2. The shoes, the girl and the mermaid
Elena
non aveva chiuso occhio quella notte, aveva
sognato di terribili mostri marini che dimoravano in fondo
all’oceano in attesa
di mangiarsi i malcapitati che si spingevano sino a quelle
profondità. Iniziava
ad avere qualche dubbio su quello che aveva visto li giù;
probabilmente la
carenza di ossigeno le aveva giocato brutti scherzi e probabilmente la
forte
impressione che aveva avuto riguardo quel quadro appeso nel soggiorno
l’aveva
spinta a vedere degli occhi molto simili in fondo al mare.
La
sveglia segnava le 7:00 in punto, non aveva più
voglia di restare a letto, il “primo” giorno di
scuola l’attendeva, prima
sarebbe andata prima si sarebbe tolta il pensiero.
Spazzolò i capelli biondi, infilò un maglione
verde smeraldo e un jeans, un
velo di trucco per coprire le occhiaie e 20 minuti dopo era
già di sotto a fare
colazione.
Prese
al volo due toast –“già pronta? Ti posso
accompagnare io con la macchina stamattina.” Le diede il buon
giorno sua madre
con un energico sorriso stampato in faccia.
-“no
grazie, almeno il primo giorno vorrei provare ad
arrivare puntuale, per oggi andrò a piedi”,
salutò sua madre ancora in pigiama
e con lo zaino in spalla s’incamminò verso la
scuola.
****
La campanella era appena suonata, Elena si era trovata un bel posticino
in
quarta fila accanto alla finestra, le classi non avevano i banchi in
coppia,
ogni studente aveva il proprio banchetto singolo così da
evitare le scocciature
del compagno di banco e, per i professori, scoraggiare eventuali
passaggi di
copie durante i compiti in classe. Poco a poco i ragazzi iniziarono ad
entrare
in classe, guardavano la nuova arrivata incuriositi e poi iniziavano a
parlottare tra di loro.
-“scusami”-
le si avvicinò una ragazza dai capelli
ramati –“questo sarebbe il mio posto”
– disse indicando con lo sguardo il
banco.
-“oh”
– disse solo lei in risposta alzandosi, man mano
che arrivavano gli altri ragazzi ognuno prendeva il proprio posto; era
chiaro
che i bidelli non avevano aggiunto un banco in più.
-“scusa”-
rispose, prese il suo zaino e uscì dall’aula
sotto gli occhi di tutti.
In
classe c’era un gran vociare che non si spense neppure
con l’arrivo della prof.
La
porta dell’aula si riaprì facendo comparire Elena
la quale portava una sedia e il bidello con un banco.
-“buongiorno”
esordì Elena avvicinandosi alla prof
mentre il bidello andava in fondo per sistemare il banco.
–“Sono Elena Greene,
la nuova studentessa” – esordì
presentandosi alla classe.
Il
bidello posò il banco in quinta fila accanto alla
finestra, la bionda prese la sedia e si andò a sedere. Era
di cattivo umore,
nella sua vecchia classe aveva lasciato i suoi migliori amici, qui era
la
ragazza nuova, non conosceva nessuno e francamente non aveva molta
voglia di
stringere amicizie, era alla fine del quarto anno di liceo, avrebbe
dovuto
trascorrere ancora un anno in quel carcere chiamato scuola e poi
finalmente
sarebbe stata libera. La scuola non le piaceva ( ma a chi piace?) non
che non
fosse brava, le piaceva molto il disegno e la matematica, ma non
disdegnava
neanche la letteratura.
La
mattinata trascorse in maniera abbastanza monotona,
durante la ricreazione passò quasi tutto il tempo a
disegnare sul retro del
quaderno, tentava di rappresentare quello sguardo che l’aveva
colpita in fondo
al mare, che le si era impresso indelebilmente nella sua mente.
-“e
così sei un’artista”- esordì
una voce da sopra il
suo banco.
-“non
è nulla…”- si affrettò a
chiudere il quaderno.
-“io
sono Nick, sono seduto proprio nel banco di
fianco a te.”- le indicò il moro.
In
realtà lei non ci aveva proprio fatto caso.
Sorrise, non aveva niente di meglio da dire.
-“ehi
Nick! Fai amicizia con “la nuova”?”
– si
avvicinò una morettina a loro due.
