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Autore: TheShippinator    24/06/2015    2 recensioni
Tony Stark (divorziato da Pepper Potts, compagno di Steve Rogers e padre part time di Blaine -figlio biologico- e Peter -figlio adottivo-) e Bruce Banner lavorano ormai da tempo ad un congegno spazio temporale. Approfittando di una tempesta, lo attivano. Il risultato che ottengono non è quello sperato e, nel giro di poche ore, si ritrovano a dover fare i conti con la presenza di due diversi Spiederman nella stessa realtà. Il problema? Uno dei due non ha idea di chi Spiderman sia.
E' così che Peter si ritrova a voler a tutti costi istruire il suo Altro-sé Kurt, Blaine deve fare i conti con la speranza di un amore impossibile e Tony impara, pian piano, ad essere un padre migliore.
- Attenzione: Fanfiction Klaine AU ambientata nel Movieverse Marvel CON i personaggi Marvel (+ Spiderman)... In sostanza, un Crossover. Il Rating potrebbe variare!!
- Ship: Stony - Klaine.
Genere: Azione, Commedia, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti!!
*si tappa le orecchie e chiude gli occhi* LO SO, lo so che ho l'altra da finire, ma... questa ha tant più capitoli pronti! Promesso!
Non so comunque se aggiornerò ogni settimana... Coooomunque! Questa ff è nata quando ho visto una manip di Chris Colfer sul corpo di Spiderman e allora sapete, una cosa tira l'altra e la mia testa comincia a lavorare. Ci lavoro da diverso tempo ormai, e devo ringraziare immensamente Giusy che mi ha supportata e spronata e insultata per tutto questo tempo, dandomi il suo parere e leggendo i miei capitoli aiutandomi durante i momenti un po' più complicati. Finalmente ho deciso di premiarla per il lavoro svolto iniziando a pubblicare il mio lavoro in onore della sua quasi uscita dal Liceo!
Quindi sì! Questo è un regalo per te, Giusy!

Premessa: Jarvis non è il "maggiordomo" degli Stark, ma, come nei film, ho mantenuto la presenza di J.A.R.V.I.S. (Just A Rather Very Intelligent System), l'Intelligenza Artificiale. Un po' l'ho fatto per comodità e un po' perchè in generale, chi ha visto solo i film non è abituato alla presenza "fisica" di un Jarvis e lo ammetto, a me piace molto Iron Man, ma non ho mai avuto la possibilità di leggere gli albi. Mi sono informata solo su Internet e tramite amici. Ho visto i film, comunque, e l'idea di Jarvis AI mi piace, quindi… così sia!

Plus… Peter Parker spara davvero ragnatele dai polsi (niente fialette ricaricabili, non uccidetemi >__<) ed è orfano sia di genitori che di zii, quindi è tutto sooolo e non ha nessuuuno accaaaantoooo (tanto per fare un omaggio a Ciuchino, comunemente noto anche come voce-italiana-di-Blaine-Anderson-e-di-Eleven).

***

 

Dedicato a Giusy <3

 

How To Get Away With Superpowers.

 

 

Capitolo 1

 

Blaine era, ed era sempre stato, un figlio di papà.

Questo dicevano i giornali e questo pensava la gente. Non che la gente lo odiasse per questo, però: qualcuno avrebbe potuto definirlo "fico", qualcun altro "montato", in generale, comunque, lo si riteneva un ragazzo fortunato, che era nato nella famiglia giusta e al momento giusto.

Il passato di Blaine era dominio pubblico: suo padre era solo il più famoso multimilionario del pianeta (nientepopodimeno che Tony Stark, aka Iron Man), sua madre, invece, la sua ex-segretaria… e anche ex-moglie. Non c'era voluto molto per scoprire la "scandalosa" vita segreta che Tony viveva quando Pepper Potts non si trovava alla Stark Tower. Tony Stark, per farla breve, aveva coronato il sogno di ogni ragazzina: era riuscito ad avere una relazione più o meno stabile con il suo idolo di sempre… peccato che questo idolo fosse Steve Rogers. Capitan America.

