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Autore: Genevieve De Cendres    06/07/2015    0 recensioni
"Non piangere Celia, siamo solo cadute. E in fin dei conti, la dannazione ...non è poi così male."
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nota:
Ok è una OS ignorantissima, ma volevo provare qualcosa di nuovo quindi...eccoci!
E credo di essermi innamorata di Hazel.
Veramente. XD


 




 
Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando era entrata in quello che restava dell'antica cattedrale. Le pareti saettavano imponenti verso il cielo plumbeo, private degli sfarzi e del soffitto. Solo uno scheletro freddo e bianco, adorno di edera rossa e macerie. Tutto ciò che potesse avere un qualsiasi valore era stato rubato, probabilmente venduto e nel caso delle immagini sacre, bruciate sullo stesso altare davanti al quale i fedeli si erano più volte inginocchiati. Di tanto in tanto un rumore la distraeva, vedeva guizzare con la coda dell'occhio piccole ombre che finivano col nascondersi sotto le macerie e tra le colonne di marmo opaco.  Inspirò il profumo dell'edera e le parve di sentire anche quello sbiadito dell'incenso, ma non ci volle molto per farle capire che era odore di legna e cenere, da quando avevano perso la Guerra, quello era l'unico odore che riusciva a sentire.

L'avvertiva. La malinconia la stava per ghermire ... la sua unica compagna, d'altronde  la più fedele. Ormai non la contrastava neanche più. La sentiva avvicinarsi e cingerle le spalle, accarezzarle il petto, la gola, il volto per poi poggiare le sue fredde dita sugli occhi, non permettendole di guardare davanti a sé bensì imponendole di guardare dentro di sé, il suo passato, sfiorando i ricordi felici, soffermandocisi,con la consapevolezza che non li avrebbe più vissuti. La compagna più fedele e la più bastarda che potesse avere.
Si era seduta sul vecchio altare, il viso pallido rivolto verso la navata principale. Tutto in quel momento aveva tonalità candide, solo l'edera risaltava sulle pareti bianche come la sua divisa e la sua pelle, con i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle strette. 
 
-Scusa il ritardo .-

La voce della donna la scosse dai suoi pensieri.  Celia sussultò guardandosi intorno, poi intravide la figura alta e snella di Hazel tra le colonne, nella semioscurità. Rimaneva immobile, non poteva vederle il volto ma sentiva il suo sguardo puntato su di sé. Rabbrividì ricordando quegli occhi luminosi e gialli come quelli di un felino, così diversi da quelli verdi che aveva ammirato e sognato, in cui ci era annegata tante volte e che le appartenevano tanto tempo prima,prima della sua caduta.

-Ci hai messo tanto.- mormorò la ragazza scendendo agilmente dall'altare con l'intenzione di avvicinarsi, ma Hazel la bloccò con un gesto della mano e Celia l'accontentò anche se malvolentieri. Le mancava il contatto con quella che per molto tempo era stata la sua compagna in battaglia.
-Non dovrei nemmeno essere qui Lia. Dimmi cosa vuoi e lasciami andare.-  il suo tono era forzatamente fermo, freddo. Si studiarono da lontano, Hazel cercando di capire se poteva lasciarsi avvicinare e Celia, col timore che la donna potesse fuggire. Percorse metà navata lentamente, studiando la figura alta e slanciata nascondersi sempre più tra le colonne marmoree, indietreggiando, abbassando il capo, ma comunque tenendola d'occhio. -Guarda che se ti avvicini non ti mangio...- rise Celia cercando di alleggerire la tensione, ma l'altra non sembrava volerla assecondare.
-Celia. Cosa vuoi? Stare qui è pericoloso sia per me che per te, quindi...-

-Mi manchi.-

Quelle due semplici parole ebbero il potere di far rabbrividire entrambe. Celia continuò ad avazare, pronta a scattare nel caso l'altra avesse tentato la fuga. Non poteva lasciarla scappare in quel modo, non ora che era riuscita a trovarla, non ora che le aveva finalmente risposto.
Hazel non si mosse ma scoppiò in una risata amara, la vide scuotere lentamente la testa e notò i capelli che anni prima le arrivavano alla nuca carezzarle i fianchi.
-Hazel, ascoltami...- mormorò , ormai a pochi passi da lei
-Quindi è questo che vuoi?-  chiese l'altra, la voce carica di risentimento e sarcasmo   -dirmi che ti manco? E poi? Che altro? Chiedermi di tornare, magari?! -  Celia rimase in silenzio e fu lei ad indietreggiare quando Hazel decise di avanzare, uscendo dal suo bozzolo di ombre e scoprendosi totalmente  diversa.
Lia sgranò gli occhi nel vedere quanto fosse cambiata, Il viso era sempre il suo, i lineamenti taglienti ed eleganti e la pelle candida erano quelli che aveva sempre conosciuto; ricordava come i suoi occhi stessero mutando dal verde al giallo, ma adesso si trovava a fissare due grandi gemme luminose, simili a lune rosse e i capelli corti e neri erano diventati una lunga cascata dello stesso colore del sangue.  Le sembrò quasi più alta e magra, con le lunghe gambe avvolte in pantaloni di pelle nera e il busto fasciato da un leggero dolcevita nero. Sulla spalla sinistra spiccava  una lunga cicatrice a forma di croce dalla quale si andava espandendo una chiazza ambrata, che via via avrebbe coperto l'intero braccio e successivamente il corpo.