-“mi
chiamo Elena” – ricordò lei.
-“Elly!
Perfetto! Ce ne mancava una in classe!”- le
strinse la mano –“ io sono Sara, e questo
simpaticone qui è Nick, è innocuo sta
tranquilla!” – rise lei.
Elly
rise di rimando.
Il
resto della mattinata trascorse in quel modo,
lezioni e bigliettini dai due nuovi “amici” appena
conosciuti.
Il
fatidico –“sei fidanzata?”-
arrivò con sorpresa
prima del previsto, alla sua risposta negativa le ragazze la presero a
guardare
con compassione “oh
poverina”, mentre
i ragazzi iniziarono a sorteggiare chi di loro doveva provarci prima.
Lei non
aveva nulla contro l’amore, non aveva gusti semplici e ancora
non si era mai
innamorata seriamente di nessuno; non voleva mettersi con qualcuno solo
per
divertimento o altro, se si fosse fatta fidanzata sarebbe stato per
amore, su
questo era irremovibile. Quando finalmente le lezioni finirono e fu
l’ora di
rientrare a casa Elena tirò un sospiro di sollievo, aveva
già progettato un bel
pomeriggio all’insegna del relax post-trasloco.
Le
giornate che seguirono furono piuttosto tranquille,
la bionda stette alla larga da quella spiaggetta privata, non aveva
avuto né il
tempo né la voglia di riscendere sin laggiù; per
quanto riguardava invece
quell’episodio in fondo al mare si convinse di esserselo solo
immaginato e non
vi prestò più molta importanza.
-“non
ci posso credere! Tu stai davvero lì??”- Nick,
il suo vicino di banco quasi cadde alla sedia quando, durante la
ricreazione si
fermarono a chiacchierare venendo così a sapere
dell’ubicazione della casa di
Elly.
-“si,
era la casa dove viveva mio padre… prima di... si
insomma, morire.”- rispose senza troppa attenzione lei
sbocconcellando il
pranzo.
-“c’è
davvero il suo fantasma che vaga per le
scogliere??” – chiedeva sempre più
eccitato il ragazzo.
-“no”-
rise lei –“nessun fantasma giuro!”-
continuò scherzosamente.
-“sai…”
– inziò in tono confidenziale.
–“si diceva che
tuo padre, senza offesa, avesse qualche rotella fuori posto”-
fece un cenno con
la mano accanto alla nuca ruotando l’indice.
Elena
si irrigidì –“forse era un po’
eccentrico per la
calma di questa città”- lo giustificò.
-“beh…”-
il suo tono di voce si abbassò ancora, quasi
in un sussurro, come se stesse dicendo qualcosa di segreto e proibito.
-“diceva
di vedere le sirene…”-
-“S…sirene?”-
la sua voce si alzò di un ottava, sbigottita
si portò una mano alla testa, e se ciò che aveva
visto non fosse stato solo il
frutto della sua immaginazione? E se fosse diventata matta anche lei
come suo
padre? Forse nella loro famiglia vi era qualche tara genetica
difettosa…
-“Cosa
sai di
tutta questa faccenda?”- il suo tono si fece sospettoso,
intuiva che Nick
sapesse più di quel che desse a vedere, ma improvvisamente
al ragazzo non
interessò più quel discorso.
Il
ragazzo dai capelli castani scosse la testa come
per scacciare brutti pensieri. –“niente di
più di quello che raccontavano un
po’ tutti qui in giro” – si
voltò puntando i suoi occhi castani sul proprio
pranzo, reputando probabilmente chiusa la discussione.
-“che
strano…”- Elena però non la
reputò tale.
–“qualche giorno fa mi era sembrato di vedere
qualcosa muoversi nell’acqua… mi
chiedo se…”-
Nick
abboccò a quella provocazione girandosi come una
furia, inchiodandola con lo sguardo non più dolce e
tranquillo ma carico di
preoccupazione. –“Sta’ lontana dalla
spiaggia, Elly”- la
fissò ancora per qualche secondo –“ non
è
posto per te”-
“Se
sai qualcosa dovresti dirmelo…”
l’esortò lei.
