Fanfic su artisti musicali > The GazettE
Segui la storia  |       
Autore: _rei_chan_11_    16/07/2015    2 recensioni
-Aaaah, la mia testa...- gemo tenendomela con entrambe le mani. Mi sembra di avere una biglia che rotola da una parte all'altra, al posto del cervello. Riesco ad arrivare fino alla stanza da bagno sano e salvo. Uscendo e tornando in sala sul mio amato divano, passo innavvertitamente davanti ad uno dei tanti specchi disseminati per casa e qualcosa attira la mia attenzione. Mi fermo ad osservarmi, ancora senza maglia, non notando nulla di strano. Aspetta un attimo...la mia pancia ha qualcosa che non va. Mi giro di lato per potermi guardare meglio. No, è piatta come al solito...ma...
La accarezzo distrattamente e una strana sensazione mi pervade, mai provata prima. È...bello?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~Ehi, troubles, go away!~

............due mesi dopo.........

-Kami-sama...oggi Yuta mi ha ucciso...- sospiro buttandomi a peso morto sul divano, praticamente senza voce. Quanto volte avrò registrato il ritornello di quella canzone? Una ventina, direi. Akira si siede accanto a me e prende a massaggiarmi le spalle.
-Non dovresti sdraiarti a pancia in giù...- mi riprende dolcemente. Mi tiro su a sedere. Ha ragione.
-Stasera preparo io la cena....tu rimani qui sul divano a rilassarti.-
-Grazie...- mugolo, la faccia affondata in un cuscino.
Mezz'oretta dopo la cena mi viene servita su un piccolo vassoio di legno, compresa di copertina sulle gambe.
-Grazie darling.- gli do un bacino sulla punta del naso fasciato.
-Non c'è di che...- ridacchia lui, prendendo anche la sua cena. Mangiamo sul divano, la televisione accesa che nessuno guarda, troppo impegnati a parlare fra un boccone e l'altro.
-Ieri ho provato a cercare su internet una casa più grande, ma non sembra esserci nulla...- mi dice Aki, vagamente sconsolato.
-Non preoccuparti, mancano ancora sette mesi, abbiamo tempo...- cerco di rincuorarlo.
-Mi piacerebbe togliere quella dannata targhetta firmata "Matsumoto" sul campanello della nuova casa...- borbotto dopo un po', più che altro tra me e me, rimestando con le bacchette il contenuto del mio piatto.
-Anche a me...- risponde Akira sovrappensiero.
-C-cosa?- chiedo, sperando di aver capito bene. Neanche il tempo di girarmi che una scatoletta nera e lucida compare fra le sue mani. Mi manca il respiro per un secondo, il cuore che perde un battito per strada. Aki si alza, per poi ri-inginocchiarsi subito davanti a me e apre la scatolina di scatto. Un'anello in oro bianco con una piccola incisione sulla parte superiore scintilla circondato da tanto velluto blu scuro.
-Takanori...vuoi sposarmi?- mi chiede, la voce, che voleva essere solenne e profonda, leggermente tremante ed insicura.
Gli salto al collo, quasi travolgendolo pur essendo la metà di lui.
-Sì...lo voglio più di ogni altra cosa...- sussurro fra le lacrime. Mi stringe più forte. Gli porgo la mano, e lui si affretta ad ornarmela con il nuovo gioiellino, che spicca luminoso seppur così simile al colore della mia pelle. Cerco di leggere la piccola scritta e ciò che vedo mi riempie il cuore di gioia. Le nostre iniziali e solo un cuore a dividerle. Le divide e le unisce allo stesso tempo, metà cuore per ciascuno, due metà che si completano a vicenda, come i pezzi di un puzzle complicato che di solito perdi e ritrovi anni dopo. Quei due pezzi perfetti, quelli che mancano per completare il disegno, quelli che si incastrano senza fatica l'uno nell'altro e non si lasciano più andare, sebbene tu cerchi in ogni modo di staccarli.
