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Autore: Clara_Oswin    05/07/2015    3 recensioni
Storie di pescatori narrano la presenza nelle acque di Deep Alley, di creature dal corpo per metà umano e per metà pesce. Nuotando un giorno in quelle acque Elena, trasferita da poco in quella città con la madre, terrorizzata vede qualcosa, non sa che quell'incontro cambierà per sempre il corso della sua vita. Segreti e verità mai svelate la catapulteranno in un mondo estraneo dal suo, dove alla fine anche lei si ritroverà a scegliere tra la vita e la morte.
Per saperne di più: Pubblico in questa sezione perché la storia si ispira molto ai personaggi originali di Ariel ed Eric, presenti nel corso della trama e durante la loro storia, questo però è un punto di partenza per qualcosa di nuovo, in cui la fiaba originale della disney si intreccia in un racconto di sirene come non l’avete mai letto.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Eric, Re Tritone, Ursula
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Deep alley

2. The shoes, the girl and the mermaid

 

Elena non aveva chiuso occhio quella notte, aveva sognato di terribili mostri marini che dimoravano in fondo all’oceano in attesa di mangiarsi i malcapitati che si spingevano sino a quelle profondità. Iniziava ad avere qualche dubbio su quello che aveva visto li giù; probabilmente la carenza di ossigeno le aveva giocato brutti scherzi e probabilmente la forte impressione che aveva avuto riguardo quel quadro appeso nel soggiorno l’aveva spinta a vedere degli occhi molto simili in fondo al mare.

La sveglia segnava le 7:00 in punto, non aveva più voglia di restare a letto, il “primo” giorno di scuola l’attendeva, prima sarebbe andata prima si sarebbe tolta il pensiero.
Spazzolò i capelli biondi, infilò un maglione verde smeraldo e un jeans, un velo di trucco per coprire le occhiaie e 20 minuti dopo era già di sotto a fare colazione.

Prese al volo due toast –“già pronta? Ti posso accompagnare io con la macchina stamattina.” Le diede il buon giorno sua madre con un energico sorriso stampato in faccia.

-“no grazie, almeno il primo giorno vorrei provare ad arrivare puntuale, per oggi andrò a piedi”, salutò sua madre ancora in pigiama e con lo zaino in spalla s’incamminò verso la scuola.

****
La campanella era appena suonata, Elena si era trovata un bel posticino in quarta fila accanto alla finestra, le classi non avevano i banchi in coppia, ogni studente aveva il proprio banchetto singolo così da evitare le scocciature del compagno di banco e, per i professori, scoraggiare eventuali passaggi di copie durante i compiti in classe. Poco a poco i ragazzi iniziarono ad entrare in classe, guardavano la nuova arrivata incuriositi e poi iniziavano a parlottare tra di loro.

-“scusami”- le si avvicinò una ragazza dai capelli ramati –“questo sarebbe il mio posto” – disse indicando con lo sguardo il banco.

-“oh” – disse solo lei in risposta alzandosi, man mano che arrivavano gli altri ragazzi ognuno prendeva il proprio posto; era chiaro che i bidelli non avevano aggiunto un banco in più.

-“scusa”- rispose, prese il suo zaino e uscì dall’aula sotto gli occhi di tutti.

In classe c’era un gran vociare che non si spense neppure con l’arrivo della prof.

La porta dell’aula si riaprì facendo comparire Elena la quale portava una sedia e il bidello con un banco.

-“buongiorno” esordì Elena avvicinandosi alla prof mentre il bidello andava in fondo per sistemare il banco. –“Sono Elena Greene, la nuova studentessa” – esordì presentandosi alla classe.

Il bidello posò il banco in quinta fila accanto alla finestra, la bionda prese la sedia e si andò a sedere. Era di cattivo umore, nella sua vecchia classe aveva lasciato i suoi migliori amici, qui era la ragazza nuova, non conosceva nessuno e francamente non aveva molta voglia di stringere amicizie, era alla fine del quarto anno di liceo, avrebbe dovuto trascorrere ancora un anno in quel carcere chiamato scuola e poi finalmente sarebbe stata libera. La scuola non le piaceva ( ma a chi piace?) non che non fosse brava, le piaceva molto il disegno e la matematica, ma non disdegnava neanche la letteratura.

