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Autore: eli_mination    29/06/2015    6 recensioni
Il Barian World è scosso da una minaccia imminente. Una divinità sconfitta millenni fa si sta per risvegliare, portando distruzione e morte. L'unica soluzione? Sette umani, ai quali è stato tramandato un potere particolare, in grado di debellarla. Riusciranno nel loro intento?
[STORIA SOSPESA]
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Sette Imperatori Bariani, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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I was watching TV. Ripetete…” disse un’insegnante in una classe del liceo.

I was watching TV.” ripeterono annoiati gli alunni, con la stessa intonazione della donna.

Very good!” rispose lei, cancellando le frasi alla lavagna.

Mentre l’insegnante parlava, una ragazza al primo banco, di circa sedici anni, dai capelli castani e occhi del medesimo colore persi nel vuoto, aveva la testa altrove. A fatica riusciva a tenere il volto alzato per prestare attenzione a quello che la professoressa stava dicendo. Piuttosto, la sua attenzione era rivolta al riflesso del led che si trovava sul soffitto di quella classe, il quale puntava sul pavimento illuminando una mattonella impolverata. Vicino agli altri banchi, studenti di tutti i tipo facevano quello che volevano, di base. C’era chi, al primo banco, ascoltava, mentre quelli all’ultimo posto si lanciavano aeroplanini. La ragazza era nel mezzo, a contemplare il nulla, con un senso di vuoto nel cuore.

Quando finirà di parlare?! Non vedo l’ora di tornare a casa, dopo questa giornata del cavolo!” pensò tra sé e sé. In effetti, non aveva tutti i torti… Quel giorno erano successe parecchie cose, che forse avrebbe potuto evitare.

 

La mattina non era iniziata bene. La sveglia non era suonata e quindi si dovette preparare di fretta e furia. Pur di evitare di perdere il bus che la porta ogni giorno a scuola, saltò la colazione. Dopo una lunga corsa verso la fermata, riuscì a prendere il pullman qualche secondo prima che partisse.

“La prossima volta che sei in ritardo, a scuola ci vai a piedi!” la rimproverò l’autista dell’autobus.

“Mi scusi…” sussurrò la ragazza, abbassando lo sguardo imbarazzata. Il suo stomaco si lamentava… Il prezzo che aveva dovuto pagare per non tardare e non fare la figura dell’idiota. Non voleva sentirsi lo sguardo addosso di tutti i suoi compagni di classe dopo essere entrata in ritardo.

Dopo aver preso posto vicino a una sua amica, dai riccioli biondi e gli occhi celesti, le arrivò un messaggio, che recitava le seguenti parole:

“Mi dispiace, ma mi hanno portato via. Sparisci dalla mia vita.”

Era il suo ragazzo, o meglio, il suo ex ragazzo. In quel momento non sapeva se gettare via il telefono dalla rabbia, o buttare tutto sul pianto…Oppure provare a dimenticarlo. Scelse la terza.

Ok. Allora addio.” gli scrisse. Non gli diede nemmeno il tempo di dire altro che lo bloccò dalla sua vita.

L’amica, notando il suo stato d’animo, le chiese: “Qualcosa non va?”

“Mélanie, tutto bene. È solo che ci sono solo stronzi in questo mondo. Magari esistesse qualcuno al di fuori di qui che non sia come tutti…” rispose lei, con un sorriso sulle labbra, forse vero. O forse falso.

“Sicura?” le domandò, poggiandole una mano sul suo braccio.

“Sicurissima!” affermò la ragazza, sorridendo di nuovo nello stesso modo.

Non sapeva nemmeno se era felice o meno. Finalmente avrebbe smesso di soffrire, dopo un tira e molla continuo con quello lì, ma allo stesso tempo lui non avrebbe più fatto ritorno nella sua vita. Non sapeva se andare avanti con una convinzione o con un’altra. Era confusa in quel momento, come lo era spesso, a causa anche della poca sicurezza in sé stessa.

 

Continua a parlare… Quando la smette?” pensò la ragazza, che in quel momento era infastidita da tutto e da tutti. Picchiettava nervosamente la punta delle dita sul banco, con una penna in bocca intenta a far finta di scribacchiare.