Il
ragazzo scrollò le spalle poi le disse “non
è affar
mio, e di certo non sto dicendo di crederci, ma le sirene sono delle
creature
carnivore…si nutrono di carne umana, dopo il tramonto
stà lontana dall’acqua…”
Elena
rimase in silenzio metabolizzando la preziosa
informazione che le aveva dato il suo nuovo amico, se vi era davvero
qualcosa
di pericoloso in quella spiaggia avrebbe fatto di tutto per scoprirlo,
lo
voleva sapere, e determinata com’era avrebbe di certo
scoperto qualcosa, quel
pomeriggio la sua tappa prima di ritornare a casa fu
l’inesauribile fonte di
sapere alternativa ad internet e di gran lunga più
suggestiva; la biblioteca.
****
La
porta dell’edificio si aprì con un rumore
sinistro,
era da tempo che nessuno oliava quei cardini e adesso scricchiolavano
ad ogni
minimo movimento; senza timore, con il suo zaino in spalla Elena
occupò un
tavolino preparando block notes e matita per prendere eventuali appunti.
Non sapeva bene da dove iniziare a cercare, in realtà non
sapeva bene nemmeno
cosa stesse cercando, ma una cosa era certa, non sarebbe tornata a casa
senza
prima aver trovato qualcosa di concreto sulle sirene.
“mi
scusi” si avvicinò alla donna dietro il bancone
all’ingresso. Aveva i capelli castani avvolti in uno chignon
dietro la testa e
lo sguardo vigile da cui controllava la sala da dietro il computer
dinnanzi a
sé.
Squadrò
con sguardo annoiato la ragazza dai capelli
dorati “cosa ti serve” le rispose in tono apatico.
“sto
cercando dei libri sulle… emh… sirene”
la donna
le lanciò uno sguardo tagliente carico di sospetto
-“è per un progetto
scolastico”- la motivazione parve convincerla un
po’ di più.
Le
dita lunghe e affilate presero a battere lentamente
sulla tastiera, dopo qualche minuto la stampante di fianco alla donna
prese a
fare rumore e sbuffare fumo; dopo pochi istanti ne uscì un
foglio di carta un
po’ stropicciato completamente sbiadito. “questo
stupido affare!” prese a
dargli un pugno la signora.
“forse
potrei aiutarla…sono brava in questo genere di
cose”.
La
bibliotecaria le fece cennò di entrare, Elena
aprì
la porticina che la separava dal bancone e si posizionò di
fronte la stampante.
Prese ad aprirla e toccare qualche parte al suo interno.
“la
testina si era spostata, per questo non stampava
bene” la signora ovviamente non capì nulla di
quello che la ragazza avesse
detto. “a casa mi occupo io queste
cose…” sorrise la bionda che non si era
affatto fatta scoraggiare dal lato ombroso della bibliotecaria.
Dalla
stampante uscì un foglio perfettamente liscio e
ben inchiostrato con su una lista di libri, tre o quattro, recanti o
inerenti
l’argomento “sirene”.
“Se
hai bisogno di altro chiedi pure” la donna parve
addolcirsi lievemente, Elena rispose con un cenno e andò
silenziosamente alla
ricerca dei suddetti.
****
Dopo
aver rintracciato tutti e quattro i libri, si
sedette al suo posto iniziando a sfogliarli in cerca di qualche
riferimento al
mondo di quelle creature mitologiche.
Fu
così che si imbattè nella prima informazione
interessante, seppur presa da un libro Fantasy:
“sia vero o
meno, giuro sulla mia gamba buona che bacerò una
sirena!” il marinaio esultò
felice “perché rischiare la tua vita
così? Legati assieme a noi alla nave, non
sopravvivrai al loro canto!” esclamò un compagno
legato già al pennone della
King Revenge II, il quale aveva già protetto le sue orecchie
con uno strato
spesso di stoffa. Ma il marinaio non sentiva storie, stava per
controbattere
quando delle note dalla melodia indescrivibile gli attraversarono le
orecchie
incrostate di salsedine. Dinnanzi a lui comparve una delle
più belle creature
che avesse mai visto, capelli color rugiada e occhioni verde oceano.
