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Autore: Water_wolf    30/06/2015    4 recensioni
Una fic per ognuno dei maggiori pairing di The 100 - o quasi. Perché ognuna di queste coppie è bella a modo suo e merita il suo spazio nel fandom.
01. An absence of Clarke (Bellamy/Clarke) — Dopotutto, è sempre stato un codardo.
02. How to love (Octavia/Lincoln) — «Lincoln, mi insegni a dire ti amo?»
03. I love you there (Raven/Wick) — Raven pensa che, se continua così, può riuscire a baciarle anche l’anima.
04. Master of deceptions (Clarke/Lexa) — L’amore non l’ha mai aiutata e mai lo farà. Mai.
05. Black is a warm color (Clarke/Bellamy) — «Sei qui» singhiozza sulla sua spalla. «Per me.»
06. A hundred cracks (Finn/Clarke) — Ma loro non vogliono dirti dov’è Clarke.
07. The loner (Murphy/Bellamy) — Sta davvero pensando a Bellamy come compagno di sbronze?
08. Bulletproof love (Bellamy/Raven) — «Hai intenzione di rimanere qui a fissarmi alitandomi sul collo senza un motivo, Bellamy?»
09. The stars above you (Costia/Lexa) — Il suo fiato le scalda le labbra quando soffia: «Ho paura.»
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Black is a warm color.
Rating: Giallo.
Wordcounter: 872 parole.
Pairing: Bellarke (again).
Avvertimenti: Le recensioni non nuocciono alla salute.
NdA: Lo so che c'è già una Bellarke in questa raccolta, però non sono riuscita a trattenere il mio amore per questa coppia e quindi ne ho scritto di nuovo e probabilmente continuerò a farlo fino alla morte. Ho ipotizzato che, dopo la 2x16, Clarke si sia allontonata il più possibile da Camp Jaha e quindi abbia raggiunto il deserto. Succederà nella realtà? Who knows. C'è solo una persona un motivo per il quale Clarke sarebbe tornata indietro, ovviamente *grins* Perché, sul serio, COME HA FATTO QUELLA RAGAZZA A RESISTERE ALLE PAROLE DI BELLAMY E AD ANDARSENE SENZA NEMMENO UN VERO BACIO D'ADDIO LO SA SOLO LEI e quei bastardi dei registi. Enjoy!


 
→ Big girls cry when their hearts are breaking

 
La sabbia è bollente, ma il Sole ancora di più. Le brucia le spalle, trapassandole la giacca bucata e incuneandosi tra le sue scapole. La sua testa è coperta da due stracci che ha cucito insieme, quando si è accorta di quanto fossero pericolosi i raggi solari nelle ore di punta e dell’infido vento che tagliava a metà le dune, il primo giorno di cammino, eppure controlla che sia al suo posto ogni due secondi perché continua a scordarsi se l’abbia ancora a protezione del capo.
Clarke non ha mai vissuto in una situazione di dejà-vu tale e le gira la testa. Ma forse quello è colpa della disidratazione. È da due giorni che non beve neanche una goccia d’acqua, e la sua lingua giace gonfia nella sua bocca secca. Le labbra screpolate si aprono di più ogni volta che tenta di umettarle, ma la sua saliva è finita da tempo.
Clarke si chiede se fosse così che si sentissero tutti gli abitanti di Mount Weather — tutti i bambini di Mount Weather — nel non riuscire nemmeno più a mormorare una preghiera o un ultimo “ti voglio bene” alle persone che amavano prima che lei li sterminasse. Probabilmente, la morte che ha inflitto al popolo di Tondc o ai trecento Terresti chiusi fuori dalla navicella è stata molto più veloce e meno straziante.
Quale morte merita lei?
Forse è giusto così, che muoia sola mentre percorre quel deserto infinito, torturata più dai sensi di colpa che dal dolore fisico.
Ha ancora senso continuare a camminare, sapendo che non arriverà da nessuna parte? Ha ancora senso continuare a vivere, avendo scelto di essere un’assassina?
Le cedono le gambe e crolla con le ginocchia nella sabbia. Il suo peso la fa affondare — il peso di tutte quelle morti l’ha già fatto da tempo.
È troppo. Troppo per provarci ancora, troppo per aggrapparsi alla speranza, troppo per concedersi una preghiera. È troppo corrotta per meritarsi perdono.
«Principessa, sei già stata perdonata, ricordi? O stai iniziando a perdere colpi?»
Clarke alza la testa di scatto. La luce del Sole la abbaglia per i primi istanti, ma quando i suoi occhi mettono a fuoco non riesce a credere a ciò che vede.
Apre la bocca e cerca qualcosa di intelligente da dire, ma non le viene in mente niente. «Bellamy» sussurra soltanto.
Il ragazzo si inginocchia di fronte a lei e le carezza una guancia con il pollice. La guarda come ha sempre desiderato che la guardasse — come se fosse ciò che di più bello avesse mai visto.
Un piccolo sorriso gli increspa le labbra. «Clarke» dice.
Clarke non ce la fa più. Gli getta le braccia al collo e lui ricambia, stringendola a sé. E, oh, lui è lì, con lei, in carne e ossa, reale e tangibile. Non riesce più a trattenere le emozioni che ha celato fino a quel momento e scoppia piangere. Bellamy la stringe più forte, la accoglie tra le sue braccia come se non la dovesse lasciare andare mai più. E Clarke non se andrebbe mai più.
«Sei qui» singhiozza sulla sua spalla. «Per me
Bellamy non esita. «Sì.»
Clarke si lascia andare tra le sue braccia. È un posto sicuro, tra-le-sue-braccia, e lì non deve temere nulla.
«Se è di perdono che hai bisogno, io te lo darò.» È di nuovo Bellamy a parlare, ma la sua voce è così bassa che sembra che il vento stesso stia portando quel messaggio. «Sei perdonata
Anche se non vuole allontanarsi, Clarke si fa indietro per poterlo guardare in viso. I suoi occhi sono neri, ma, in quel momento, il nero è un colore caldo. «Non ho bisogno di perdono» replica. «Ho bisogno di te
E poi si stanno baciando. Le sue labbra sono morbide, così morbide, e Clarke vorrebbe continuare ad averle sulle sue per l’eternità. Chiude gli occhi e approfondisce il bacio, lascia che la sua lingua sfiori la propria.
Quando riapre gli occhi, sbattendo un poco per palpebre per combattere il Sole, lui non c’è più.
Lui
non
c’è
p i ù.
Clarke è incredula. Si alza in piedi e si guarda intorno, controlla le dune in cerca dalla sua figura, la sabbia in cerca di tracce, il cielo in cerca di risposte. Ma Bellamy non è lì.
Clarke grida.
Allucinazioni, è la spiegazione totalmente razionale che le offre il suo cervello. Colpa del caldo e della sete. Ma questo non rende niente a più facile.
Bellamy non è lì perché è stata troppo cieca per ammettere che l’amore è sì una debolezza, però anche la più potente delle forze. E lei l’ha lasciato indietro, il suo amore, al Campo Jaha.
Clarke si volta indietro, verso la foresta che ha superato ormai da miglia continuando nel suo cammino solitario. Ha percorso così tanta strada che sarebbe un abominio cambiare direzione — sempre ammesso che riesca a riattraversare il deserto —, eppure Clarke realizza che non vuole più restare da sola e che quel viaggio non le è più di nessuna utilità.
Il primo passo verso il ritorno è il più difficile, ma il secondo le riesce più naturale, e il terzo diventa una certezza. Vuole tornare al Campo Jaha — vuole tornare da Bellamy. E lui la sta già aspettando da troppo tempo.
  
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