Blaine aveva alle spalle il divorzio dei genitori, avvenuto quando aveva solo cinque anni, il peso della popolarità, che è difficile da portare per un bambino, la severità per quanto riguardava, invece, la voglia della madre di impedire ai media di venire a sapere ogni singola cosa inerente alla vita del figlio e il desiderio di Tony di, al contrario, metterlo in luce fin da subito, in modo da prepararlo a prendere il suo posto un giorno. In tutto questo, Blaine aveva ovviamente dovuto inserirci anche il fatto che odiava, odiava che tutti lo conoscessero.

Detestava la popolarità. Non del tutto, a volte tornava utile, ma di certo detestava il fatto che tutti lo ritenessero un ragazzino approfittatore, che otteneva ciò che aveva tramite strette di mano e parole dette alla persona giusta.

No, lui si era guadagnato ogni singolo voto a scuola, ogni singola carica scolastica e ogni lavoretto. Non aveva mai chiesto nulla a nessuno e spesso lo irritava il fatto che fosse pensiero comune che lui fosse un raccomandato.

C'erano comunque dei vantaggi ad essere figlio di Tony Stark, ed uno dei tanti era che avevi quello che per il quale ogni bambino avrebbe dato il proprio giocattolo preferito: un'Armatura personalizzata. 

Tony aveva insegnato al figlio ad utilizzare l'Armatura quando aveva 15 anni. Se si concentrava, Blaine poteva ancora ricordare la sensazione di vuoto allo stomaco quando, per la prima volta, si era ritrovato a volare senza alcun supporto se non i razzi. Se si concentrava ancora di più, ricordava perfettamente anche l'urgenza che aveva avuto, dopo il volo, di sfilarsi la maschera e rimettere il pranzo nel bidone dei rifiuti più vicino.

La sua armatura era nera, perchè lui l'aveva voluta così. Jarvis l'aveva dipinta di nero e, qua e là, di rosso, tanto per richiamare i colori dell'originale Armatura di Iron Man. Era un utile mezzo di trasporto, se eri in ritardo o se non avevi voglia di fare la coda all'imbarco di un aereo, tuttavia Blaine non la usava spesso, soprattutto perchè quando lo faceva finiva sui giornali.

Erano passati quattro anni, comunque, da quando Blaine aveva per la prima volta guidato un'Armatura e, nel frattempo, Steve e Tony avevano confessato la loro relazione al mondo ed avevano anche ben pensato di "adottare", sentimentalmente parlando, il povero, sfortunato e orfano di genitori, zii e vita sociale, Peter Parker, alias Spiderman. 

Aveva avuto il piacere di incontrare il suo "fratellastro spirituale" e l'aveva trovato a dir poco irritante. Non si poteva dire che lo odiasse, semplicemente non era nelle sue corde. 

Aveva il pessimo, orribile vizio di fargli scherzi notturni, quando tornava a casa tardi dopo un giro nella malavita newyorkese, a picchiare qualche cattivo. Una volta aveva legato una ventina di gavettoni al soffitto, grazie alle sue ragnatele, solo per poi farli cadere tutti insieme, da lontano, con un altro proiettile, in modo da non bagnarsi. Ovviamente, Blaine aveva passato tre giorni a letto con un forte raffreddore.

Peter avrebbe dovuto essere quello maturo, era più grande di lui, anche se solo di un anno, ma sembrava che fosse decenni più piccolo e Tony adorava quel ragazzo sfrontato e spontaneo più di quanto Blaine avesse l'impressione di essere amato a sua volta.

«Tony è come un bambino. Dagli un giocattolo nuovo e non vorrà vedere quello vecchio finchè non si sarà stufato. Quando l'emozione della novità sarà passata, tornerà quello di prima» disse Steve, per l'ennesima volta, dando un morso ad una ciambella.

Lui e Blaine facevano spesso colazione assieme. Blaine studiava per diventare il successore dell'impero Stark, sia da parte di madre (che tuttavia era rimasta socia delle Stark Industries) che da parte di padre, e lo faceva prevalentemente a casa con insegnanti privati.

Seguiva, da ascoltatore, alcuni corsi anche in università pubbliche o private, più per non isolarsi dal mondo ed incontrare altra gente che non per necessità. Non che avesse poi tante amicizie, ma quelle poche che aveva erano solide.

