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Autore: acchiappanuvole    13/07/2015    1 recensioni
Per un attimo Roger trema e pensa ad una nuova Versailles di ignari scrocconi che fanno festa a spese di sua maestà senza che nessuno sospetti che la loro adorata regina finirà alla ghigliottina di lì a poco. Non sa perché fa una correlazione simile, come una paura che serpeggia tra i bicchieri di cristallo e i piatti di porcellana. L’abbondanza del cibo e la torta gigante piazzata al centro del parco.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freddie Mercury, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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If you could look into the future, would ya?
if you could see it, would you even want to?



Non ho più guardato la televisione - quando dico guardare mi riferisco a guardare la televisione pensando che sto guardando la televisione- dopo la televisione della mia infanzia. Anche se, a volte, nel preciso quanto inatteso momento di una catastrofe mondiale o di una disgrazia privata, mi sintonizzo sui canali di notizie per vedere la carrozza di una principessa da favola schiantata contro un pilastro di cemento. O per contemplare il suicidio in diretta di un paio di aerei contro un paio di edifici. O per ascoltare la voce lenta che a stento cela la disperazione di un intellettuale che parla senza che nessuno lo ascolti nell’ora di più basso indice di ascolto, a beneficio di anime insonni  che cercano di farsi ipnotizzare per riguadagnare il sonno perduto. “La mercurialità, preannuncio degli déi, è anche il segno del loro carattere evanescente. Eppure non è sempre stato così…”