La mattinata trascorse in maniera abbastanza monotona, durante la ricreazione passò quasi tutto il tempo a disegnare sul retro del quaderno, tentava di rappresentare quello sguardo che l’aveva colpita in fondo al mare, che le si era impresso indelebilmente nella sua mente.

-“e così sei un’artista”- esordì una voce da sopra il suo banco.

-“non è nulla…”- si affrettò a chiudere il quaderno.

-“io sono Nick, sono seduto proprio nel banco di fianco a te.”- le indicò il moro.

In realtà lei non ci aveva proprio fatto caso. Sorrise, non aveva niente di meglio da dire.

-“ehi Nick! Fai amicizia con “la nuova”?” – si avvicinò una morettina a loro due.

-“mi chiamo Elena” – ricordò lei.

-“Elly! Perfetto! Ce ne mancava una in classe!”- le strinse la mano –“ io sono Sara, e questo simpaticone qui è Nick, è innocuo sta tranquilla!” – rise lei.

Elly rise di rimando.

Il resto della mattinata trascorse in quel modo, lezioni e bigliettini dai due nuovi “amici” appena conosciuti.

Il fatidico –“sei fidanzata?”- arrivò con sorpresa prima del previsto, alla sua risposta negativa le ragazze la presero a guardare con compassione “oh poverina”, mentre i ragazzi iniziarono a sorteggiare chi di loro doveva provarci prima. Lei non aveva nulla contro l’amore, non aveva gusti semplici e ancora non si era mai innamorata seriamente di nessuno; non voleva mettersi con qualcuno solo per divertimento o altro, se si fosse fatta fidanzata sarebbe stato per amore, su questo era irremovibile. Quando finalmente le lezioni finirono e fu l’ora di rientrare a casa Elena tirò un sospiro di sollievo, aveva già progettato un bel pomeriggio all’insegna del relax post-trasloco.

Le giornate che seguirono furono piuttosto tranquille, la bionda stette alla larga da quella spiaggetta privata, non aveva avuto né il tempo né la voglia di riscendere sin laggiù; per quanto riguardava invece quell’episodio in fondo al mare si convinse di esserselo solo immaginato e non vi prestò più molta importanza.

-“non ci posso credere! Tu stai davvero lì??”- Nick, il suo vicino di banco quasi cadde alla sedia quando, durante la ricreazione si fermarono a chiacchierare venendo così a sapere dell’ubicazione della casa di Elly.

-“si, era la casa dove viveva mio padre… prima di... si insomma, morire.”- rispose senza troppa attenzione lei sbocconcellando il pranzo.

-“c’è davvero il suo fantasma che vaga per le scogliere??” – chiedeva sempre più eccitato il ragazzo.

-“no”- rise lei –“nessun fantasma giuro!”- continuò scherzosamente.

-“sai…” – inziò in tono confidenziale. –“si diceva che tuo padre, senza offesa, avesse qualche rotella fuori posto”- fece un cenno con la mano accanto alla nuca ruotando l’indice.

Elena si irrigidì –“forse era un po’ eccentrico per la calma di questa città”- lo giustificò.

-“beh…”- il suo tono di voce si abbassò ancora, quasi in un sussurro, come se stesse dicendo qualcosa di segreto e proibito.

-“diceva di vedere le sirene…”-

-“S…sirene?”- la sua voce si alzò di un ottava, sbigottita si portò una mano alla testa, e se ciò che aveva visto non fosse stato solo il frutto della sua immaginazione? E se fosse diventata matta anche lei come suo padre? Forse nella loro famiglia vi era qualche tara genetica difettosa…

 -“Cosa sai di tutta questa faccenda?”- il suo tono si fece sospettoso, intuiva che Nick sapesse più di quel che desse a vedere, ma improvvisamente al ragazzo non interessò più quel discorso.

Il ragazzo dai capelli castani scosse la testa come per scacciare brutti pensieri. –“niente di più di quello che raccontavano un po’ tutti qui in giro” – si voltò puntando i suoi occhi castani sul proprio pranzo, reputando probabilmente chiusa la discussione.