“Elise LeBlanc, alla lavagna!” la chiamò la professoressa, come se l’avesse letta nel pensiero.

La ragazza sbiancò.

Non ho ascoltato la lezione! Merda…” pensò, mentre si alzava lentamente dal suo posto, sperando di cavarsela.

“Dovresti ascoltare di più, LeBlanc!” la schernì sottovoce una sua compagna di classe.

Per tutta risposta, Elise le mostrò il medio, senza farsi scoprire dall’insegnante. Con passo lento e leggermente spossato si avvicinò all’insegnante.

“Coniuga il verbo to drink al presente, al passato e al participio…” disse la donna, dandole il gessetto.

Pensavo peggio, sinceramente!” pensò, mentre eseguiva l’esercizio scrivendo dei verbi in inglese, cercando di fare appello a tutte le sue facoltà pur di ricordarsi la particolarità di quel verbo irregolare, nonostante fosse ancora in sovrappensiero. Finito l’esercizio, l’insegnante si complimentò con lei:

“Ottimo! Puoi andare a posto… Ora chiamiamo Croux! Vediamo se avete capito tutti la regola…”

La compagna in questione era la stessa che l’aveva schernita.

“Ti sta chiamando, vai!” le sussurrò Elise con un sorrisetto mentre tornava al suo posto, un po’ più felice.

 

Finite le lezioni si avviò verso casa assieme alla giovane che stava seduta sul bus vicino a lei. Decisero di andare a piedi, visto che non era una bruttissima giornata. Certo, il cielo era nuvoloso, ma nessun accenno di pioggia nella città di Nizza.

“Tu andrai alla gita a Monaco?” le chiese Mélanie. Elise scosse la testa.

“No. Ci sono stata tantissime volte ormai. Ci potrei andare quando voglio, tanto è vicino…” le rispose.

“Ah, capisco… Vicino a chi starò sull’autobus?” le domandò l’amica, pensierosa.

“Potresti stare vicino a Caroline Croux…” le suggerì scherzando. Per tutta risposta…

“No! Ti prego, tutti ma non lei!” esclamò Mélanie esasperata, dando una leggera spinta ad Elise con l’anca.

“Hahahaha… Hai ragione, nemmeno io starei vicino a …”

Elise si bloccò. Davanti a sé aveva una nube color violacea. All’interno c’era un essere incappucciato, i cui occhi brillavano di rosso.

“Ti ho trovata, Predestinata!” parlò quell’essere misterioso. Era immobile, pareva che non volesse avanzare nella sua direzione. In quell’istante batté le palpebre ed… era sparito!

“Mélanie! L’hai visto anche tu?!” le chiese allarmata la giovane castana, girandosi verso di lei con volto di terrore.

“Che cosa?” le chiese Mélanie spaesata, ma anche preoccupata.

“La nube e l’ombra all’interno! E poi quell’essere ha anche parlato!” le spiegò lei, prendendola per le spalle e scuotendola.

“Ma… sei impazzita o…” le domandò stranita l’amica.

Evidentemente si era immaginata tutto. Possibile?

“Non lo so… Oggi sono successe troppe cose!” sospirò sconsolata Elise.

“Beh, tranquilla. Riposati e vedrai che passa tutto” la consolò Mélanie.

Si fermarono all’incrocio, si salutarono e ognuna di loro prese la strada diversa verso la rispettiva abitazione.

Non me lo sono immaginato! C’era davvero quell’ombra! Cosa vorrà da me? Tra l’altro mi ha chiamata Predestinata… Perché?” i suoi pensieri adesso erano rivolti a quell’essere che aveva visto poco prima.

“Sono a casa!” esclamò, chiudendo la pesante porta dietro le sue spalle e trovandosi in un soggiorno dalle pareti verde chiaro con due divani dello stesso colore ma di una tonalità più scura, alcuni quadretti astratti sui muri e una vetrina con alcune bomboniere.

Non ottenne alcuna risposta da parte dei genitori.

“Mamma! Papà! Ci siete?” chiese ancora, senza ottenere una risposta.

“A quest’ora non lavorano! Strano!” si disse lei, posando la cartella e iniziando a ispezionare le stanze.

