Guido si svegliò
a metà della notte piangendo e urlando dopo un brutto sogno.
Era
un bambino ed era normale, a volte capitava e sua madre si alzava
sempre subito per correre da lui, come se avesse un radar capace di
captare ogni minimo disagio del suo bambino.
Correva da lui e lo
coccolava calmandolo fino a che lui non si addormentava tra le sue
braccia ma sempre nel lettino della cameretta, perché
conosceva i
pareri di psicologi e pedagoghi riguardo il cosa fare con i bambini
durante i loro incubi e pensava che, arrivato ai cinque anni, Guido
dovesse cominciare a scindere tra realtà e sogno.
Quando però il
pianto di suo figlio le pareva inconsolabile lasciava perdere ogni
teoria e lo portava con sé nel lettone dove, in mezzo ai
genitori,
il piccolo riprendeva a dormire tranquillo.
Quella notte, quando
sentì chiamare, Davide ci mise qualche minuto a capire che
sarebbe
dovuto andare lui dal bambino in lacrime.
Il lato del letto
accanto al suo, quello in cui di solito dormiva Claudia, era
perfettamente rifatto, e il cuore gli si strinse per la nostalgia.
Sua
moglie non era ricoverata da neanche ventiquattr'ore e lui
già
sentiva un vuoto dentro prima ancora che al suo fianco.
Fu solo
un attimo però, perché poi corse dal figlio,
trovandolo seduto sul
letto in preda a un attacco molto forte di pianto.
- Ho fatto un
brutto sogno, voglio la mamma.- Singhiozzò.
Davide si sedette
vicino a lui e lo abbracciò.
- La mamma non c'è, lo sai, va bene
se qui ci sto io con te?- Guido annuì e tirò su
con il naso mentre
il padre faceva il possibile per tranquillizzarlo.
- Cos'hai
sognato?-
- Non... non me lo ricordo, ma era brutto.- Farfugliò
il piccolo, ma il modo in cui lo disse fece credere al magistrato che
le cose stessero diversamente, come se il sogno fosse ancora vivo
nella mente del figlio e lui non volesse, chissà per quale
motivo,
raccontarlo.
- Papà posso dormire con te? Solo stanotte, per
favore.-
Davide guardò gli occhi tristi del bambino e si chiese
cosa avrebbe fatto Claudia al suo posto.
Sapeva che non era la
domanda giusta da farsi, perché lui era un uomo adulto
capace di
scegliere da solo il meglio per sé e suo figlio, ma pensare
alle
innate doti materne di sua moglie, in quel momento in cui lei era
così lontana, sembrava aiutarlo.
- Va bene.- Sospirò alla fine.
- Ma solo per oggi.- Rispose, non credendo però neanche lui
per
primo alle sue parole.
Nel lettone, come sempre, il bambino si
addormentò in fretta, e al padre quasi dispiacque quando la
mattina
dopo dovette svegliarlo.
Guido si presentò in cucina per la
colazione mentre Davide stava finendo di prendere il secondo
caffè
della mattinata.
- La mamma mi ha mandato un messaggio di
buongiorno, dice che sta bene ma non poteva telefonare, però
stasera
ti chiama.-
Il volto del bambino si illuminò.
- Le ho detto
che hai fatto un brutto sogno e mi ha risposto chiedendomi cosa
avessi sognato, ma non lo so neanche io perché tu non te lo
ricordi.-
Guido abbassò la testa.
- Che succede?- Gli domandò
il padre.
- Non è vero che non me lo ricordo, ma se te lo dico tu
non lo dici alla mamma, è vero?-
Davide incrociò gli indici
davanti alle labbra baciandone prima uno e poi l'altro in segno di
giuramento. - Sarà il nostro segreto.-
- Ho sognato che la mamma
moriva, e avevo paura che se te lo dicevo succedeva davvero. Ma ora
che so che sta bene sono tranquillo e te lo posso dire.-
Spiegò
Guido continuando a tenere lo sguardo basso.
Il padre gli si
avvicinò e si piegò sulle gambe per riuscire a
guardarlo negli
occhi.
- Piccolo...- Gli accarezzò il volto.
-A me manca e ho
paura, quando torna a casa?- Rispose il bambino iniziando a piangere
proprio come la notte precedente.
Davide lo tranquillizzò ancora
e ancora, non poteva dargli una data ma riuscì a calmarlo
abbastanza
da potergli fare un'altra foto sorridente da inviare alla
moglie.
Anche se aveva fatto una promessa a suo figlio Davide
pensava che avrebbe raccontato a Claudia dell'accaduto, soprattutto
perché credeva che la donna sarebbe stata capace di
consigliarlo sul
da farsi col piccolo che, probabilmente, non avrebbe smesso di fare
incubi semplicemente grazie alle sue rassicurazioni.
Mentre lo
accompagnava all'asilo gli raccontò della credenza popolare
per cui
sognare la morte di qualcuno significasse allungargli la vita, e
appreso quello Guido decise di ritrattare le sue posizioni su cosa la
madre dovesse o non dovesse sapere del suo sogno.