“Annegamento” caduto quasi in trans rispose al
compagno “se una sirena ti bacia
ti salva dall’annegamento” il marinaio perse
completamente la testa e si tuffò
in mare per raggiungere la sirena la cui voce continuava a cantare note
melodiose. I compagni assistettero all’orribile scena, la
creatura non ebbe
nemmeno la pietà di ucciderlo prima trascinandolo con se
negli abissi, che
dalla sua bocca uscirono zanne affilate, e le sue mani si tramutarono
in
artigli, e con ferocia iniziò a dilaniare la carne
dell’uomo che tinse le loro
acque di sangue. Le sue grida squarciarono il nero della notte mentre
pezzi di
arti fatti a brandelli iniziarono a spargersi nelle acque, sotto
quell’ennesima
luna piena un delitto si era appena compiuto; la notte era ancora lunga
ed ogni
uomo su quella nave pregò passasse il più in
fretta possibile”.
Elena
era disgustata da ciò che aveva appena letto,
era un resoconto dettagliato di come le sirene mietevano le proprie
vittime;
chiuse quel libro ormai privo di informazioni utili e iniziò
a cercare in quello
seguente.
“le
sirene escono solitamente in branco, queste creature
dall’aspetto angelico
amano cibarsi della carne fresca degli umani, se hanno preso di mira
una preda
ben precisa difficilmente desisteranno dall’averla, e per
farlo potrebbero
spingersi persino vicino alla riva.”
La
sua ricerca su questo secondo libro fu poco
fruttuosa, e dopo aver concluso la sua attenta ricerca passò
al successivo.
Impaurita e titubante chiuse anche il terzo libro, non aveva trovato
nulla di
interessante o differente rispetto gli altri due, ognuno descriveva le
sirene
come creature pericolose e prive di sentimenti umani. Se quello che
aveva letto
fosse stato vero, quel pomeriggio sulla spiaggia aveva corso un gran
ben
rischio…
Il
suo sguardo fu attirato dal capitolo conclusivo
dell’ultimo libro.
“quelle
creature non provano sentimenti… loro non possono amare. Sai
Bengt perché sono
solo donne?” il ragazzo con la benda sulla testa scosse il
volto completamente
rapito dalle parole del vecchio. “Raramente loro danno alla
luce dei tritoni,
perlopiù solo donne perché possono catturare
meglio le loro vittime dell’altro
sesso… e quando arriva il periodo
dell’accoppiamento, dopo essere state
“fecondate” per così dire ed essere
sicure di contribuire al branco con una
nuova nascita, mangiano la carne del compagno. “ma
così facendo,” il ragazzo
deglutì a fatica “se mangiano tutti i loro
“maschi” come fanno a
riprodursi…cioè… non si estingueranno
prima o poi?”
“femmine d’astuzia sono…” il
vecchio prese un respiro dalla sua pipa “se non
hanno a disposizione i tritoni, prendono forma umana e selezionano
degli
“uomini” prescelti, che siano forti e belli per
poter continuare la stirpe, e
la storia si ripete, dopo aver fatto i loro comodi li trascinano
sott’acqua e
li divorano…”
Elena
andò avanti ma non vi erano più riferimenti
riguardanti l’argomento… ancora sconvolta e con un
senso di vomito che le aveva
preso a torturare lo stomaco, tornò sui suoi passi e
ricopiò tutta la
discussione nel suo block notes, che fosse vero oppure no, tutti i
libri
dicevano la stessa cosa, le sirene erano creature estremamente
pericolose che
amavano cibarsi della carne umana. Improvvisamente il ricordo di quegli
occhi
nel buio le fece accapponare la pelle, che rischio che aveva corso quel
pomeriggio, quando stupidamente si era avventurata in acque a lei
sconosciute.
Aveva
raccolto abbastanza informazioni su
quell’argomento, dopo aver rimesso a posto tutti i libri si
diresse verso casa
accorgendosi che si era già fatta l’ora di cena.
Dopo
tutto quello che aveva letto era spaventata e
confusa, ma erano pur sempre storie scritte sui libri, quanto di quello
che
aveva letto era vero? Nonostante tutto sentiva che almeno un ultima
volta
doveva recarsi su quella spiaggia, fargli una foto ricordo magari e poi
non
riscendere mai più… forse quegli occhi
l’avevano già stregata e lei non ne era
cosciente ma, a nonostante avesse appreso quelle nuove rivelazioni,
decise che
il giorno seguente vi sarebbe ritornata.
****
Erano
circa le sei di pomeriggio, il sole stava per
iniziare a tramontare, dopo aver finito di studiare Elena decise di
mantenere i
buoni propositi che si era fatta il giorno precedente. Prese le sue
poche cose
scese in spiaggia, e dopo aver sistemato l’asciugamano prese
a passeggiare
sulla spiaggia con le mani sprofondate nelle tasche.