-È bellissimo, amore.- mormoro sfiorandolo con un dito.
-Tu sei bellissimo.- sorride baciandomi a lungo.


.......qualche giorno dopo.......


-Credo che dovremmo andare da una wedding planner...- sospiro con le mani fra i capelli, sommerso da fotografie, riviste, fogli stampati e campioni di stoffa.
-Ehm, non credo che potremmo...- cerca di dire Akira, visibilmente sconsolato.
-Perchè?-
-Io...non pensavo di sposarci in un santuario...sai com'è...dovremmo fare una cosa "tra di noi".-
Non ci avevo pensato, non mi era neanche passato per l'anticamera del cervello. Sono talmente abituato alla mia relazione con Akira da dimenticarmi spesso di non essere parte di una coppia "tradizionale".
-Aspetta! Io dovrei avere una conoscente che fa quel lavoro...potrei provare a chiamarla.- esclamo saltando in piedi. Qualche telefonata dopo, un appuntamento è già bello che organizzato.
-Tieniti libero mercoledì pomeriggio!- dico rientrando trionfante in salotto.
-Ti ha detto di sì?- chiede sorpreso.
-Ovvio.- sorrido.

Infatti, un paio di giorni ci troviamo seduti nella sala d'aspetto di Mikasa, le mani che si aggrappano l'una all'altra spaventate.
-Signori Suzuki?- chiede una segretaria entrando. Ci alziamo in piedi.
-Prego, venite da questa parte. Mikasa-san vi stava aspettando.-
-Takanori Suzuki e Akira Suzuki, giusto?- chiede Mikasa dandoci la mano.
-Esatto!- esclamo, sprizzando gioia da tutti i pori. Che emozione sentire il mio nome insieme al cognome di Aki. Sono anni che desidero poterlo dire; "Il mio nome è Takanori Suzuki."
-Bene, che tipo di matrimonio desiderate organizzare?-
-Occidentale.- dico subito io, ma alla mia voce si sovrappone quella di Aki che, tutto convinto, ribatte:
-Tradizionale.-
Ci guardiamo per qualche secondo.
-Prima di tutto dovreste mettervi d'accordo voi due.- ridacchia la planner.
-Vada per il matrimonio occidentale.- acconsente Akira.
-Sei sicuro Aki? Se non vuoi, non c'è alcun problema.- gli chiedo preoccupato.
-Tranquillo...per una volta facciamo qualcosa di diverso, no?- mi sorride prendendomi la mano. Mi mordo il labbro per non mettermi a piangere: sto sposando l'uomo perfetto.
-Quindi...qualcosa di bianco per te, frac o smoking per te, qualche decorazione floreale e un piccolo ricevimento dopo la cerimonia. Avete già qualcuno che farà il discorso?-
-Potrebbe farlo Yutaka...- propone Aki.
-Yutaka?!- chiedo cercando di non scoppiare a ridere.
-Beh, chi altro potrebbe? Kouyou si metterebbe a frignare ancor prima di cominciare e Yuu riuscirebbe a mettere in mezzo le sue gesta, in un modo o nell'altro...quindi rimane solo Yutaka. E poi, lui è la nostra mammina, no?- ridacchia.
-Mhm, forse hai ragione...- rispondo pensandoci su. Dobbiamo solo trovare un modo per convincerlo...
Discutiamo per un'oretta sulla musica, la location, il catering sorvolando con grazia il mio argomento preferito: i vestiti.
-Per gli abiti...- comincia a dire Mikasa.
-Facciamo tutto noi!- salto su, improvvisamente più interessato.
-Oh ok. Meglio così, qualcosa in meno da organizzare.-

 

-Takanori! Cosa ti è saltato in mente?! Io non so da che parte cominciare...- si lamenta Akira una vuolta fuori.