Il magistrato
lo lasciò andare a giocare con gli altri bambini nel salone
della
scuola materna dopo avergli messo il grembiulino e cambiato le
scarpe, ma rimase un poco a guardarlo per capire se fosse davvero
tranquillo e felice.
Mentre vegliava sul figlio, convinto che per
fortuna almeno lui pareva star bene, si sentì chiamare da
dietro.
-
Dottor Margiotta, come sta?-
La maestra di Guido gli si mise
accanto.
- Sto bene, la ringrazio. Lei?- Finse di non comprendere
che la domanda fosse quasi sicuramente riferita alla moglie.
- Io
bene, grazie. Ho saputo, come credo ormai tutti, di sua moglie. Lei
come sta?-
Davide fece un mezzo sorriso chiedendosi se quella non
sarebbe stata solo la prima di chissà quante domande sulle
condizioni di Claudia che avrebbe ricevuto da lì in avanti.
- È
stata ricoverata ieri e a breve comincerà le cure. Si tratta
di un
momento decisamente difficile per tutti noi, ma lei è forte
e i
medici sono ottimisti.-
- Ne sono certa. Se ha bisogno di aiuto
con il bambino non si preoccupi e domandi pure. È
un'età delicata e
un evento del genere può essere fortemente traumatico.-
L'uomo
ringraziò l'insegnante e, subito dopo, sempre cordialmente,
la
salutò.
- Sono di fretta, mi perdoni ma devo andare da mia
moglie.-
- Si figuri, procuratore. Le porti i miei saluti, la
prego.-
- Certamente, e grazie ancora.- Si voltò un attimo a
cercare con lo sguardo il figlio e, vedendolo giocare spensierato
come tutti gli altri bambini, lasciò l'asilo sollevato.
Il
reparto di oncologia dell'ospedale in cui era ricoverata Claudia
aveva da poco iniziato ad aprire alle visite dei parenti a tutte le
ore del giorno, un tentativo di confortare gli ammalati e i loro cari
in momenti così complicati, a patto che non vi fossero in
contemporanea più di due visitatori per ogni degente.
Ipotizzando
che vicino alla sua adorata vi fosse solo il suocero, Davide si era
preso la mattinata libera e aveva deciso di andare a trovarla per
farle una sorpresa.
Si erano accordati perché passasse in serata,
ma sentiva troppo la sua mancanza per convincersi a trascorrere la
giornata come se nulla fosse.
Sorprendentemente, però, non la
trovò nel letto in cui sarebbe dovuta essere e si
allarmò.
Cercò
la prima infermiera disponibile e sperò che sapesse qualcosa.
-
Scusi, sto cercando mia moglie, Claudia Petrolini. È stata
ricoverata ieri ma non è nella stanca in cui mi avevano
detto
fosse.-
L'infermiera, una giovanissima donna di origini
certamente slave, lo guardò per un attimo prima di riuscire
a capire
di chi si parlasse.
- Ah sì, la dottorresa.- Disse con un accento
ancora forte e una grammatica decisamente debole.
- Aspeti, ora
vedo.- Rispose andando a cercare qualcosa in sala infermiere.
- È
via, le devono mettere il cattettere. Po' aspettare qui. L'omo che
è
con lei è sceso anche, ma lei ora no può.-
Davide la ringrazio e
si mise ad attendere in camera, seduto sulla sedia sopra cui aveva
probabilmente dormito il suocere la notte precedente.
Claudia fu
riportata in camera meno di mezzora dopo.
Il piccolo intervento
per inserire il Catetere Venoso Centrare, o CVC, un dispositivo che
l'avrebbe aiutate nell'assunzione dei farmaci, era stato eseguito in
anestesia locare, ma la donna ne era rimasta molto provata e si
notava.
Riconobbe il marito e gli sorrise, voleva parlargli ma era
troppo stanca.
Si addormentò pochi minuti dopo mentre il padre le
teneva la mano e la accarezzava con gli occhi gonfi di lacrime e la
paura che quello fosse solo l'inizio.
Dopo poco, forse per
lasciare la figlia riposare in pace, il signor Oreste chiese al
genere se gli andasse un caffè al bar dell'ospedale.
- È la
prima volta che la lascio sola da quando ieri l'ho portata qui, tolto
ovviamente quando deve stare con i medici. Non lo so, forse la vedo
così bambina in quel letto... ho paura di perderla,
è mia figlia e
non sopravviverei se lei non ce la facesse.-
Si contenne nel
lacrimare, ma sapeva che appena fosse rimasto solo, magari quando si
sarebbe finalmente deciso a tornare a casa, si sarebbe sfogato.
In
questo lui e Claudia si somigliavano molto, entrambi preferivano
mostrarsi forti davanti agli altri per poi crollare in silenzio e
solitudine.