«Lo so… ma beh, non è bello sentirsi un giocattolo vecchio. Io non sono un giocattolo vecchio, no?» domandò Blaine, giocherellando con i suoi cereali, prendendone una cucchiaiata e masticandoli con poca convinzione.

Steve fissò pensieroso il suo succo d'arancia, sorseggiandolo.

«No, non lo sei… Dagli tempo, conosci tuo padre» concluse Steve, alzandosi in piedi, il bicchiere di succo d'arancia mezzo vuoto in una mano e un boccone di ciambella nell'altra. 

Si voltò verso l'entrata della cucina, dove un ragazzo dai capelli scompigliati e castani, si era appena affacciato con aria assonnata. Era già vestito, ma la T-shirt blu scuro che indossava era infilata per metà nei jeans, dandogli un'aria un po' stupida. 

«…'giorno» salutò, lasciando che le parole fossero precedute da un largo sbadiglio coperto dalla mano.

Steve salutò Peter e gli augurò una buona giornata, mentre usciva dalla cucina diretto alla palestra; Blaine si limitò ad un grugnito rivolto ai suoi cereali.

«Ti sei svegliato male, questa mattina?» domandò il più grande, aprendo il frigorifero per recuperare il latte.

Blaine continuò a mangiare, masticando rumorosamente, supplicando che il suono dei cereali coprisse le parole di Peter e gli fornisse una scusa per non fare conversazione. Il rumore della macchina del caffè che si prodigava per produrre quella brodaglia scura non era particolarmente d'aiuto a sua volta.

«No, ho particolarmente apprezzato lo scotch appiccicato sulla mia fronte. Nessun modo migliore per svegliarsi, sul serio» rispose Blaine, piccato.

Peter, la notte precedente, si era premurato di scattargli una polaroid mentre stava dormendo e di appiccicargliela sulla fronte con del nastro adesivo. La foto ritraeva il ragazzo addormentato con la bocca aperta e un po' di saliva nell'angolo.

Peter ridacchiò, sedendosi davanti a lui e facendo tintinnare rumorosamente la ciotola di cereali sul tavolo, ciotola che poi venne riempita di latte.

Blaine si affrettò a spazzolare la propria.

«Sapevo che non avresti voluto perderti quel momento. Eri pittoresco» commentò il lui, infilandosi una bella cucchiaiata di cereali e latte in bocca e puntando Blaine con la punta della posata, proprio mentre l'altro era intento ad alzarsi da tavola.

Blaine sistemò la ciotola sporca nel lavandino e si lavò le mani.

«Beh, quando avrai finito di entrare in camera mia senza permesso, fammelo sapere»

«Se non chiudi a chiave è come invitarmi ad entrare!»

«Se non chiudo a chiave è perchè credo di avere il diritto di fidarmi delle persone che abitano in casa mia!»

«Oh, andiamo, non ti ho mica annegato il pesce rosso… ti ho fatto solo qualche scherzo»

Blaine corrugò le sopracciglia, perplesso, mentre nel suo cervello si affollavano due parti distinte di conversazione. La prima era fermamente decisa a far notare a Peter che era impossibile far annegare un pesce rosso, la seconda che, tecnicamente, avevano un'idea diversa di privacy e fiducia.

Gli fu risparmiata l'incombenza di tornare a discutere, proprio grazie all'arrivo di Tony.

«Buongiorno ragazzi! Jarvis, come mai non hai ancora aperto le finestre? Non è necessario tenere le luci accese, fuori c'è il sole!»

«Buongiorno Mr Stark. Seguivo le sue direttive di ieri sera che, cito, dettavano espressamente di non "azzardarmi" a far entrare un solo raggio di sole in casa finchè non sarebbe tramontato, perchè lei era in preda ad un forte mal di testa»

Una voce maschile e vagamente meccanica intervenne, non appena interpellata dal padrone di casa. Contemporaneamente, le pareti della cucina cominciarono a cambiare, ad intervalli di spazio regolari. Sopra al lavandino, sopra al piano di lavoro e per quasi tutta la lunghezza dell'unica parete libera della stanza, si aprirono delle finestre rettangolari. Le pareti sembravano essere fatte interamente di vetro, ma solo alcune parti erano in grado di essere oscurate o illuminate tramite semplice comando vocale. Davanti a Blaine si aprì all'improvviso un rettangolo di luce, una perfetta vista dall'alto della città di New York.

