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Autore: Lumos and Nox    18/07/2015    9 recensioni
Ci sono missioni per cui Skipper è da sempre preparato. Ci sono missioni come sparatorie, complotti, spionaggi, fughe- una lista lunga, precisa e concisa, un circolo di cui lui ormai fa parte da tempo. Il suo corpo e la sua anima ne fanno parte.
Ha sempre creduto di essere preparato a tutto, ad ogni situazione. Ha la stoffa del leader, ha una lista lunga, precisa e concisa di qualsiasi missione, che cosa non dovrebbe riuscire ad affrontare? Per cosa non era preparato?
... un cuore spezzato.
[Human!AU | Skilene | Death!fic]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marlene, Skipper
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'ultimo addestramento



Ci sono missioni per cui Skipper è da sempre preparato. Ci sono missioni come sparatorie, complotti, spionaggi, fughe- una lista lunga, precisa e concisa, un circolo di cui lui ormai fa parte da tempo. Il suo corpo e la sua anima ne fanno parte.
Ha sempre creduto di essere preparato a tutto, ad ogni situazione. Ha la stoffa del leader, ha una lista lunga, precisa e concisa di qualsiasi missione, che cosa non dovrebbe riuscire ad affrontare? Per cosa non era preparato?
Un cuore spezzato.

La piccola casa in cui lui e la sua squadra avevano costruito la loro base era ordinata e perfettamente a norma rispetto alle loro esigenze. Pulita, letale, riservata... Nessuna distrazione dai loro compiti, se non una piccola tv e qualche finestrella che per ragioni di sicurezza non avevano potuto otturare.
Era da una di quelle finestrelle, quella a sud est, che la vedeva arrivare, rischiarata dalla luce soffusa del sole, sempre un attimo prima degli altri. Marlene abitava a fianco a loro e si era fatta subito riconoscere portando loro una torta di mele di benevenuto- Skipper aveva creduto per un bel po' che si trattasse di una bomba e c'erano volute delle analisi di Kowalski perché si tranquillizzasse. Il profumo della torta aveva invaso tutta la base e mentre i suoi compagni- sottoposti- si rimpinzavano e facevano a gara di complimenti per la ragazza, lui se ne era stato un po' in disparte a squadrarla torvo. Qualcosa in lei non lo convinceva.
Era una ragazza normale, Marlene. Non poteva nemmeno ambire alla bellezza distante e... così rosa della ragazza di Rico, né di certo aveva lo stile superbo e e sofisticato della Doris che Kowalski tanto sospirava. Marlene aveva occhi grandi e castani, capelli ondulati, fino alle spalle, uno spruzzo di lentiggini e un naso all'insu. Niente di speciale.
Era stato con il tempo, con i mesi che avevano iniziato a susseguirsi uno dopo l'altro insieme alle loro missioni, che aveva notato gli altri piccoli dettagli.
Al loro terzo incontro, aveva scoperto che Marlene amava in modo ossessivo le chitarre spagnole e le cose... urgh, romantiche; e con i suoi sorrisi ed i suoi modi si poteva quasi pensare che l'essere gentile con il mondo forse fosse qualcosa di naturale per lei, non una studiata caratteristica per infiltrarsi.
Il giorno in cui li aveva aiutati a cacciare dalla loro base il vicino rasta mezzo drogato e totalmente idiota, Julien Coda-ad-anelli Kingson, Skipper aveva notato che i suoi occhi diventavano... in qualche modo brillanti, pieni della luce del sole, quando rideva di gusto.
Non ricordava nemmeno quando era stato, quando avevano deciso di portarla con loro fuori dal paesetto in cui vivevano per un giro a New York... ma avevano scoperto dopo poco che Marlene era affetta da una sorta di ansia orribile di fronte alle grandi città, un disturbo che Kowalski aveva etichettato con uno dei suoi enormi paroloni e che la trasformava completamente, con gli occhi sgranati e i capelli rizzati e il respiro affannoso, in un continuo attacco di panico. Quando se ne erano ritornati nel loro paesetto e lui l'aveva accompagnata a casa, non aveva dovuto scoprire un bel niente, perché era stata Marlene a rivelargli tutto, spontaneamente.
