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Autore: AlexVause    09/07/2015    3 recensioni
- Se qualcosa ti ferisce così tanto da farti male, ricorda che devi sempre alzarti e tornare a combattere per il tuo popolo. L’unico modo per poter andare avanti, è seppellire l’accaduto…anche se fosse così tremendo da non poter essere dimenticato.
La sua voce fece mancare un battito al mio cuore. Non sapevo se piangere o essere furiosa con lei.
Sentimenti contrastanti scaturivano dal mio animo.
- È proprio ciò che non ti aspetti che ti fa stare male.
Aggiunse poi con un tono che tradiva tristezza.
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Clexa
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 24
 
Dopo cena m’isolai un po’ dal gruppo, incuriosita dalla Capitale.
Eravamo circondati da alti palazzi immersi nella vegetazione.
Fiaccole sistemate ovunque illuminavano, come potevano, l’immensità di quel posto.
- Domani mattina, assaporerai meglio la bellezza della Polis.
La voce di Lexa mi fece sussultare.
- Scusami, non volevo spaventarti.
- Non mi hai spaventata, ero solo concentrata a guardarmi intorno.
Le risposi sorridendo.
- Indra e Nyko accompagneranno Raven, Kane e il Cancelliere, a riposare. Vuoi seguirli oppure preferisci venire con me?
La guardai divertita.
- Fammi prima salutare mia madre.
Lexa rise accennando un assenso con il capo per poi portarmi da loro.
- Io e te dovremmo parlare.
Quelle parole, scaturite dalla bocca di mia madre, erano da allarme rosso. In quel momento, l’idea della tanto agognata pace, svanì dalla mia testa alla velocità della luce.
- Vi lascio un attimo.
Ci disse Lexa congedandosi e abbandonandomi al mio destino.
- Hai intenzione di seguirla oppure tornerai a Camp Jaha?
Mi chiese mia madre.
- A dirti la sincera verità, non so nemmeno io che intenzioni abbia.
Le risposi alzando le spalle.
- Ma…scommetto che a te non interessa la destinazione, vero?
Le domandai poi incuriosita.
- Non voglio che ti metta in pericolo, più di quanto già lo sia stata.
- Scommetto che dirti: “Lexa mi fa stare bene” non serva.
Risposi abbattuta.
- È un bersaglio troppo facile l’Heda. Facile e ambito.
Sentenziò mia madre.
- Da chi?
Chiesi quasi rabbiosa.
- Da tutti.
I miei occhi divennero due fessure.
- Sai per caso qualcosa che non so… e che dovrei, invece, esserne a conoscenza?
Domandai sospettosa.
- No ma…
- E allora smettila di opporti e lasciami libera. Non cerco guai, voglio solo essere un pochino felice in questa mia pressoché inutile vita.
Sbottai interrompendola.
- Con lei sei felice?
- Nei pochi momenti di tregua, che abbiamo avuto da tutto questo schifo, sì.
Vidi mia madre mordersi il labbro inferiore.
- Posso provare a comprendere.
Disse poi sforzandosi.
- Ci terrei che lo facessi.
Il mio tono celava una velata supplica.
- Abbiamo tutti bisogno di riposare.
Disse Nyko raggiungendoci.
- L’Heda mi ha chiesto di accompagnarti da lei.
Accennai un assenso con il capo. Salutai mia madre e ci incamminammo per raggiungere Lexa.
- Non dire mai che la tua vita è inutile, Clarke of the Sky People. La propria vita va vissuta appieno. Si prenderanno decisioni sbagliate, si lasceranno persone per noi importanti dietro il nostro cammino, ma tutto ciò che facciamo lo dobbiamo a noi stessi.
Le parole di Nyko mi sorpresero.
- Non volevo origliare.
Si scusò poi.
Sorrisi.
- Non ti preoccupare. Lo apprezzo.
Risposi con gratitudine, verso quell’uomo che ci accompagnava costantemente da quando conoscevo Lexa.
