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Autore: horjzon    19/07/2015    4 recensioni
Era una giornata calda e con un sole splendente sull’isola di Doha. Nonostante sia una piccola isola semi sperduta e sconosciuta a tutti del Canada nell’Oceano Atlantico chiunque vivesse lì si trovava bene tra pettegolezzi e le varie attività e eventi che venivano organizzati per non far annoiare i cittadini durante l’anno. Ma ovviamente non era perfetta: le comunicazioni con l’esterno erano quasi del tutto assenti, le comunicazioni tra le varie, o per meglio dire, quattro paesi dell’isola o tra le persone era messe in difficoltà da internet e dai pessimi telefoni esistenti e tutte le notizie importanti arrivano anche con mesi e mesi di ritardo. E così, mentre quasi tutti gli abitanti di Doha scoprivano a distanza di ben due mesi dall’accaduto che in tutti gli States i matrimoni tra omosessuali erano stati legalizzati tra il disgusto di alcuni, la felicità di altri e persone che non sembrava non sapessero nemmeno che al mondo esistevano persone a cui piacevano persone dello stesso sesso, io me ne stavo lì, sdraiato sul il mio asciugamano in spiaggia ad occhi chiusi, beandomi del calore emanato dal rovente sole di agosto.
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SOSPESA (per ora)
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: Questa fanfiction è vivamente sconsigliata a tutti coloro che non sono soliti leggere storie con coppie slash (ragazzi con ragazzi).
Inoltre, ci tengo a precisare che verrà utilizzato un linguaggio a volte scurrile e volgare.
Luoghi, fatti e personaggi sono puramente casuali.
 



Capitolo 1
 
                            
Era una giornata calda e con un sole splendente sull’isola di Doha*. Nonostante sia una piccola isola semi sperduta e sconosciuta a tutti del Canada nell’Oceano Atlantico chiunque vivesse lì si trovava bene tra pettegolezzi e le varie attività e eventi che venivano organizzati per non far annoiare i cittadini durante l’anno. Ma ovviamente non era perfetta: le comunicazioni con l’esterno erano quasi del tutto assenti,  le comunicazioni tra le varie, o per meglio dire, quattro paesi dell’isola o tra le persone era messe in difficoltà da internet e dai pessimi telefoni esistenti e tutte le notizie importanti arrivano anche con mesi e mesi di ritardo. E così, mentre quasi tutti gli abitanti di Doha scoprivano a distanza di ben due mesi dall’accaduto che in tutti gli States i matrimoni tra omosessuali erano stati legalizzati tra il disgusto di alcuni, la felicità di altri e persone che non sembrava non sapessero nemmeno che al mondo esistevano persone a cui piacevano persone dello stesso sesso,  io me ne stavo lì, sdraiato sul il mio asciugamano in spiaggia ad occhi chiusi, beandomi del calore emanato dal rovente sole di agosto. L’odore della salsedine invadeva le mie narici e tutto questo mi portava ad una pace dei sensi del tutto inaudita per me. Ultimamente cercavo di stare il più possibile in spiaggia visto che ne avevo ancora l’opportunità. Ormai il ritorno alla solita e monotona vita da scolaro era alle porte ed io, come ogni anno, non ero pronto fisicamente e, soprattutto, non lo ero psicologicamente. Fortunatamente quel pezzo di spiaggia denominato da me stesso piccolo angolo di paradiso, era lontano da bambini chiassosi e mamme urlatrici visto che era una piccolissima insenatura della costa a molti sconosciuta e potevo tranquillamente rilassarmi e fare quello che volevo e con chi volevo io.
 
«JUSTIN!» Una voce inconfondibile urlò il mio nome mentre sentivo dei passi da elefante dirigersi verso di me. No, ti prego. No, ti prego, ti prego, ti prego… Ma sperare fu inutile: in men che non si dica qualcuno lanciò, letteralmente, addosso a me ritrovandomi così il corpo, completamente bagnato e gelido, di Horizon*, quella pazza della mia migliore amica. Emisi un gemito di dolore visto che aveva colpito in pieno il mio stomaco.
 
