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Autore: Pavone    05/07/2015    0 recensioni
Terzo capitolo della saga sui Cavalieri d'Argento di inizio 1900.
I Ladri di Divinità hanno deciso ormai di agire: il Conflitto Assoluto ha inizio! Niente più inganni, bensì forze associate, per necessità o per volontà, che aiuteranno gli Homines nel loro obiettivo di conquista.
Non più una semplice guerra, ma scontri che si sviluppano su diversi campi di battaglia, legati a culti fra loro molto distanti.
NB: le Sentinelle del Tramonto sono liberamente ispirate ad un'idea pensata più di un decennio fa assieme ad Andromeda La Notte, ma mai portata avanti.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Cavalieri d'Argento'
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Capitolo 3: Il Conflitto ad Oriente
 
“Dunque questa Terra degli Eremiti è un luogo al di fuori dei confini del mondo reale? Un po’ come le lande dove eravamo stati esiliati?”, chiese la maestosa figura che sovrastava tutti gli altri presenti sul tetto dell’antica Torre dispersa nel deserto.
“Da ciò che ho potuto comprendere del vostro Esilio, Perduto, sono molto simili.”, gli rispose prontamente l’uomo che ancora ed ancora colpiva con il dito un punto della Mappa, nei territori dell’impero Cinese.
“La Terra degli Eremiti ha un proprio portale, la cui posizione cambia con una certa regolarità nel mondo reale, un varco di cui solo gli iniziati conoscono l’ubicazione, ma vi sono anche altri modi per raggiungere quel luogo, fra questi, di certo, i poteri di Temujin saranno il nostro lasciapassare.”, affermò con un sorriso divertito l’Homo.
“E dopo? Ho già indicato ai miei Emissari dove dovremo incontrarci, ma quali nemici ci attendono? Questi Taonia sono così deboli come ci assicuri, Cinese? O ci sarà della gloria ad attenderci in quest’azione di conquista?”, domandò Onamujii al proprio confratello.
“Di gloria ne avremo quanta ne vuoi! I Taonia hanno nel numero la loro unica virtù, esclusi forse pochi dei guerrieri di grado maggiore, che hanno un più potente legame con la natura, ma fra questi vi è il mio discepolo anziano.
Così come Yan Luo è la mia beffa contro Atena, allo stesso modo il mio primo allievo sarà l’arma con cui colpirò i maestri dell’Anziano dei Cinque Picchi! Distruggerò la terra degli Eremiti dov’egli s’è allenato e assieme cancelleremo ciò che resta dei poteri dell’Antico Drago Bianco che lo ha personalmente guidato a divenire cavaliere di Atena.”, esultò soddisfatto Chi Yu, ricevendo dei cenni di conferma da alcuni dei presenti.
“Molto bene, preparatevi dunque!”, esordì allora colui che era noto come Temujin, “Ma aspettate, poiché oltre ad alcuni dei Perduti, anche altre forze potremo portare in campo, grazie a Heva, la mia dolce sorella, che sa essere Radice e Madre d’eserciti, pronti a combattere per la sua causa, non è vero?”, domandò verso la nuova giunta nel gruppo, che sorrise malefica.
“Iason, fratello mio, così mi fai arrossire…”, ghignò divertita quella, prima che l’altro la invitasse a seguirlo.
 
***
 
Una fresca brezza saliva dal ruscello vicino, lì dove si stavano addestrandosi Shengyin non poteva che essere felice nell’osservare i giovani discepoli che s’impegnavano così tanto.
Erano una dozzina solo in quel piccolo altopiano ed in tutta la Terra degli Eremiti il loro numero era dieci, venti addirittura, volte tanto: se si ripensava alle storie di circa due secoli prima, della caduta in disgrazia dei Taonia a causa di un gruppo che cercava di distruggere il loro legame con gli spiriti della Cina, il loro attuale numero era un risultato fantastico!
Erano tornati in armonia con la natura ed in quello stato di grazia ancora vivevano.
Certo, persino fra quella dozzina di persone, solo lei, Feipao e Lu Xuan avevano sviluppato la Tatoo; fra tutti e duecento, o più, Taonia, solo una ventina avevano delle Tatoo e di quelli tre si elevavano su tutti come i Saggi, ma lei aveva fiducia nella sua gente.