«Molto meglio… Lo sai che ieri sera c'era quell'incontro di bla bla bla a cui non potevo assolutamente mancare e del quale non mi interessava assolutamente nulla. Hai fatto il caffè? Buongiorno Blaine! Ehi, ragazzo, ben svegliato!»

Tony superò Blaine, dandogli una pacca sulla spalla, quindi raggiunse la macchina del caffè dall'altra parte della cucina.

«Il caffè è pronto e in attesa da tre minuti esatti. Chiamo Mrs Joyce per avvisarla che può iniziare le pulizie?»

Miss Joyce era una signora di cinquantasette anni, bassina e un po' cicciottella, con un marcato accento di Londra. Suo marito possedeva una pasticceria e lei era semplicemente un asso con i dolci. Da che poteva ricordare Blaine, Mrs Joyce era sempre stata la "tuttofare" di Tony Stark. Puliva, cucinava, si assicurava che Blaine non andasse nel laboratorio del padre da solo, quando ancora era troppo piccolo, gli preparava la merenda, giocava con lui e a volte gli leggeva anche le favole della buona notte. Blaine, ancora oggi, la chiamava spesso "nonna", come faceva da piccolo.

«Si, chiamala pure e chiedile se può comprare dei mirtilli freschi, mentre viene… ho voglia di muffin» affermò l'uomo, prendendo una sorsata del caffè che si era già versato nella sua tazza.

«Jarvis, come sarà il tempo oggi pomeriggio?» domandò Blaine, che aveva la stessa familiarità del padre, con l'Intelligenza Artificiale.

«Variabile fino alle 14:35, dopodichè comincerà a piovere. E' previsto un veloce temporale intorno alle 16:00, Signorino Blaine»

«Ti ringrazio. Apri le finestre di camera mia. Papà… Peter. Buona giornata.»

Blaine si voltò solo in quel momento, rivolgendo un cenno del capo sia a Tony che a Peter, prima di dirigersi a passo spedito verso la propria camera. Aveva in programma di andare a pranzare con un amico e prima di allora avrebbe dovuto concludere almeno l'intero capitolo di Economia. Se non voleva rischiare di prendersi una polmonite, poi, sarebbe stato decisamente meglio rientrare prima delle due e mezza, perchè Jarvis non sbagliava mai le previsioni del tempo.

Tony e Peter rimasero in cucina da soli. Peter non era ancora abituato a Jarvis. L'idea di un computer che poteva spiarlo e ascoltarlo praticamente ovunque, gli metteva un po' d'ansia. 

«Cos'hai in programma di fare oggi?» domandò Tony al figliastro, sedendosi di fronte a lui, sulla sedia occupata in precedenza da Blaine.

Peter ingoiò il boccone di cereali, l'ultimo, e sollevò la tazza per bere il residuo di latte.

«Studierò in Biblioteca tutto il giorno. Finirò per tornare tardi, se non voglio prendere il temporale in pieno» rispose Peter, sospirando un po' rassegnato all'idea che oggi si sarebbe bagnato tornando a casa.

Tony sorrise, prendendo un lungo sorso di caffè.

«Fammi sapere se ti serve un passaggio, purché sia dopo le cinque. Prima ho da fare con Bruce. Stiamo, forse, portando a compimento il progetto sul quale lavoriamo da circa sei mesi e credo che il temporale di oggi ci darà la carica necessaria, se riusciremo ad approfittarne»

Tony sembrava estremamente compiaciuto. Più di Peter di sicuro, che, un po' perplesso, aveva posato la tazza e si era leccato via il latte dal labbro superiore.

«Se tutto ciò ha a che vedere con Bruce che cerca di liberarsi di Hulk tramite l'elettroshock naturale, cosa che porterà inevitabilmente a liberare Hulk in un modo diverso da quello sperato… non preoccuparti, torno a casa da solo. Sinceramente? Non ci tengo a rompermi un paio di costole due settimane prima degli esami» rispose Peter, sistemando la tazza nel lavandino e dirigendosi verso la porta.