23.16

Ipnotizzato ignoro  il suono del telefono, una vibrazione che smotta  fogli sul tavolo, avvicinandosi all’abisso del pavimento, sarebbe il terzo crash in una settimana.  Quando mi rendo conto dell’ora la voce dell’intellettuale produce suoni che non comprendo, la stanza è buia e ormai Sarina si è rassegnata nel sapermi in intimità col divano per buona parte delle mie notti. Ad una certa età le luci del mondo esterno diventano troppo abbaglianti, il tempo è troppo carico di cose che non ritornano e persino un antico ragazzo come me deve dichiarare la resa agli anni e alle ere che sfuggono dalle dita  cantando “no more”.
“Pronto.”
“Ce ne hai messo di tempo!” riconosco una lieve irritazione nella voce all'altro capo del telefono. E’ difficile alterare la voce di Brian; nel suo pacato essere “il più inglese degli inglesi” saprebbe devastarti l’anima senza una minima variazione di tono.
“E’ tardi stavo dormendo,” rido perché alle mie balle ormai siamo abituati entrambi.
“L’hai ascoltata?” taglia corto il virtuoso della Red Special. D’improvviso ho una forte sensazione di sfasamento che mi riporta ai tempi del college, quando lui era una cascata di capelli scuri e occhi apparentemente ingenui ed io sembravo una ragazzina che voleva fare il maschiaccio.
“Cosa?”
Brian blabbla qualcosa che io non riesco a capire ma che so essere un vago rimprovero.
“La canzone. Te l’ho inviata. Michael voleva incontrarci per avere la nostra “benedizione” a tutti gli effetti ma io sono oberato di cose e tu…beh tu non rispondi al cellulare.”
Cerco di realizzare ma fatico, forse non avrei dovuto bere tutta quella birra prima.
“Okay, prima di tutto di che Michael stiamo parlando? Secondo: quale canzone?-
Brian sta un istante in silenzio, potrebbe anche decidere di chiudere la comunicazione e ritentare domani nella speranza di trovare un uomo più lucido. Ma Brian è un guerriero che non ama le tregue.
“Mika.”
E focalizzo chi sia Mika prima di rispondere “ah, ok. Ha scritto una canzone?”
“E’ ispirata a Freddie e vorrebbe inserirla nel nuovo album. Prima però voleva sapere se siamo d’accordo. Mi piace quel ragazzo è una persona corretta ed ha talento, a Freddie sarebbe piaciuto.”
Non so se esserne convinto. Spengo il televisore e vedo il mio caro amico intellettuale scomparire in un immediato nero elettrico. Quindi questo ragazzo ha scritto una canzone su Freddie e chiede il nihil obstat dei superstiti. Mi è impossibile ignorare che tra una settimana sarà il “compleanno” ,quindi è una mossa pubblicitaria perfetta non c’è che dire.
“Tempismo perfetto, il ragazzo ci sa fare.”
“Roger ti sei fatto di cinismo?! L’album uscirà il prossimo anno non c’entra nulla con quello che credi tu.”
Sono rassegnato e so che Brian ha ragione, ultimamente sono più acido di una zitella in menopausa. Lo invidio perché riesce a buttarsi ancora in miriadi di progetti e sono lusingato del fatto che cerchi continuamente di coinvolgermi, ma ultimamente avverto una certa stanchezza che non so se essere fisica o mentale. Sarà che da vent’anni  a questa parte mi è più facile deprimermi  e rimpiango il tempo che fu in modo quasi doloroso.
“Scusami è che sono stanco e non reggo più l’alcol come un tempo. Comunque l’ascolterò  e ti dirò che ne penso. Ma se tu hai già approvato in realtà non occorre. Voglio dire mi fido di te.”
Brian si schiarisce la voce, la sua gentilezza è in realtà un perentorio monito, “vorrei l’ascoltassi. E’ stata chiesta l’opinione dei Queen quindi è giusto l’ascolti anche tu.”
Adesso sono io a sentirmi lievemente alterato. “Mh mh, allora dovresti farla sentire anche a John e poi metterti in contatto con qualche medium per sapere se Freddie pensa  sia una cazzata o meno!”
“Senti fatti un buon sonno e ne riparliamo domani.”
“Hai vinto l’ascolterò.”
“Sarina sta bene?” chiede ed io ne resto sorpreso perché siamo arrivati al punto che se la mia anima scricchiola significa che qualcosa all’interno del matrimonio potrebbe stare andando a puttane.  Ma rassicuro il mio amico, Sarina è una delle poche cose salde della mia vita, mi sopporta da qualche anno ormai. Ma per la verità tutte le donne della mia vita sono sempre state brave a sopportarmi . E’ che sono un bad boy. Debbie diceva sempre : “con quella faccia d’angelo farai un sacco di vittime”.
“Sì, sta bene. Pensavamo di fare un viaggetto alla fine del mese. Roba esotica, ho bisogno di  staccare la spina dalla cara Inghilterra per un po’.”
“La trovo una bella idea. Verrai a Montreux la prossima settimana?”
Sbuffo, confesso di aver ponderato la cosa ma preferisco altrimenti, “ diciamo che ho altri progetti.”
“Okay.” buon vecchio Brian, sa bene che con me l’insistenza ha sempre funzionato a singhiozzi.
“Ci sentiamo domani allora. Farò sapere al ragazzo che ne penso e discorso chiuso.”
“Bene. Cerca di dormire. Notte.”
“Notte.”
Quando chiudo la comunicazione mi sento in stato d’abbandono. Potrei salire al piano di sopra e abbracciare Sarina, probabilmente mi addormenterei sereno. Ma ho promesso di fare quel che “devo” ne consegue che faccio  lo forzo di lasciare il divano per compiere pochi passi e recuperare il portatile. Ah amabili diavolerie del ventunesimo secolo! Brian mi ha inviato il file con la canzone.  Valuto se ascoltarla in salotto. Alzo lo sguardo verso la finestra, vedo il giardino, la mia  oasi di pace, ed improvvisamente vorrei essere a Piccadilly; non quella che è ora, ma la Piccadilly degli anni 80. Meglio ancora, al Kensington Market, 1975,quando ero un chiodo e i ragazzi mi fischiavano dietro. Rido ripensando alla barba che mi ero fatto crescere, il risultato era stato quello di sembrare una ragazza barbuta.
Scarico la canzone sulla diavoleria apposita. Chissà che effetto farebbe su di un vecchio trentacinque giri?!
Sono peggio di un pensionato.  Che poi a conti fatti nella normalità è esattamente quel che sarei!
La canzone dura quattro minuti. Sono curioso di sapere di che tipo di celebrazione si tratti. Tuttavia l’idea di ascoltarla nel salotto mi infastidisce.  C’è ancora tempo per prendere la metropolitana e così trasandato probabilmente non avrò nessuno a molestarmi o, quantomeno, capiranno che stasera non è aria.
Lascio un biglietto  sul tavolo del salotto nel caso Sarina dovesse darmi per disperso.
“Nuova canzone, necessito di un po’ d’aria per costruirla meglio.”
Sorvoliamo sul fatto che non è mia, che io non c’entro niente e che in realtà non dovrei fare proprio niente.
                                                                                         
