Note: Al mio Inghilterra personale e al
suo Francia. Per tutte le volte che mi avete fatto vincere a Mario Kart da
piccola e per avermi prestato Assassin’s Creed Rogue. E
perché so che sbirciate sul mio account, è inutile che neghiate. SONO PEGGIO DI SAURON: VI OSSERVO SEMPRE - regalatemi
un Anello del Potere per il compleanno e fareste di me una PimPa
tanto felice. Ma soprattutto perché siete stati voi a farmi capire che l’amore
supera ogni cosa, che siano i pregiudizi o qualsiasi altro ostacolo.
You
build me up when I fall apart
Perché non ci rendiamo conto che ad
ucciderci siamo noi.
Tre Settembre 1783
Quando arriva a
casa di Inghilterra è sera inoltrata ed è tutto buio: non una sola luce
rischiara la strada che conduce all’accogliente villetta poco fuori Londra e da
tutte le finestre della casa vi è solo buio.
Appena arrivato
davanti alla porta d’ingresso non bussa nemmeno, Francia, sa che è aperta - perché
ha appena visto Irlanda entrare e lasciarla accostata, forse l’aveva visto.
-Io lo ammazzo!-
Francis sobbalza,
un po’ per l’urlo improvviso un po’ per il rumore di vetri infranti.
Nell’ingresso della
villa, vi sono due dei tre fratelli maggiori di Arthur. Francia li riconosce:
Scozia e Galles.
-Fratello, ti prego… - Galles afferra Scozia per un braccio, ma questi
con un brusco strattone quasi lo manda per terra come il bicchiere di whisky
poco prima.
-Lo ammazzo! Come
ha osato fare questo alla persona che lo ha cresciuto come un figlio?!- urla
Scozia, furioso.
Si riferisce ad
Alfred, al piccolo – non più tanto
piccolo - America, e Francis si sente un verme.
E si sente ancora
più verme e vorrebbe sotterrarsi quando i due inglesi si accorgono di lui.
Galles lo fissa preoccupato e disperato, Scozia invece si infuria ancora di
più.
-Tu… - sibila.
-S… seconda porta a sinistra, subito
dopo le scale.- il gallese blocca sul nascere le azioni del fratello,
spiegandogli velocemente dove trovare Arthur.
Francis lo
ringrazia, li supera e corre per le scale cercando di ignorare le parole non
tanto gentili dello scozzese – però ammette con vergogna che ha ragione quando
dice che “Non avresti dovuto permettere a
quello stronzo traditore di andare da lui!”.
Davanti alla stanza,
appoggiato alla porta, c’è Irlanda.
-Non vuole vedere
nessuno. E il Nessuno comprende anche
te.- sussurra. –Anzi, penso che tu più di tutti non
dovresti essere qui, Francese.-
E Francis sente la
terra cedergli sotto i piedi ancora una volta alla vista dello sguardo
accusatore negli occhi acquamarina dell’irlandese – così simili a quelli di
Arthur ma così diversi.
Poi,
all’improvviso, Irlanda cade all’indietro: Arthur ha aperto la porta e ora
fissa Francis negli occhi – sono gonfi e rossi di lacrime, i suoi bellissimi
occhi verdi.
-Grazie, fratello.
Potresti lasciarci da soli?- è un lieve sussurro, ma Irlanda si rialza senza
battere ciglio e se ne va. Qualche minuto dopo sentono l’urlo furioso di Scozia
e le parole disperate ed esagitate di Galles che cerca di calmarlo.
Arthur continua a
fissarlo, immobile e in silenzio, e Francis non sa cosa fare.
-Angle… -
Non riesce ad
articolare nemmeno la frase che uno schiaffo si abbatte contro la sua guancia,
così forte da fargli voltare la testa.
-Non un parola.-
sentenzia l’inglese. –Non provare a dire una sola parola, Francia.-
È ferito,
disperato, sull’orlo di una nuova crisi di pianto e furioso.
Furioso con sé
stesso, perché non è stato in grado di sparare ad Alfred.