L’appartamento, togliendo la presenza di Elise, era deserta. Improvvisamente le vibrò il cellulare. Era un altro messaggio. D’istinto pensò che fosse di uno dei suoi genitori. Invece…

Troia! Sparisci definitivamente e non tornare mai più! Puttana!

Era una tipa che, probabilmente, era la nuova fidanzata del suo ex. Il messaggio la paralizzò ma dopo un po’ smise di pensarci.

“Seriamente?!” parlò lei nella sua testa. “Non gli ho scritto altro e questa cretina viene anche a scrivermi? Mah, che idiota… Forse ha fatto bene a mollarmi! Comunque… tornando ai miei, sarà meglio che li chiami…”

Digitò il numero della madre, ma non ottenne alcuna risposta, se non per qualche squillo. Provò chiamando anche il padre. Nessuna risposta anche lì.

“Perché non rispondono?” pensò la ragazza. “Beh, può darsi che oggi ci sia stata una riunione straordinaria e quindi si sono dovuti trattenere. Beh, a questo punto facciamo i compiti. Meglio finire subito, così vado anche in palestra.”

Così prese lo zaino, tirò fuori il diario e lesse l’assegno ad alta voce.

“Dunque, oggi devo studiare chimica, perché lunedì interroga, devo fare i compiti di inglese e devo prepararmi alla verifica di francese. Allora, iniziamo da inglese…”

 

Tre ore dopo riuscì a finire tutto l’assegno.

“Che ore sono?” si interpellò, poi guardò l’orario sul telefono.

“Le sei… meno dieci?! Cavolo, devo muovermi!” esclamò, così prese la maglietta societaria e un leggins e se li mise in fretta e furia. Prese la borsa con gli attrezzi da ginnastica ritmica, una bottiglia d’acqua e uscì di casa, correndo verso la palestra, che, fortunatamente, si trovava a pochi metri dal luogo in cui viveva.

Il suo sport era, come lo definiva lei, “l’amnesia dei momenti brutti”, siccome, praticandolo, riusciva a dimenticarsi dei peggiori momenti. Non faceva gare, ma era piuttosto brava e migliorava man mano.

In palestra, poi, aveva conosciuto molte amiche, con cui aveva stretto parecchi legami. Le allenatrici riuscivano a tirare fuori la parte migliore che aveva dentro e a migliorarla nel corso dei vari allenamenti. Aveva palestra dalle 18.00 alle 20.00, tre volte a settimana, e quelle due ore bastavano a farla felice, per poco, ma le andava bene così.

Quel giorno l’allenamento fu piuttosto impegnativo, ma soddisfacente, come al solito. Mentre tornava a casa, qualcosa attirò la sua attenzione. Era un essere alato, di color grigiastro con delle gemme rosa sul corpo. La faccia era priva di bocca, ma lo sguardo del “mostro” era parecchio sadico. Se la stava prendendo con altri umani, che, in quel momento, erano a terra sofferenti.

“Ehi! Cosa vuoi fare a quelle persone?” gli urlò.

La creatura si girò. Elise si paralizzò dalla paura, nel vedere che quello l’aveva sentita e che non era stupido come sembrava. Si maledisse. Perché lo aveva provocato?

“Altri umani? Bene mi divertirò di più!” così dicendo volò verso di lei, con l’intenzione di colpirla. La ragazza però riuscì a schivare l’attacco, spostandosi di lato.

“Che riflessi! Caratteristiche che hanno solo i Mezzi-Bariani!” si stupì quell’essere.

“Mezzi-Bariani?” domandò Elise spaesata, che in quel momento aveva la tremarella alle ginocchia. “Tu chi sei?!”

“Ah, chiedo scusa. Il mio nome è Vector. Sono un Imperatore Bariano. Che stupido, perché dovrebbe interessarti? Stai per soccombere! Una come te non può essere Mezza-Bariana. Ti farò fuori!” dichiarò il mostro, prendendola per un braccio.

