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Autore: Edith Edison    17/07/2015    3 recensioni
Newtmas||One-Shot||2759 parole
Da che ne aveva memoria, Newt aveva sempre odiato le feste. [...]
Aveva smesso di sentirsi strano o di ritenersi stupido: semplicemente non riusciva ad omologarsi con facilità alla massa, non era in grado di fingere di accettare quei comportamenti da teenagers senza cervello.
***
« Thomas? » Chiamò ad alta voce per farsi sentire meglio, nonostante la musica a palla fosse notevolmente attutita dalla porta della toilette. « Thomas, sei qui dentro? »
Quel qualcuno che aveva attirato l’attenzione di Newt era stato proprio il suo migliore amico[...]
« Perché ti sei ubriacato? » Il biondo domandò a Thomas con sincera curiosità.
***
Nonostante tutto, in quel momento ciò che rischiava di farlo impazzire era il ricordo dell’episodio di due ore prima: aveva davvero pensato che Thomas stesse per baciarlo?
E lo avrebbe davvero baciato, se lui lo avesse fatto?
Insomma, era l’amico quello ubriaco, non Newt!
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brenda, Newt, Teresa, Thomas, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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I just wanna try something


Da che ne aveva memoria, Newt aveva sempre odiato le feste.
Anche da piccolo, quando li costringevano a partecipare a quegli inutili giochi per bambini e a fare le foto ricordo insieme a tutti gli altri invitati ed, in particolare, al festeggiato.
Poi era cresciuto ed erano diventate più una buona occasione per sballarsi e strusciarsi addosso a chiunque, persino ad uno sconosciuto.
Le feste erano la piena rappresentazione ed espressione della superficialità che dominava indisturbata nel mondo in generale e non solo nella loro piccola dimensione adolescenziale.
E lui era fin troppo riflessivo e profondo ed attento ai particolari per permettersi di essere inebriato da quella superficialità, non si sarebbe mai potuto sentire a suo agio in situazioni del genere, non facevano per lui.
Aveva smesso di sentirsi strano o di ritenersi stupido: semplicemente non riusciva ad omologarsi con facilità alla massa, non era in grado di fingere di accettare quei comportamenti da teenagers senza cervello.
In ogni caso, sembrava essere l’unico a pensarla in questa maniera, visto che pure i suoi migliori amici – Minho, Thomas, Teresa e Brenda – sembravano starsi divertendo da matti.
Sinceramente non sapeva nemmeno per quale motivo si trovasse in quel locale a festeggiare il compleanno di un certo Aris – a quanto aveva sentito in giro era un vero stronzo, ma era schifosamente ricco ed organizzava le feste migliori -, forse era perché i suoi amici lo avevano letteralmente assillato per convincerlo, forse perché lo scocciava rimanere a casa quel venerdì sera. Così non voleva stare a casa sua e neanche andare in discoteca.
Quindi cosa voleva?
In realtà, non lo sapeva nemmeno Newt stesso. Non riusciva a capirsi, a volte.
E questa era una di quelle volte.