Furioso con Alfred,
perché lo ha abbandonato dopo tutto quello che ha fatto per lui.
Furioso con Spagna,
perché ha approfittato della situazione per riprendersi dei vecchi possedimenti
– e di conseguenza furioso anche con Olanda.
Furioso con
Francis, perché si è giocato la sua fiducia aiutando America.
-…Io mi fidavo di te.-
E Francis – per
l’ennesima volta da quando ha messo piede in quella casa – si sente morire: si
è reso conto di aver sbagliato ad aiutare America nell’esatto momento in cui ha
visto i coloni festeggiare l’indipendenza appena ottenuta. Si è reso conto di
essersi giocato e di aver perso quel poco di fiducia che l’inglese riponeva in
lui quando ha visto il trattato di Parigi firmato da entrambe le parti.
E tutto per cosa?
Per una colonia, che nemmeno era sua, che voleva essere indipendente.
Quanto era cretino.
-Angleterre, ti prego, lasciami parlare… -
-No. Non avvicinarti. Vattene.- Arthur
indietreggia nella stanza e Francis si chiude la porta alle spalle, cercando di
bloccarlo e parlargli.
Arthur sta per
rimettersi a piangere quando Francis – dopo un pugno nello stomaco, qualche
calcio negli stinchi e altri due schiaffi in viso – riesce ad afferrargli i
polsi e bloccarlo. Non fa niente, appoggia testa contro la sua spalla e ripete Mi dispiace, Scusami, Perdonami come
un mantra.
Un singhiozzo, la
spalla di Inghilterra che sobbalza. E quattro semplici, dolorose parole.
-I was so great… -
Francia gli lascia
andare i polsi e lo abbraccia.
Gli sembra essere
tornato indietro di secoli, quando Inghilterra era solo un bambino maleducato
che lo bersagliava con le sue frecce appena metteva piede oltre la Manica.
Un bambino cresciuto
da solo dopo la sconfitta di Britannia e la sua uccisione da parte di Impero
Romano, sempre maltrattato da suo fratello Scozia e coccolato da Irlanda e da
Galles.
Un bambino che gli
aveva fatto guerra per cento anni e che aveva bruciato la sua Pulzella come se
fosse una strega – e lo ha odiato davvero per questo.
Un bambino che, ostinato,
nascondeva le ferite e scalciava come un cavallo quando Francia cercava di
bendargliele; un bambino che non dormiva per notti intere a causa degli incubi
e che aveva sempre cercato di mostrarsi forte nonostante gli occhi lucidi per
il pianto imminente – che fosse per le ferite o per altro, Arthur non aveva mai
pianto davanti a nessuno prima di questa volta.
Gli sembra così
gracile e fragile, in quel momento… E forse è proprio
in quel momento che Francis vede tutti i demoni che vede Arthur, quei demoni da
cui non riesce a salvarsi da solo.
E si promette che,
per quanto gli sarà possibile, proverà a salvarlo lui.
Quattro Luglio.
Francia fruga nelle
tasche dei pantaloni per cercare le chiavi e meno male le trova al primo colpo.
Apre la porta ed
entra, sale le scale e fa qualche passo nel corridoio.
Seconda
porta a sinistra, subito dopo le scale.
Entra, si avvicina
al letto e vi lascia cadere un Arthur ubriaco e dormiente.
-Ma cosa devo fare
con te?- sbuffa. –Meno male che sei una Nazione, altrimenti a quest’ora saresti
in un ospedale a un passo dal coma etilico, Angleterre.-
Gli toglie le
scarpe, la giacca e la cravatta, sistemandolo sotto le coperte, e si siede sul
bordo del letto.
Tutti gli anni la
stessa storia: mentre dall’altra parte dell’oceano America festeggia la sua
indipendenza, in un qualsiasi pub di Londra Arthur si ubriaca e Francia, come
un fesso, corre da lui e lo riporta a casa prima che faccia qualche pazzia – ha
sempre il terrore che, una volta alticcio, Inghilterra lasci via libera all’Arthur
pirata e combini qualche casino. E resta lì per delle ore a osservare l’inglese
dormire o agitarsi nel sonno per gli incubi, immobile e in silenzio e con la
testa piena di domande che non osa formulare.