Come
poteva un posto così bello essere allo stesso
tempo così pericoloso? Sovrappensiero si
arrampicò su una serie di scogli che
rimanevano per la parte superiore fuori dall’acqua, mentre il
resto aveva ormai
perso le sembianze di roccia in favore di anghe e licheni che vi
avevano fatto
la loro dimora. La marea era bassa, non vi era alcun pericolo che in
qualche
modo accidentale venisse a contatto con l’acqua, stando bene
attenta quindi si
sedette all’asciutto fissando incantata le sfumature
aranciate che si
riflettevano sull’acqua.
-“eh
no… col cavolo che tocco l’acqua oggi”
– si era
detta lasciandosi persino le scarpe allacciate tanto era attenta a non
bagnarsi.
Si
rannicchiò con le ginocchia al petto ed iniziò a
tracciare cerchi immaginari sulla superficie dell’acqua e
d’un tratto prese a
pensare alla sua vecchia vita, ai suoi vecchi amici, a quanto le cose fossero
diverse; anche
se potevano continuare a sentirsi tramite messaggi o addirittura
videochiamarsi
ormai era fuori da quel mondo di cui per 4 anni aveva fatto parte.
Ancora una
volta si ritorvava da sola a dover ricominciare una nuova vita.
-“non
sarei mai voluta venire qui!”- gridò a voce
alta. –“stupido padre!! Non saresti dovuto
morire!!”- iniziò a sbattere i pugni
sull’acqua con rancore, bagnandosi tutta. Un’onda
più grande delle altre
l’investì bagnandola tutta e, come succede quando
un’onda ti coglie alla
sprovvista, la trascinò in acqua portandola verso il largo.
Seppur
presa alla sprovvista Elena non si fece
prendere dal panico ed iniziò a nuotare verso la riva
quando, un crampo alla
caviglia le impedì di proseguire, a causa delle scarpe non
poteva continuare la
traversata agilmente quindi decise di toglierle, lasciando ai piedi
solo i calzini
zuppi.
-“accidenti!!”
– una scarpa le scivolò di mano ed
iniziò ad andare giù verso il fondo. In altri
tempi si sarebbe immersa subito a
riprenderla ma dopo gli ultimi eventi esitò; fu
quell’esitazione che diede il
tempo alla scarpa di scendere sempre più giù.
–“ora o mai più” –
s’immerse,
questa volta da subito con gli occhi aperti, la scarpa era proprio
lì davanti a
lei, fluttuava placidamente nell’oscurità.
La
sua mano si chiuse attorno alla punta dello
sneakers verde.
Una
mano si chiuse attorno al suo polso.
I
peggiori incubi di qualunque persona con un po’ di
sale in zucca si avverarono. Elena aprì la bocca per gridare
terrorizzata e
così tutta la sua aria uscì.
Dall’oscurità dell’abisso
uscì poco alla volta un
braccio, poi quegli occhi azzurri che già una volta aveva
visto, dopodiché si
delineò il volto di un ragazzo, i suoi capelli castano
rossicci ondeggiavano
nell’acqua mentre portava la mano libera verso la bocca
facendole segno di
tacere. Elly portò la mano sinistra alla bocca tappandosela
ma ormai era uscita
quasi tutta la sua riserva d’aria.
La
mano di quell’essere
era ancora stretta saldamente attorno al suo polso, se avesse
voluto
l’avrebbe potuta portare giù e farla morire
annegata o peggio; divorarla seduta
stante.
Ma
non fu ciò che successe.
Il
ragazzo guardò su verso il confine che li divideva
dal mondo di sopra.
Elena
ritirò la mano. Lui la lasciò andare.
Dimenandosi
come una forsennata arrivò a riva. Aveva
gli occhi sgranati dal terrore, tossì varie volte per
eliminare l’acqua che
aveva bevuto. Lanciò le scarpe sulla sabbia, tremava
visibilmente e continuava
a guardare di fronte a sè in attesa di vedere qualcosa sul
pelo dell’acqua.
“Non
è possibile…allora esistono davvero…
adesso verrà
a prendermi per divorarmi?” – pensò lei.