-Sh, ti aiuterà Yuu. E, ovviamente, Kouyou verrà con me.-
-Tsk...con il buon gusto che ha mi ritroverò all'altare vestito come un hippy...-
-Ma smettila!- scoppio a ridere prendendogli la mano e trascinandolo verso il centro città.
-Dove andiamo?- mi chiede annoiato.
-A fare un aperitivo. Dobbiamo festeggiare!- rispondo con un sorriso a trentadue denti. Sollevato dal fatto di non doversi sorbire una delle mie interminabili sessioni di shopping, sorride anche lui seguendomi con più voglia di prima. Andiamo in un locale molto tranquillo, piccolo, con luci soffuse e musica lounge. Ci accomodiamo su uno dei divanetti bianchi all'esterno, godendoci gli ultimi raggi di sole prima che scenda la sera.
-Buonasera, che cosa vi posso portare?- ci chiede la cameriera in tono flautato.
-Per me un Mojito.-
-Per me un Daiquiri.- si aggiunge Aki.
-Perfetto. Arriveranno fra pochissimo.- annuisce lei annotando le ordinazioni sul suo blocchetto. Mi rilasso contro la spalla di Akira, lasciando che mi cinga con un braccio. Socchiudo gli occhi sospirando.
-C'è qualcosa che non va, Taka-chan?- mi domanda delicato.
-No, tutto a posto...sono solo un po' stanco.-
Strano, oggi non abbiamo fatto quasi niente, ci siamo persino svegliati a mezzogiorno. Mi sento spossato, avrei solo voglia di sdraiarmi da qualche parte e, no, non dormire, semplicemente non fare nulla. Eppure fino a due secondi ero talmente euforico da avere la forza di fare qualsiasi cosa. Da quando sono diventato così lunatico?
-Mhm...è come va la situazione "lì"?- mi carezza distrattamente lo stomaco. 
-Bene, credo...mi sento solo un po' più pesante del solito. Starò ingrassando un casino.- mormoro sconsolato pizzicandomi una coscia, ancora fine.
-Sei in perfetta forma, non preoccuparti. Ti potrà far solo bene metter su un po' di ciccia.- ridacchia baciandomi lo zigomo. I nostri drink arrivano, accompagnati da un piatto di stuzzichini. Sorseggio il cocktail quieto, mordicchiando appena le cannuccie nere con gli incisivi.
-Come sei silenzioso, non è da te...- osserva il biondino.
-Sto pensando.-
-A cosa?-
-Nulla.-
Trattiene malamente una risatina commentando sarcastico:
-Oh sì, anche a me capita spessissimo di non pensare a nulla!-
-Questo lo sappiamo tutti Suzuki. Ah no, dimenticavo un dettaglio...tu non pensi mai!- lo rimbecco, sottolineando la frecciatina con una gomitata nelle costole, che quasi gli fa andare di traverso le patatine.
-Tesoro, stai diventando più acido del solito...sembra quasi che tu abbia il ciclo.- mi prende in giro.
-Smettila.- taglio corto. Dopo qualche minuto di snervante silenzio, Akira cerca di abbracciarmi, strofinando la sua guancia ombreggiata di barba contro la mia.
-Ah! Mi graffi, scemo!- cerco di reprimere uno strillo.
-Dai, Taka-chan, perdonami.- miagola arricciando le labbra in un patetico broncetto.
-Sì, sì, sei perdonato. Basta che non mi sfregi.- ridacchio dandogli un buffetto sulla bocca. Mi prende sulle sue ginocchia, trottando piano. Prendo una tartina fra i denti e gliela porgo. Gli da un morsetto sfiorandomi a malapena le labbra. Gli pulisco uno sbaffo di maionese con la punta della lingua, provocando una sua reazione piuttosto "entusiasta".
-Torniamo a casa, eh?- gli soffio in un orecchio, senza malizia. Annuisce frenetico finendo in un solo sorso il fondo del suo bicchiere, presto imitato da me. Mi aiuta ad indossare il cappotto a doppio petto, preoccupandosi di chiudermi tutti i bottoni.