La brezza le scosse i capelli, mentre Lu Xuan la invitava ad unirsi a loro e, con un gesto quasi meccanico, Shengyin si accarezzò i capelli, scoprendo di nuovo il tatuaggio sul volto: l’usignolo che le copriva parte della guancia destra, fino al labbro superiore, per poi risalire lungo la tempia e l’orecchio.
Con i lunghi capelli castani legati in una treccia, gli occhi color nocciola, la pelle fresca ed il fisico allenato, la giovane reputava di non peccare di superbia nel considerarsi molto bella e sperava che un giorno anche l’uomo, fra gli altri suoi presenti in quelle Terre, per cui lei stravedeva, potesse pensare la stessa cosa.
“Maestra Shengyin!”, la salutò Lu Xuan, un titolo che ancora la stupiva, specie considerando che ben poca era la differenza d’età fra loro, “Vuoi aiutarmi nell’addestramento di questi nostri giovani adepti?”, chiese con tono amichevole, mentre indicava con il proprio strumento da lotta i diversi ragazzini armati solo dei loro semplici bastoni da battaglia.
“Non è solo con le armi e con la fatica sul campo di battaglia che si entra in contatto con la natura, Lu Xuan.”, chiosò la giovane, avvicinandosi, con fare gentile ed aggraziato, “Anche le azioni più semplici, come il canto, sono degli strumenti per entrare in armonia con ciò che c’è di bello in questo mondo. Ne sei consapevole tanto quanto me, credo.”, affermò sorridendo all’altro.
Lu Xuan era piuttosto basso, in confronto a lei in particolar modo, non tozzo, ma ben proporzionato, per quanto di statura minuta, aveva una corta zazzera arruffata di capelli rossi e dei baffetti appena accennati sul labbro superiore, che lasciavano intuire la furbizia del ragazzino, i cui vispi occhi azzurri, scrutavano con allegria la giovane.
Poco lontano, Feipao era seduto sul bordo del ruscello, quasi in meditazione, la mano che toccava appena l’acqua, ascoltando i due amici che parlavano ai diversi discepoli, prima che qualcosa catturasse la sua attenzione, così come quella di Shengyin e di Lu Xuan e, come loro, anche dei molti altri Taonia in tutta la Terra degli Eremiti.
 
Una presenza, debole ma brillante d’energia, era d’improvviso entrata nei sacri confini della loro landa, una presenza che si rivelò essere uno scarabeo di luce, il quale viaggiò elegante verso il punto in cui si trovavano proprio i tre giovani, fermandosi dinanzi a loro e cambiando, inaspettatamente, d’aspetto, rivelandosi come un uomo di pura energia.
“Pace a voi, custodi di questi luoghi, il mio nome è Shu di Khepri e sono uno dei restanti Faraoni d’Egitto, una terra molto lontana da questo paradiso naturale che ho trovato scrutando nell’immensità del nostro mondo, forse per puro caso.
Giungo da voi in un momento di grande necessità e ho avvertito l’alto vostro numero ed i variegati poteri di cui alcuni di voi sembrano disporre.”, si presentò subito l’emanazione cosmica.
“Non siamo interessati alle tue parole, straniero, così come non siamo interessati ad aiutarti! Da secoli gli Eremiti hanno abbandonato il mondo mortale, se non nei momenti di maggior bisogno della Cina stessa, la nostra seconda patria.”, esordì d’improvviso una voce, mentre altre due figure si avvicinavano, due figure che subito Shengyin riconobbe: Yin e Sun-gu, due Taonia dagli elevati poteri, fra i discepoli più promettenti dei tre saggi.
Shu di Khepri non parve turbato o sorpreso da quelle parole, chinò semplicemente il capo, in segno di saluto: “Tutto ciò che vi chiedo è di ascoltare il mio racconto e quello di altri che ho avuto modo di conoscere lungo i miei viaggi, oggi; altri che hanno subito la stessa sorte toccata all’Egitto, per mano di nemici dai poteri quasi divini.”, spiegò con tono cortese, mentre la sua figura si divideva in otto figure distinte.
“Permettete che vi presenti gli uni con gli altri, poiché tutti già sapete chi io sia, uno degli ultimi rappresentanti delle forze sacre al Signore dell’Enneade.
Ho avuto modo, viaggiando oggi attraverso la mia coscienza, il Bha, d’incontrare altri guerrieri che sono stati vittima dei sotterfugi e dei vasti poteri di quelli che, a ciò che pare, si fanno chiamare Ladri di Divinità.”, iniziò, indicando poi alcune delle figure.