Earls Court. Non è stato nemmeno necessario stare a pensarci, sono salito sul vagone, grazie a Dio praticamente deserto, e ho atteso come un losco figuro in un angolo.  Era il giugno del 1977 quando salimmo sul palco della dell’ Earls Court Arena.  La cosa che al tempo ci aveva maggiormente esaltato era stato pensare che solo due anni prima vi avevano suonato i Led Zeppelin e che quello era il nostro momento.  Freddie brillava letteralmente sotto le luci del palco, eravamo pura adrenalina, simbiosi di quattro elementi differenti come lo sono l’aria, la terra, l’acqua e il fuoco. Perfezione!
“Merito mio, tesoro!”
Lo sento ridere e fingere di pavoneggiarsi. Ma cazzo è fottutamente vero! Hai rotto così tanto le scatole per mettere insieme quei pezzi così differenti che non posso che dartene atto. Fottuta prima donna!
Ho una morsa al cuore e cammino per questo quartiere deserto, belle case e qualche luce alla finestra. Musica da qualche parte, forse una festa privata. Ci vuole un po’ per arrivare a Logan Place. Ed io ho fretta e non so perché.  Penso a quel maledetto 24 novembre, allora non arrivai in tempo, o forse non volli arrivarci. Mordo queste povere labbra che non sanno più usare parole e metto gli auricolari. Sentiamo ragazzo che hai da dire…