«Comunque ti chiamo e… grazie» borbottò il ragazzo, abbozzando un sorriso in direzione del patrigno, che sollevò la tazza di caffè nella sua direzione. 

Anche Peter se n'era andato dalla cucina, lasciando Tony con i suoi pensieri.

Lui e Bruce stavano lavorando a quel macchinario da parecchio tempo. Se fossero riusciti a farlo funzionare, anche solo una volta, sarebbe stato un successo enorme nel campo della scienza. Il viaggio nel tempo era un'esperienza che, fino ad ora, era stato possibile vivere solo tramite mistici sciamani di chissà quale epoca e mondo. La pratica sembrava preclusa al loro tempo e al loro mondo e Tony e Bruce avevano tutta l'intenzione di crearsela da soli utilizzando la scienza, invece che la magia.

«… allora, Jarvis, dov'è Mrs Joyce?!»

 

Erano le due e trentadue del pomeriggio, quando Blaine mise di nuovo piede in casa.

«Bentornato, Signorino Blaine» gli diede il benvenuto Jarvis, dopo aver identificato le sue impronte digitali sulla maniglia ed avergli permesso di aprire la porta.

«Ciao, Jarvis. Chi c'è in casa?» domandò, sfilandosi la giacca leggera ed avanzando nel salotto. Lanciò l'indumento sulla spalliera del divano e si diresse verso la sua camera, mentre Jarvis gli rispondeva.

«Solo lei, Signorino Blaine. Mr Stark e il Dottor Banner si trovano nel laboratorio esterno, Mr Rogers è in palestra e il Signorino Peter non è ancora tornato.»

«Grazie Jarvis, mi prepari un bagno caldo per le quattro?» chiese Blaine, chiudendosi la porta della camera alle spalle e recuperando il portatile dalla scrivania.

«Sarà fatto. Desidera altro?» chiese obbediente la voce.

Blaine valutò per un istante l'ipotesi di cancellare la memoria delle impronte digitali di Peter da Jarvis, così da impedirgli di entrare in casa, ma si limitò a ridacchiare tra sé e sé scuotendo il capo.

«No, grazie, va bene così.» sospirò, mentre la pioggia cominciava a battere sulle pareti della sua stanza.

 

Le palpebre stavano per calargli. Le palpebre stavano inesorabilmente per calargli e lui sarebbe caduto addormentato lì, sul banco della Biblioteca, ignorando il mondo esterno, l'ora e tutto quello che avrebbe dovuto essere di competenza di un supereroe in piena fase di studio pre-esami.

La pioggia batteva incessantemente ormai da un'ora sui vetri delle finestre dell'edificio e lui sperava che prima o poi avrebbe smesso, ma sapeva che sarebbero state preghiere inascoltate.

Grazie al cielo, il suo costume da Ragno era impermeabile, ma altrettanto non si poteva dire del proprio zaino, che di certo sarebbe stato zuppo, compresi i suoi libri, i suoi appunti e i suoi vestiti.

Sospirò, stropicciandosi gli occhi e scuotendo il capo. Era abbastanza lontano da casa Stark, ma se si metteva in marcia tra un quarto d'ora, di sicuro ce l'avrebbe fatta ad arrivare in tempo per non dover dondolare su un filo di ragnatela a ritmo di tuono.

Con un grugnito, chiuse il libro che stava premurandosi di evidenziare, infilandolo a caso nello zaino. Lo sollevò e se lo caricò in spalla, uscendo dalla Biblioteca dell'Università in maniera silenziosa, cercando di non dare troppo nell'occhio e grattandosi, nervosamente, il collo. Infilò di qualche centimetro le dita sotto alla maglia, sfiorando con i polpastrelli il colletto del costume da Spiderman, al quale ancora, dopo tutti quegli anni, non si era pienamente abituato.

 

«… e così facendo, dovrebbe innescare il congegno e dovremmo riuscire ad ottenere una qualche risposta positiva. Credo che anche pochi secondi potrebbero essere un grande risultato» conclude Bruce, dando una pacca sulla sommità di una sorta di scatola metallica grande quanto un forno a microonde posata su un piano da lavoro altamente tecnologico.