-Wow, mi fai sentire una principessa così...- mormoro arrossendo compiaciuto.
-Tu sei la mia principessina.- mi risponde sottovoce schioccandomi un bacino sul naso. Gongolo lusingato, con le guance sempre più rosse. Mi apre la portiera con un piccolo inchino.
-Prego sua Maestà.- cerca di dire nel tono più professionale possibile, non riuscendo a trattenere una risatina a denti stretti.
-La smetti?- rido dandogli uno scappellotto sulla nuca, lasciandoci impresso il segno rosso della fede.
-Ahia! Mi hai fatto male, tu e le tue mannacce! Mi picchi sempre...- si lamenta massaggiandosi la parte lesa e chiudendo la portiera.
-Cosa dovrei dire io che non posso nemmeno girare in mutande in casa senza la paura di venir stuprato ogni volta che ti passo accanto?-
-Non è colpa mia se sei così dannatamente sexy...non riesco proprio a controllarmi quando ti vedo in quello stato.-
-Animale...- borbotto, allungandogli un altro schiaffetto, più affettuoso del primo. Sarà anche un pervertito, ma amo anche questo suo lato "discutibile". Guida concentrato senza dire più nulla fino a casa, dove parcheggia nel garage sotterraneo. Mi lascia passare avanti nel salire le scale, ma lo conosco troppo bene.
-Suzuki, l'hai già fatto questo giochetto. Vai avanti tu, oggi sarò io a godere della vista del tuo bel culo.- rido dandogli una pacca sul sedere. Sussulta avvampando e prende a salire gli scalini velocemente. La ripidità e l'altezza degli scalini lo obbliga a piegarsi in avanti e sculettare involontariamente.
-Ehi ehi ehi, il ragazzo sta perdendo tutta la sua virilità!- lo prendo in giro. Si gira con il viso in fiamme strillando stizzito:
-Non sono di certo io quello che è rimasto incinta!-
Mi rabbuio improvvisamente, schivandolo di lato e salendo fino al quarto piano il più in fretta possibile. Mi sta forse dando la colpa di tutto quello che è successo? È lui che non ha preso precauzioni! Io ho cercato di ricordarglielo, ma come al suo solito non ha saputo trattenersi. E vorrebbe anche considerarsi un vero uomo? Ma per favore!
-Taka, aspetta non intendevo...- cerca di richiamarmi, prendendomi per un polso.
-Stai zitto!- urlo divincolandomi. Corro, fermandomi solo per aprire la porta, ma gli basta per raggiungermi.
-Dai, amore, non fare così...scusa...-
-Non chiamarmi amore.- dico secco infilando la chiave nella toppa con forza. Mi prende le braccia, riportandomele contro ai fianchi, e si abbassa a sussurrarmi:
-Calmati...-
Mi gira verso di lui e mi abbraccia, ancora fermi sul pianerottolo.
-Mi dispiace, davvero...non ho pensato a quello che dicevo. Sono un cretino.-
-E un coglione.- aggiungo soffocato nella sua felpa.
-E un coglione.- ripete.
-E uno stronzo insensibile.- continuo.
-Non esagerare adesso!- ride. Mi guarda negli occhi, stampandomi un fugace bacio a fior di labbra prima di mormorare:
-Dai, entriamo in casa...-
Mi levo le scarpe appena varcata la soglia annunciando con un sospiro:
-Vado a farmi una doccia fresca.-
Mi spoglio camminando verso il bagno. Riempio la vasca di acqua tiepida, accendo qualche candela e metto su una musica rilassante (una registrazione che mi aveva fatto Akira mentre suonava il piano tempo fa). Mi immergo fino alle spalle, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi. Sento qualche leggera fitta stringermi all'altezza del basso ventre. Aggrotto le sopracciglia cercando di superare quel dolore momentaneo, che non accenna a passare.