Aprii improvvisamente gli occhi mentre portavo le mano verso il punto colpito dalla ragazza ma l’unica cosa che incontrarono fu la schiena di quest’ultima.
 
«Ma sei impazzita!?» Richiusi lentamente gli occhi.
 
«Oh, scusami Justin! Non volevo farti male.» Mi sorride dolcemente mentre si spostava da sopra il mio corpo per sdraiarsi proprio accanto a me a pancia in giù sopra il mio enorme telo mare verde scuro. Le sorrisi dolcemente. I lunghi capelli castano, ormai schiariti grazie alle ore passate al sole, le ricadevano sulle spalle. Per colpa dei suoi lineamenti delicati sembra molto più piccola della sua età inoltre la sua bassa di statura, un metro e cinquantatre centimetri, e il suo corpo mingherlino non l’aiutavano affatto.
 
«Che ore sono?» mi domandò improvvisamente.
Allungai il mio braccio verso lo zaino che si trovava alla mia sinistra e dalla tasca inferiore estrassi il mio cellulare.
 
«Sono quasi le 16:00» risposi con non curanza mentre rimisi a posto l’apparecchio elettronico. Poi mi voltai verso Horizon che aveva una strana espressione sul volto. Capii in un lampo tutto e contemporaneamente urlammo «IL BAGNO DELIO!»
 
In men che non si dica ci alzammo entrambi e sistemammo velocemente le cose nei nostri zaini; cinque minuti dopo, al Bagno Delio, tutti potevano ammirare due idioti, più precisamente una ragazza microscopica che trascinava un ragazzo che di fianco a lei sembrava un gigante, mano nella mano che correvano lungo il bagnasciuga. Non appena raggiungemmo la spiaggia libera del Bagno Delio, tra qualche inciampata e caduta, tirai fuori il mio fantastico e gigantesco telo mare e ci sdraiammo entrambi sopra di esso. Inutile dire che attirammo molti sguardi, un po’ per la nostra entrata “trionfale”, un po’ per il fatto che eravamo sdraiati uno accanto all’altro, forse un po’ troppo vicini per essere scambiati per una semplice coppia di amici, probabilmente per gli altri eravamo una coppia e basta, altri, soprattutto gente che sapeva chi eravamo, ci osservava ridendo, sicuramente sapeva bene il motivo per il quale ci trovavamo lì proprio a quell’ora.
 
Il Bagno Delio era il nome di una spiaggia che si trova nel piccolo paese di Masen che si trovava a nord-est dell’isola. Per rendere un po’ movimentata l’estate e la spiaggia per tutti  ogni anno durante l’estate ingaggiavano un gruppo di persone per costituire uno staff di animazione, nonché un lavoro estivo adatto per tutti i giovani che volevano guadagnare qualcosa durante l’estate. Lavoravano dalle 9:30 del mattino fino alle 12:00 mentre di pomeriggio dalle 16:00 alle 18:30 e a volte di sera organizzavano delle feste. Tutti i giorni dovevano dare gli annunci cinque minuti prima dell’inizio di qualsiasi attività come mini-club, balli di gruppo, zumba, balli caraibici, acquagym o tornei sportivi. Fino a qui sembra tutto normale se non fosse che quest’anno l’animatrice che doveva dare gli annunci al microfono fosse una completa incapace: nonostante ormai li faccia da luglio non c’è stata una volta che gli abbia fatti bene. Ed è proprio per questo che ci trovavamo lì, pronti ad ascoltare l’ennesimo e disastroso seppur divertente annuncio.
 
«Sei pronta?» domandai ad Horizon che già rideva, probabilmente ripensando agli annunci dei giorni precedenti e a cosa le aspettava fra pochi secondi.
«No.» e scoppiamo entrambi a ridere.
 