Si chiede perché
Arthur non voglia farsi aiutare da nessuno, perché si ostini a voler fare tutto
da solo rischiando solamente di ferirsi ancora di più.
Si chiede perché continui
a farsi così tanto male, affogando nell’abbraccio di quei demoni che non lo
lasciano mai.
-I was so great… - sussurra
a un certo punto Inghilterra. Francis se lo ricorda bene, la prima volta che
l’ha sentito pronunciare quelle parole.
Quella volta non
seppe come rispondergli. Ma, se ora Arthur fosse sveglio, saprebbe cosa
replicare.
-E lo sei ancora, Angleterre.- mormora.
–Quindi, per favore: smettila di farti del male.-
Ma sa già che,
l’anno prossimo, Inghilterra non riuscirà a contrastare la tristezza - perché
Inghilterra non riesce a salvarsi da solo, ma è troppo orgoglioso per chiedere
aiuto – e lui attraverserà la Manica e correrà da lui, riportandolo a casa
prima che faccia qualche pazzia.
Nota storica completamente
trascurabile:
Il
3 settembre 1783 venne firmato il trattato di Parigi (o Versailles) tra
Francia, Inghilterra, Spagna e le tredici colonie che costituiranno in futuro
gli Stati Uniti d’America.
Il
trattato prevedeva:
·
Il riconoscimento, da parte dell’Inghilterra,
dell’indipendenza delle tredici colonie;
- La
rinuncia da parte dell'Inghilterra ai territori fra
i monti Allegani ed il Mississippi, che diventarono
la linea di frontiera fra gli Stati Uniti d'America ed i possedimenti spagnoli nel nord America;
- Il
diritto di libera navigazione del Mississippi sia per le imbarcazioni inglesi che per quelle degli Stati
Uniti d'America;
- Il
mantenimento del territorio del Canada da parte
dell'Inghilterra;
- La
restituzione al Regno Unito delle Antille, occupate dalla Francia;
- La
restituzione alla Francia di Senegal e delle
isole di Trinidad e Tobago;
- La
restituzione a Spagna e Paesi
Bassi delle colonie occupate dall'Inghilterra;
- Il
passaggio della Florida alla Spagna;
- La
risistemazione dei territori di competenza di Francia ed Inghilterra in India;
Nonostante la perdita delle colonie americane e tutte
le altre perdite, l’Inghilterra rimase la più forte potenza europea.
D.P.P.: Deliri Post Partum.
Ritorno
all’angst, argh.
La
mia vena comica et demenziale è durata poco.
Perdonatemi.
Mi è partita la ship assurda per la FrUk e ho scoperto che mi fa più angst
di tutte le altre Otp. Perfino della HRExChibitalia. No cioé,
parliamone: ho dei seri problemi!
Quest’ultima
Otp è l’apice dell’angst
nel fandom insieme a Hetaoni!
.
. . .
HETAONI-!*piange l’oceano Pacifo, l’Indiano
e l’Atlantico* Soffro tantissimo-!
‘I’m sorry, America. I can… no longer… see.’ *screams internally*
.
. . .
No,
okay: ricomponiamoci un minimo.
*A-ehm*
Beh:
c’è da dire che ‘sta cosa è nata durante un pomeriggio passato sul divano a
oziare/vegetare a casa da sola: nessuna chiamata dai genitori, niente amiche
rompipalle che mangiano le mie torte e niente coinquilina in mezzo ai piedi. Solo
io con il lettore musicale sparato a mille nelle cuffie in riproduzione casuale.
E all’improvviso, verso le 16, parte Human di
Christina Perri e… boh: ‘sta
fic si è scritta da sola con quella in sottofondo.
Non
odiatemi. Non tantissimo, almeno. Sappiate che non lo faccio con cattiveria, lo
giuro.
Vi
voglio tanto bene, a tutti quanti.
Davvero.
Maki