Elise provò a fargli mollare la presa, strattonando il braccio e tentando di colpirlo con un pugno in faccia. Tentativo inutile, visto che quell’essere la scaraventò contro un muro, che si crepò leggermente. All’impatto, la ragazza sentì un dolore lancinante sulla schiena. Come se… come se fosse rotta! Dopo la botta contro il muro, cadde a terra esanime, iniziando a perdere i sensi, mentre lacrime di dolore le rigavano il volto. Prima di perdere i sensi, sentì la risata sadica di Vector, poi vide una seconda figura, simile alla sua, che veniva verso di lei.

 

La ragazza si svegliò nel suo letto. Confusione. L’unica cosa che provava in quel momento era confusione. Cosa le stava accadendo in quegli istanti?

La luce filtrava dalla finestra della sua stanza, segno che era giorno. Doveva aver dormito per chissà quanto tempo, ma perché?

“Era solo un sogno, fortunatamente. Mi è sembrato di vedere la stessa figura di ieri pomeriggio!”

Fece per alzarsi, quando…

“AAARGH! La mia schiena!” gridò, portandosi una mano alla schiena e facendo una smorfia di dolore. A quanto pare non era proprio un sogno. Inoltre, aveva la stessa tenuta da sport che aveva indossato il giorno prima per andare in palestra.

“Come ci sarò finita da lì al mio letto?” si chiese. Dopo un po’ di sforzi riuscì a mettersi in piedi, dirigendosi verso la cucina. Non c’era alcuna traccia dei genitori.

“Dove saranno mai?” si chiese allarmata, uscendo di casa per andare a cercare i parenti. Non sapeva dove vagare, quindi andò un po’ alla cieca per le vie del quartiere. Sarebbe dovuta andare a scuola, invece correva, correva senza una meta e si guardava attorno. Il dolore alla schiena continuava a farsi sentire, ma doveva scoprire cose stava succedendo. Mentre correva, notò il muro crepato, dove aveva sbattuto la schiena.

Non era un sogno! Ne sono certa!” pensò sempre più allarmata. “Cosa sta succedendo?!

Svoltò l’angolo e si fermò, sconcertata. Davanti a lei, c’era un essere poco più alto di lei, dalla pelle viola-grigiastra, con delle gemme blu sul torace. Sul petto aveva un’altra gemma rossa. I capelli erano corti e grigi, con due punte ai lati e una frangia che gli scendeva sulla fronte. Gli occhi erano grigi e, come Vector, non aveva la bocca. La sua figura era uguale a quella che aveva visto lo scorso pomeriggio, mentre tornava dal liceo.

“Ti cercavo…” affermò il tipo.

“Cosa vuoi da me?” gli chiese, allontanandosi con dei passi all’indietro, tremante.

“È importante, Mezza-Bariana!” le disse con tono fermo.

Spaventata, Elise iniziò a scappare via, attraversando la strada velocemente. La voce del mostro la fermò, esattamente in mezzo alle strisce pedonali sull’asfalto: “Elise, aspetta!”

Come fa a sapere che mi chiamo Elise?” rifletté lei in quell’istante, mentre si girava verso di lui. Una frazione di secondo…e successe una cosa inevitabile. Un’auto a tutta velocità piombò su di lei, investendola e facendole fare un volo di circa un metro. La ragazza si schiantò a terra, senza forze. Ora, oltre alla schiena, era dolorante dappertutto.

“Che botta! Perché sempre a me?” domandò esasperata, alzando la voce e cercando di fare appello a tutte le sue forze pur di fuggire via da lì. Provò a sollevarsi con le braccia, ma ricadde al suolo.

“Stai bene?” disse una voce con gentilezza.

La voce era del mostro, che si stava avvicinando a lei. Sembrava che non avesse cattive intenzioni, anzi, voleva aiutarla.

“Sei…un angelo?” gli chiese, colpita dalla gentilezza, che nessuno aveva mai usato con lei. Forse solo i suoi genitori erano così gentili con lei. Anche la sua amica, a pensarci bene…

“No…non sono un angelo. Sono e sarò il tuo scudo!” gli rispose la creatura, abbassandosi per aiutarla.

“Allora… sei un… cavaliere?” gli chiese nuovamente, con voce rotta dal dolore. Non poteva fare altro in quel momento ma evitò di abbassare la guardia, mentre del sangue le colava da una ferita sulla tempia.