«Si, ma il vero risultato riusciremmo ad ottenerlo viaggiando nel tempo e nello spazio. Se restiamo in questa realtà e torniamo indietro nel tempo, sarà solo una mezza vittoria. Dobbiamo riuscire a provocare uno spostamento di materia da questa realtà ad un'altra realtà, solo così sapremo se davvero le nostre equazioni possono essere considerate esatte.»

Tony e Bruce si trovavano nel laboratorio esterno. Era una sorta di stanza priva di pareti, ma dotata di soffitto, collegato al terreno grazie a sottili colonne posizionate di quando in quando lungo il perimetro del pavimento. La stanza del laboratorio esterno poteva essere "recintata" quando desiderato, ma in questa occasione le pareti erano state rimosse e la pioggia batteva tranquilla sul soffitto, scrosciando intorno a loro come pareti d'acqua.

«Non capisci che in questo campo, anche una minima conferma è un grande successo?» ribatté Bruce, con un sospiro esasperato.

«Un piccolo passo per l'uomo non è un passo abbastanza grande per uno Stark» sorrise furbescamente Tony, tornando ad armeggiare con alcuni comandi su una tastiera olografica.

«Jarvis, a che ore la scarica più ricca di energia elettrica?»

«Tra dieci minuti signore. Ce ne saranno altre due prima. Se permette, Mr Stark… per quale motivo non avete chiesto l'aiuto di Thor?»

Tony e Bruce stettero un attimo in silenzio, evitando di guardarsi. Certo, nessuno di loro due aveva pensato a richiamare il dio asgardiano sulla Terra per una tale sciocchezza o, più probabilmente, a nessuno dei due era passato per la testa che forse, con Thor, avrebbero ottenuto abbastanza energia elettrica da alimentare la Stark Tower per mesi. Si fissarono per qualche secondo, cogliendo negli occhi dell'altro la stessa espressione colpevole e carica di vergogna, per non aver subito pensato all'ovvietà.

«Thor ha i suoi doveri di dio…»

«… il tuono di Thor è instabile, potrebbe produrre troppa energia, rischieremmo di bruciare i circuiti e…»

«… con i capelli di Loki, poi, ha dovuto litigare anche con Odino…»

«… e sarebbe inevitabile dover tornare in Croazia per cercare quel particolare tipo di roccia…»

I farneticamenti dei due scienziati vennero interrotti non da Jarvis, bensì dal primo dei tre tuoni annunciati dal Computer.

«Uno» disse Tony, bloccandosi e tornando improvvisamente serio. Subito, come ad un segnale invisibile, lui e Bruce si abbassarono le maschere protettive, correndo ognuno ad una postazione diversa.

Tony, che era il più intrepido, si era collocato sotto ad una cupola in metallo tenuta sollevata da alcune colonne. Stava in piedi su una piattaforma metallica e, sopra di lui, era presente una sorta di reattore dalla luce verde intenso.

La cupola sopra di lui era collegata ad una serie di cavi, che si andavano ad aggrovigliare contro la base di una particolare antenna posizionata all'esterno del laboratorio, sotto l'acqua, pronta ad attirare il fulmine successivo non appena accesa.

Il secondo tuono li fece sobbalzare entrambi. Tony strinse le mani, sbattendo le palpebre e seguendo i calcoli di Jarvis sulla sua maschera protettiva.

«Accensione dell'antenna in corso»

Bruce spinse una leva e un suono crepitante si trasmise nell'aria. Il verde della lampada sopra a Tony si fece più scuro, fino a scomparire quasi del tutto.

«Buon segno» commentò Tony, senza il minimo tono scherzoso. Evidentemente era davvero un buon segno.

«Jarvis?»

«Scarica elettrica tra cinque secondi. Quattro secondi. Tre secondi. Due secondi. Un secondo.»

Una luce abbagliante costrinse Tony e Bruce a strizzare le palpebre. Tony non le riaprì, mentre l'antenna iniziava a fischiare, carica dell'energia appena accumulata a causa della saetta che era riuscita a catturare. La lampada cominciò improvvisamente ad illuminarsi di nuovo, tanto da costringere Bruce a chiudere gli occhi e coprirsi il viso con la mano, per non rimanere accecato. Quando la luce scomparve, Banner si azzardò a guardare verso Tony. E Tony era lì.