Sobbalzò sentendosi tirare per un polso da una persona la cui stretta gli era familiare: Teresa.
« Dai, Newt. Che palle! Vieni a ballare. » Gli disse sorridendo e continuando a saltellare facendo quasi venire il mal di testa al ragazzo.
Lui sorrise ironico e prese un altro sorso di quel liquido azzurro acceso – non gli piaceva comportarsi irresponsabilmente, non aveva mai detto che un po’ di alcohol gli avrebbe fatto male – liberandosi delicatamente dalla morsa dell’amica.
« Grazie per il pensiero, ma passo. » Lei sbuffò per tutta risposta e si fermò solo per gettargli un’occhiata carica di disapprovazione, con le mani sui fianchi e le labbra arricciate.
Newt rise perché sembrava proprio una maestrina arrabbiata che stava per sgridare uno dei suoi alunni pestiferi e Teresa arricciò le labbra ulteriormente.
Poi si sciolse e lo invitò di nuovo. « Avanti! Solo una canzone. »
Il biondino sospirò e la ragazza lo interpretò come un assenso, dato che gli prese la mano e lo trascinò nel bel mezzo della massa di corpi sudati che si muovevano a ritmo di musica gli uni contro gli altri. Newt fece appena in tempo a posare il bicchiere di vetro sul bancone dell’angolo bar vista la velocità con cui l’amica lo costrinse a seguirla, probabilmente temendo che se ne sarebbe pentito poco dopo.
Ed, in effetti, già lo stava facendo; non sapeva come doveva muoversi, osservò gli altri intorno a sé e si sentì un imbranato. Non è che tutti sapessero ballare, parliamoci chiaro, ma per lo meno sapevano cosa stavano facendo, i loro passi non erano del tutto fuori luogo, mentre lui era convinto che sarebbe apparso un completo idiota se anche solo avesse fatto un salto.
Ma Teresa accorse in suo aiuto cercando di nascondere una risata, gli afferrò anche l’altra mano e presero a ballare insieme. Certo, continuava a sentirsi una scimmia in mezzo ad un branco di giraffe, eppure si sforzò di non darlo a vedere e di sopprimere quell’inadeguatezza che si portava dietro da ormai fin troppo tempo. Fece fare una giravolta a Teresa, la quale scoppiò a ridere sollevata dal fatto che l’amico si stesse lentamente sciogliendo.
Quando lo aveva visto così pensieroso, con un drink fra le mani, non aveva potuto fare altro che intervenire: si sarebbe fritto il cervello a  furia di riflettere così tanto.
Newt, dal canto suo, provò a farsi travolgere dalle risate di Teresa, ripetendosi che forse poteva divertirsi anche lui, come un normale ragazzo della sua età ed, almeno per una sera, non odiare quelle stupide feste.
La canzone che aveva promesso alla ragazza dagli occhi azzurri era terminata, quindi teoricamente – sì, teoricamente, perché dubitava che Teresa lo avrebbe lasciato tornare all’angolo bar, per finire quel drink azzurro e magari ordinarne un altro – sarebbe potuto sgattaiolare via dalle sue grinfie, però aveva continuato a ballare e probabilmente sarebbe andata avanti in questo modo per un altro po’ se qualcosa, o meglio, qualcuno, non avesse attirato l’attenzione di Newt.
Si avvicinò all’orecchio di Teresa e le disse di scusarlo un attimo, rimanendo sul vago; lei, però, lo guardò trucemente e sul momento il biondo inventò di dover andare in bagno, il che, a dirla tutta, non era una totale bugia.
Lei allora annuì tranquilla e gli lasciò le mani, poi incontrò lo sguardo di un ragazzo con una giacca di pelle nera indosso che le sorrise ammiccando palesemente, tant’è che la mora si voltò verso Newt e gli strizzò l’occhio, come per assicurargli: “Prenditi tutto il tempo che vuoi, credo proprio che starò bene.”
Lui scosse la testa e ridacchiò, successivamente si mosse velocemente tra gli altri e si allontanò dalla grande sala da ballo.  

« Thomas? » Chiamò ad alta voce per farsi sentire meglio, nonostante la musica a palla fosse notevolmente attutita dalla porta della toilette. « Thomas, sei qui dentro? »
Quel qualcuno che aveva attirato l’attenzione di Newt era stato proprio il suo migliore amico; gli era, infatti, sembrato di vederlo correre in direzione del bagno con una mano sulla bocca, come se non stesse bene e dovesse rimettere, così si era preoccupato ed aveva deciso di verificare se fosse davvero lui.
Il 'presunto-Thomas' mugugnò qualcosa e, mentre il biondo cercava di capire da quale cabina provenisse, sentì quella stessa persona vomitare un bel po’ di roba, così ci rinunciò: non ci teneva a vedere il vomito di qualcuno in quei cessi schifosi, nemmeno se si trattava di quello di Tommy.
Il suddetto scaricò ed uscì dalla cabina circa cinque minuti dopo.
« Sembri una sploff. » Gli disse, utilizzando il gergo che lui, Thomas e Minho avevano cominciato ad usare da piccoli per sostituire le parolacce.
Thomas si massaggiò debolmente le palpebre degli occhi. « E tu sei proprio una testa di caspio. » Gli rispose a tono, girando la manopola del lavello e sciacquandosi il viso poco dopo.
Sembrava essere distrutto, pensò Newt scrutandolo attentamente con una spalla poggiata al muro e le braccia incrociate sul petto.
« Perché ti sei ubriacato? » Il biondo domandò a Thomas con sincera curiosità. Non voleva rimproverarlo – sapeva che sarebbe servito a poco, Thomas faceva sempre quello che voleva fare, senza dare ascolto a nessuno – o prenderlo in giro, solo sapere per quale motivo si fosse ridotto in quello stato.
« Ho visto Brenda ed Aris che si baciavano. » Newt sapeva bene della cotta che il suo amico si era preso per la ragazza e di quanto contasse su quella serata per poter combinare qualcosa con lei.
« Mi dispiace, amico. » Si rivolse a lui dispiaciuto, Thomas era un bravo ragazzo, eppure più che volentieri riceveva delusioni che non si meritava minimamente, la gente approfittava del suo buon cuore pensando che fosse indistruttibile, mentre chiaramente non lo era.
Questo pensiero ricordò a Newt perché tanto odiasse le feste: si trattava sempre di quella superficialità insita nella maggior parte delle persone, quella superficialità che non avrebbe mai sopportato.
« Mi accompagni a casa? » Gli chiese supplicante Thomas, nonostante Newt non avrebbe mai lasciato un amico in difficoltà, soprattutto se farlo significava rimanere bloccato in quella dannata discoteca. « Io sto da schifo e non posso guidare. »
Il biondino sospirò. « Certo. »