-“che strano…”- Elena però non la reputò tale. –“qualche giorno fa mi era sembrato di vedere qualcosa muoversi nell’acqua… mi chiedo se…”-

Nick abboccò a quella provocazione girandosi come una furia, inchiodandola con lo sguardo non più dolce e tranquillo ma carico di preoccupazione. –“Sta’ lontana dalla spiaggia, Elly”-  la fissò ancora per qualche secondo –“ non è posto per te”-

“Se sai qualcosa dovresti dirmelo…” l’esortò lei.

Il ragazzo scrollò le spalle poi le disse “non è affar mio, e di certo non sto dicendo di crederci, ma le sirene sono delle creature carnivore…si nutrono di carne umana, dopo il tramonto stà lontana dall’acqua…”

Elena rimase in silenzio metabolizzando la preziosa informazione che le aveva dato il suo nuovo amico, se vi era davvero qualcosa di pericoloso in quella spiaggia avrebbe fatto di tutto per scoprirlo, lo voleva sapere, e determinata com’era avrebbe di certo scoperto qualcosa, quel pomeriggio la sua tappa prima di ritornare a casa fu l’inesauribile fonte di sapere alternativa ad internet e di gran lunga più suggestiva; la biblioteca.

****

La porta dell’edificio si aprì con un rumore sinistro, era da tempo che nessuno oliava quei cardini e adesso scricchiolavano ad ogni minimo movimento; senza timore, con il suo zaino in spalla Elena occupò un tavolino preparando block notes e matita per prendere eventuali appunti.
Non sapeva bene da dove iniziare a cercare, in realtà non sapeva bene nemmeno cosa stesse cercando, ma una cosa era certa, non sarebbe tornata a casa senza prima aver trovato qualcosa di concreto sulle sirene.

“mi scusi” si avvicinò alla donna dietro il bancone all’ingresso. Aveva i capelli castani avvolti in uno chignon dietro la testa e lo sguardo vigile da cui controllava la sala da dietro il computer dinnanzi a sé.

Squadrò con sguardo annoiato la ragazza dai capelli dorati “cosa ti serve” le rispose in tono apatico.

“sto cercando dei libri sulle… emh… sirene” la donna le lanciò uno sguardo tagliente carico di sospetto -“è per un progetto scolastico”- la motivazione parve convincerla un po’ di più.

Le dita lunghe e affilate presero a battere lentamente sulla tastiera, dopo qualche minuto la stampante di fianco alla donna prese a fare rumore e sbuffare fumo; dopo pochi istanti ne uscì un foglio di carta un po’ stropicciato completamente sbiadito. “questo stupido affare!” prese a dargli un pugno la signora.

“forse potrei aiutarla…sono brava in questo genere di cose”.

La bibliotecaria le fece cennò di entrare, Elena aprì la porticina che la separava dal bancone e si posizionò di fronte la stampante. Prese ad aprirla e toccare qualche parte al suo interno.

“la testina si era spostata, per questo non stampava bene” la signora ovviamente non capì nulla di quello che la ragazza avesse detto. “a casa mi occupo io queste cose…” sorrise la bionda che non si era affatto fatta scoraggiare dal lato ombroso della bibliotecaria.

Dalla stampante uscì un foglio perfettamente liscio e ben inchiostrato con su una lista di libri, tre o quattro, recanti o inerenti l’argomento “sirene”.

“Se hai bisogno di altro chiedi pure” la donna parve addolcirsi lievemente, Elena rispose con un cenno e andò silenziosamente alla ricerca dei suddetti.

****

Dopo aver rintracciato tutti e quattro i libri, si sedette al suo posto iniziando a sfogliarli in cerca di qualche riferimento al mondo di quelle creature mitologiche.