*****

“La cosa che conta è lo champagne, Fred, chi se ne frega della torta!” Roger aveva già alzato il gomito ed era incomprensibile per lui la furia di Freddie  dovuta all’arrivo non proprio ottimale della sua torta gaudiana.
“Guardala è una merda! Voglio dire al massimo potrei usarla per scaraventarla in faccia a qualcuno!”
Roger conosceva fin troppo bene l’assoluta necessità di perfezione che contraddistingueva Freddie, dal lavoro all’evento mondano, tutto doveva essere assolutamente come lui l’aveva immaginato. Persino la piega mal stirata di un pantalone poteva mandarlo nella crisi più nera. Sarebbe stato capace di far smontare tutto e cambiare non solo hotel ma addirittura isola pretendendo un’organizzazione perfetta in tempi inumani.
“Fanne fare un’altra! Non sarà la Sagrada Familia ma puoi inventarti qualcos’altro. A me oltretutto nemmeno entusiasmava l’idea di mangiarmi le  guglie di una cattedrale.”
Freddie lo fissa prima di scoppiare a ridere, “ma per te volevo mettere da parte i cessi per turisti, Roger caro.”
“Fottiti!”
E Freddie per tutta risposta gli lancia una veloce occhiata al fondoschiena per poi ammiccare.
Intanto il personale del Pike’s  Hotel stava vivendo attimi di panico che nessuno a Ibiza aveva mai conosciuto;  gente che andava avanti indietro senza ben sapere cosa fare, gli ospiti erano già alticci dai continui fiumi di champagne che Freddie faceva versare nei loro calici, iniziavano pretese assurde che preludevano all’eccesso in cui sarebbe sfociata la serata. I compleanni di Freddie dopotutto erano cosa ben nota.
“Per te sarà una stronzata, ma ci tengo che le cose vengano fatte bene! Quest’anno in particolare tutto dev’essere come dico io! Dove cazzo è Tom!? Deve aiutarmi a risolvere questo casino!”
Roger si guardò intorno, quando Freddie cadeva in furia omicida era consuetudine che Brian e John se la svignassero verso attività più piacevoli  lasciandolo solo ad affrontare le ire funeste di Mercurio. Ma Roger non aveva il tatto di Brian né la pazienza di John.
“Senti Fred, al diavolo! Là fuori ci sono ragazze, alcol e polvere magica! Ed io sto qui a contenere le tue crisi da quindicenne solo perché la tua torta ha preso un volo sfortunato.”
“Dì pure che è sfracellata. Definirei la cosa molto più di un volo sfortunato!”
“Beh i tuoi ospiti almeno sono arrivati integri.”
“Doveva arrivare integro tutto!”
Roger aveva mal di testa e non era certo che la cosa fosse dovuta all’alcol.
“Fattela fare a forma di arena. Sai corrida, tori…”
Freddie fece una smorfia,  “non mi piacciono le corride. L’accetterei solo se saltasse fuori il più figo dei matador  a gridarmi “tanti auguri Fred!”
Qualcuno del personale,una giovane segretaria dall’aria terrorizzata e con ingrato incarico, si era nel frattempo avvicinata, cercando di mostrarsi seria e impettita, per nulla nervosa. Si rivolse a Freddie con voce che ben tradiva il suo stato d’animo.
“Mr. Bulsara forse abbiamo la soluzione,” un respiro, “ Mr. Pike suggeriva una crostata.”
Roger scoppiò a ridere immaginando il povero Pike nascosto da qualche parte mentre attendeva di sapere a quale tremenda sorte stava andando incontro.
Freddie la guardò serio, “crostata?”
“Sì, una grandissima crostata con frutta fresca,” tentò lei
Sul volto di Freddie comparve un ghigno poco rassicurante “io ho fatto fare da uno dei più grandi pasticceri la riproduzione della Sagrada Familia e voi ora mi proponete una crostata?!”
Roger si avvicinò divertito alla segretaria mettendole una mano sulla spalla come a rassicurarla dall’esplosione che sarebbe giunta di lì a poco
Sorprendentemente Freddie preservò la calma, alla fine sembrava divertito. “Sei persone,” disse.
“Prego?” la donna lo fissò tentando di comprendere.
“Voglio sia una crostata enorme, devono volerci almeno sei persone per trasportarla, okay? E voglio la prima strofa di Barcelona come elemento decorativo. Poi dateci di candeline e di qualunque stronzata sfavillante possa venirvi in mente. Importante è che sia elegante e non troppo pacchiana. O quantomeno elegantemente pacchiana.”
“Stai dicendo sul serio?” Roger vacillava tra l’incredulità e il “sì, fa sul serio”.
“Sono serio come Gesù Cristo, baby.”
La donna parve sollevata dalla soluzione e dopo essersi congedata  prese velocemente  la fuga.
“Io ti avrei mandato a quel paese,” borbottò Roger volgendo lo sguardo verso la piscina dove imperversavano decorazioni a tutto spiano.
“Senti con quello che sborso come minimo la torta dovrebbero farmela equivalente alla piramide di Giza. Sono fin troppo paziente.”
Roger recuperò una coppa di champagne , “salute Fred!Credo che ti farò parecchi brindisi nell’arco della serata.”
“Mi pare il minimo, caro” e tra il sorriso e la soddisfazione passò una veloce ombra nello sguardo di Freddie, qualcosa di troppo rapido perché Roger potesse prestarvi caso.
“Ci tengo che tutto sia come dico e che la gente si diverta. Voglio che ci divertiamo come se non ci fosse domani. Non credo sia pretenzioso ma sacrosanto!”
“Evviva!” esclamò Roger, “sembra quasi la festa che demmo a Kensington vent’anni fa, eh Fred!?”
Freddie annuì ridendo. Un monolocale stipato di gente  piena di alcol, tutto il guadagno del mercato dei vestiti usati era andato in bottiglie di birra, vino scadente e porcherie immangiabili. La gente era ammassata, ma Freddie ricordava con piacere la sua esibizione sul tavolo della cucina, con il cappellino di carta in testa ed il boa di piume rosse che Mary gli aveva regalato.
“Non eravamo ancora delle vecchie signore rompi coglioni all’epoca.”
“Tu sei sempre stato un rompicoglioni Fred, fin dalla prima volta che ti conobbi sotto il piccolo palco degli Smile. Non sei cambiato di una virgola, rughe a parte.”
“Vuoi dire che mi trovi vecchio?” sua altezza era scandalizzata.
E per un momento Roger era rimasto in silenzio. In effetti gli anni stavano passando velocemente, e loro erano passati dalle esibizioni nelle scuole a palchi via via sempre più grandi. I tour mondiali. C’era stato il Live Aid e, cazzo come avevano sbaragliato tutti quanti con la loro esibizione!  Il Wembley Stadium  un anno dopo gli aveva accolti come divinità. Nell’olimpo della musica la regina aveva trovato il suo trono e da lì nessuno l’avrebbe spodestata. Era una sensazione incredibile, unica, impossibile da eguagliare. E quindi perché parlare di vecchiaia? Roger non avrebbe mai saputo immaginare un Freddie Mercury vecchio, così come era incapace di immaginare sé stesso grigio e in sovrappeso e pieno di rimpianti verso il luccichio della loro esistenza.
“No Fred, non sei vecchio! Nessuno di noi lo è!” e Roger ne era convinto, “abbiamo ancora un sacco di cose da fare! Tornare in studio e finire l’album e poi organizzare un tour!”
“Meglio aspettare. Per il tour intendo. Ne abbiamo fatto uno l’anno scorso e da qui al nuovo album passerà del tempo, non credo si possa parlarne prima di un altro paio d’anni.”
“Beh Fred qualche data però…”
“Sì ma c’è bisogno di rinnovarsi un po’. Io poi non posso mica continuare a correre su e giù da un palco per sempre” si sfiora la pancia un po’ gonfia, “guarda qua che ho messo su!”
“Un buon motivo per pensare ad un nuovo tour una volta terminato l’album! E poi Jagger è più vecchio di te e si muove ancora come una tarantola, non vorrai dargliela vinta!”
“A quell’invasato?! Certo che no! Lui è una pietra che rotola io sono la regina!” Freddie beve, sembra convinto di quel che dice, risplende nella sua luce particolare e Roger pensa che quella lieve malinconia che gli pizzica gli angoli della bocca abbia solo a che fare con l’inevitabile sensazione del tempo che passa.
                                                                               