“Costui è il nobile Re Marduk, ultimo sovrano degli Ummanu mesopotamici.”, disse indicando una nobile figura, “Con lui, seppur a voi non visibili, vi sono gli ultimi suoi due fedeli seguaci.”, aggiunse, prima di voltarsi verso un gigantesco uomo dalle vestigia simili ad uno Squalo.
“Questi è Toru, comandante degli…”, iniziò a dire, prima che fosse la figura stessa ad intervenire, “Areoi di Ukupanipo, uno degli ultimi, assieme ad altri cinque consacrati alle divinità Polinesiane che i Ladri di Divinità ci hanno sottratto!”, ruggì il possente individuo.
“Esatto…”, confermò ancora Shu, indicando poi un’altra figura, un uomo dai lineamenti orientali, che indossava uno strano mantello di piume, “Questi è…”, iniziò, “Uno dei due sopravvissuti al tradimento che è serpeggiato spietato fra le schiere del Giappone! Di tre interi eserciti, esclusi quattro vili che hanno ripudiato le loro divinità, solo io e la compagnia d’arme che ho salvato due giorni fa, siamo ormai rimasti.”, spiegò con tono duro, “E viviamo per il solo desiderio di vendicarci.”, aggiunse deciso.
“Vero, ma non solo l’Asia e l’Egitto sono state colpite, dall’Europa provengono gli altri guerrieri che ho raggiunto; questi è il Sommo Sacerdote di Atene, che è adesso riunito con alcuni dei suoi cavalieri d’argento sacri ad Atena, dea della Giustizia.”, continuò Shu, indicando un uomo dalle vesti raffinate ed il volto mascherato.
Al sentir nominare i cavalieri di Atena, i cinque Taonia si guardarono fra loro, “Forse è il caso che chiamiamo uno dei Tre Saggi… dopo i fatti di due secoli fa, i santi di Grecia dovrebbero essere argomento di discussione per loro, non per noi.”, suggerì con titubanza Lu Xuan, prima che anche gli altri si guardassero fra loro con preoccupazione.
“Sì, posso andare io stessa a chiamare il Gran Maestro Tai Bai, di certo è il più adatto per discutere simili argomenti.”, suggerì prontamente Shengyin, facendosi avanti, “No, andrà il ragazzo alla Collina dell’Artiglio d’Oriente, ha fama di essere particolarmente veloce.”, tagliò corto Sun-gu, facendo un cenno gentile al piccolo eremita, che subito scattò, oltrepassando con pochi agili passi il ruscello.
“Se posso chiedere…”, s’intromise Shu, che intanto aveva presentato Okypede, fanciulla al comando di un gruppo di guerrieri dei Venti, ed un uomo del Nord Europa di nome Blodghuf di Merak, rivolgendosi proprio alla giovane che con un leggero broncio era stata impossibilitata di raggiungere il maestro dei suoi sogni, “Puoi dirmi il tuo nome e di quale casta guerriera fate parte?”, le domandò.
“Io sono Shengyin…”, esordì con imbarazzo la fanciulla, “l’Usignolo il mio simbolo, fra i Taonia della Terra degli Eremiti e qui con me si trovano il sapiente Yin dell’Istrice, Sun-gu della Scimmia e Feipao de…”, ma le parole morirono in gola alla giovane cinese quando molteplici varchi d’energia si aprirono attorno alla loro posizione.
Una decina almeno ne poté contare la fanciulla, di dimensioni, in alcuni casi, da cui proruppero cosmi difficili persino da immaginare, tali che il legame fra i Saggi e la natura, a confronto, era un nulla.
“Che cosa?”, ebbe appena il tempo di domandarsi Feipao, che una voce di donna urlò una semplice parola: “Slìdrugtanni!”
 
***
 
La Terra degli Eremiti si estendeva su un piano diverso del mondo, era una verità inconfutabile, ma non era un luogo senza fine, seppur i suoi confini erano quasi paragonabili ad un terzo dell’Impero Celeste di Cina.
Il cuore di quei luoghi era l’altare del Drago Bianco, ricostruito circa due secoli addietro, dopo gli eventi che avevano quasi portato alla scomparso dell’ordine dei Taonia, e tre erano le Colline che davano verso quello stesso Altare, tre colline chiamate gli Artigli del Drago: uno ad Oriente, uno ad Occidente ed uno Centrale.