- I medici cosa dicono?- Domandò Davide. - Io sono
arrivato mentre eravate sotto, dunque non ho avuto modo di parlarci,
ma ci sono novità di qualche tipo?-
- Hai visto che le danno
l'ossigeno?- Chiese il signor Oreste.
- Sì, ma pensavo fosse
dovuto all'intervento per l'inserimento del catetere, lei ieri sera
non mi ha detto nulla.-
- Può essere che non abbia voluto
palartene al telefono per non farti preoccupare, anche se per come
parla lei pare che non ci sia mai nulla di cui preoccuparsi. Comunque
no, non è per quello che ha fatto stamattina ma
sarà una cosa
stabile almeno fino alla guarigione... mi ha spiegato che serve per
aiutarla a respirare adesso che i suoi polmoni sono compromessi dalle
metastasi, o almeno questo è ciò che ho capito.-
Il magistrato
annuì sospirando. In effetti poteva aspettarselo, anche se
una parte
di lui continuava a sperare che la situazioni fosse meno grave di
quanto apparisse.
- Mi stavi però domandando se ci fossero novità
da parte dei medici e la risposta è no, nessuna
novità per adesso.
Oggi pomeriggio farà una visita ortopedica per via delle
altre
metastasi, quelle alla schiena, ma per il resto è tutto come
l'hai
lasciata ieri quando l'hai salutata. In questi giorni dovrebbe
iniziare la chemioterapia.- Sussurrò a voce più
bassa, come se ci
fosse qualcosa di cui vergognarsi. - E ho tanta paura delle
condizioni in cui questa la farà stare, ho sentito delle
cose
terribili, così brutte da farmi pensare che la perdita dei
capelli
sarà l'effetto collaterale meno pesante, almeno a livello
fisico.-
Davide, sentendolo così provato, si obbligò a
fare il possibile
per rincuorare il suocero, tenendo bene a mentre la richiesta che
Claudia gli aveva fatto dal momento della diagnosi in poi, quella di
non demoralizzarsi e lottare con lei.
- Lo so, la chemioterapia è
devastante e credo che i medici non faranno altro che ricordarcelo.
Ma Claudia è forte, soprattutto di carattere.-
- Solo di
carattere.- Commentò tristemente l'uomo più
anziano. - Il suo corpo
in questo momento è così fragile che non so se
possa farle più
male la cura o la malattia stessa... se solo si fosse fatta visitare
prima...-
- Magari non sarebbe cambiato nulla.- Lo interruppe il
genero. - Purtroppo al massimo si sarebbero evitate le metastasi e
una stadiazione così elevata del tumore, ma per il resto
sempre
questo è il suo male, e anche lo avessimo scoperto subito,
appena
comparsi i primi sintomi, i metodi di cura non sarebbero stati molto
diversi. Ho scoperto facendo una ricerca che questa forma di cancro,
ahimé, non ha possibilità di essere benigna e
l'unica diagnosi
differenziale è la leucemia, che forse è anche
peggio. È inutile
riempirsi di sensi di colpa, lo sai.-
Davide aveva sempre dato
del tu al padre di Claudia, e lo stesso faceva la moglie di
Gianluca.
Era sempre stato un desiderio dell'uomo sentir usare
quella forma amichevole da parte dei compagni di vita dei figli, in
fondo per lui erano una parte della famiglia.
- Non avrò mai il
coraggio di dirglielo, ma spero che questa esperienza le insegni
qualcosa.- Disse in fine il signor Oreste. - Spero capisca che per
quanto ami il suo lavoro ci sono molte come che vengono prima; la
famiglia, la salute...-
Il marito dell'ammalata non disse nulla,
ma pagò per entrambi e, sempre in silenzio, si
avviò assieme al
suocero verso la stanza di degenza della donna. Claudia era sveglia e
vigile nel letto, più in forma, per quanto possibile, di
come
l'avevano lasciata circa un'ora prima.
- E tu? Non dovevi passare
questa sera?- Riuscì finalmente a fargli la domanda che si
teneva
dentro da quando lo aveva visto per la prima volta quella mattina.
-
Mattinata libera, non avevo impegni di lavoro e anche se li avessi
avuti avrei fatto in modo di sposarli, non riesco a stare
così tanto
tempo lontano da te.- Si avvicinò e fece per baciarla, ma si
fermò
a pochi centimetri dalle sue labbra.
- Posso?- Le chiese
timidamente, sapendo che nelle sue condizioni anche quello poteva
essere pericoloso.
- Ancora sì. Quando inizierò la chemio temo
che dovrò utilizzare una mascherina, visto che non
avrò più alcun
tipo di difese immunitarie, ma per adesso va tutto bene.- Gli
spiegò.
Poi si sforzò tirandosi su con le braccia e baciò
dolcemente il marito.
Il padre, ancora appoggiato allo stipite
della porta, li guardava sorridendo.
- Come ti senti?- Le domandò
Davide sedendosi sul letto accanto a lei.