 
Arrivammo davanti ad un edificio basso. Diversamente dagli altri, alti sino a toccare il cielo, esso si sviluppava in larghezza. Un’edera rampicante, copriva parte del fianco e della facciata.
Entrammo dalla maestosa porta principale in legno massiccio. Percorremmo un lungo corridoio sino ad arrivare davanti ad un’altra porta di legno.
- L’Heda ti aspetta.
Mi disse Indra uscendo dalla stanza.
Salutai Nyko con un cenno della mano ed entrai. Il secondo di Lexa chiuse la porta rimanendo fuori nel corridoio.
La stanza era ben arredata, semplice ma elegante, illuminata da fiaccole appese al muro.
Sembrava non esserci nessuno. Mi guardai attorno incuriosita. Ero nell’abitazione di Lexa e tutto sembrava parlare di lei.
Alle pareti c’erano spade, alabarde, lance di ogni tipo. Il pavimento di marmo era ricoperto da pesanti tappeti.
Un arazzo attirò la mia attenzione. Feci un passo avanti per andare a guardarlo più da vicino, quando qualcuno mi afferrò da dietro coprendomi la bocca con la mano.
Afferrai il braccio con entrambe le mani ma, in un attimo, mi rilassai. Quel profumo lo riconoscerei fra mille.
- Non posso assentarmi, ma ti voglio portare in un posto.
La sua voce al mio orecchio mi fece rabbrividire.
Lexa scostò la mano dalla mia bocca ma non accennò a sciogliere la presa che mi teneva stretta a lei.
Lentamente mi liberò. Mi voltai a guardarla. Un sorriso le illuminava il volto.
- Vieni con me.
Mi disse porgendomi la mano. Annuii afferrandola.
Mi portò in una piccola stanzetta vuota. Le mura di quello che poteva sembrare uno sgabuzzino, erano composti da pannelli di legno.
L’Heda, con una spallata, tolse uno di quei pannelli rivelando così un passaggio nascosto.
Ci intrufolammo in un tunnel buio. Tenevo stretta la sua mano che mi guidava.
Camminammo per qualche minuto sino a bucare all’esterno.
Uscimmo, ritrovandoci in quello che poteva essere un parco molto grande, circondato da mura in pietra.
Lexa si guardò intorno alla ricerca, probabilmente, di Grounders che avrebbero potuto vederci.
Non c’era nessuno.
Proseguimmo a ridosso del muro, sino a raggiungere un cancelletto nero in ferro battuto.
L’Heda estrasse il suo fidato pugnale dalla cinta, usandone la punta per aprire il grande lucchetto.
Entrammo in un magnifico giardino.
Rimasi meravigliata dal suo splendore.
La luce bianca della luna illuminava le foglie verdi degli alberi e i fiori che ci circondavano. Uno spettacolo per gli occhi.
Lexa si voltò sorridendomi.
- Ci siamo quasi.
Sussurrò.
In lontananza sentivo il rumore dell’acqua. Sembrava una piccola cascata.
Ci avvicinammo e ciò che vidi mi lasciò senza parole.
Un piccolo laghetto era davanti a noi, circondato da fiori rossi, rosa e gialli.
Su di un altura la statua di una donna, che teneva in spalla una brocca, versava l’acqua in questo lago artificiale arginato da sponde in pietra.
 Su di un lato, per entrarvi, c’era una riva formata da piccoli sassolini.
- È una sorgente termale. L’acqua è calda.
M’informò il Comandante iniziando a spogliarsi delle proprie vesti.
Un bel bagno era proprio quello che ci voleva.
Sorrisi spogliandomi.
Lexa entrò in acqua prima di me. Mi tese la mano, che afferrai, trascinandomi dolcemente verso di sé.
- Che goduria.
Mormorai. L’acqua ci arrivava alle spalle. Si stava veramente bene lì dentro.
La guardai non riuscivo a smettere di sorridere.