-Ehi, piccolino, datti una calmata...- ammonisco l'esserino che si agita dentro di me accarezzandomi la pancia. Dopo essermi insaponato a dovere, riemergo dall'acqua profumata e mi avvolgo nel morbido accappatoio di Akira, leggermente troppo grande per me. Sgattaiolo in camera da letto a recuperare un paio di boxer e una maglia a maniche corte, infilandomeli subito. Mi passo le dita fra i capelli ancora leggermente umidi con un sospiro, sopportando in silenzio un'altra sfilza di dolori. Spero solo di non passare altri sette mesi così o morirò prima.
Torno in salotto, aspettandomi Akira stravaccato sul divano con il telecomando in mano. E invece mi attende proprio fuori dalla porta, guardandomi con i suoi occhioni da cucciolo.
-Che ci fai qui?- gli chiedo scompigliandogli quella zazzera bionda che si ritrova al posto dei capelli. Lui per tutta risposta mi sbaciucchia astrusamente prendendomi per i fianchi. Porto le mani al suo viso e lo dirigo con più decisione sulle mie labbra. Mi prende in braccio da sotto le cosce, io che avvolgo subito le gambe intorno alla sua vita, e mi poggia la schiena contro il muro per sostenermi al meglio. Mi bacia con sempre più trasporto, intrecciando la mia lingua con la sua e perdendocisi come un bimbo con il suo giochino preferito. Sento le sue dita farsi strada fra le mie curve gentili, fino ad arrivare ad impastarmi le natiche sode. Avverto la sua eccitazione premermi contro la coscia e capisco solo ora dove vuole arrivare. Lo stacco a forza da me, atterrando leggiadramente a terra.
-Aki...non ho voglia...- mormoro appoggiandogli le mani sul petto.
-Ma...-
-E non penso che faccia neanche bene al bambino.- continuo mestamente.
-Ho letto da qualche parte che non da problemi...- cerca di convincermi.
-Sì, ad una donna. Io sono uomo, non dimenticarlo.- concludo sgusciando via dalle sue braccia. Vado in cucina a bere un bicchiere d'acqua e un'altra stilettata mi sorprende, più potente delle altre. Mi aggrappo al bordo del lavandino stringendolo con forza.
-Takanori, va tutto bene?-
-I-io..credo...c-credo di stare per...- balbetto sentendomi le gambe di gelatina.
-Takanori! Taka!-
La voce di Akira si fa sempre più lontana, le sue braccia mi stringono, la mia testa che vola leggera come un palloncino pieno di elio.


~

Cosa sta succedendo? Socchiudo un occhio. È tutto così bianco...
-Ma che cazz-...!- borbotto con voce roca.
-Taka-chan! Ti sei svegliato!- esclama qualcuno strizzandomi in un abbraccio maldestro scoppiando a piangere. Riconosco subito quel profumo deciso di muschio, così maschile, che usa sempre Akira. Lo guardo confuso non capendo in un primo momento.
-Ieri sei svenuto e ho dovuto portarti in ospedale.- mi spiega velocemente.
-In ospedale?!- quasi strillo. E se avessero scoperto tutto?!
-Sì, ma non ti preouccupare. Ho chiamato Kou, ricordandomi di un suo amico dottore, e gli ho chiesto di darmi una mano. Gli abbiamo spiegato la situazione e ha detto che ti darà una mano anche per il parto, o per qualsiasi altro problema dovessi avere.-
-Grazie...- mormoro accarezzandogli una guancia con il pollice.
-Non ringraziarmi, non ho fatto nulla, solo il mio dovere in quanto padre e marito. Anche se devo ammettere che lì per lì mi sono spaventato parecchio...- sorride imbarazzato.  
-Mi dispiace...-
-Non scusarti.- sussurra baciandomi la fronte. Veniamo interrotti dal medico, che entra nella stanza dopo aver bussato.