- Sono molto stanca, e
anche riposare continuamente non mi aiuta molto.-
- La notte com'è
andata? Sei riuscita dormire?-
- Benissimo. I letti di ospedale
non saranno comodissimi, ma se uno è stanco come mi sento io
ultimamente si addormenterebbe anche sula pietra.- Rise Claudia.
-
Questa notte ha sudato come se fosse nel deserto.- Raccontò
il
signor Oreste. - Inoltre spesso tossisce, e quando si è
svegliata in
quel bagno di sudore mi sono preoccupato molto per paura che avesse
la febbre.-
Il magistrato rimase in silenzio, ma la sua
espressione, molto eloquente, trasmetteva ansia e preoccupazione.
-
Papà è sempre troppo esagerato; il sudore e la
tosse sono sempre i
soliti, ed ero calda per via dell'essere stata a lungo sotto le
coperte nel letto.- Spiegò Claudia. Poi tossì di
nuovo un paio di
volte, e il padre la guardò con l'ormai solito terrore negli
occhi.
Ma
lei non ci diede troppo peso, e anzi sorrise ancora nella speranza
che vederla tranquilla lo aiutasse a stare calmo.
- E la notte a
casa come è andata?- Chiese al marito.
- Non benissimo ma ce la
caviamo. Guido ha urlato, questa notte, e alla fine l'ho fatto
dormire con me.
- Ah, sì, l'incubo di cui mi hai
scritto stamane.- Ricordò la donna.
- Già, e fino all'ora di
colazione ha detto di non ricordarselo, non me lo voleva raccontare,
ma poi ha ceduto.-
- E si può sapere cos'abbia sognato? In fondo
sono sempre sua madre.- Commentò lei.
L'uomo ripensò a quello
che era successo tra la notte e la mattina e, alla fine, decise di
raccontarle tutto.
-
Ha sognato la tua morte. Non voleva raccontarmelo per la paura che
accadesse davvero, ha atteso che tu mi scrivessi questa mattina prima
di farlo, e tanto meno voleva che lo venissi a sapere tu, ha cambiato
idea solo quando gli ho detto che, solitamente, sognare la morte di
qualcuno significa allungargli la vita.- Spiegò l'uomo.
Gli occhi
di Claudia si riempirono di lacrime. - Il mio bambino...-
Sospirò
iniziando a piangere.
Sia il marito che il padre, che essendo lì
con loro non aveva potuto fare a meno di ascoltare, si avvicinarono a
lei cercando in qualche modo di confortarla.
- Non voglio che la
mia malattia faccia del male anche a lui, non voglio...-
Davide
le prese la testa tra le mani e se l'appoggiò al petto,
accarezzandola e baciandole dolcemente il capo.
- Va tutto bene,
amore mio, va tutto bene. Guido è un bambino intelligente e
forte
proprio come te, è tuo figlio in tutti i sensi.-
Provò a consolarla
il marito, mentre l'altro uomo non riusciva a far altro che non fosse
tenerle una mano e guardarla, morendo dentro ad ogni suo singhiozzo.
Sembrava
una matriosca, quel dolore, proprio come ne avevano parlato la sera
prima; Claudia lottava contro la malattia e si portava addosso il
peso del dolore e della paura per i danni che quella situazione
poteva provocare al suo piccolo, mentre lui, il signor Oreste, pur
godendo di buona salute sentiva continuamente la sua vita fuggire
nello stare accanto a sua figlia in quelle condizioni.
Riuscirono
a farla smettere di piangere e dopo poco si addormentò di
nuovo,
lasciando spazio alle lacrime di suo padre.
L'uomo non cercò il
supporto del genero, ma si limitò ad andare in bagno a
sciacquarsi
il volto e lì rimase diversi minuti, perché
appena provava ad
uscirne ricominciava a lacrimare e doveva fermarsi.
Quando si
calmò abbastanza da poter tornare nella stanza rimase
assieme a
Davide in silenzio a guardarla riposare.
La svegliarono per l'ora
di pranzo e, mentre iniziava a mangiare, il marito la salutò
lasciandola sola col padre e promettendo che l'avrebbe chiamata in
serata, poiché quel pomeriggio, sul tardi, sarebbe andato a
trovarla
Gianluca.
Verso le tre fu portata a fare la visita ortopedica che
attendeva dal giorno del ricovero, e i risultati non furono buoni.
Essendo Claudia un'adulta i medici, ovvero Francesco e
l'ortopedico, il dottor Marelli, decisero di parlare solo con lei, e
la donna gliene fu grata, perché qualsiasi cosa dovessero
dirle
preferiva poi riferire in prima persona a suo padre, dosando le
parole e facendo il possibile per non farlo preoccupare.
- Le
metastasi sono agguerrite.- Spiegò Francesco. - E rischiano
di
penetrare fino al midollo spinale...-
- C'è il rischio che
intacchino le mie facoltà locomotorie?- Chiese lei facendo
attenzione ad utilizzare un linguaggio serio e professionale, nella
speranza di fingere almeno di potersi distaccare dalla reale
gravità
delle sue condizioni.