Tony era nel congegno (rinominato da lui stesso "Totally Awesome Realitime Device Idealizing Spaceships" dopo un paio di giorni di intensa concentrazione e la creazione di una nuova parola), e si fissava le mani, voltandole prima con i palmi rivolti verso l'alto e poi verso il basso. Sembrava stare bene.

«Tony, tutto ok?» chiese preoccupato Bruce, avanzando verso di lui.

«No. Certo che no, sono qui, non è successo niente io… sono qui!»

«Ehi!»

Una voce li fece sobbalzare entrambi. Si voltarono verso una delle "pareti" di pioggia. Fermo immobile, sotto l'acqua, c'era un ragazzo. Un ragazzo che assomigliava terribilmente a Peter.

Ma non era Peter.

Tony poteva vederlo nella postura, un po' meno ingobbito di lui, poteva sentirlo dalla voce, lievemente più delicata. Poteva vederlo anche dal modo di vestire: il ragazzo indossava jeans stretti, tanto stretti, jeans che Peter non avrebbe mai nemmeno guardato in un negozio. La T-shirt che portava sul petto, inoltre, era del tutto inadeguata all'acquazzone sotto al quale si trovava.

«Ehi, e tu chi diavo-…?»

«Non così in fretta, "Ehi" l'ho detto prima io!» esclamò quello, rannicchiandosi un po' in una posa che, tuttavia, a Tony parve familiare. «Dove mi trovo? Non sono a New York. E chi siete?»

«Non sei…? Certo che sei a New York. E' la Stark Tower, delle Stark Industries, hai presente? Tu abiti…» rispose Bruce, avanzando verso di lui. 

Il ragazzo spiccò un salto, dopo essersi abbassato ancora un po', puntando dritto al soffitto del laboratorio. La punta delle dita toccò il soffitto e quello fu sufficiente a tenerlo sollevato. Posò il palmo della mano sinistra completamente al soffitto, quindi, velocemente, con la destra di tolse le scarpe, che caddero con un lieve tonfo sul pavimento.

«Spero per voi che ne valga la pena, ci tengo a quelle scarpe» commentò, facendo forza con gli addominali per sollevare anche le gambe. Posò la punta dei piedi al soffitto e cominciò a camminare con l'ausilio di tutti e quattro gli arti, diretto all'angolo, dove probabilmente si sentiva più al sicuro.

Li guardava dall'alto, tenendo la testa lievemente piegata, la mancina puntata nella loro direzione con medio ed anulare vicini al polso.

«Tony… Tony… Che succede a Peter?» domandò Bruce, voltandosi in fretta verso l'altro. 

Stark era rimasto immobile, vagamente scioccato, e solo pochi istanti prima aveva deciso di scendere dalla piattaforma. Il volto era sollevato, le iridi puntate all'angolo dove il ragazzo si era rifugiato.

«Quello non è Peter» rispose soltanto Tony, avvicinandosi.

«Ehi, stai lontano, se non vuoi ritrovarti appeso a testa in giù!»

Tony alzò le mani, scuotendo il capo. Rimase immobile qualche secondo, notando che il ragazzo aveva iniziato a tremare, ed era sicuro che non fosse per la paura.

«Non voglio farti niente… perchè non scendi? Ti preparo una tazza di tea e ci sono dei muffin ai mirtilli sfornati questa mattina, davvero deliziosi.»

Il ragazzo rimase immobile senza rispondere, quindi all'improvviso staccò le mani e i piedi dal soffitto e, con una capriola, saltò sul pavimento. Ammortizzò la caduta accovacciandosi con le ginocchia piegate e separate, le mani al centro e posate sul pavimento, quindi si rialzò scostandosi i capelli bagnati dalla fronte.

«Mi spiegherai cos'è questo posto e… chi sei tu e perchè sono qui. Mi farai usare una doccia e mi permetterai di scegliermi un cambio di vestiti.» disse il ragazzo, incrociando le braccia al petto, squadrando sempre Stark con fare sospettoso.