E’ quasi mezzanotte ma la festa non conoscerà orari, il bello deve ancora venire, tra palloni di elio che prendono fuoco e gente che non riesce a smettere di ridere e ballare; fuochi d’artificio che accendono il cielo stellato di Ibiza. “Happy Birthday Freddie” . In sottofondo il dj attacca l’ultimo successo delle Bananarama e Freddie gorgheggia suoni senza parole; ci sono uomini e donne nudi dentro la piscina, odore di sigarette e di qualcos’altro ad intossicare l’aria di eccitante follia. Sono gli ultimi splendori degli anni 80, gli anni del tutto è possibile sotto un cielo pieno di promesse. John è sdraiato sotto un tavolo ormai incapace di reggersi in piedi, Brian si getta vestito nella piscina, ne emerge con il bicchiere ancora in mano e grida: “sostituite l’acqua con il vino!”
 Roger bacia Dominique senza dirle di aver baciato altre quattro o cinque ragazze nell’arco della serata, omettendo le mani spintesi dove non si dovrebbe. Ma Dominique sa e perdona. Perché è la festa di Freddie e tutto è concesso. Come non ci fosse un domani.  Per un attimo Roger trema e pensa ad una nuova Versailles di ignari scrocconi che fanno festa a spese di sua maestà senza che nessuno sospetti che la loro adorata regina finirà alla ghigliottina di lì a poco. Non sa perché fa una correlazione simile, come una paura che serpeggia tra i bicchieri di cristallo e i piatti di porcellana. L’abbondanza del cibo e la torta gigante piazzata al centro del parco. Freddie si avvina con un enorme coltello, imita un personaggio hitchcokiano mentre raggiunge  il dolce ed invita gli amici a soffiare sulla distesa di enormi candeline insieme a lui.  D’improvviso sono tutti e quattro vicini, Roger cinge un braccio intorno alla vita di Freddie ed insieme si piegano a soffiare sulle candeline con tutti gli altri.  Di nuovo un’esplosione di applausi, Brian intona il canto ben augurante, John si sforza si seguire le parole mentre il mondo intorno a lui vortica sempre più veloce. Rimetterà di lì a poco.
Fraddie fissa lo sguardo in quello di Roger , “sembra che nulla di brutto possa accadere in una notte così. Come se tutto iniziasse e finisse qui in un perdurare perpetuo” e Roger scuote il capo divertito, “cosa ti sei fumato?” domanda ad un Freddie che non distoglie lo sguardo e sorride ironico, “roba ottima, tesoro. Lo sai che io scelgo sempre il meglio!” e così dicendo Freddie si allontana, raggiunge un gruppo chiassoso, bacia Jim sulla bocca, una, due, tre volte… Roger si rilassa, la brutta sensazione è sparita, riprende la danza, la luce, addenta una fetta di dolce e la trova ottima. Perfezione come Fred voleva. L’unico di loro in grado di unire il caos con la perfezione. Nessuno gli è pari nemmeno in questo. La festa continua vedendo più di un’ alba. Nessuno potrà mai dimenticarla.