Fu così che si imbattè nella prima informazione interessante, seppur presa da un libro Fantasy:

sia vero o meno, giuro sulla mia gamba buona che bacerò una sirena!” il marinaio esultò felice “perché rischiare la tua vita così? Legati assieme a noi alla nave, non sopravvivrai al loro canto!” esclamò un compagno legato già al pennone della King Revenge II, il quale aveva già protetto le sue orecchie con uno strato spesso di stoffa. Ma il marinaio non sentiva storie, stava per controbattere quando delle note dalla melodia indescrivibile gli attraversarono le orecchie incrostate di salsedine. Dinnanzi a lui comparve una delle più belle creature che avesse mai visto, capelli color rugiada e occhioni verde oceano. “Annegamento” caduto quasi in trans rispose al compagno “se una sirena ti bacia ti salva dall’annegamento” il marinaio perse completamente la testa e si tuffò in mare per raggiungere la sirena la cui voce continuava a cantare note melodiose. I compagni assistettero all’orribile scena, la creatura non ebbe nemmeno la pietà di ucciderlo prima trascinandolo con se negli abissi, che dalla sua bocca uscirono zanne affilate, e le sue mani si tramutarono in artigli, e con ferocia iniziò a dilaniare la carne dell’uomo che tinse le loro acque di sangue. Le sue grida squarciarono il nero della notte mentre pezzi di arti fatti a brandelli iniziarono a spargersi nelle acque, sotto quell’ennesima luna piena un delitto si era appena compiuto; la notte era ancora lunga ed ogni uomo su quella nave pregò passasse il più in fretta possibile”.

Elena era disgustata da ciò che aveva appena letto, era un resoconto dettagliato di come le sirene mietevano le proprie vittime; chiuse quel libro ormai privo di informazioni utili e iniziò a cercare in quello seguente.

“le sirene escono solitamente in branco, queste creature dall’aspetto angelico amano cibarsi della carne fresca degli umani, se hanno preso di mira una preda ben precisa difficilmente desisteranno dall’averla, e per farlo potrebbero spingersi persino vicino alla riva.”

La sua ricerca su questo secondo libro fu poco fruttuosa, e dopo aver concluso la sua attenta ricerca passò al successivo. Impaurita e titubante chiuse anche il terzo libro, non aveva trovato nulla di interessante o differente rispetto gli altri due, ognuno descriveva le sirene come creature pericolose e prive di sentimenti umani. Se quello che aveva letto fosse stato vero, quel pomeriggio sulla spiaggia aveva corso un gran ben rischio…

Il suo sguardo fu attirato dal capitolo conclusivo dell’ultimo libro.

“quelle creature non provano sentimenti… loro non possono amare. Sai Bengt perché sono solo donne?” il ragazzo con la benda sulla testa scosse il volto completamente rapito dalle parole del vecchio. “Raramente loro danno alla luce dei tritoni, perlopiù solo donne perché possono catturare meglio le loro vittime dell’altro sesso… e quando arriva il periodo dell’accoppiamento, dopo essere state “fecondate” per così dire ed essere sicure di contribuire al branco con una nuova nascita, mangiano la carne del compagno. “ma così facendo,” il ragazzo deglutì a fatica “se mangiano tutti i loro “maschi” come fanno a riprodursi…cioè… non si estingueranno prima o poi?”
“femmine d’astuzia sono…” il vecchio prese un respiro dalla sua pipa “se non hanno a disposizione i tritoni, prendono forma umana e selezionano degli “uomini” prescelti, che siano forti e belli per poter continuare la stirpe, e la storia si ripete, dopo aver fatto i loro comodi li trascinano sott’acqua e li divorano…”

Elena andò avanti ma non vi erano più riferimenti riguardanti l’argomento… ancora sconvolta e con un senso di vomito che le aveva preso a torturare lo stomaco, tornò sui suoi passi e ricopiò tutta la discussione nel suo block notes, che fosse vero oppure no, tutti i libri dicevano la stessa cosa, le sirene erano creature estremamente pericolose che amavano cibarsi della carne umana. Improvvisamente il ricordo di quegli occhi nel buio le fece accapponare la pelle, che rischio che aveva corso quel pomeriggio, quando stupidamente si era avventurata in acque a lei sconosciute.

Aveva raccolto abbastanza informazioni su quell’argomento, dopo aver rimesso a posto tutti i libri si diresse verso casa accorgendosi che si era già fatta l’ora di cena.

Dopo tutto quello che aveva letto era spaventata e confusa, ma erano pur sempre storie scritte sui libri, quanto di quello che aveva letto era vero? Nonostante tutto sentiva che almeno un ultima volta doveva recarsi su quella spiaggia, fargli una foto ricordo magari e poi non riscendere mai più… forse quegli occhi l’avevano già stregata e lei non ne era cosciente ma, a nonostante avesse appreso quelle nuove rivelazioni, decise che il giorno seguente vi sarebbe ritornata.