«BUONGIORNO ACQUA DELIO!» In quel esatto momento scoppiammo a ridere come dei pazzi insieme a molti altri presenti sulla spiaggia.
«Emm.. Scherzavo!» dalle casse si senti una leggera risata nervosa. «BUON POMERIGGIO BAGNO DELIO! È LA VOSTRA ANIMATRICE IRIS CHE VI PARLA!»
«Iris one love!» disse a bassa voce Horizon mentre con le mani faceva un cuore. Le diedi una leggera spintarella mentre ridevo ancora per “l’Acqua Delio”.
«OGGI POMERIGGIO CI SARÀ IL MINI-CLUB CON LA MIA COLLEGA… emm… CONLAMIACOLLEGA… IL TORNEO DI… di che cos’è il torneo? PALLANUOTO che cosa? È di pallavolo? Ma se prima hai detto pallanuoto!»
«No, idiota, di pallavolo!» si sentì un’altra voce fuori campo irritata che la riprendeva. Ovviamente noi due ci stavamo piegando in due dalle risate.
«Ok, e non sono idiota! SCUSATE, TORNEO DI PALLAVOLO CON IL MIO COLLEGA… emm… CONILMIOCOLLEGA E IN RIVA AL MARE CI SARÀ PUMBAA»
«Se, Timon e Pumbaa. ZUMBA, CI SARÀ ZUMBA!»
«Timon e che? Va beh SCUSATE, VOLEVO DIRE CHE IN RIVA AL MARE CI SARÀ ZUMBA CON LA MIA COLLEGA… emm… CONLAMIACOLLEGA! RIPETO: MINI-CLUB, PALLANUO- PALLAVOLO E PUMBAA!»
«ZUMBA! SI DICE ZUMBA!» disse qualcuno urlando a bassa voce.
«E io che ho detto!?» rispose innocentemente Iris.
«PUMBAA, HAI DETTO PUMBAA! E SPEGNI ‘STO COSO PER FAVORE!» sussurrò sempre quella voce, questa volta decisamente alterata.
E gli annunci finirono così. Quello che avevo appena sentito, quello che tutti i presenti in spiaggia avevano sentito, era il miglior annuncio della storia del Bagno, o forse è meglio dire, Acqua Delio. Avevo le lacrime agli occhi e mi faceva male la pancia talmente avevo riso in quel momento. Per tutto il tempo dell’annuncio io ed Horizon avevamo cercato, invano, di rimanere seri e impassibili, ma già dal primo sussurro eravamo scoppiati in una fragorosa risata.
«Ti prego, ANDIAMO A FARE PUMBAA!» Riuscì a mala pena a dire la mia migliore amica tra una risata e l’altra.
 
Continuammo così per venti minuti circa, tra risate sguaiate e imitazioni del fantastico annuncio senza contare delle magnifiche occhiatacce da parte di chiunque si trovasse nei dintorni. Alcuni ragazzi più grandi di noi, sotto sotto, se la ridevano per le nostre imitazioni, altri ci guardavano allibiti altri ancora avrebbero voluto urlarci di fare silenzio perché volevano dormire, non che avessero torto, sia chiaro. Quando finalmente ci calmammo entrambi, mi alzai in piedi e, successivamente, allungai una mano verso Horizon, ancora distesa sul mio telo mare «Dai, andiamo a fare una scalat… emm.. scusami volevo dire una nuotata.» Dissi imitando la voce e la strana parlata di Iris, l’animatrice. Questo peggiorò ulteriormente le cose perché Horizon scoppiò nuovamente in una fragorosa risata. «Shh…» cercai di riparare un po’ la situazione «Shh, dai non faceva ridere. Smettila!» cercai di aiutarla ad alzarsi in piedi mentre anche io stavo per riprendere a ridere. Con difficoltà, (perché sì, era uno scricciolo quella ragazza ma fino ad un certo punto) ci riuscii poi, quando si fu calmata, per la seconda volta, ci dirigemmo verso il mare per fare un bagno.
Ovviamente facemmo caciara anche in acqua tra spruzzi, urla, finti affogamenti e per i mille voli che facevo fare ad Horizon. Stranamente, questa volta, ci richiamò anche il bagnino e, per evitare di essere completamente cacciati, o peggio, banditi dalla spiaggia, uscimmo dall’acqua.
 