- Se le metastasi bloccassero il canale
spinale è probabile, Claudia, mi dispiace.-
La donna non disse
nulla.
Era sdraiata su una barella, la stessa con cui era stata
portata a fare le visite, e che le cose fossero serie lo aveva
compreso quando nessuno le aveva chiesto di alzarsi e mettersi a
sedere dal lato sbagliato, per così dire, della scrivania.
A
quel punto intervenne l'ortopedico.
- Non è ancora detto,
dottoressa; se la chemioterapia facesse effetto da subito si
poterebbe verificare una riduzione delle metastasi e quindi
diminuirebbe anche il rischio di effetti collaterali, senza contare
che il nostro obiettivo sarebbe combinare anche della radioterapia
per provvedere poi a un eventuale intervento chirurgico, e mi sembra
che il dottor Riganese gliene avesse già parlato
precedentemente.-
Claudia annuì e accennò un leggero sorriso.
- Ammetto che
sia buffo sentirmi chiamare dottoressa mentre sono in queste
condizioni.- Commentò. - In ogni caso spero che lei abbia
ragione.-
Disse poi rivolta verso il dottor Marelli. - Ma non c'è
nulla che si
possa fare nel frattempo? Devo solo sperare che la situazione non
degeneri?-
- Non possiamo fare molto, ma ciò a cui avevo pensato
è un bustino che le tenga il più possibile la
schiena ferma, per
cercare di evitare eventuali danni derivati da movimenti sbagliati,
visto che le masse possono aver anche reso le ossa più
fragili. E
inoltre...-
Il medico tacque cercando lo sguardo di Francesco.
Probabilmente sapeva che la donna era, oltre che paziente, amica
dell'oncologo, e forse ciò che doveva dirle era
così delicato che
un amico era meglio di un medico per parlare.
- Lo so che ti ho
appena detto che rischi di non camminare più, e posso
immaginare
cosa tu stia pensando, ma devo dirti che la che la cosa più
utile
per te adesso sarebbe pesare il meno possibile sulla colonna
vertebrale...- Non aggiunse altro, in fondo stava parlando con una
laureata in medicina che avrebbe di certo capito da sola il
significato di quella frase.
- Sono costretta a letto?- Domandò
Claudia.
- Non solo, purtroppo. Non starai in ospedale da oggi a
quando sarai guarita, lo sai. Appena sarei in condizioni, quando
sapremo che effetto farà su di te la terapia, ti manderemo a
casa e
lì credo tu non vorrai stare solo a letto, anzi, magari
vorrai anche
uscire...- Sospirò al fondo di quello che pareva essere un
lungo
prologo.
- Ti devo chiedere di non camminare, Claudia. Sia in
ospedale che fuori, soprattutto fuori.-
La donna voltò il viso
verso il soffitto e lasciò scendere qualche lacrima senza
dire
nulla.
I due medici rispettarono il suo silenzio e attesero che
stesse meglio.
- Non potrò camminare, non potrò prendere in
braccio mio figlio, dovrò stare allettata... che razza di
vita
avrò?- Commentò la donna parlando più
con se stessa che con
qualcuno dei presenti.
- È una situazione momentanea, Claudia, te
l'ho detto, e quando sarà finito tutto riprenderai in mano
la tua
vita, ricomincerai quello che adesso hai dovuto mettere da parte,
tornerai a camminare e a stare col tuo bambino, vedrai.- La
rassicurò
Francesco avvicinandosi alla barella per accarezzarla.
- C'è
altro? Vorrei tornare in camera a riposare.- Chiese poco dopo.
-
No, tranquilla, ora ti riporto di là.- Le rispose il medico.
-
Vuoi che chiami un'infermiera?- Domandò l'ortopedico
all'oncologo.
-
No, la riaccompagno io. Hai bisogno di qualche misurazione per il
busto o simili?-
- Non preoccupatevi, ho tutto. Nei prossimi
giorni sarà pronto e verrò a farglielo indossare,
dottoressa. Per
adesso si riposi ed eviti il più possibile di muoversi.- La
salutò.
Quando fu di nuovo nel letto, dopo che fu andato via anche
Francesco, la donna raccontò a suo padre quello che le era
stato
detto, e si maledì per il dolore che gli provocava ogni
volta che
arrivavano nuove notizie dai medici.
Un giorno, ne era certa,
sarebbero arrivate anche novità positive, ma in quel
momento, quando
non si era ancora del tutto certi di quali fossero le sue condizioni
generali, non ci si poteva aspettare nulla di bello.
- Il
problema sarà quando tornerò a casa. Pensavo che
malgrado tutto
potessi uscire e cercare di avere un minimo di vita normale, ma a
quanto pare questa malattia vuole togliermi ogni parvenza di
normalità...-
- Troveremo il modo di farti uscire e vivere una
vita come quella di tutti, bambina mia, se il problema è che
non
puoi camminare allora...-
-
Userò una sedia a rotelle.- Sospirò. - A poco
più di trent'anni...
se solo un anni fa mi avessero detto che sarebbe successo tutto
questo non ci avrei creduto.- Disse con aria scoraggiata.