Un’ora dopo si trovava nella stanza di Thomas.
I suoi genitori lavoravano alla W.I.C.K.E.D., una grande multinazionale che li impegnava a tempo pieno, costringendoli spesso fuori casa, invischiati in viaggi al di là del continente che proprio non potevano evitare ricoprendo il padre la carica di vice-presidente e la madre quella di suo assistente personale. Ovviamente il lavoro dei genitori aveva sempre permesso loro di vivere agiatamente, in una grande casa dotata di ogni comfort, e ad un piccolo Thomas di veder realizzato ogni suo capriccio. Nonostante ciò, il moro non si era lasciato troppo influenzare e non era diventato di certo un ragazzo viziato, anzi, poco gli importava delle agiatezze che poteva concedersi: non gli piaceva sperperare il denaro dei suoi genitori. In verità, non gli piaceva utilizzarlo e basta.
Spesso negli anni si era ritrovato a desiderare solamente che i suoi genitori fossero più presenti nella sua vita, che quando ritornasse da scuola potesse scoccare un bacio sulla guancia a sua madre o che avesse la possibilità di discutere di baseball – il suo sport preferito in assoluto – con suo padre. Eppure loro erano assenti anche in quei rari momenti in cui erano a casa, sua madre cercava di parlare con Thomas della sua vita, ma era difficile intromettersi in qualcosa di cui non si faceva parte. Suo padre, invece, non faceva neanche quel tentativo: si teneva semplicemente all’oscuro delle attività del figlio.
Per questo, nel momento in cui Thomas aveva rimediato un lavoro part-time in una pizzeria del centro, non si era guadagnato nulla in più del suo sguardo di disapprovazione.
Newt bevve il resto del caffè che aveva comprato per lui e l’amico nel viaggio di ritorno, insieme ad un paio di ciambelle. Il moro si era addormentato in macchina e ci era voluto davvero tanto prima che l’altro riuscisse a svegliarlo e a fargli mettere un piede dopo l’altro fino ad arrivare dentro casa sua.
Avevano mangiato le delizie zuccherate in silenzio, finché Thomas non chiese al biondino se volesse restare a vedere Star Wars per l’ennesima volta, proposta che non poteva in alcun caso rifiutare. Così Newt finalmente trovò il cavo giusto e lo collegò al laptop e al televisore a schermo piatto, poi cercò il film su internet e lo mise in pausa per chiedere a Thomas se fosse ancora vivo.
Doveva mettersi il pigiama, ma non diceva una parola da troppo tempo e, quando Newt si voltò verso di lui, lo vide impegnato con i bottoni della camicia azzurrina.
Gli tremavano le mani.
Il biondo si avvicinò con due rapide falcate e senza pensarci posò le sue mani su quelle di Thomas, aiutandolo a sbottonarla.
Non sarebbe dovuto essere un gesto strano, alla fine stava solo aiutando il suo migliore amico ubriaco, eppure Newt percepì della tensione nell’aria e lo sguardo di Thomas sembrava bruciare sulla sua pelle. Per questo motivo, finita di sbottonare la camicia, tenne gli occhi fissi sulle sue scarpe per qualche secondo, prima di alzare il capo in un moto di coraggio ed incontrare quelli nocciola di Tommy che lo stavano scandagliando centimetro per centimetro.
Erano molto vicini, più di quanto avessero previsto, eppure entrambi sembravano bloccati in quella vicinanza, immobili nel percepire i loro respiri che si infrangevano e la temperatura che pareva improvvisamente essersi alzata esponenzialmente.
Thomas si avvicinò e nemmeno Newt seppe a cosa la sua mente corse, fatto sta che socchiuse gli occhi ed ogni muscolo del suo corpo si tese in attesa di ciò che stava per succedere.
Eppure il moro deviò il suo viso e lo superò gettandosi sul divano, lasciandolo lì in piedi, in mezzo alla sua stanza da letto con una faccia da pesce lesso ed una domanda in testa.
“Che cosa stavo per fare?”