La luce soffusa che filtrava dalla finestra sopra di lei colorava i suoi capelli castani di riflessi dorati, e sembrava che avesse una sorta di vera aureola sulla testa mentre parlava. Parlava di una mamma che aveva abbandonato la Marlene-bambina di quattro anni, di una mamma che l'aveva lasciata da sola in una grande città e che non si era mai più fatta vedere.
La luce soffusa che filtrava dalla finestra sopra di lei colorava i suoi capelli castani di riflessi dorati, e sembrava che quella vera aureola tremolasse insieme alle lacrime che le pizzicavano gli occhi- ora non più sgranati, ora... soltanto grandi e dolci.
La luce soffusa della finestra sopra di lei aveva illuminato il primo abbraccio che Skipper aveva concesso a qualcuno da un'epoca infinita, una stretta un poco goffa, un poco impacciata che voleva essere un qualcosa di rincuorante, un qualcosa di... tranquilla, Marlene, ti aiuteremo a superarlo.
Si erano aiutati a vicenda nei tempi successivi e Skipper aveva scoperto altro su Marlene. Dopo un anno sapeva che il suo animale preferito era la lontra, vestiva spesso di marrone, non si truccava quasi mai, era cresciuta con sua zia Alice, non le piacevano le chitarre spagnole, ma le chitarre e in particolare il genere di musica spagnolo. L'aveva aiutata con la sua odiosa coinquilina Rhonda, una tizia che zia Alice le aveva mandato e che lui aveva subito inquadrato come enorme-problema-mandato-da-Blowhole. Aver scoperto che Julien Coda-ad-Anelli le faceva la corte per qualche motivo lo aveva irritato a tal punto da rovinare la loro relazione e il loro primo, vero litigio era stato nella sua base, davanti a tre militari sconvolti (Rico che strabuzzava gli occhi, Kowalsky che nascondeva con una mano la vista al giovane Soldato).
Giorni dopo, Kowalsky aveva provato a rimediare per lui, con un macchinario che aveva trovato il presunto vero amore di Marlene, un tipo pigro e passivo con un nome che Skipper non si era preso nemmeno la briga di imparare. Tanto tra loro non avrebbe funzionato, ed aveva avuto ragione. Come sempre.
Anche Marlene aveva scoperto molto su di lui- lui aveva lasciato che Marlene scoprisse molto, anche più del cibo preferito, del suo modo di parlare e di aggrottare un sopracciglio. Le aveva raccontato di Manfredi e Johnson, i suoi due vecchi compagni, persi, che con i loro ricordi a volte venivano a tormentarlo. Le aveva raccontato cose che non aveva nemmeno mai accennato a Rico o a Kowalsky- figurarsi poi Soldato, come i primi addestramenti duri da far sputare il sangue, senza il minimo contatto con la famiglia; come la prima guerra, una missione in Vietnam; la prima cosa persa, la prima cosa vinta...
Dopo due anni di conoscenza, Skipper si era chiesto se Marlene per caso non lo conoscesse meglio di sé- e come cosa avrebbe dovuto preoccuparlo, da bravo soldato.
Ma non ci riusciva.
Marlene lo aveva aiutato con Mrs Kitcka, una ragazza che si era rivelata troppo simile a lui; Marlene aveva rifiutato platealmente e più volte Julien Coda-ad-Anelli, sempre con tono gentile, ma fermo; Marlene ogni tanto sbucava senza preavviso nella loro "area riservata", facendolo irritare come mai, ma portando sempre entusiasmo ed ironia. Marlene aveva rincuorato Soldato nei suoi momenti no, sorridendo a Skipper con un sospiro mentre il ragazzino le mostrava i suoi unicorni; Marlene aveva provato a tirar fuori Kowalsky da quella vecchia storia senza fine con Doris e anche se non aveva avuto alcun risultato e Skipper aveva scosso la testa suggeredole di non perdere tempo in casi persi, continuava ancora a cercare di scollare lo scienziato da quella ragazza. Marlene aveva chiaccherato- per quanto possibile- con Rico e provato a fare lo stesso con Dolly- per poi scoprire che non parlava un accidente di inglese.