****

Erano circa le sei di pomeriggio, il sole stava per iniziare a tramontare, dopo aver finito di studiare Elena decise di mantenere i buoni propositi che si era fatta il giorno precedente. Prese le sue poche cose scese in spiaggia, e dopo aver sistemato l’asciugamano prese a passeggiare sulla spiaggia con le mani sprofondate nelle tasche.

Come poteva un posto così bello essere allo stesso tempo così pericoloso? Sovrappensiero si arrampicò su una serie di scogli che rimanevano per la parte superiore fuori dall’acqua, mentre il resto aveva ormai perso le sembianze di roccia in favore di anghe e licheni che vi avevano fatto la loro dimora. La marea era bassa, non vi era alcun pericolo che in qualche modo accidentale venisse a contatto con l’acqua, stando bene attenta quindi si sedette all’asciutto fissando incantata le sfumature aranciate che si riflettevano sull’acqua.

-“eh no… col cavolo che tocco l’acqua oggi” – si era detta lasciandosi persino le scarpe allacciate tanto era attenta a non bagnarsi.

Si rannicchiò con le ginocchia al petto ed iniziò a tracciare cerchi immaginari sulla superficie dell’acqua e d’un tratto prese a pensare alla sua vecchia vita, ai suoi vecchi amici, a quanto le cose fossero diverse; anche se potevano continuare a sentirsi tramite messaggi o addirittura videochiamarsi ormai era fuori da quel mondo di cui per 4 anni aveva fatto parte. Ancora una volta si ritorvava da sola a dover ricominciare una nuova vita.

-“non sarei mai voluta venire qui!”- gridò a voce alta. –“stupido padre!! Non saresti dovuto morire!!”- iniziò a sbattere i pugni sull’acqua con rancore, bagnandosi tutta. Un’onda più grande delle altre l’investì bagnandola tutta e, come succede quando un’onda ti coglie alla sprovvista, la trascinò in acqua portandola verso il largo.

Seppur presa alla sprovvista Elena non si fece prendere dal panico ed iniziò a nuotare verso la riva quando, un crampo alla caviglia le impedì di proseguire, a causa delle scarpe non poteva continuare la traversata agilmente quindi decise di toglierle, lasciando ai piedi solo i calzini zuppi.

-“accidenti!!” – una scarpa le scivolò di mano ed iniziò ad andare giù verso il fondo. In altri tempi si sarebbe immersa subito a riprenderla ma dopo gli ultimi eventi esitò; fu quell’esitazione che diede il tempo alla scarpa di scendere sempre più giù. –“ora o mai più” – s’immerse, questa volta da subito con gli occhi aperti, la scarpa era proprio lì davanti a lei, fluttuava placidamente nell’oscurità.

La sua mano si chiuse attorno alla punta dello sneakers verde.

Una mano si chiuse attorno al suo polso.

I peggiori incubi di qualunque persona con un po’ di sale in zucca si avverarono. Elena aprì la bocca per gridare terrorizzata e così tutta la sua aria uscì. Dall’oscurità dell’abisso uscì poco alla volta un braccio, poi quegli occhi azzurri che già una volta aveva visto, dopodiché si delineò il volto di un ragazzo, i suoi capelli castano rossicci ondeggiavano nell’acqua mentre portava la mano libera verso la bocca facendole segno di tacere. Elly portò la mano sinistra alla bocca tappandosela ma ormai era uscita quasi tutta la sua riserva d’aria.

La mano di quell’essere era ancora stretta saldamente attorno al suo polso, se avesse voluto l’avrebbe potuta portare giù e farla morire annegata o peggio; divorarla seduta stante.

Ma non fu ciò che successe.

Il ragazzo guardò su verso il confine che li divideva dal mondo di sopra.

Elena ritirò la mano. Lui la lasciò andare.

Dimenandosi come una forsennata arrivò a riva. Aveva gli occhi sgranati dal terrore, tossì varie volte per eliminare l’acqua che aveva bevuto. Lanciò le scarpe sulla sabbia, tremava visibilmente e continuava a guardare di fronte a sè in attesa di vedere qualcosa sul pelo dell’acqua.