L’attuale generazione di Taonia aveva, come guide, per ironia della sorte, tre uomini, definiti i Saggi, i più potenti Taonia viventi, gli unici ad aver sviluppato delle vestigia ormai integrali a loro protezione, ed ognuno di loro aveva dimora presso una differente collina.
La loro superiore potenza era per tutti, in quelle terre, una verità inconfutabile finché non apparvero degli sconosciuti ed immensi cosmi, attraverso dei portali che non dovevano esistere, all’interno dei loro sacri confini.
“Maestro Huren, avete sentito?”, domandò sgomento un apprendista, correndo verso le stanze di uno dei Tre Saggi, sulla Collina Centrale, prima che l’esplodere di un’energia furibonda distruggesse tutto, travolgendo l’intera piccola pagoda.
Quando il bagliore che aveva scatenato quelle fiamme si quietò, solo una cupola grigia rimase visibile, una cupola su cui il fuoco si disperse, permettendo all’uomo che si trovava al suo interno di osservare decine e decine di allievi al suolo, ormai carbonizzati e l’unica figura ancora in piedi in mezzo a tutta quella distruzione, una figura la cui vista spezzò il cuore dell’uomo sopravvissuto.
“Il Bianco ad Occidente, l'Argento ad Oriente ed il Grigio al Centro… i tre Saggi al servizio dell’Antico Drago ed i colori dell’assoluta conoscenza cui sono arrivati, ma, se posso essere sincero, Saggio Huren, il colore che ho iniziato ad apprezzare con il procedere del tempo, è il Platino, che l’altro mio maestro, il mio Vero maestro, mi ha mostrato, il Platino candido ed accecante so evocare!”, esultò colui che aveva tradito il loro credo, il primo dopo Bai Fang duecento anni addietro.
“Perché tanta scelleratezza?”, domandò con le lacrime agli occhi, Huren, alzandosi in piedi ed accarezzando, con la mano ancora avvolta nell’aura grigia, il cadavere a lui più vicino, “Perché il mio discepolo è più di uno stupido monaco e ben presto anche voi ve ne renderete conto!”, rise divertita una voce, quando uno dei tanti varchi rivelò un uomo, anch’egli chiaramente cinese, dalle variegate vestigia, seguito da un piccolo esercito di soldati e, in particolar modo, da tre figure dalle armature di molti diversi colori.
“Distruggete tutto!”, ordinò il nuovo giunto, prima di volgersi verso il traditore, “E tu, mio primo discepolo, come Yan Luo, ricevi in dono una nuova arma dalla mia nuova corazza: le zanne di Byakko!”, imperò gioioso, lanciando all’altro qualcosa.
Huren non si preoccupò di capire cosa fosse, piuttosto tolse via la maglia, rivelando il volto del possente elefante inciso sul proprio sterno, pronto alla battaglia che lo attendeva.
 
***
 
Una parola era bastata, o almeno quello il primo pensiero di Shengyin, prima di rendersi conto che, a quel singolo ordine, erano seguite due ondate energetiche, che avevano investito in pieno Sun-gu, senza dargli il tempo nemmeno di evocare la propria Tatoo, dilaniandone il corpo e strappandogli via la vita.
“Difensori davvero miseri ha questo luogo! Non capisco perché il mio sovrano abbia chiesto a così tanti dei propri fedeli soldati di giungere fin qui.”, lamentò una voce di donna, rivelando la figura che aveva portato quel singolo attacco.
Era una guerriera rivestita da un’integrale armatura color oro, una corazza che copriva il corpo tozzo e per nulla aggraziato dell’avversaria misteriosa.
Aveva due spalliere a forma di petali, che scivolavano dal collo fino agli avambracci, dove si congiungevano ad una coppia di protezioni per gli stessi, adornate da gemme rosse che vi disegnavano degli zoccoli.
Il tronco era protetto da una corazza integrale, che arrivava fino all’inguine, leggermente coperta da un gonnellino dorato anch’esso e, al pari della copertura del petto stesso, abbellita da striature d’oro bianco.
Il gonnellino, poi, continuava in una coppia di gambali, segnati da ulteriori striature in oro bianco, che giungevano fino ai piedi della figura; una figura il cui elemento più inquietante, però, era l’elmo.