 
«Come sta tua madre? E tornata dal suo viaggio spirituale?» Domandai curioso mentre ci allontanavamo dalla spiaggia per tornare a casa. La madre di Horizon, Clover*, è una donna alquanto particolare. Lo si può notare subito dal suo nome e dal nome dato alla figlia.
 
«Horizon è un nome Wicca di lingua inglese, esattamente come il mio. Le ho dato apposta un nome particolare e imponente perché diventerà qualcuno di importante un giorno, ne sono più che certa. Inoltre il giorno della sua nascita ho pregato e invocato Poseidone, dio dell’Olimpo, in modo tale che la protegga dai pericoli del mare e dai terremoti. Invece per la vita sulla terrà toccherà a me proteggerla e a tenerla al sicuro pregando la natura costantemente.»
 
Questo fu quello che mi disse quando la incontrai per la prima volta alla tenera età di sette anni, già allora la consideravo fuori come un balcone ma, con il passare del tempo, ho capito che quello avevo udito non era niente in confronto a tutto quello che aveva combinato e detto durante gli anni a venire. Inutile puntualizzare che anche Horizon era un po’ fuori, esattamente come la madre, per alcuni versi. Un po’ fuori, certo, ma per niente stupida, sia chiaro. Nonostante le strane dicerie della madre come “Ho capito di avere 30 anni quando ne avevo già otto in più!” o “Comincerete a prendere in seria considerazione la follia quando per la prima volta essa vi tornerà utile per risolvere i vostri problemi da persona normale.” o peggio ancora “Io non soffro di disturbi mentali, me li sto semplicemente godendo tutti!”, Horizon era una ragazza estremamente intelligente, aveva il massimo dei voti in tutte le materie ed era la migliore di tutta la scuola se nonché mi coinvolgeva sempre in tutte le sue strane, malsane e strampalate idee che le passavano in quella testolina pacata. Portavano sempre e solo guai.
 
Ma come facevo a dirle di no? Con la faccia da cucciolo indifeso e gli occhi da cerbiatto che sfoderava ogni volta a suo piacimento, sarebbe riuscita a convincere chiunque. E infondo, nonostante i mezzi infarti e le palpitazioni a mille, per non parlare dei quasi mancamenti che sempre a volte mi venivano durante le nostre avventure, mi divertivo un mondo insieme a lei.
 
«Sì, è tornata ieri… Alle quattro del mattino.» Fece una breve pausa per poi riprendere, sconsolata, a parlare. «Non ho avuto il coraggio di domandarle niente. So solamente che puzzava da morire e che i capelli di una barbona erano più curati dei suoi. Insomma, è stata via solamente quattro giorni ed è tornata a casa in condizioni peggiori di quando è stata via per un mese!» L’ultima frase la disse con un tono di voce leggermente alterato.
 
Ma mano che la nostra conversazione andava avanti, noi ci dirigevamo verso la casa di Horizon.
Io, come sempre, mi ero offerto per accompagnarla (in realtà per tornare a casa dovevo per forza passare davanti a casa sua ma, in fin dei conti, è il pensiero che conta, no?)
 
«E tuo padre che ha detto?» Domandai infine quando ci trovammo di fronte a casa sua.
Il padre di Horizon, Derek, era un uomo alto e robusto dai capelli castani e gli occhi color nocciola, l’opposto della moglie, bionda dagli occhi verdi. A differenza di quest’ultima e della figlia, era una persona a posto, autorevole, con la testa sulle spalle e, soprattutto, senza idee o pensieri strampalati, sempre preoccupato per il figlio maggiore, Luke, partito ormai da un anno per non si sa dove ma comunque sempre in contatto con la sua famiglia.
 