-Ben svegliato signor Matsumoto. Come si sente?- mi chiede cordiale tirando fuori uno stetoscopio.
-Abbastanza bene, credo...mi sento la testa un po' pesante.-
-Mhm, ok...a per caso avuto delle fitte o dei dolori in questi giorni?- domanda passandomi il cerchietto di metallo freddo su tutto il petto per poi scendere sulla pancia.
-Sì, ieri...credo di essere svenuto per quello.- spiego.
-Si giri, per favore...capisco. Credo sia meglio tenere sotto controllo la situazione, per oggi rimarrà qui e stasera potrà già tornare a casa. Non dovrebbero esserci grandi complicazioni, il suo corpo si sta semplicemente abituando ad avere "qualcuno" dentro di sè, ma è sempre meglio fare qualche accertamento. Nel caso il dolore dovesse tornare le prescriverò un antidolorifico. Se dovesse avere problemi non si faccia problemi a chiamare a qualsiasi ora del giorno.- conclude rimettendo via lo strumento e riabbassandomi il pigiama bianco.
-Ora vi lascio soli. Tra mezz'oretta dovrebbe arrivare un'infermiera con il pranzo. Ci vediamo dopo.- saluta chiudendosi la porta alle spalle.
-Mi sembra gentile, dai...andrà tutto bene.- commenta Aki seguendolo con lo sguardo.
-Aspetta un secondo...che ore sono?- chiedo guardandomi in giro alla ricerca di un orologio. Si scopre il polso dalla manica della maglia.
-Le 11:39...-
-Akira! Devi andare al lavoro!- strillo alzandomi a sedere. Un altro capogiro mi costringe a ridistendermi.
-Stai giù...ho già chiamato Yutaka e gli ho spiegato la situazione. Mi ha detto di andare solo al pomeriggio. L'ho pregato di lasciarmi stare con te ma non c'è stato verso! Quell'uomo è uno schiavista, oltre che un insensibile.- si lamenta scuro in volto.
-Non preoccuparti per me, amore...starò bene. E stasera saremo di nuovo a casa. Insieme.- cerco di sorridere. Si alza in piedi con un sospiro.
-Sarà meglio che vada, non mi perdonerà mai un altro ritardo. E devo ancora andare a casa a cambiarmi.- borbotta passandosi entrambe le mani sul viso stanco. Mi sembra più pallido del solito, la pelle tirata e le occhiaie profonde che gli segnano il contorno occhi.
-Akira...hai dormito?- chiedo fissandolo.
-Eh? Sì, sì, certo...mi sono addormentato sulla poltroncina, venti minuti...credo...- biascica. Lo prendo per una manica.
-No. Tu non hai dormito. Sei rimasto sveglio. Per colpa mia.-
-Non potevo di certo permettermi di addormentarmi in una situazione del genere...- mormora guardando a terra.
-Scemo. Non ti devi ridurre in questo stato per me...-
-Lo sai che morirei per te. Se tu stai bene, io sto bene. Se tu stai male, io devo aiutarti. Non importa se devo soffrire. Il solo poter rivedere il sorriso sul tuo volto mi basta. Quindi sorridi, ti prego, e fammi capire che tutto quello che ho fatto non è stato completamente inutile. Perchè non c'è cosa più bella di vederti sorridere.- si tortura una pellicina del labbro nervosamente. Rimango senza parole. Non mi aveva mai fatto una dichiarazione del genere. Mi inginocchio per raggiungere la sua altezza e lo attiro a me in un bacio passionale.
-Grazie...grazie di esserci sempre...- sussurro stringendolo. Sento di stare per mettermi a piangere...
Ricaccio indietro le lacrime e gli sorrido il più entusiasta possibile.
-Così mi piaci, principessa...- sorride anche lui baciandomi la punta del naso.
-Vai o Yutaka si arrabbierà seriamente. Ci sentiamo più tardi.- lo spingo gentilmente verso la porta.