Una maschera integrale, infatti, celava del tutto il volto della donna, una maschera dall’aspetto d’animale, un cinghiale dalle grosse zanne che s’elevavano dai lati della maschera, brillanti come i dieci anelli che rifulgevano sulle altrettante dita della misteriosa nemica.
“Sprecare così ben tre Jotun di Asgard, in questa campagna? Le forze che attaccheranno e distruggeranno i Gud Krigene avrebbero di certo avuto maggior bisogno di me.”, ridacchiò la donna misteriosa avanzando.
“Jotun di Asgard? È questo il tuo nome?”, domandò confuso Yin, avanzando di un passo verso la misteriosa figura, mentre tutti gli apprendisti nei dintorni, armati dei loro semplici bastoni, stavano lanciandosi all’attacco.
“Aspettate!”, urlò per prima Shengyin, ma quel semplice ordine non bastò per impedire che i giovani eremiti caricassero all’unisono, guidati da Yin, su cui già si risvegliava la sua Tatoo.
“Slìdrugtanni!”, imperò di nuovo la misteriosa avversaria e, ancora una volta, il potere devastante delle lame d’energia che da lei scaturirono, travolse i presenti, dilaniando i diversi apprendisti, ma, fortunatamente, sfiorando soltanto il Taonia, che non si trovava frontalmente sul percorso dell’attacco avverso.
Per un attimo, quando la furia dell’attacco si quietò e la devastazione portata dalla misteriosa nemica divenne evidente, Yin scrutò con sgomento e dolore ai corpi senza vita dei tanti discepoli che non avevano nemmeno avuto modo di portare un solo colpo a segno.
Un attimo che fu sufficiente perché tutti potessero osservare le particolari vestigia che ricoprivano il giovane eremita: un’armatura dal colore dell’erba primaverile che ne celava le gambe con dei blocchi spiraliformi, che s’alzavano dalle caviglie fino all’incavo della coscia, simili, per forme, a quelli che dai polsi risalivano fino alle spalle.
Le vestigia erano poi prive di alcun tipo di spalliere e la copertura per il tronco scivolava fino all’inguine, chiudendosi quasi come una V, celando per intero la schiena, su cui dei sottili aghi si potevano intravedere, ma lasciando scoperto lo sterno del guerriero, per lo più.
“Hai osato invadere queste terre di pace e preghiera, Jotun di Asgard, hai portato morte e distruzione in un luogo di contemplazione e sapienza! Per questo pagherai, per questo soffrirai la possanza degli Aculei dell’Istrice!”, imperò con orgoglio il monaco cinese, prima che il suolo stesso, quasi, rispondesse alle sue parole, agitandosi attorno alla figura dalle vesti dorate.
Non ci volle che un attimo perché dal suolo nascessero aghi d’erba, rampicanti decise che si gettarono addosso alla figura d’oro, con l’intento di avvincerla nella loro acuminata stretta.
Ed ancor meno quella speranza durò: con un’esplosione d’energia cosmica, infatti, l’avversaria distrusse tutto ciò che c’era intorno a lei, spingendo alcuni passi indietro persino il Taonia.
“Un luogo di pace e di preghiera è questo? Allora davvero l’arrivo di ben tre di noi, Giganti dei Novi Mondi, è stato uno spreco!”, rise la voce femminile dietro l’elmo di cinghiale.
“Come osi?”, ringhiò Yin, avanzando stordito, ma ancora pronto alla battaglia.
“Oso perché posso, sciocco!”, ribatté l’altra, “Il tuo misero attacco non ha potuto niente contro di me e sai per quale motivo? Perché dell’erbaccia come la tua non può certo fermare Modguor di Hildisvini, Jotun del Vanaheimr!”, esclamò fiera la donna.
“Da una terra ben più aspra della vostra provengo, un luogo in cui ho appreso come combattere e vincere le avversità, diventando la guerriera che sono oggi! E se anche non mi sono state concesse le vestigia della mia famiglia, se anche non sono una tigre, indosso però l’armatura del cinghiale d’oro di Freiya e sono armata delle sue zanne devastanti, per attaccare, così come per difendermi posso far uso di una barriera invincibile, come avrete già compreso.”, concluse, portando di nuovo le mani all’elmo.
“Ed ora, addio! Slìdrugtanni, compi il tuo percorso!”, imperò decisa la donna nemica, liberando nuovamente la furia distruttrice delle zanne dorate.