Newt non aveva seguito un minuto di Star Wars.
Okay, lo conosceva a memoria, avrebbe potuto recitare senza troppa difficoltà l’ottanta per cento delle battute di quel film – “La minaccia fantasma” lo faceva impazzire - che continuava a piacergli da morire.
Nonostante tutto, in quel momento ciò che rischiava di farlo impazzire era il ricordo dell’episodio di due ore prima: aveva davvero pensato che Thomas stesse per baciarlo?
E lo avrebbe davvero baciato, se lui lo avesse fatto?
Insomma, era l’amico quello ubriaco, non Newt!
E per altro, non gli era mai capitato di sentirsi…attratto da Thomas o, in generale, da nessun altro ragazzo. Anzi, aveva avuto passate relazioni con qualche ragazza e…sì, decisamente gli piacevano le ragazze.
Eppure Thomas in quel momento gli era sembrato così seducente, con il torace lasciato scoperto dalla camicia sbottonata, le labbra socchiuse e quegli occhi dannatamente intensi.
Talmente tanto che probabilmente si sarebbe lasciato baciare.
Non si accorse nemmeno che, nel frattempo, Star Wars era finito ed il moro aveva preso a fissarlo insistentemente. Quando il ragazzo se ne accorse, gli venne spontaneo scuotere la testa e chiedere con un mezzo sorriso: « Che c’è? »
« A cosa pensi? »
« A nulla. »
Tra di loro calò il silenzio più totale e Thomas si mise in piedi per spegnere la tv e scollegarla dal computer portatile; ma, dopo solo qualche secondo, il ragazzo si girò verso Newt e « Posso provare una cosa? » chiese, raggiungendo impazientemente il divano e neanche aspettando che il biondo potesse fornirgli una risposta.
Prese il viso di Newt fra le mani e poggiò le labbra sulle sue, mentre il ragazzo si aggrappava prontamente alle sue spalle nude e ricambiava il bacio dopo un attimo di smarrimento.
Un attimo che comunque durò estremamente poco.
Newt si sentiva completamente su di giri, perso irrimediabilmente nelle sensazioni che quel bacio gli stava regalando. Pensò tante cose, o meglio, si costrinse a pensare a tante cose: pensò che quello era il suo migliore amico, che quello era un errore – nonostante Newt gli morse il labbro inferiore, bramando di più, e Thomas schiuse la bocca per lasciare che le loro lingue si incontrassero e cominciassero a rincorrersi in un gioco sensuale e, lo sentì, non c’era nulla di sbagliato in tutto ciò -, che Thomas era ubriaco.
Ma non si stava approfittando di lui, non era un cucciolo indifeso ed, in ogni caso, non era sembrato essere incapace di intendere e di volere, facoltà che però sentiva di star perdendo lui stesso. E di nuovo si chiese se fosse lui a non essere ubriaco.
Thomas poggiò un ginocchio sul divano e cominciò a dedicarsi al collo del biondino; glielo baciò, lo morse e poi lo baciò di nuovo, in una lenta e lasciva tortura che portò Newt a sospirare più di una volta. Le sue mani – ormai non tremavano, erano, invece, incredibilmente ferme e decise nel proseguire – raggiunsero l’orlo della sua maglietta verde scuro e gliela sfilarono velocemente.
Morivano entrambi dalla voglia di scoprire cosa si provasse ad avere le loro pelli nude a contatto e lo avrebbero scoperto, se solo Thomas non si fosse fermato, impallidendo all’improvviso.
« Tommy, tutto okay? »
« Devo vomitare. »
Ed era scappato in bagno.

Newt si era addormentato poco dopo Tommy, pensando che aveva combinato un casino, che avrebbe dovuto fermarlo e che probabilmente c’era qualcosa nell’aria quella sera, perché se solo pensava a lui e il suo migliore amico che si baciavano con foga, tutto assumeva i contorni di un sogno e l’evento gli appariva ogni minuto sempre più surreale.
Eppure quando la mattina si svegliarono, Thomas disse solo: « Voglio solo provare una cosa. »
E Newt sapeva bene cosa desiderava provare, ancora prima di sentire le sue labbra morbide e piene sulle proprie. 
   
 
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