-Cosa ti è successo?- Celia non si rese neanche conto di averlo chiesto, aveva continuato ad indietreggiare mentre Hazel, con un sorriso tutto fuorché rassicurante la incalzava. Invertendo i ruoli. La luce che illuminava la navata colpì la lama assicurata alla gamba della traditrice, che sembrava essere sempre più divertita dallo sgomento di quella che era stata la sua compagna.
-Fin troppo prevedibile.- sibilò  scattando verso Celia e afferrandola per la gola. -Sei davvero sciocca come ricordavo! Attirarmi qui e presentarti da sola? Sei sempre stata la più debole delle due, credevi davvero di potermi convincere a tornare?- Hazel strinse la presa sulla pelle morbida e liscia della sua gola, senza incontrare alcun tipo di resistenza da parte della ragazza che si limitò a fissare i sottili occhi scuri nei suoi, spaventata ma convinta del fatto che non avrebbe mai
potuto farle realmente del male.

-Non voglio chiederti di tornare-

A quelle parole Hazel spalancò gli occhi sorpresa e allentò la presa. -Cosa...-
-Non voglio chiederti di tornare. Non voglio chiederti di costituirti. Non voglio farti del male.-
Quelle ultime parole sembrarono colpirla in pieno petto. Non riuscì a decifrare lo sguado della compagna che sembrava aver riacquistato sicurezza. Fissò i lineamenti delicati di quel viso tondo e costellato da lentiggini, fanciullesco. Le labbra piene, chiuse in una linea dura, le ciglia lunghe e bianche. Si accorse per la prima volta quanto fosse cresciuta anche lei, a sua volta. La ricordava agli albori della loro carriera militare, quando erano sicure che avrebbero protetto l'umanità dai demoni, prima di tradire il suo popolo, prima di cadere perché aveva disubbidito, perché aveva amato qualcosa che non era la sua "missione", perché aveva amato lei. Lei che non aveva esitato a colpirla quando era stata posta una taglia sopra la sua testa.
-Mi dispiace così tanto...- la voce spezzata di Celia la riportò alla reatà. Sorrise mesta vedendo come cercava di trattenere le lacrime, con scarsi risultati. -Mi dispiace così tanto, Hazel ...-  sussurrò allungando la mano verso il volto della compagna, tremando visibilmente mentre l'accarezzava , lievemente, assaporando il contatto con quella pelle liscia e morbida che aveva tante volte baciato, un gesto d'affetto tra amiche, che stava diventando altro.

-Non ti volevo ferire.- 

-Non si direbbe.- Hazel tornò a stringere la presa intorno al suo collo con più vigore. Negli occhi di Celia aveva rivisto il momento in cui l'aveva attaccata. Aveva visto il momento in cui era andata dall'unica persona di cui poteva fidarsi per chiederle perdono, perché sarebbe dovuta fuggire, perché amandola aveva peccato ed era stata scoperta. Era stata marchiata e abbandonata dai suoi compagni, condannata all' esilio perché aveva commesso quell'unico errore. Ed era stata ferita proprio dall'unica persona che la aveva promesso protezione, a qualsiasi costo.
Celia strinse i polsi di Hazel, negli occhi una supplica.
 -Se non puoi perdonarmi, uccidimi.-   portò nuovamente le mani al suo viso, sistemandole i capelli dietro le orecchie e scoprendo un volto pallido, una maschera di dolore, rabbia eppure forse, in profondità, v'era ancora amore.  -Uccidimi, perché mi sono macchiata del tuo stesso peccato e non accettandolo, ho cercato di soffocarlo, colpendo te. -  Hazel ringhiò qualcosa spintonandola a terra e sedendosi sull suo ventre e Celia dette le parole che credeva sarebbero state le sue ultime, chiuse gli occhi, in attesa. Non li aprì quando sentì la presa allentarsi e farsi nulla, non li aprì quando sentì i capelli di Hazel sfiorare il volto, il suo profumo farsi più intenso, il suo respiro ... non li aprì neanche quando sentì le labbra della compagna posarsi sulle sue, anzi, li strinse imbarazzata,mentre tremando portava le braccia al suo collo, accarezzadole i capelli con entrambe le mani, mentre il bacio le toglieva il respiro facendole girare la testa e demolendo ogni sua certezza. Rabbrividì sentendo la mano di Hazel scivolare dalla sua gola al petto, soffermandosi all'altezza del cuore. Aprì gli occhi incontrando quelli della traditrice, erano tornati verdi, quel verde scuro che aveva sempre ammirato -i tuoi occhi..-