Stavolta nessun bersaglio fu divorato da tanta violenza: con grande stupore di Modguor, quando la distruzione si fu quietata, nessun nemico era riverso al suolo, né alcuna barriera difensiva era stata sollevata, o almeno, nessuna che lei riuscisse a vedere.
Ben più in alto rispetto alla posizione della Jotun, infatti, si trovavano adesso alcune bolle di sapone al cui interno galleggiavano, sospesi nel liquido che li aveva protetti, Yin, Shengyin e Feipao, assieme alle emanazioni cosmiche create dal Faraone d’Egitto.
“Grazie, Feipao… Non è nemica da sottovalutare costei…”, analizzò preoccupata la giovane eremita dell’Usignolo, prima di volgersi verso le diverse figure di dorata energia, che avevano continuato a parlare, con sempre maggiore urgenza.
“Manderemo dei soccorsi presso tutti voi! Resistete ancora per poco, alcuni di noi sono già in viaggio!”, esordì prontamente il Sommo Sacerdote di Atene e solo in quel momento la fanciulla dei Taonia si rese conto che delle numerose figure, solo la metà era ancora lì, gli altri già in viaggio per portare soccorso sui campi di battaglia.
“I cavalieri avranno bisogno di alcune ore, affinché le loro armature, così come i loro corpi, siano pronti alla battaglia, ma vi assicuro che ben presto anche i santi di Atena saranno al vostro fianco.”, continuò l’Oracolo di Grecia.
“Non servirà, però, almeno per noi…”, sibilò preoccupato Yin, forse più che la nemica li notasse, che non delle sue stesse riflessioni: “La terra degli Eremiti è al di fuori del mondo mortale, non so come questi invasori vi siano giunti, né come vi è riuscito il vostro emissario, ma di certo, senza qualcuno di noi ad attendervi, nessun aiuto potrà varcare i nostri confini.”, spiegò lesto, volgendosi poi verso i due compagni.
“Feipao, tu sei probabilmente il più veloce fra noi tre, prendi uno degli specchi che usiamo come portali e raggiungi il mondo al di fuori di queste terre, aspetta lì i soccorsi e poi ritorna fra noi.”, ordinò secco, prima di continuare verso l’altra compagnia di meditazioni: “Shengyin, noi dovremo combattere, poiché da solo non ho speranza alcuna contro costei e solo assieme potremo sperare di fermarla finché il saggio Tai Bai non ci avrà raggiunto.”, ammise con dispiacere, volgendo ad entrambi uno sguardo grave, che ricambiarono.
“Adesso basta chiacchiere!”, urlò furiosa una voce dal basso, catturando l’attenzione dei tre Taonia, “Pensavate di sfuggirmi? Non vi è luogo che le mie zanne non possano raggiungere!”, tuonò Modguor, scatenando ancora la furia del proprio attacco.
“Feipao, vai!”, lo incitò Shengyin, liberandosi dalla bolla in cui era custodita e richiamando le vestigia dell’Usignolo, mentre un suono acuto si liberava dalle sue labbra.
La violenza dell’attacco di Modguor, però, superò senza problemi l’onda sonora della cinese, investendola e producendo tagli sul corpo, su cui ancora le vestigia stavano formandosi e solo il globo d’energia formato dall’emanazione di Shu di Khepri impedì che la giovane eremita fosse uccisa ancor prima d’iniziare a combattere veramente.
L’attenzione della Jotun, però, non fu distratta da quella semplice interruzione, poiché di nuovo la guerriera di Asgard scatenò le Zanne Distruttrici contro le restanti bolle di sapone, vedendo alcune di essere esplodere ancor prima dell’impatto, liberando uno sciame di insetti luminosi, che riuscì a distrarre la donna quel tanto perché le ultime due bolle di sapone potessero spostarsi.
Una volò via, seguita da alcuni degli strani insetti dorati, l’altra lasciò cadere il suo contenuto, avvolto dalla medesima barriera luminosa che aveva impedito a Modguor di finire la fanciulla con il tatuaggio sul volto.
Fu proprio quella stessa fanciulla, attraverso un delicato canto, ad attirare di nuovo l’attenzione della Jotun: Shengyin era in piedi, barcollante e ferita, ma viva, e stava rivolgendole contro una melodia inaspettatamente dolce.
Per qualche secondo, divertita da questa reazione, per quanto ben sapesse come le melodie di Forseti fossero pericolose quanto le altre sue armi, Modguor si concesse di ascoltare quel dolce suono ed osservarne la fautrice.
