva nel divano, io in camera mia con il letto unito a quello di mia sorella.
-Ale, non ci ho mai pensato fino ad adesso, ma adesso che lui se ne andato ci sto pensando- mi disse mia sorella.
-A cosa?- le chiesi sussurrando.
-A come deve essere morire. Il nonno non c'è più e io non riesco a crederci. Vorrei tanto che questo fosse tutto un sogno dalla quale domani mi sveglierò- disse lei.
-Lo voglio anche io. Voglio che questo sia solo un fottuto sogno- risposi.
Guardavo il soffitto, iniziando a ricordare tutto, tutti i belissimi momenti passati insieme a lui. Non me ne resi conto ma mi addormentai pensando a quei giorni che abbiamo passato insieme all'ospedale.
 
-Forza nonno apri la bocca- gli dissi ridendo, per poi prendere un'altro cucchiaio di pastina.
-Avanti giacomina!- mi disse lui, scoppiai a ridere, si mi faceva ridere quando lui mi chiamava in quel modo. Gli imboccai la pastina e aspettai che ebbe finito per continuare.
-Se ti do i soldi, mi vai a cercare le caramelle?- mi chiese dopo che ebbe finito ti mangiare.
-Non c'e bisogno me li da papá- sorrisi per poi alzarmi e andare con mio padre in giro per l'ospedale in cerca delle caramelle. Le golia. Ecco quale voleva, le trovammo al piano terra dopo esserci girati mezzo ospedale.
-Ecco le abbiamo trovate- dissi ridendo per poi dargliene una.
-Grazie- mi sorrise.
-Mamma mia ma sono forti!- esclamò.
-Si aiutano a respirare- dissi sprridendo. Passai tutto il pomeriggio a parlare con lui, e a scherzare.
-Ma cha nun c'e Gnazio?- mi chiese. Si parlava di un telefilm, credo spagnolo che si chiama "La forza del Desiderio".
-No, non credo aspetta che vedo- accesi la TV ma non trovai il canale "Rai Premium" non ricordo nemmeno il canale preciso.
-No non c'è- risposi.
-Antenna da demolire- disse lui ridendo.
-Giá- sorrisi.
-Forza saluta il nonno, torniamo domani papá- disse mio padre.
-Va bene papá...Ciao nonno, ti voglio bene- gli dissi dandogli un bacino per poi andare via.
 