Skipper la trovava un poco irritante, a volte- specie quando alzava gli occhi al cielo con soddisfazione guardando Coda-ad-Anelli- e anche invadente e troppo, troppo ben disposta verso quel mondo- quel mondo che aveva regalato un addestramento duro senza famiglia e la perdita di due compagni a lui, e una madre senza cuore a lei. Più di una volta, si diceva che doveva mandarla via, farla ritornare nel suo spazio, ma... la verità era che Marlene faceva del gran bene, a tutti loro, a lui.
C'era sempre tempo per un sorriso tra lui e Marlene, un sorriso ironico, un sorriso con solo un angolo delle labbra alzato, una smorfia divertita... c'era sempre tempo, anche quando stavano per partire per una missione e lei si sporgeva fuori da casa sua a salutare- sapeva sempre quando partivano, e anche -e soprattutto- quando tornavano.
Era stato in quel secondo anno di conoscenza che Skipper aveva notato quanto potesse essere... quanto potesse essere bella, Marlene, anche senza quella luce soffusa sui capelli e quella specie di vera aureola.
Aveva notato che non si infastidiva più come un tempo quando lei si introfulava nella loro base- ma perché?- e che le preoccupazioni sul fatto che lei potesse essere una spia nemica anziché un'arredatrice erano sfiorite, sfocate. Il ricordo della luce soffusa che filtrava dalla finestra sopra di lei colorando i suoi capelli castani di riflessi dorati era diventato un aspetto corrente nei suoi pensieri e a volte era quasi fastidioso.
C'era voluto l'aiuto di Kowalsky per mettere a fuoco la completa situazione e la diagnosi era stata un completo innamoramento, che perfino Rico e Soldato avevano già intuito da un bel pezzo.
Skipper aveva fatto fatica ad accettarlo, all'inizio, aveva sperato che fosse una semplice infatuazione. Perché un soldato, una spia come lui non doveva accettare distrazioni, pena eventi terribili alla Manfredi e Johnson- svegliarsi dopo due anni di continue strappi alle regole ne era la dimostrazione. Alla domanda che aveva rivolto a Kowalsky chiedendogli le varie opzioni, lo scienziato aveva alzato le sopracciglia talmente tanto da farle scomparire nei suoi ordinati capelli neri e Soldato aveva detto che nell'amore bastava seguire il cuore, con tanto di Rico alle sue spalle che emetteva sospiri sognanti.
Ci aveva messo un po', ad accettarlo, Skipper, ed i sorrisi con Marlene si erano fatti un poco più radi- ma il ribollire dentro di quando lei parlava con Coda-ad-Anelli era solo aumentato.
Ci aveva messo mesi ad accettarlo, a dire il vero, con il ricordo di quel momento, con la luce soffusa che filtrava dalla finestra sopra di lei e che colorava i suoi capelli castani di riflessi dorati, rintanato in un angolo della sua testa, pronto ad afferrarlo, come un nemico in agguato.
Ci aveva messo troppo ad accettarlo.
Il giorno in cui aveva ritrovato parte della sua spina dorsale- dopo numerose spinte di Kowalsky, Rico e Soldato- e si era deciso, aveva bussato alla casa di Marlene, ma non aveva risposto nessuno. Aveva aspettato, aveva cercato qua e là nel suo giardino- Marlene lavorava da casa e, se usciva, stava sempre nei pressi di quel loro piccolo paesetto, e poi si era seduto sui gradini del vialetto, con il mazzo di fiori che Soldato gli aveva ficcato in mano ormai sfiorito.
Aveva aspettato lì, ma quando... quando quel tizio era arrivato, avrebbe preferito non essere mai uscito dalla base. Era un poliziotto, un semplice poliziotto, con tanto di divisa e faccia triste.
Gli si era avvicinato e gli aveva chiesto che ci faceva lì, se conosceva la ragazza che abitava lì.