L’armatura della fanciulla era, a dir poco, minimale: due spalliere, le ali del volatile, si congiungevano sul petto, arrivando appena fino all’ombelico e, egualmente, coprendo solo metà della schiena, ma lasciando completamente nude le braccia, mentre un semplice gonnellino di piume celava la zona del basso ventre, senza riuscire nemmeno ad arrivare alle ginocchia, scoperte, tanto quanto le braccia, seppur dei sottili calzari nascondevano i piedi.
Una corona sormontata dalla testa di usignolo, inoltre, avrebbe dovuto trovarsi sul capo della giovane, ma la furia del primo attacco nemico l’aveva già distrutta.
Dinanzi a quella figura ferita che cantava delicatamente, dopo il primo momento di sorpresa e d’attenzione, la guerriera di Hildisvini rise, con tutta se stessa.
“Quale misero ostacolo mi si pone davanti, un bardo! Peggio, una ragazzina dalle graziose fattezze che spera d’incantarmi con poche note?”, rise ancora la Jotun, pronta ad attaccare Shengyin, solo per scoprirsi improvvisamente intrappolata da spirali vegetali.
“Non solo lei ti è nemica!”, la ammonì una voce nota, quella del Taonia dell’Istrice, di nuovo in piedi a pochi passi dall’avversaria.
“Con nemici come voi, ben poco ho da temere!”, ripeté ancora l’altra, lasciando esplodere il cosmo dorato che la circondò come un gigantesco anello, liberandola dalle rampicanti del guerriero cinese, prima di schiantare lo stesso al suolo, investito dall’ondata d’energia.
Ancora una volta, l’attenzione della guerriera asgardiana si rivolse verso Shengyin, che non aveva interrotto nemmeno per un secondo il proprio canto: “E’ tempo di tapparti quella bocca canterina… piccolo usignolo!”, ringhiò furiosa la donna guerriera, liberando di nuovo la furia delle Slidrugtanni.
La Taonia, però, non si mosse, continuando nel proprio canto, mentre, certa dei mezzi utilizzati, la Jotun osservava, in attesa di vederne il giovane corpo dilaniato dalle Zanne Devastanti. Grande fu lo sconcerto nello sguardo della guerriera del Nord Europa quando due immani corna di pietra si portarono a difesa della fanciulla, bloccando con la loro stazza l’attacco avverso.
“Davvero credevi che il Canto dell’Usignolo non avesse alcun effetto su di te, donna?”, domandò allora una nuova voce, quando ormai quella di Shengyin s’era quietata ed un sorriso gioioso s’era dipinto sul volto della giovane cinese.
“Che cosa?”, balbettò appena Modguor, prima di guardarsi intorno e scoprire, con suo immane stupore, che non soltanto i due nemici incontrati poc’anzi erano adesso attorno a lei, ma molti di più.
Due possenti uomini dalle vestigia dai colori accesi erano ai lati della giovane dell’Usignolo, mentre una terza sagoma stava aiutando Yin a rialzarsi, ma, più di questo, ciò che la sorprese, fu un ragazzino in piedi, su una roccia poco distante, affiancato da un elegante individuo a cavallo.
“Come?”, chiese stupita la Jotun, osservando tutti quei guerrieri, poiché tutti loro avevano vestigia al pari dei due contro cui stava già combattendo: uno, il ragazzino, aveva un’armatura anch’essa poco coprente, gli altri tre indossavano corazze simili, per fattura, a quelle dell’Eremita dell’Istrice, ma era l’uomo a cavallo il più pericoloso, poiché la sua armatura era la più integrale di tutte.
“Il Canto dell’Usignolo non è un attacco diretto, non almeno secondo il significato che tu, straniera, potresti dare a tale termine.”, replicò semplicemente Shengyin, riportando l’attenzione della nemica su di se.
“La mia melodia ti ha distratta, impedendoti di percepire il passare del tempo ed il mutare dell’ambiente attorno a te, permettendo così al Saggio Tai-Bai ed altri miei compagni di giungere in nostro soccorso.”, spiegò con voce lieta la fanciulla, guardando i due uomini ai suoi lati.
“Due, Sette o mille, non fa nessuna differenza! Vi smembrerò tutti!”, ruggì furente la guerriera asgardiana, lasciando esplodere il cosmo dorato, prima che un’emanazione d’energia candida come la neve ne bloccasse l’ondata energetica, costringendola a voltarsi.