******

Ci è voluto più tempo del previsto per raggiungere Garden Lodge, osservo la casa, quelle mura di cinta che separavano il mondo da chi voleva solo proteggere gli ultimi frammenti di una vita. Quando tolgo gli auricolari mi rendo conto di avere le guance umide. Visto che può combinare una canzonetta del cazzo, Fred?! Asciugo gli occhi ma poi mi dico che posso anche permettermi un po’ di sfogo, il vento di settembre asciugherà il tutto in pochi istanti. Incastrati nelle piccole crepe del muro ci sono alcuni fiori, sopravvive qualche scritta che Mary farà presto togliere. D’altronde nemmeno tu avresti voluto scritte di cordoglio sui mattoni di casa.
“Ragazzi non è mica un fottuto cimitero!” avresti detto alterato per le scritte ma lusingato per l’affetto mostrato a Freddie Mercury mentre Farrokh si addormentava per sempre portando il mito della sua creazione insieme a sé.
Quel giorno, davanti a quella torta sapevi che qualcosa di inevitabile si stava abbattendo su di te, eppure sorridevi ed hai continuato a farlo davvero fino alla fine. Io non so se avrei un coraggio simile, Fred. Talvolta me lo chiedo  e penso che anche ora che sono ad un passo dalla fase geriatrica della mia vita, non sarei in grado di sorridere allo stesso modo.
“E’ bella, no?”
Una smorfia ironica mi deforma la bocca, “pacchiana, Fred.”
Lui scrolla le spalle avvolte nella finta pelliccia, i capelli lunghi nascondono la mascella robusta ma è impossibile non vedere la soddisfazione dipingersi sulle labbra.
“Come al solito non capisci un cazzo, Roger! E’ imponente e gloriosa. E’ sopravissuta al tempo, alle guerre, sembra inespugnabile dietro a questo muro così alto. Eppure dentro scommetto che è circondata da uno splendido giardino che fiorisce  ogni primavera.  Sembra troppo per bene per uno come me ma, fanculo, un giorno sarà la mia casa!”
“Sì lo sarà” annuisco e lui quasi saltella dalla gioia. Quest’immagine evanescente, la divinità di cui parlava il tizio alla televisione, mi  sta accanto nell’aria fredda di settembre. E’ un’immagine evocata dal passato, è il Freddie della mia giovinezza, quello che gridava “io non sarò una star, sarò una leggenda!”  per poi trovarsi a contrattare sul prezzo di jeans attillatissimi al vecchio mercato di Kensington.
“Alla fine Fred, avevo ragione, tu non potrai mai invecchiare.”
E lui si porta una mano alla bocca fingendo di trattenersi , “grazie a Dio, Roger. Pensa se mi fossi ridotto come te?! Riesco a scorgere la pancia anche se indossi il cappotto. Ed è anche un brutto cappotto!”
“Ah sì? Eppure è firmato, sai!?”
“Quello che vuoi ma ciò non toglie che sia brutto.”
Deve avere sempre l’ultima parola non c’è niente da fare.
“Sai Fred, un tizio ha scritto una canzone ispirata a te.”
Mi guarda tra il perplesso e l’imbarazzato.
 “ E che dice?”
Stavolta riesco a sorridere , “che alla fine, nonostante tutto, ci siamo divertiti.”
Freddie annuisce , “puoi ben dirlo, Roger! Puoi ben dirlo!”
Lancio un’ultima occhiata alla casa e poi saluto il vuoto accanto a me.  Sarina mi sta aspettando ed io non posso più starmene qui fuori a congelare aspettando che una voce mi inviti ad entrare. Chiamerò un taxi e durante il tragitto scriverò a Brian.

 

  
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