Dopo le risposte di Skipper- Si, la conosco e la sto aspettando, ma il resto sono informazioni riservate e personali- il poliziotto gli aveva chiesto se lui e Marlene si conoscessero da tanto e alla fine, alla fine, se per caso lui fosse Skipper McGrath.
A Skipper non piacevano le domande in generale e in particolare, nemmeno quelle domande e mentre rispondeva e Kowalsky e Rico e Soldato uscivano dalla base per vedere che stava succedendo, aveva scoperto che non gli piacevano nemmeno le risposte, e aveva fatto di tutto per non crederci all'inizio.
Marlene non sarebbe più tornata a casa.
Marlene era andata a comprare gli ingredienti per un'altra torta di mele da portare loro. Ma non sarebbe più tornata a casa, non avrebbe più fatto quella torta e non sarebbe più venuta da loro.
Perché Marlene era stata investita da un pazzo in auto, Marlene e i suoi sorrisi ironici e le sue chitarre spagnole e i suoi sogni romantici erano finiti sotto l'auto di un pazzo e lei non c'era più, se ne era andata, sono arrivati i soccorsi, ma non c'era più niente da fare.
Se ne era andata, non sarebbe più tornata a casa per preparare una torta di mele da mangiare con loro, non avrebbe capito perché i sorrisi tra lei e Skipper erano diventati più radi, non avrebbe sentito ciò che Skipper voleva chiederle, non avrebbe risposto ad una delle domande che spingevano il cuore di Skipper, non... Marlene non sarebbe più tornata a casa. Qualcosa si era rotto in Skipper, qualcosa di grande e simile a quello che si era rotto insieme a Manfredi e Johnson, ma più disperato.
Non aveva potuto dirle niente. Marlene non sapeva, non sapeva quello che... non aveva potuto dirle niente. Tutto quello che voleva dirle da mesi, tutto quello che sapeva di lei e che lei sapeva di lui, ora... ora non aveva più importanza, perché Marlene non c'era più.
Marlene era finita sotto un auto di un pazzo, un pazzo aveva schiacciato Marlene sotto la sua auto e Marlene era morta, persa per sempre, non sarebbe più tornata a casa, non avrebbe mai saputo tutto ciò che lui voleva dirle, e lui non avrebbe mai saputo la sua risposta, mai saputo se nel destino ci sarebbe stato un futuro per loro, per loro insieme...
La luce soffusa che filtrava dalla finestra sopra di lei colorava i suoi capelli castani di riflessi dorati, e sembrava che avesse una sorta di vera aureola sulla testa mentre parlava...
Quei capelli ora non esistevano più, lui non poteva più toccarli, vederli, assaporarli con lo sguardo anche solo da lontano. Forse ora quell'aureola Marlene l'aveva davvero...
Forse... forse...
Forse era davvero un angelo aveva bisbigliato Soldato alle sua spalle, la voce rotta e frantumata, e ora l'hanno richiamata lassù nel cielo.
Skipper avrebbe voluto urlare, gridare contro quelli lassù nel cielo, avrebbe voluto vedere di nuovo i suoi capelli, anche solo da lontano, avrebbe voluto che lo fossero venuti a prendere dal letto dove si era gettato, con qualcosa di bruciante e bagnato sul volto che gli scendeva dagli occhi e con qualcosa di lancinante dentro di lui, che lo squarciava pezzo per pezzo.

Non ci sono addestramenti per un cuore spezzato, ha imparato Skipper con il passare del tempo, dei mesi, forse, e di sicuro, degli anni.
Non ci sono addestramenti, né opzioni per un cuore spezzato. Nemmeno il tempo può servire, se non a lenire appena.
Quella luce soffusa sui suoi capelli ora è un ricordo dolceamaro, che viene a trovarlo senza preavviso, con un sorriso un po' ironico. E, sebbene faccia un male cane, più male di un proiettile impiantato nella carne, Skipper non può fare altro che rispondere leggermente al suo sorriso, tornando sempre a sperare nel profumo di un'altra torta di mele.

  
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