Il funerale.
Si era ora del funerale, l'agenzia funebre lo aveva riportato a casa dentro la bara color nocciola, dio ricordo ancora quando vidi quella bara dentro casa di mia nonna. Scappai, scappai verso la macchina, non ce la facevo a vederla. No non ce la facevo ad immaginarlo chiuso li dentro.
-Condoglianze Ale- cristo! Vi prego non ditemi queste cose, vi prego. Ero fra le lacrime, e il papá di Delfina, la mia amica d'infanzia mi fece le condoglianze. Dio avevo bisogno di lei, dovevo sfogarmi.
-Ale, mi dipiace. Mi dispiace per tuo nonno, dio era come un nonno anche per me. Mi ha sempre trattata bene da quando vivo qui, è sempre stato gentile con tutti, era speciale davvero- mi disse Delfina abbracciandomi. Dio santo stringimi forte Delfy, ne ho bisogno. Era ora. Era ora di portarlo in chiesa. C'erano tutti, tante persone che io non conoscevo, ma sapevo che erano persone alla quale mio nonno aveva fatto del bene. C'era anche mia commare Santina, o per meglio dire la commare di mia madre, e suo marito Domenico. Era da tantissimo tempo che non li vedevo, non ho mai saputo che cosa è successo fra loro e i miei ma grazie a mio nonno, sono tornati insieme, adesso siamo vicini. E dio non ne posso essere piu felice, Santina mi è stata vicina, Domenico anche, e per questo li ringrazio.
I ragazzi che portavano la bara, la uscirono dalla casa di mia nonna, ricordo ancora la frase di mio nonno "Se entro in ospedale, tornerò a casa morto. A casa non ci tornerò più vivo"  queste parole erano vere. Ma non tutte. Era finito all'ospedale, ma era tornato a casa vivo. La tragedia è successa dopo quattro giorni.
Uscirono la bara e la sollevarono verso il cielo, tutti, e dico tutti iniziarono a battere le mani. Anche io iniziai a batterle "Ciao Nonno. Sei stato un grande, e tutti auesti applausi, tutte queste persone sono qui per te. Per il mio nonnino. Ti amo nonno. Per sempre."  La messa. Si la messa io non la seguì per nulla, non mi interessavano quelle parole, non mi interessava il prete che parlava. La mia mente era da tutt'altra parte.
Ed eccomi qua nonno. Eccomi a seguirti per l'ultima volta, eccomi a seguirti per dirti addio per sempre. Seguivamo la bara verso il cimitero, ma prima dalla chiesa del Calvario passammo dalla piazza Carlo Maria Carafa, dove la bara fu sollevata di nuovo verso il cielo e tutti per una seconda volta applaudirono. Ricordo che in tutta la mia vita non vidi mai mio padre piangere, ma non appena la bara fu sollevata, lui pianse, pianse come non lo avevo mai visto fare. Ho ancora molte cose da dire di quei giorni, tantissime che forse non riuscirò nemmeno a scrivere dal dolore immenso che provo. Molte cose come, mia sorella che ha urlato dentro la piccola cappella del cimitero.
-PIUTTOSTO DI PARLARE DEI VOSTRI CAVOLI, E DI GIUDICARE MIO NONNO,  DOVRESTE FARGLI IL ROSARIO, PERCHE VOI, VOI DUE, MARITO E MOGLIE NON VALETE NEMMENO LA METÁ DI LUI- queste furono le parole di mia sorella.
Entrai in quella piccola cappella e mi sedetti vicino la bara di mio nono e appoggiai una mano su di essa inziando a parlargli. Mia nonna era seduta vicino a me che continuava a piangere.
-Mi ricorderò di te per sempre nonno- sussurrai appena accarezzando quei fiori sulla bara.
 
Era pazzesco come in quattro giorni, tutto era cambiato. Tutto prima di questo sembrava essere al suo posto, tutto invece scoppiò in quattro giorni. E adesso sono qui, a finire la storia così, perche il dolore che provo è troppo grande per continuare. Sono qui nonno a immaginare il nostro incontro, a immaginare noi due camminare su quelle nuvole che oggi ci separano ma che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e ogni secondo ci avvicinano sempre di piu. Aspettami li nonno, un giorno anche se lontano ci rivedremo e sono convinta che cammineremo insieme in eterno. Tutta questa storia è dedicata a te, perche è la nostra, un pezzo della nostra storia e vita. E adesso domenica 14 Giugno 2015 alle ore 00:42 io smetto di scrivere. E inizio a contare i giorni che mancano al tuo compleanno, e a quanto vorrei che fosse tutto come prima. Io che vengo a casa tua con il solito regalino, il solito dopobarba che ti piaceva tanto, oppure con una magliettina troppo giovanile ma che mettevi lo stesso per farmi felice. Non dimenticherò mai, e dico MAI quello che hai fatto per me, i sacrifici che hai fatto per papá, le difficoltá che hai affrontato e superato per il bene della famiglia. Adesso posso dire ufficialmente che tu, tu nonno per me sei un EROE. Si per me tu sei un EROE, perche sei stato un grande nella tua vita e come testimoni ho la zia Concettina, papá, la nonna, lo zio Marcello e tutti coloro a cui hai offerto il tuo aiuto.
 
"Nonno, vogliamo ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi. Vogliamo pensare che ancora ci ascolti, che come allora sorridi. Ti vogliamo bene e te ne vorremo sempre. I tuoi nipoti."
 
Il titolo di questa storia, della nostra storia secondo me è perfetto perchè, Le persone che amiamo non ci lasciano mai veramente, e io sono convinta che tu nonno, tu sei sempre al mio fianco.
 
Adesso so che questo è vero, che questa frase è vera, e intendo concludere la storia con questa frase.
 
"Un nonno ti vede nascere sapendo che ti lascerá prima degli altri. Forse ecco perche ti ama più degli altri."
   
 
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