Le sue mani mi accarezzarono il viso per poi bagnarmi delicatamente i capelli.
Chiusi gli occhi per godermi ogni suo gesto.
Sentii le sue labbra sul mio collo. Scostai il capo per darle più spazio, aggrappandomi alla sua schiena.
Mi spostò i capelli con una mano mentre con l’altra, a coppa, faceva scivolare l’acqua sulla mia spalla.
Aprii gli occhi perdendomi nel suo sguardo dolce. Le posai le mani sul viso e la baciai. Un bacio dolce che via via divenne sempre più passionale.
Mi strinse a sé in un abbraccio mentre le nostre lingue si cercavano.
Nuotando all’indietro si portò verso una delle sponde in pietra, poggiandovi la schiena.
Mi aggrappai alla sponda per aver maggiore contatto con il suo corpo e, in quell’istante, la sentii entrare in me.
Iniziai a muovermi lentamente, ansimando al suo orecchio.
Le accarezzai il seno, il fianco, prima che le mie dita scivolassero in lei. Volevo sentirla mia e mia soltanto.
Mi morse il collo trattenendo un gemito.
La baciai con sempre più trasporto, lasciando che mi donasse tutto ciò che solo lei poteva darmi…fu in quell’istante, che mi accorsi, quanto era profondo ciò che provavo per lei. Ero persa…persa in lei…persa nei suoi baci, nel suo tocco, nel suo sguardo.
Avevo paura di quel sentimento, ma non potevo ignorare qualcosa di così intenso per paura di soffrire.
Dovevo vivere il presente e in quel momento ero innamorata di Lexa. Volevo essere sua. Non mi importava di nient’altro.
Il suo seno si muoveva contro il mio e in un attimo l’Heda ribaltò la situazione.
Si scostò velocemente immergendosi per poi riemergere dietro di me.
Le sue labbra lasciavano una scia di baci sul mio collo mentre, le sue mani fameliche, accarezzavano ogni centimetro della mia pelle fino al seno.
Mi tenevo aggrappata alla sponda in pietra, lasciando che mi prendesse da dietro.
Gemetti sentendo le sue dita entrare in me.
Il suo corpo aderiva al mio mentre si muoveva dapprima lentamente poi sempre più velocemente.
I miei gemiti aumentavano d’intensità, così come il nostro respiro si faceva sempre più veloce.
Mi girò lasciando che le mie gambe si avvinghiassero alla sua vita.
Ci baciammo a lungo mentre continuava a muoversi in me sino a lasciarmi allo stremo delle forze.
Giunta all’apice mi aggrappai a lei graffiandole la schiena.
Adoravo tutto ciò che mi faceva.
Il suo essere così enigmatica celava dolcezza e passione cui solo io potevo goderne.
 
In quel luogo splendido, perdemmo la cognizione del tempo.
- Dovremmo rientrare.
Bisbigliò l’Heda con uno sguardo triste. Rincasare implicava tornare alla realtà.
Sospirai seguendola a riva.
- Che farai poi?
Le chiesi incuriosita mentre mi rivestivo.
Lexa alzò un sopracciglio.
- Dopo il rituale di domani, dici?
Mi domandò come a conferma di ciò che le avevo chiesto in precedenza.
Accennai un “sì” con il capo.
- Dovrò seguire i Generali nei loro villaggi, ma tra un viaggio e l’altro potrei passare a trovarti…se lo desideri.
Le sorrisi mentre si avvicinò a me.
- Oppure, potresti rimanere qui nella Capitale e stare con me.
Uhm…grazie Lexa. Ecco qui servito un bel dilemma. Fosse per me la risposta sarebbe una solamente.
I miei occhi divennero due fessure.
- Ho seri dubbi che mia madre abbia il dono della preveggenza.
Borbottai tra me.
- Ti ha chiesto di tornare a Camp Jaha?
Mi domandò incuriosita.
- Più o meno.
Risposi con una smorfia.
  
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