“Non proprio. Sono il tuo cavaliere! Ma puoi anche chiamarmi Durbe!” le rispose, tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi.

“Ehm… Cosa intende dire con ‘il tuo cavaliere’?” pensò lei, arrossendo lievemente, mentre i pensieri più assurdi le invadevano la mente.

Lei prese il suo braccio, sollevandosi debolmente. Dopo essersi rimessa in piedi, provo a fare un passo ma crollò sotto il peso del proprio corpo, dopo che la gamba le cedette.  

“Ti aiuto io!” disse Durbe, prendendola in braccio. “Ecco qua! Ora mi indichi dove andare, ok? Torniamo a casa, così puoi riprenderti…”

La ragazza arrossì lievemente, poi gli indicò la strada. Passò poco tempo prima che raggiungessero la dimora di lei, senza scambiarsi una parola. Elise era ancora troppo confusa e debole per carpire altre informazioni. Arrivati nell’abitazione di lei, l’essere poggiò l’adolescente su uno dei divani del soggiorno.

“Però! Niente male come dimora!” commentò lui, rimasto in piedi.

“Beh, grazie! I miei genitori non ci sono, ero andata fuori per cercarli, ma a quanto pare non sono nelle condizioni!” disse lei, ripresasi un po’.

“I tuoi genitori hanno fatto il loro lavoro… Ora non lo fanno più!” si incupì Durbe, abbassando la testa.

Lei lo guardò, con gli occhi stanchi e stupiti. Cosa voleva dire tutto quello?

“Sono stati uccisi…” concluse il tipo.

“Co- come hai… come hai detto?!” Era sbalordita. Nonostante avesse capito, si rifiutava di realizzare che quella fosse la verità. “No… Non è vero…”

“Avrai la tua vendetta! Sappilo!” disse Durbe, avvicinandosi a lei.

“Non ci posso credere…” Il suo volto era triste, le lacrime scendevano sulle guance. Si coprì il viso tra le mani. “Come farò senza di loro?”

“Sarò io a prendermi cura di te… e a prepararti per la minaccia…” affermò lui, sicuro. Lei lo ignorò, continuando a piangere.

“Non è vero, non può esserlo… Non ci credo che siano morti… Sono vivi, avranno avuto da fare a lavoro…”

Per quanto la stessa ipotesi fosse impossibile, poiché i genitori non erano medici o infermieri, ma semplici impiegati di un’azienda, preferiva crederci. Poi Durbe… come diavolo faceva ad essere certo circa la morte dei propri genitori?!

“Quale minaccia?” lo interpellò poi, asciugandosi le lacrime con la manica della sua felpa.

“Bene, lascia che ti spieghi… Tanto tempo fa, il Barian World (luogo da cui provengo) fu minacciato da una divinità malvagia, non appartenente al nostro mondo. Quella divinità malvagia, di cui non si conosce il nome, fu sconfitta dopo anni di guerra e dopo numerosi morti. Il re Bariano, in punto di morte, a causa della fatica, diede il suo potere a sette umani, detti “Mezzi-Bariani”. Questi Predestinati sono stati scelti assieme a sette guerrieri Bariani, il cui compito è quello di allenarli e prepararli alla guerra che sarebbe venuta parecchi anni dopo. Quei guerrieri siamo noi imperatori Bariani.” Raccontò l’essere.

“E come sono stati decisi gli accoppiamenti, per così dire?” chiese la giovane adolescente, ancora distrutta fisicamente e mentalmente.

“Ogni guerriero ha il potere uguale a quello di un Mezzo-Bariano, quindi sono riuscito a rintracciarti perché ho percepito il mio stesso potere.” gli rispose Durbe.

“Capisco...” sospirò lei, chiudendo gli occhi.

“Accetteresti questo incarico?” le domandò il tipo misterioso.

La risposta fu quasi immediata:

“Accetto! Lo devo fare per i miei genitori… Loro non vorrebbero che io rifiutassi un incarico così importante…” rispose, ancora triste. “Il problema è che… nelle condizioni in cui sono ora non credo che io possa servire a qualcosa… E poi… Devo davvero crederti?”

“Ti sistemo io. Girati!” le disse Durbe.

