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Autore: mattmurvdock    23/06/2015    1 recensioni
Steve sentì bussare alla sua porta.
un mugolio scocciato uscì dalla sua bocca.
Erano passate circa tre settimane da quando aveva incontrato Bucky per l'ultima volta... il suo migliore amico, catturato e torturato dall'Hydra, trasformato in una perfetta macchina assissina che aveva fomentato la guerra fredda e chissà quali altri scontri. Solo perché lui non riuscì a salvarlo quell'ultimo giorno di quasi 70 anni fa; questi pensieri lo tenevano sveglio da molte notti oramai, era stato un gran colpo, rivederlo lì davanti a sé, perfettamente freddo e spietato, incurante di tutto e di tutti.
Adesso Steve era lì, disteso malamente sui morbidi cuscini del divano di pelle scura del suo appartenento a Washington DC.
Genere: Dark, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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[toc toc toc] Steve sentì bussare alla sua porta. un mugolio scocciato uscì dalla sua bocca. Dovevano essere sicuramente Natasha o Sam, i due erano stati così carini da preoccuparsi molto, forse anche troppo, per lui nell'ultimo periodo, perciò decise di ignorare i colpi e fingere di non essere in casa. voleva davvero bene ai suoi due amici ma erano stati davvero troppo apprensivi. erano riusciti ad essere presenti ogni ogni giorno nelle ultime settimane. cos'è, avevano paura che diventasse depresso o giù di lì? temevano forse che si fosse tolto la vita in un gesto estremo? non lo sapeva, ma si sentiva come una bomba pronta ad esplodere nelle mani di un bambino di cui tutti avevano paura. i pensieri vagavano velocemente nella sua testa. erano passate circa tre settimane da quando aveva interagito con Bucky per l'ultima volta... il suo migliore amico, catturato e torturato dall'Hydra, trasformato in una perfetta macchina assassina che aveva fomentato la guerra fredda e chissà quali altri scontri... e solo perché lui non riuscì a salvarlo quell'ultimo giorno di quasi 70 anni fa; questi pensieri lo tenevano sveglio da molte notti oramai. era stato un gran colpo: rivederlo lì davanti a sé, perfettamente freddo e spietato, incurante di tutto e di tutti. adesso Steve era lì, disteso malamente sui morbidi cuscini del divano di pelle scura del suo appartenento a Washington DC. per una seconda volta qualcosa batté sul legno della porta, questa volta però i colpi risuonarono più forti e decisi. esasperato, si alzò lentamente, sbirciando l'orologio bianco appeso al muro difronte a lui. Le lancette nere segnavano appena le 3:06. «Nat senti, te l'ho già detto...» pensò ad alta voce, avvicinandosi al portone. era veramente tardi, ma si era abituato a ricevere visite agli orari più insoliti da quando Maria e Natasha avevano "ottenuto" il suo indirizzo di casa. rise al suo stesso pensiero, come se due degli agenti più efficienti dello Shield avessero bisogno di ottenere da qualcuno un effimero nome di strada e numero civico. indossava dei pantaloncini del pigiama e una t-shirt grigia, inoltre portava una felpa, la cerniera del tutto aperta. «non sono depress-- » aprì la porta con un movimento brusco, osservando la sagoma all'esterno. dall'altra parte vi era un ragazzo, i capelli e il cappuccio della giacca gli coprivano buona parte del viso, nascondendone l'identità. poi, dopo pochi secondi alzò il capo, rivelando finalmente la sua faccia. Steve quasi ebbe un sussulto, lo osservò bene, scrutandone tutti i particolari. «Steve...» il moro iniziò a parlare, guardando negli occhi l'altro. La sua voce era piatta, ma lasciava sfuggire una sfumatura di paura nel suo tono. «Steve... devo chiederti di perdonarmi. I-io.. non sapevo chi ero...» dopo poco la sua voce si incrinò, iniziando a singhiozzare irregolarmente. Quando ebbe finito la frase, Bucky fece un timido passo verso l'interno della casa, verso il biondo. Non distolse mai lo sguardo dai suoi occhi. Steve, da parte sua, non disse nulla, non replicò con niente. Fissò per qualche istante quegli occhi blu così sofferenti. Sorrise appena, quasi commosso e, di scatto, abbracciò Bucky, tirandolo a sé in una ferrea stretta. L'altro non fece che replicare i movimenti del biondo, portando le mani dietro la schiena di quest'ultimo. Entrambi non fiatarono una parola, per qualche secondo, -o forse anche di più- non si sentì altro che i loro respiri perfettamente sincronizzati e, di tanto in tanto, qualche singhiozzo, soffocato contro la felpa calda di Steve. Quando si staccarono, quest'ultimo, posò dolcemente le labbra su quelle di Bucky. La sua bocca sapeva di alcool e sul suo labbro inferiore c'era una ferita che lo attaversava verticalmente. Steve portò l'altro nel suo appartamento, richiudendo poi la porta dopo di lui. Dopo poco entrambi si staccarono, guardandosi negli occhi, a pochi centimetri di distanza. Questa volta fu Steve a prendere parola. «non mi importa quello che hai fatto, tu non sei l'uomo che ha ucciso tutte quelle persone. Tu adesso sei Bucky, non il Soldato D'inverno.» pronunciò quelle parole mentre col la mano accarezzava dolcemente i capelli dell'altro. Un raggio di sole penetrava dalla tende socchiuse della sua camera da letto. Steve aprì lentamente gli occhi, disturbato da quel contrasto di luminosità presente nella stanza. Guardò il soffitto, portandosi poi le mani al mani al viso e stroppicciandosi appena gli occhi. Nella camera non era solo, però. Voltò di poco il capo per notare un altro corpo, vicino al suo. Un sorriso stupito si fece largo sul suo viso. Osservò la figura dormiente per alcuni istanti, cercando di coglierne tutti i particolari. La barba leggermente incolta, i capelli arruffati per tutto il cuscino, la bocca semi-chiusa e alcune piccole ferite che ricoprivano il suo viso. Il biondo avvicinò il volto al suo, sfiorando appena le sue labbra. Bucky aprì gli occhi, guardandolo con aria disorientata. «S-steve!» la sua voce uscì bassa e roca. «Buongiorno.» sorrise allegramente guardandolo con gli occhi socchiusi. Il biondo con tutta risposta lo baciò, per poi sussurrare a pochi centimetri: «Ti amo, Buck. Non sai da quanto tempo volevo dirtelo.. i-io.. non--» « Hei, » la voce dell'altro sovrastò la sua. «Ti amo anche io.»
  
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