«Che vuoi che abbia detto?» domandò retoricamente più a se stessa che a me. «“Clover, tesoro mio, ma che hai combinato? Vieni che facciamo subito una bella doccia profumata.”» disse imitando perfettamente suo padre «Ma io, con tutte le belle ragazze che c’erano quando avevo diciannove anni, proprio te dovevo scegliere!»
 
«E meno male che se lo domanda anche lui!» la interruppi, guadagnandomi un’occhiataccia e un pugno che mi colpì precisamente su un nervo del mio braccio «Ahi! Fa male!» mi lamentai toccandomi la parte colpita.
 
«Ti sta bene.» affermo indignata. «Comunque, cosa stavo dicendo? Ah, sì “dannato me e la mia voglia di essere fuori dalle righe e di disobbedire ai miei genitori. Guarda dove mi ritrovo, in una casa che sembra un manicomio!”» si mise a ridere per poi affermare «non che abbia tutti i torti. Ce n’è sempre una.»
 
«L’importante è esserne consapevoli.» le dissi abbracciandola forte.
 
«Dai entra, così saluti mia madre che non vede l’ora di rivederti.» Non feci in tempo a risponderle che già mi trascinava sul porticato di casa sua.
 
Bussò alla porta e, dopo qualche strano rumore di qualcosa caduto per terra, una donna dai lunghi capelli biondi e dagli occhi verdi ma spaventosamente rossi ci aprì la porta.
 
«Sciao J-Justin! C-che bello rived-erti.» Mi salutò Clover. Dalla casa proveniva uno strano odore di fumo, ma non era di semplici sigarette. Io e Horizon ci guardammo un attimo negli occhi, senza dire niente l’un all’altro.
 
«Anche per me è un piacere rivederti!» le risposi sorridendo e facendo finta che tutto fosse normale.
 
«Dai su, ENTRATE!» disse, per poi voltarci completamente le spalle e correre con le braccia in alto all’interno della casa. Si vede che è tornata pensai tra me è me mentre entravo all’interno della loro confortevole casa.
 
«Ciao Justin, come va?» domandò il padre di Horizon non appena mi vide. Anche lui aveva gli occhi rossi ma, a differenza della moglie, era più in sé.
 
«Tutto bene, grazie. Tu?» domandai cortesemente. Ormai conoscevo la loro famiglia da anni e, dopo i mille rimproveri da parte dei suoi genitori, non gli davo più del lei.
 
«Io tutto bene, più o meno. Lei» disse indicando la moglie che si stava precipitando addosso al marito che l’accolse a braccia aperte « un po’ meno.»
 
«Oh tesoro, hai sentito! Negli stati uniti hanno legalizzato i matrimoni omosessuali. Adesso sei liberà di sposarti con chi vuoi qui!» affermò elettrizzata da questa notizia.
 
«Mamma noi abitiamo in Canada.» rispose Horizon con tono annoiato e con le braccia conserte.
 
«Davvero?» domandò perplessa. Tutti noi la guardammo ad occhi spalancati mentre lei si metteva a ridere
 
«Ma sciocchina, lo so che abitiamo in Canada. Volevo vedere se tu lo sapevi.» e continuò a ridere.
 
«Certo.» Disse infine, Horizon. Non credeva neanche ad una parola della madre, non che avesse tutti i torti.
 
«Io penso che andrò a casa.» dissi rivolgendomi alla mia migliore amica.
 
«Forse è meglio. Ci sentiamo per telefono.» disse abbracciandomi dandomi un bacio sulla guancia.
 
«Ok, a dopo piccola peste.» Le feci una linguaccia e, dopo aver salutato anche i suoi genitori, uscii, o per meglio dire, scappai da quella casa.
Non feci in tempo ad allontanarmi almeno di due metri da quella che mi squillò il cellulare e sapevo esattamente chi era che mi cercava. Estrassi il mio cellulare dalla taschina inferiore dello zaino.
 