Il padre
non replicò e preferì cambiare argomento
dicendole che aveva
sentito Gianluca.
- Passa in serata, voleva sapere come stai e non
gli basta ciò che gli dico.-
- A me non può che fare piacere,
papà, vi ho sempre detto che per me è
fondamentale a vostra
vicinanza, mentale ma anche fisica.- Rispose con un leggero
sorriso.
Era così stanca malgrado fosse solo metà
pomeriggio,
tanto da stare col busto alzato solo perché così
era impostato il
letto in quel momento.
- C'è qualcosa che posso fare per farti
stare meglio, Claudia? Vederti così mi distrugge.-
- Già te l'ho
detto, papà, ciò che puoi fare è stare
tranquillo, saperti stare
male a causa mia mi agita e mi fa soffrire.- Rispose lei con voce
pacata. Poi si irrigidì leggermente e lo fissò. -
Stare tranquillo
significa anche che stasera vai a casa con Gianluca e domani vai in
libreria, anche perché quel posto non può andare
avanti da solo.-
L'uomo non replicò, sapeva che prima o poi la figlia gli
avrebbe
fatto quella richiesta.
Aveva lasciato la serranda abbassata con
un messaggio attaccato “chiuso per motivi di
famiglia”, senza
date né altro, pensando che probabilmente molti di quelli
che lo
conoscevano meglio avrebbero capito la ragione della sua
assenza.
Però era anche vero che la libreria rimaneva il suo
unico mezzo di guadagno, e da quando i figli erano andati via di casa
non poteva negare che il poco ricavato che aveva gli bastava per
vivere discretamente bene.
- Perché non cerchi qualcuno che ti
dia una mano? È vero che forse non riusciresti a tenere un
collaboratore stabile, ma sono cerca che esistano ragazzi volenterosi
pronti a dare una mano anche per pochi spiccioli.- Propose la figlia.
- Un po' come facevi tu quando andavi al liceo, solo che dovrei
trovare il modo di retribuirlo...- Pensò ad alta voce il
signor
Oreste. - Ci posso ragionare, anche se dubito di trovare qualcuno che
accetti la proposta. Poi figurati, in quel quartiere è
difficile il
doppio, la situazione la conosci bene anche tu.-
Claudia sorrise.
- Hai ragione, papà, ma io da ragazzina ero fatta
così, e sono
certa che anche ora ci sia qualcuno come me. Se pensi di potercela
fare un tentativo non ti costa nulla, al massimo sarà un
tentativo a
vuoto.- Lo incoraggiò la figlia.
Già prima di ammalarsi aveva
cominciato a pensare che presto o tardi suo padre avrebbe avuto
bisogno di una mano con il negozio, ma in quel momento la faccenda
diventava più urgente, perché non poteva
permettersi che l'uomo si
struggesse al suo capezzale.
Un'altra spinta verso quella scelta
gliela diede Francesco quella sera, quando andò a a trovarla
e le
comunicò che la mattina seguente avrebbe cominciato la
chemioterapia.
- C'è bisogno che vi sia qualcuno con me mentre
faccio la terapia?- Domandò la donna.
- Sarebbe il caso, anche
perché, come ti avevo anticipato, sarà necessario
procedere con una
terapia pesante, ed è inutile che ti dica quali saranno gli
effetti,
soprattutto quelli immediati.-
Lei rimase in silenzio.
Sapeva
che suo padre avrebbe voluto essere al suo fianco, ancora di
più
dopo aver scoperto che la figlia avrebbe sofferto parecchio, ma non
voleva stare male davanti a lui, perché era certa che l'uomo
non
avesse ben chiare quali sarebbero state le sue condizioni il giorno
seguente.
- Grazie, Francesco. C'è altro?- Chiese, riuscendo a
far capire all'amico di non voler essere brusca o scortese, ma di
aver semplicemente bisogno di rimanere sola con suo padre.
-
Null'altro, passo domattina a visitarti prima che cominci. Mi
raccomando, immagino che tu sia agitata o preoccupata, ma questa
notte devi ugualmente cercare di riposare il più possibile,
hai
bisogno di essere in forze.- Si premurò di ricordarle il
medico.
-
Non preoccuparti, dubito di avere problemi a dormire, te l'ho detto
anche ieri. Purtroppo l'ansia non può nulla contro i sintomi
del
cancro.- Commentò.
Malgrado ormai avessero fatto tutti
l'abitudine al modo in cui la donna parlava della sua malattia era
sempre strano sentire la leggerezza con cui pronunciava la parola
“Cancro”, un termine che solitamente spaventava
anche le persone
in salute.
Ma per lei era normale, il primo modo che aveva per
battere un nemico tanto agguerrito era non averne paura.