Tony sorrise, sotto lo sguardo stupito e confuso di Bruce.

«Non c'è problema, sono sicuro di avere abiti della tua taglia.»

 

Blaine s'immerse nell'acqua calda per qualche istante, trattenendo il respiro e tenendo gli occhi chiusi.

La sensazione di silenzio ovattato, interrotto soltanto dall'incresparsi dell'acqua contro i bordi della vasca ad ogni suo lieve movimento, gli dava sempre l'impressione di essere compresso in un'enorme balla di cotone.

Fece lentamente fuoriuscire la sommità della testa, gli occhi e il naso dall'acqua, restando immerso con il resto del corpo. Sollevò le mani e si stropicciò gli occhi, eliminando le lievi tracce di sapone, per poterli riaprire.

Non aveva mai amato le vasche troppo piene di schiuma. Sulla superficie dell'acqua galleggiava solo un velo di bollicine bianche, mentre l'aria del bagno era decisamente satura di vapore a causa del calore dell'acqua.

Blaine si lasciò andare all'indietro, posando la testa al bordo della vasca e chiudendo nuovamente gli occhi.

Stette immobile qualche secondo, quindi si sollevò un po', quanto bastava a sporgersi oltre il bordo della vasca per asciugarsi le mani sull'asciugamano prontamente sistemato su uno sgabello, assieme ad un libro.

Afferrò il volume tra le mani, quindi tornò ad immergersi, tranne che per le estremità degli arti superiori, che rimasero fuori dall'acqua per evitare di bagnare il libro.

Stava girando la quarta pagina, pronto a scoprire quale fosse l'indizio estremamente importante per la risoluzione del caso, quando la porta del bagno si aprì all'improvviso.

Di riflesso, Blaine sollevò le ginocchia, rannicchiandole al petto, e per poco non infilò anche le mani nell'acqua rischiando di immergere il libro.

Sollevò le sopracciglia sgranando gli occhi, quando in colui che si era accinto ad attraversare la porta altri non riconobbe che il suo fratellastro.

«E' occupato!! Non si bussa prima di entrare?! Devi smetterla di invadere la mia privacy!»

«Oh, diamine, mi avevano detto che questo bagno era libero!! Scusa!»

«Vattene!»

«Scusami!»

Si urlarono uno sopra l'altro in maniera confusa e, solo quando la porta del bagno si chiuse, Blaine realizzò che il ragazzo era completamente bagnato, da capo a piedi, vestiti compresi.

Sorrise tra sé e sé, superato lo shock e rallentato il battito cardiaco, godendo impercettibilmente del fatto che il fratellastro si fosse preso una bella lavata, tornando a casa. 

Tornò a distendere le gambe, riportando il libro davanti al volto per continuare a leggere. Riprese dalla frase precedente, ma, di nuovo, prima di poter girare pagina sentì la porta aprirsi. 

Blaine chiuse il libro e rannicchiò le gambe, mentre Peter entrava un'altra volta.

«Sei ancora qui? Ti avevo detto di andartene!»

«Oh, cazzo! Dovresti chiudere a chiave quando sei in bagno! Vuoi bloccare la crescita di qualcuno?!»

«Esci, sono nudo!»

«Appunto! Oh, Dio, dovrò farmi cauterizzare gli occhi!»

«Jarvis, Protocollo di Espulsione numero Quarantaci-…!»

«Ok, ok, me ne vado, me ne vado!!»

Peter si concesse un'ultima risata e una smorfia disgustata, guadagnandosi ancor di più l'antipatia di Blaine, che caricò il braccio verso l'alto.

Il libro lasciò la sua mano e si schiantò contro la porta, proprio mentre Peter la chiudeva dietro di sé. 

Blaine nemmeno si accorse che, per quanto bagnato esattamente come prima, Peter aveva addosso la tuta di Spiderman.



***

E niente... un piccolo preambolo, ma tranquilli! Il secondo capitolo arriverà presto a spiegare tutti i dubbi del caso!
Fatemi sapere che cosa ne pensate, se vi va e, come sempre, vi lascio i miei contatti!


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Baci, Andy <3

  
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