-Vengo a prenderti stasera, subito dopo il lavoro.-
-Già mi manchi...- aggiunge malinconico prima di uscire.
-Anche tu.- mormoro una volta fuori dalla camera.
Attendo pazientemente il mio pranzo, giocando un po' con il cellulare. Quando arriva, mi accorgo di avere una fame assurda e spazzolo via tutto in men che non si dica.
Passo la giornata a saltellare da un canale all'altro, interrotto solo dalle visite del dottore, attendendo il ritorno di Akira. Verso le sei il mio cellulare squilla.
-Moshi moshi?- rispondo.
-Taka-chan, sono Akira. Sono riuscito a scappare alle grinfie di quel manipolatore.- ridacchia.
-Mhm, Yutaka ti ha distrutto?-
-Non mi sento più le dita...ho il segno del plettro impresso nel pollice...ci rendiamo conto?!- si lamenta per un buon dieci minuti dei suoi problemi, forse dimenticandosi che sono io quello in ospedale con una "cosa" nella pancia.
-Dove sei?- gli chiedo stroncando tutti i suoi discorsi riguardo a polpastrelli in fiamme e calli.
-Sto arrivando, ancora due strade e ci sono. Comincia a prepararti, se ce la fai. Ti ho lasciato dei vestiti nella borsa.-
-Ok, a dopo allora.-
-A tra poco, principessa!-
Ridacchio al sentire di nuovo quel nomignolo. Mi ci sto quasi abituando.
Raccolgo le mie cose sparse in giro e mi cambio. Trovo una delle maglie di Akira che mi piacciono tanto, un mio cardigan e dei jeans elasticizzati con le zip sulle ginocchia. Lo amo anche per questo...
Mi faccio trovare vestito di tutto punto seduto sul letto.
-Buonasera, ha per caso visto il mio fidanzato? Bassino, malaticcio e pallido.- scherza divertito. Gli salto al collo, avvolgendo le gambe intorno al suo corpo, e lo riempio di baci su tutto il viso e sul collo. Siamo stati separati solo poche ore ma cominciavo già a sentire la sua mancanza.
-Faccia attenzione, potrebbe scoprirci...- ridacchia strofinando il suo naso contro il mio. Mi riposa a terra, giusto un secondo prima che il medico entri un'ultima volta per accertarsi che vada tutto bene.
-Allora se dovesse avere problemi non esiti a chiamarci. In ogni caso le farebbe bene una visita ogni tanto. Bisogna sempre monitorare le gravidanze, sopratutto se "particolari" come questa.-
Annuisco convinto stringendogli la mano.
-Va bene, grazie mille.-
Usciamo dall'ospedale tenendoci per mano, la macchina parcheggiata proprio davanti alla porta a vetri scorrevole.
-Non volevo che la mia principessa si stancasse.- spiega Aki aprendomi la portiera. Mi siedo al mio posto e attendo che salga in macchina. Tentenna qualche secondo prima di partire, frugando nel vano per le gambe.
-Oh, guarda un po' cosa ho trovato qui.- esclama con finta sorpresa. Mi passa una scatola bianca con un'etichetta dorata che ben conosco.
-Akira, spero per te che tu non...- cerco di dire.
-Avevi bisogno di essere tirato su di morale. E se io non ci riesco, questo era l'unico modo.- mi zittisce.
Alzo il coperchio e una sfilza di pasticcini di tutti i tipi mi fissano, ricoperti delle loro deliziose glasse.
-Cos'è questa?- dico con tono omicida indicando una tortina alle fragole.
-Quella è per me! Non penserai mica di mangiarti tutti quei dolci da solo, golosone!- ride pattandomi sulla testa e mettendo in moto.
Torniamo a casa ascoltando un po' di musica. Akira si offre di preparare la cena, lasciandomi riposare sul divano. Mi alzo la maglietta fino al petto, sfiorandomi delicatamente con la punta delle dita la pelle leggermente tirata e il gonfiore appena sotto l'ombelico.