Elise ubbidì, cambiando lentamente posizione e mettendosi con lo stomaco sul cuscino di quel divano.

“Cosa devi farmi?” lo interpellò Elise, mentre altri pensieri le riempivano la mente.

“Beh, ora userò il mio potere per farti guarire!” detto ciò mise la mano sulla schiena di lei. Un’aura bianca gli circondò la mano. Un’ondata di calore e dolore circondò invece la sua schiena e, lentamente, il suo corpo.

“Ahi! Fa male!” si lamentò la ragazza, stringendo i denti.

“È normale! Ora devi abituarti al potere! Anche se non ne eri a conoscenza, ne hai uno che ti privilegia. Sai che dopo la botta che ti ha inflitto Vector, un normale umano sarebbe morto?” le spiegò Durbe.

“Sul serio?” disse Elise. Era a conoscenza dell’incontro con quel Vector? “Un momento! Come sono finita sul mio letto se dopo lo svenimento ero fuori casa?”

“Semplice: ti ci ho portato io! E ti ho anche curato in parte!” riferì Durbe.

“Allora perché prima hai chiesto dove abitassi?” chiese Elise, leggermente confusa.

“Ah, beh… Ecco…” rispose titubante. “Ti ho visto venire da lì, quindi mi ricordavo. Quando ti ho rivista mi ero dimenticato tutto il tragitto!”

“Capisco… Comunque, grazie…” disse lei, iniziando quasi a provare piacere mentre lui la curava. Voleva addormentarsi…

“No, devo rimanere sveglia! Non mi fido ancora completamente di lui…” pensò subito dopo, riaprendo gli occhi e sforzando la sua vista.

“Figurati, è il mio dovere!” esclamò lui.

 

“Come va adesso?” chiese Durbe ad Elise, guardandola nelle pupille.

“Ora va molto meglio! Fa ancora male, ma va sicuramente meglio! Grazie mille!” rispose la ragazza sorridendo. Si, stava decisamente bene. Si mise a sedere sul divano, ripresasi quasi del tutto.

“Prego, Elise… Ti ci vorranno altre dosi di potere Bariano per riprenderti del tutto, ma l’importante è iniziare…” spiegò lui, voltandosi dall’altra parte. “Comunque, adesso mi credi? Hai visto con i tuoi occhi tutte queste cose, per giunta ti ho anche curato…”

La giovane annuì debolmente. Si, i suoi dubbi iniziavano a sfumarsi.

“Perfetto!” commentò lui, chiudendo le palpebre. “Torno nel mio mondo, più tardi ripasserò da te…”

“D’accordo! Ah, un’altra cosa… Durbe, giusto?” lo interruppe lei. Pensò che fosse sul punto di andarsene.

“Si?” si girò lui.

“Non chiamarmi Elise. Siamo amici ormai, no? Se vuoi, chiamami Eli!” disse Elise sorridente.

“Ok, va bene! Eli… Bel soprannome!” disse l’essere.

Come risposta, Elise gli sorrise.

 

Angolo Autrice

Woah, ce l'ho fatta! Ok, volevo giusto ringraziare le persone che hanno recensito il prologo (Sono felicia :') ) e vi volevo chiedere una piccola cosa: volete che vi avvisi ogni volta che esce un capitolo? Scrivetemelo nelle recensioni, casomai (o in privato, se siete timidi xD). Bene, poi volevo dirvi che se siete interessati alla storia, dovrei riuscire ad aggiornare una volta a settimana, il lunedì. E ultima cosa: se avete consigli da darmi, beh, AIUTATEMI!! (Richiesta d'aiuto a dir poco disperata, direi xD) Ok, mi eclisso! Ci vediamo al prossimo capitolo, ciauuu!!

eli8600

 

EDIT: 22/04/20

In questo capitolo ho:

-aggiunto più descrizioni e narrazione;

-corretto eventuali ripetizioni;

-corretto un paio di reazioni;

-corretto la punteggiatura;

-di nuovo, allungato il capitolo.

Spero che chi lo sta leggendo in questo momento (sempre se c’è questo tipo di persona… insomma, questa storia è andata un po’ persa nei meandri della sezione xD) stia apprezzando il lavoro che ci sto impiegando. Ciau!

  
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