“Ne sei davvero convinta, donna? Ho avvertito le molteplici presenze fin qui giunte ed alcune sono davvero pericolose, ma tu hai avuto solo fortuna, dovuta di certo alla sorpresa, nell’incontrare sul tuo cammino molti dei nostri iniziati e solo Yin e Sungu, che da diverso tempo hanno appreso i segreti della Natura.
Ritieni che l’esito dello scontro sia ancora così sicuro, adesso che altri tre di eguali capacità, per non contare il giovane Lu Xuan e me, uno dei Tre Saggi, si sono uniti alla battaglia? Forse chiedi troppo alla buona sorte.”, la ammonì con tono deciso l’uomo, scendendo dal proprio destriero.
 
Fu allora che una risata echeggiò nell’aere, prima che una figura fosse gettata in mezzo ai diversi Taonia, che con sgomento riconobbero un loro compagno.
“Feipao!”, invocò stupito Yin, correndo incontro al giovane che poco prima lo aveva salvato da morte certa e trovandolo sanguinante ed ancora privo della propria Tatoo.
Una scheggia di uno strano dardo bianco, quasi un osso, o qualcosa di simile, usciva dalla gamba sinistra del ragazzo, provocandovi una brutta ferita.
“Ti fai redarguire in questo modo da questo branco di pretuncoli? Eppure, Modguor cara, vanti di avere le zanne di un Cinghiale, ben più pericolose degli artigli di una Tigre, il simbolo araldico della tua casa, nelle nostre terre natie.”, schernì una voce, mentre una figura si faceva avanti, uscendo dalla boscaglia.
“Una vera fortuna che mio cugino mi abbia ordinato di controllare il perimetro poco lontano da dov’eri stata inviata tu, altrimenti chissà che brutta fine avresti già fatto, così circondata.”, aggiunse il nuovo giunto, mostrandosi infine.
L’armatura che indossava produsse un brivido di terrore negli sguardi dei guerrieri cinesi lì presenti: sembrava che delle falangi fossero state messe assieme sul pettorale, strutture simili ad ossa che salendo dall’addome si aprivano, su un piano di scura carne, scivolando fino alle clavicole, lì dove si estendevano in due spalliere fatte, apparentemente, di unghia.
Lo stesso materiale, poi, sembrava costituire anche il corto gonnellino, poiché altre dita sembravano scendere dall’addome e, egualmente, risalire lungo le gambe, arrotolandosi, quasi stringendosi, sugli arti, lasciando visibili le forme delle unghie sulle stesse.
Medesime macabre fatture avevano anche i bracciali di quelle strane vestigia.
Il volto, poi, era celato da una maschera integrale che, a sua volta, aveva la forma di un’altra mano, che si chiudeva sulla faccia dell’individuo, nascondendola, seppur lasciava intravedere il collo ed il mento, coperto da una sottile barbetta bianca, come bianchi erano i lunghi capelli che scivolavano dietro l’elmo.
“Perché sei qui, Njdor?”, domandò la guerriera del Nord, “Lo Jarl del Ghiaccio non si fida di me e manda un altro Jotun in mio soccorso?”, incalzò ancora.
“I pensieri di mio cugino mi sono ignoti, solo i suoi ordini conosco e sono piuttosto semplici: distruggere ogni resistenza in questo luogo sperduto dove siamo stati inviati e, siccome avevo già ucciso tutti i pretuncoli che mi trovavo di fronte, ho pensato bene di perlustrare l’area.
Così ho trovato quello che ti era sfuggito e m’è sembrato un atto di giusto riguardo riportarlo indietro e condividere con te questo saccheggio e questa distruzione.”, rispose laconico l’altro, avanzando fino ad affiancarsi alla propria alleata, incurante dei molteplici sguardi su di lui.
“Lo Jarl del Ghiaccio? È questo il titolo di chi ha attaccato le nostre terre?”, domandò subito Tai Bai, ricevendo uno sguardo distratto dal nuovo giunto.
“Non fare domande di cui non ti serve avere la risposta, piccolo uomo. Sappi solo questo: cadrai per mano di due guerrieri di Asgard!”, rispose secco l’altro, “Poiché a Modguor di Hildisvini, si è aggiunto Njdor della Naglfar, Jotun di Hel!”, concluse con una malefica risata.
 
Il conflitto in Oriente andava scatenandosi sempre di più.
   
 
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