-Sta già crescendo.- mormoro emozionato riferendomi alla pancia. La mano di Aki raggiunge le mie, calda, grande e leggermente più ruvida. Mi piace quel suo tocco un po' grezzo, seppur gentile, è così...da padre. Mi diverto ad immaginarlo con un piccolo bimbo in braccio, mentre gli porge il biberon, con il suo solito fare impacciato, ficcandoglielo a forza fra le labbra. A quel punto io glielo prenderei di mano, cullandolo leggermente, e mi bagnerei un dito con un po' di latte, mostrandogli come fare. Poi lui riproverebbe, magari non riuscendoci una prima volta, ma continuerà a provare e provare, fino a riuscirci. Poi il bambino crescerebbe e sicuramente gli insegnerebbe a giocare a calcio, appassionato com'è. Se ne starebbero tutto il giorno in giardino, uno di quelle case fuori città, a divertirsi, magari mentre io in cucina a preparo la cena e li guarderei, forse un po' malinconico, da una delle finestre con le tendine ricamate e i fiori sullo stipite esterno. Lo accompagneremo a scuola il suo primo giorno, e probabilmente anche i seguenti, a testa alta, e lui non si vergognerebbe di noi, non ce ne sarebbe motivo. Poi arriveranno le medie, i primi amori e l'adolescenza e noi gli staremo vicini, ricordando la nostra gioventù vagamente tormentata. Litigheremo, certo, ma anche questo fa parte dell'essere una famiglia. Non potrà essere tutto perfetto, incorreranno difficoltà e screzi ma insieme supereremo tutto. Arriverà anche il giorno in cui il nostro piccolino, ormai non più tanto piccolo, lascerà il nido per volare da qualche parte da solo, o forse accompagnato dalla sua anima gemella. Chissà, un giorno forse troveremo anche l'invito ad un matrimonio, e piangeremo di felicità. Potrebbe anche arrivare la lieta notizia di un nipotino e noi non potremo far altro che essere contenti di diventare nonni, sentendoci magari un po' vecchi ormai. E poi...
-A che pensi?- mi interrompe Akira.
-A tante cose...al nostro futuro...e a lui.- spiego indicando in basso.
-Che ne dici di tornare al presente e venire a mangiare prima che si freddi?- ride puntando con il pollice al tavolo. Ha apparecchiato per due, uno di fronte all'altro, con qualche candela a dividerci.
-Ottima idea!- esclamo saltando in piedi. Confido ad Aki tutti i miei pensieri e sogni, tra un boccone e l'altro, e alla fine non può far altro che stringermi dolcemente la mano e sussurrare:
-Sarà tutto perfetto...-

Note:
Finalmente!
Non so nemmeno quanto tempo è passato dall'ultima (e prima) volta che ho aggiornato! Allora, che dire...capitolo molto cucciolo quanto litigioso. Quei due proprio non ce la fanno ad andare d'accordo (Taka perennemente mestruatA e Aki passione maniaco), ma alla fine, come sempre, tutto si conclude al meglio. Ho deciso di far stare poco Taka in ospedale per non ricadere in quel limbo senza fine nel quale mi ero imbattutta scrivendo "Anata Dake" (chi l'ha letta se lo ricorderà). Ci sarà tempo dopo per farlo soffrire (muhahahh)... Ah, un'altra cosa: alcune volte lascio che i due colombi si lascino scappare qualche parolaccia, per rendere il tutto più realistico. Spero non vi dia troppo fastidio...
Btw, come al solito recensite, se vi va. Sapete che mi piace sempre sapere cosa ne pensate ^^ anche se il pensiero in questione è negativo (frecciatina alla bunneh che si preoccupava di avermi dato un semplice consiglio ;D).
Ci si vede!

Reichan :3

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The GazettE / Vai alla pagina dell'autore: _rei_chan_11_