Di una cosa era certa, erano gli stessi occhi che aveva visto il giorno
prima,
non avrebbe potuto confonderli con quelli di nessun altro.
Con
il passare dei minuti e non vedendo nessun mostro
all’orizzonte con fare minaccioso, il suo respiro si fece
più regolare, il
cuore iniziò a rasserenarsi, quella brutta disavventura
forse era davvero finita.
Elena
volse un rapido sguardo allo scoglio dove poco
prima era seduta e scoprì che si sbagliava; quel ragazzo era
lì e la stava
osservando. Si alzò di scatto in piedi prendendo la scarpa
tra le mani. Il
ragazzo si nascose leggermente dietro lo scoglio.
-“ehi!!”
– gli gridò lei tremante.
–“non ho intenzione
di farmi mangiare senza combattere, stanne certo!”
–
La
creatura uscì la testa da dietro lo scoglio. Ora
che lo guardava meglio aveva proprio le fattezze di un ragazzo normale,
sul
collo leggermente dietro le orecchie notò dei tagli,
assomigliavano a branchie.
I capelli erano castani rossastri alla luce del tramonto prendevano
delle
sfumature dorate, i suoi occhi invece erano di un azzurro caldo, colore
del
mare in una limpida giornata estiva.
-“mi
spiace, non era mia intenzione spaventarti”- il
ragazzo parlò, Elena si stupì di quanto la sua
voce risultasse calda e
avvolgente. Allentò la presa sulla scarpa, non era sicura di
voler ancora
abbassare la guardia, forse era proprio sua intenzione metterla a
proprio agio
e poi saltarle addosso con i suoi denti lunghi e affilati.
-“non
sono spaventata,”- iniziò poco convinta lei.
-“beh
quella cosa
che tieni in mano sembra un arma…”-
Elly
guardò la scarpa zuppa che teneva in mano come
fosse una racchetta, pronta a lanciargliela contro; quanto doveva
sembrare
stupida in quel momento! Abbassò la scarpa sino a farla
ricadere sul suolo, di
certo non sarebbe stata una scarpa a fermarlo...
-“è
solo una scarpa”- asserì –“non
è un’arma”- tentò
di difendersi.
Il
ragazzo guardò la
scarpa ricadere sulla spiaggia.
-“credo
che faccia male comunque” – protestò lui
avvicinandosi cauto.
Elena
arretrò spaventata e lui si bloccò
all’istante.
-“beh…”-balbettò
–“se non vuoi provare ti conviene non
fare niente di sospetto…”-
Il
ragazzo non era proprio a riva ma Elena potè
scorgere una lunga coda verde che si muoveva lentamente al di sotto
della
superficie dell’acqua.
-“sei
un … tritone?”-
-“si”-
asserì lui mostrando il suo sorriso formato da
normalissimi denti bianchi, per niente aguzzi e affilati come li aveva
immaginati lei in seguito a quelle letture.
La
bionda evitò di dire cose scontate come “ma le
sirene non esistono” o “questo cose succedono solo
nei libri e nei telefilm
australiani!” quindi intervenì facendo una domanda
pertinente:
-“perché
mi stavi spiando?”-.
-“non
ti stavo spiando”- abbassò lo sguardò
lui –“controllavo
che stessi bene… hai bevuto parecchia acqua”-
-“ma
che tritone premuroso! Prima attenta alla mia
vita sbucando dal buio all’improvviso, e poi si accerta se
non sono morta
d’infarto!”- ironizzò lei. Il suo cuore
aveva ricominciato a battere forte.
Il
ragazzo la fissò intensamente, poi fece per
rimmergersi.
-“aspetta!”
– alzò la mano per fargli un cenno. Il
tritone aveva l’acqua già all’altezza
del collo quando si fermò per ascoltarla.
-“ci
rivedremo?”- quelle parole le uscirono ancora
prima che potesse formulare un pensiero logico. Poteva essere un
assassino, era
già fortunata ad essere sopravvissuta! Avrebbe dovuto girare
i tacchi e
cogliere quel colpo di fortuna.
-“può
darsi”- le rispose lui, lei parve notare un
sorriso appena accennato schiudersi dalle sue labbra, ma non ebbe
abbastanza
tempo che il ragazzo era già scomparso, lasciando la bionda
basita a formulare
mille e più domande su ciò che era appena
successo.