“Non è possibile…allora esistono davvero… adesso verrà a prendermi per divorarmi?” – pensò lei.
Di una cosa era certa, erano gli stessi occhi che aveva visto il giorno prima, non avrebbe potuto confonderli con quelli di nessun altro.

Con il passare dei minuti e non vedendo nessun mostro all’orizzonte con fare minaccioso, il suo respiro si fece più regolare, il cuore iniziò a rasserenarsi, quella brutta disavventura forse era davvero finita.

Elena volse un rapido sguardo allo scoglio dove poco prima era seduta e scoprì che si sbagliava; quel ragazzo era lì e la stava osservando. Si alzò di scatto in piedi prendendo la scarpa tra le mani. Il ragazzo si nascose leggermente dietro lo scoglio.

-“ehi!!” – gli gridò lei tremante. –“non ho intenzione di farmi mangiare senza combattere, stanne certo!” –

La creatura uscì la testa da dietro lo scoglio. Ora che lo guardava meglio aveva proprio le fattezze di un ragazzo normale, sul collo leggermente dietro le orecchie notò dei tagli, assomigliavano a branchie. I capelli erano castani rossastri alla luce del tramonto prendevano delle sfumature dorate, i suoi occhi invece erano di un azzurro caldo, colore del mare in una limpida giornata estiva.

-“mi spiace, non era mia intenzione spaventarti”- il ragazzo parlò, Elena si stupì di quanto la sua voce risultasse calda e avvolgente. Allentò la presa sulla scarpa, non era sicura di voler ancora abbassare la guardia, forse era proprio sua intenzione metterla a proprio agio e poi saltarle addosso con i suoi denti lunghi e affilati.

-“non sono spaventata,”- iniziò poco convinta lei.

-“beh quella cosa che tieni in mano sembra un arma…”-

Elly guardò la scarpa zuppa che teneva in mano come fosse una racchetta, pronta a lanciargliela contro; quanto doveva sembrare stupida in quel momento! Abbassò la scarpa sino a farla ricadere sul suolo, di certo non sarebbe stata una scarpa a fermarlo...

-“è solo una scarpa”- asserì –“non è un’arma”- tentò di difendersi.

Il ragazzo guardò la scarpa ricadere sulla spiaggia.

-“credo che faccia male comunque” – protestò lui avvicinandosi cauto.

Elena arretrò spaventata e lui si bloccò all’istante.

-“beh…”-balbettò –“se non vuoi provare ti conviene non fare niente di sospetto…”-

Il ragazzo non era proprio a riva ma Elena potè scorgere una lunga coda verde che si muoveva lentamente al di sotto della superficie dell’acqua.

-“sei un … tritone?”-

-“si”- asserì lui mostrando il suo sorriso formato da normalissimi denti bianchi, per niente aguzzi e affilati come li aveva immaginati lei in seguito a quelle letture.

La bionda evitò di dire cose scontate come “ma le sirene non esistono” o “questo cose succedono solo nei libri e nei telefilm australiani!” quindi intervenì facendo una domanda pertinente:

-“perché mi stavi spiando?”-.

-“non ti stavo spiando”- abbassò lo sguardò lui –“controllavo che stessi bene… hai bevuto parecchia acqua”-

-“ma che tritone premuroso! Prima attenta alla mia vita sbucando dal buio all’improvviso, e poi si accerta se non sono morta d’infarto!”- ironizzò lei. Il suo cuore aveva ricominciato a battere forte.

Il ragazzo la fissò intensamente, poi fece per rimmergersi.

-“aspetta!” – alzò la mano per fargli un cenno. Il tritone aveva l’acqua già all’altezza del collo quando si fermò per ascoltarla.

-“ci rivedremo?”- quelle parole le uscirono ancora prima che potesse formulare un pensiero logico. Poteva essere un assassino, era già fortunata ad essere sopravvissuta! Avrebbe dovuto girare i tacchi e cogliere quel colpo di fortuna.

-“può darsi”- le rispose lui, lei parve notare un sorriso appena accennato schiudersi dalle sue labbra, ma non ebbe abbastanza tempo che il ragazzo era già scomparso, lasciando la bionda basita a formulare mille e più domande su ciò che era appena successo.

 

  
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