-Zitta, Lia-

Il soldato ubbidì, mordendosi le labbra mentre tornava a chiudere gli occhi sentendo le mani della compagna carezzarla delicatamente, scendere lentamente fino al basso ventre per poi risalire decisa, slacciandole i bottoni delle divisa. -Devi, stare, zitta.- ripeté andando a morderle le labbra, sentendola sussultare e protestare.
-Perché non accetterò altre scuse, altri piagnistei, altri ridicoli e inutili sentimentalismi.- ringhiò sulle sue labbra, fulminandola con lo sguardo, i suoi occhi di nuovo gialli. -Non accetterò più nulla di tutto questo.-
concluse scendendo con le labbra al suo collo, mordendolo prima lievemente, poi più forte, strappandole un urlo di dolore. Celia tentò di liberarsi e ribaltare la situazione ma Hazel la tenne ferma schiacciandola ancora di più tra il suo corpo e il freddo pavimento di pietra. -Tu mi hai voluta qui, Celia. Adesso vedrai quali sono le conseguenze del tuo gesto.-
 
Si chinò nuovamente su di lei, baciandola questa volta delicatamente, succhiandole il labbro inferiore mentre  l'accarezzava con lentezza esasperante, fermandosi sui fianchi per poi risalire con più decisione, premendo leggermente sulla pelle infreddolita. Si allontanò osservandola per qualche secondo, divertita nel vederla imbarazzata e in difficoltà, le guancie imporporate e gli occhi lucidi per l'eccitazione e la paura, tra la tentazione di ricambiare e quella di fuggire il più lontano possibile. Ma non glie lo avrebbe permesso. Non le avrebbe dato l'opportunità di fuggire.
-Hazel...- la voce di Celia tremava, così come le sue mani che andarono al viso della compagna, accarezzandolo per poi intrecciarsi dietro il suo collo, spingendola verso il basso per darle un'altro bacio. Sentì il corpo come scosso da scariche elettriche, più la baciava, più sentiva le mani di Hazel su di sé, più le scosse erano frequenti, violente; si mise a sedere spingendo l'altra a fare lo stesso, prendendo le redini per pochi secondi, mentre si toglieva di dosso la maglia scoprendo una pelle particolarmente candida.  Celia tentò di spogliare la compagna ma questa la bloccò, allontanandola tenendole i polsi e osservandola con attenzione, facendo correre lo sguardo lungo la linea elegante del collo e delle spalle; la più piccola rabbrividì imbarazzata mentre abbassava lo sguardo, puntandolo sul pavimento.
Hazel le alzò il volto con una mano, costringendola a guardarla negli occhi e sorridendole. Conosceva quel sorriso, fin troppo bene, e se avesse potuto se la sarebbe data a gambe,ma ormai sapeva che sarebbe stato impossibile.
-Mi farai male.-  sentenziò guardando gli occhi luminosi della traditrice, rassegnata. Hazel scosse la testa, accarezzandole il volto e baciandole delicatamente le
labbra.

-Non sarà questo a farti male.-
 
 
 


Il sonno la prese senza che lei se ne accorgesse. Non credeva di potersi mai sentire al sicuro tra quelle braccia, non pensava che i sensi di colpa le avrebbero mai permesso di chiudere ancora occhio, e invece adesso era lì, la mano di Hazel a carezzarle i capelli, il suo respiro sulla pelle nuda, il battito del suo cuore, tranquillo, come una ninna nanna.
-Celia?- la voce della compagna era distante, rispose mugugnando, mentre apriva gli occhi, trovandosi a vedere la sagoma sbiadita di Hazel  stagliarsi contro il cielo bianco. Poi il buio.
 

Bruciava. Tantissimo. Qualcosa non andava. Celia aprì gli occhi ancora stordita, il viso premuto contro la superficie fredda, incapace di muoversi  -Hazel?-  biascicò mentre delle scariche di dolore le percorrevano il corpo facendola sussultare. La sentì ridere e chinarsi su di lei, le labbra a pochi millimetri dal suo orecchio.
-Ho quasi finito, tranquilla.- sussurrò divertita mentre premeva la lama sulla sua spalla, incidendole la pelle in una linea orizzontale.  -Ho fatto in modo che tu non sentissi troppo male, sono stata clemente. Dovresti ringraziarmi.-  concluse ammirando la grande croce incisa sulla schiena di Celia, coperta di sangue. La sentiva singhiozzare e piangere. Per lei era come musica.
Si stese sulla compagna facendola gemere per il dolore, mentre le baciava la ferita, percorrendone i bordi con la lingua, assaporandone il sangue.

 
-Non piangere Celia, siamo solo cadute. E in fin dei conti, la dannazione ...non è poi così male.-
  
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