Francesco
li salutò quando arrivò la cena, e il signor
Oreste ne approfittò
per parlare con la figlia.
- Non vuoi che io stia con te domani,
vero?- Le domandò con voce triste.
- Oh, papà... non prenderla a
male, ti prego... io lo faccio per te, perché domani
starò
malissimo e non voglio che tu mi veda in quelle condizioni, sarebbe
terribile...- Cercò di spiegargli.
L'uomo annuì
debolmente.
Aveva cercato, tra i tanti libri che aveva in vendita
visto che era poco pratico di computer e non si fidava poi
così
tanto di internet, qualche narrazione che parlasse anche della
terapia che di lì a poche ore avrebbe cominciato Claudia, e
aveva
letto quanto terribili fossero quelle cure, comprendendo quindi che
il desiderio di sua figlia di tenerlo lontano da tutto ciò
era
decisamente legittimo.
Ma era ugualmente possibile stare da
un'altra parte sapendola sofferente in ospedale.
- In ogni caso
hai sentito il medico, sarebbe meglio tu non stessi da sola. A chi
pensi di chiedere?-
- A Gianluca. Temo che Davide ne rimarrà
risentito, ma si è già preso un giorno di ferie
oggi e non voglio
che tolga tempo al lavoro per stare accanto a me.-
- Lui lo
farebbe con piacere, lo sai. Ti ama come pochi uomini sanno fare
ancora.-
- Lo so papà, ma io purtroppo non guarirò domani,
e
temo lui avrà tutto il tempo del mondo per starmi vicino
mentre sono
in queste condizioni.- Spiegò la donna cercando di evitare
il più
possibile giri di parole.
- E se Gianluca non potesse chiederesti
a tuo marito, vero? Non faresti la follia di non ascoltare neanche il
medico e stare da sola, mi auguro.-
- Se io non potessi cosa?- Si
intromise la voce di un altro uomo proveniente dalla porta della
stanza.
- Ehi! Sei arrivato proprio mentre si parlava di te.- Lo
accolse sua sorella facendogli segno di avvicinarsi e sedersi su una
sedia vicina al letto.
- Ciao papà.-
Salutò il genitore. Poi si rivolse verso Claudia. - Me ne
sono
accorto del fatto che steste parlando di me, ma posso chiedere quale
fosse l'argomento di discussione? A meno che non si trattasse di una
delle
mie innumerevoli qualità; bellezza, intelligenza, carisma,
simpatia...-
- Modestia!- Scoppiò a ridere la donna. - Quanto sei
scemo, Gianluca! Ma sei certo di essere mio fratello?-
Commentò
ancora. - Comunque no, ahimè il discorso era un po'
più triste e
serio.- Spiegò.
- Già, lo immaginavo, purtroppo. Ma almeno sono
riuscito a farti ridere, e vederti sorridente anche in questo letto
è
decisamente rincuorante.- Le si avvicinò per farle una
carezza
affettuosa.
Era davvero difficile vedere sua sorella, che era
sempre stata bella, forte e in salute, in quelle condizioni.
-
Grazie, Gian, davvero. Ho bisogno di ridere, è forse una
delle poche
cose che non hanno ancora vietato né la malattia
né i medici,
dunque spero di riuscire a farlo sempre...- Gli disse sorridendo
leggera. - Tornando al discorso serio beh, prima il medico è
venuto
a dirmi che domattina inizierò la chemioterapia e si
è raccomandato
che non stia da sola, visti gli effetti collaterali immediati.
Papà
è qui da ieri mattina, e credo sia il caso che stacchi un
po' e si
riposi, mentre Davide si è preso la mattinata libera
già oggi e ho
paura gli diventi problematico, quindi volevo sapere se fossi
disponibile tu. Sarà brutto, ti avviso, e ti prometto che
farò il
possibile affinché non ce ne sia più
necessità in futuro, ma è
una situazione abbastanza di emergenza.-
- Stai tranquilla, non
dirlo neanche, per me è un piacere darti una mano. Dammi
solo due
minuti che invio un messaggio per conferma, ma credo non ci siano
problemi. So che non sarà una bella situazione, ma
è proprio per
questo che c'è bisogno che ci sia qualcuno. Spero solo che
tuo
marito non si offenda.-
- Mi auguro di no, spero capisca che lo
faccio per lui.-
Pochi attimi dopo il cellulare di Gianluca
vibrò.
- Che sciocco, mi sono scordato di mettere il silenzioso.-
Si disse da solo controllando il telefono. - Bene, posso prendermi il
giorno libero.- Rispose riponendolo nella tasca della giacca. - A che
ora devo presentarmi?-
- Penso un po' prima delle nove, la terapia
dovrebbe iniziare a quell'ora.-
Gli disse Claudia.
Fu allora
che i due fratelli notarono lo sguardo strano del padre, il quale era
rimasto silente fino a quel momento.
- Papà va tutto bene?-
Chiese la figlia un po' preoccupata da quel suo non parlare.
- Sì,
sì, ho semplicemente fame. Penso che andrò a
prendere qualcosa al
bar.. a te non posso prendere nulla, purtroppo.- Disse riferendosi
alla donna. - Ma tu, Gianluca, vuoi qualcosa?-
- No, grazie papà,
sto bene così.-
- Va bene, allora ci vediamo tra un po'. Tanto
siete in buona compagnia quando state insieme, no?- Li
salutò
uscendo dalla camera.
Lei sbuffò.
- Credi si sia offeso?-
Domandò al fratello.
- Penso che tu non lo voglia al tuo fianco
domani non perché è stanco, ma perché
sei spaventata da come
potrebbe stare vedendoti star male durante la chemio.-
- Tu non
avresti questa paura? Non so cosa tu sappia degli effetti della
terapia, ma...- Gianluca la fermò. - Lo so, lo so cosa
passerai
domani, è per questo che voglio esserci e non voglio
assolutamente
che tu stia sola, ma non potrai scacciare papà tutte le
volte che
farai la chemio, temo che lui non lo sopporterebbe.-
La donna
sbuffò di nuovo.
- E cosa dovrei fare? Ieri e oggi non si è
staccato praticamente mai dal mio letto, forse solo mentre dormivo.
Stamattina ho subìto un piccolo intervento in anestesia
locale per
mettere questo. - Gli mostrò il Catetere Venoso Centrale. -
Sono
tornata in camera in uno stato di semi-incoscienza come se in
realtà
mi fossi svegliata da un'anestesia totale, ma i suoi occhi li ho
visti e me li ricordo, non posso pensare di essere io la causa del
suo dolore. Vorrei solo fargli capire che starmi lontano, per quanto
possa fargli male, è sempre meno brutto che vedermi
soffrire. Lo so
che non è semplice, e lo capisco sempre di più
quando penso a cosa
farei io se mio figlio stesse così male, ma questa malattia
vuole
già distruggere la mia vita, non posso permettere che faccia
lo
stesso con quelle delle persone che amo.- Iniziò
silenziosamente a
piangere e si rese conto di come il ricovero la stesse rendendo
più
fragile anche a livello psicologico.
Si era sempre promessa di non
piangere davanti ai suoi cari, ma solo in quella giornata era
già la
seconda volta che lo faceva.
Gianluca la rassicurò e la calmò,
poi le chiese cosa avessero detto i medici.
Capì allora perché
il padre era tanto agitato, le notizie erano anche peggio di
ciò che
immaginava.
D'altra parte lo aveva capito quando, entrando nella
camera, aveva visto la sorella con l'ossigeno e ne era rimasto
colpito proprio come era successo agli altri due uomini vicini a
Claudia prima di lui.
Il signor Oreste tornò da loro qualche
minuto dopo, e a malincuore salutò la figlia baciandola
sulla
fronte.
Quando scese assieme a Gianluca nel piazzale antistante
l'ospedale l'uomo cercò con lo sguardo quella che poteva
essere la
stanza di Claudia, e quando gli parve di vederla notò che
aveva la
luce spenta.
- Pensi si sia già addormentata?- Chiese al figlio.
- Credo di sì, l'ho vista molto stanca.-
- Non riesco a
pensare di lasciarla così, vorrei stare ancora con lei, ho
paura che
le possa accadere qualcosa.- Sospirò mentre si avviavano
verso la
macchina.
- Lo so, papà, e lo sa anche Claudia. Ma non è
una
bambina, è una donna adulta e forte che sa come sta. So che
lei
vuole mostrarsi coraggiosa, ma la conosco abbastanza bene da poter
dire che se non se la fosse sentita di passare la notte da sola ce lo
avrebbe detto. Sono sicuro che ora stia riposando tranquilla, e credo
sia il caso che, appena arrivi a casa, lo faccia anche tu.-
Il
signor Oreste non parlò più fino a che non
salutò Gianluca davanti
al portone di casa.
Trovò la buca delle lettere piena di posta e
si fermò al tavolo della cucina per smistarla prima di
andare a
dormire.
Molta era pubblicità, ma c'erano anche un paio di
bollette e alcune comunicazioni inerenti alla libreria.
Sua figlia
aveva ragione, doveva continuare a lavorare anche solo per avere i
soldi per mangiare, e forse era davvero necessario che cercasse un
aiuto.
Si promise che il giorno dopo avrebbe iniziato a pensarci
seriamente, ma soprattutto che sarebbe andato in libreria e vi
sarebbe rimasto fino all'ora di chiusura, sempre con il cellulare
vicino aspettando che Gianluca lo chiamasse per dargli notizie di
Claudia, nella speranza che si trattasse di qualcosa di
positivo.
Voleva pensare che sarebbe andato tutto bene, che non
sarebbe arrivata mai una telefonata triste, perché di certo
sua
figlia sarebbe guarita.
Si addormentò nel letto dove Claudia
dormiva quando era ancora a casa, sicuro che lì l'avrebbe
sentita
più vicina.