Horizon
Allora, che si fa sta sera?
19:00

Sorrisi leggendo il messaggio.
 
Justin
Ma che carina!
Non riesci a stare neanche
un secondo senza di me.
Non lo so.
Hai qualche idea?
19:00
 
Digitai velocemente il messaggio mentre, con passo svelto, cercavo di tornare il prima possibile a casa. In quel momento il mio unico pensiero fisso era una bella doccia gelata nella mia vasca idromassaggio. Nonostante tutto mi preoccupai un po’ visto che Horizon non aveva risposto immediatamente al messaggio e non perché pensavo le fosse accaduto qualcosa di brutto, insomma viveva in quel manicomio quella casa, peggio di così! Mi preoccupai perché ogni volta che ci metteva un po’ a rispondere solitamente era per pensare a qualche brillante idea per farci uccidere o arrestare, cosa che, stranamente a quello che credevo ogni volta che combinavamo qualche idiozia, non ci era mai successa. Non appena sentii il cellulare squillare, titubante, aprii immediatamente il messaggio.
 
Horizon
Idiota -.-“
Ci facciamo chiudere dentro il cimitero
e rimaniamo lì tutta la notte!
Non è una figata?
19:03
 
Non appena lessi il contenuto del messaggio spalancai gli occhi e risposi immediatamente al messaggio.
 
Justin
MA SEI PAZZA!
No, no, no, assolutamente no.
NO.
N
O
Enne
O
19:04
 
Misi nella tasca inferiore dello zaino il cellulare per poi immaginare me e Horizon chiusi in un cimitero senza via d’ uscita, con lei che era l’artefice di mille scherzi poco divertenti e io che urlavo per lo spavento ogni tre secondi. No, non era proprio il caso di rimanere chiuso la notte in un cimitero e, soprattutto, non era il caso di rimanere da solo con lei.
Appena squillò nuovamente il cellulare sbuffai mentre estrassi, nuovamente, il cellulare.
 
Horizon
Ma perché no?
È un’idea grandiosa!
19:06
 
Sì, certo. Grandiosa se vuoi morire alla tenera età di diciassette anni! Pensai isterico tra me e me.
 
Justin
Ho solamente 17 anni, vorrei
vivere ancora a lungo, grazie.
19:08
 
Horizon
Cacasotto
19:08

 
Risi.
 
Justin
Non è vero!
Guarda, piuttosto andiamo in spiaggia
e ci ubriachiamo fino al vomito ma
io, chiuso in un cimitero, non ci sto.
19:10
 
Mi bloccai un attimo in mezzo alla strada. Involontariamente, e senza pensarci, avevo dato vita ad un’idea grandiosa.

 
Horizon
Io prendo la vodka, la tenda e
dei bicchieri, tu la coca cola, le
coperte e quella fantastica
luce/finto fuoco.
19:13
 
Figuriamoci se non accettava. Pensai tra me e me mentre me la immaginavo dare di matto saltellando su quel povero letto dalle coperte dai colori candidi.
 
Justin
Andata!
Ti passo a prendere alle 21:30
E poi andiamo al solito posto.
19:15
 
Horizon
Perfetto.
A più tardi.
19:15
 
Finalmente arrivai a destinazione. Come si dice? “Casa, dolce casa”.
 
«Ciao a tutti!» salutai non appena misi piede dentro casa, ma nessuno rispose. Mi accigliai e mi diressi prima in cucina e poi in salotto dove, sul tavolo, trovai un biglietto da parte dei miei.
 
“Ciao Justin, io e tuo padre, sta sera, andiamo a cena fuori insieme ai tuoi fratelli (tanto lo so che anche sta sera esci con Horizon. Quand’è che vi fidanzate?) Ordina pure una pizza e, se esci, portati le chiavi e non fare rumore quando torni a casa… Se torni, ovviamente.
Buona serata/nottata.
Mamma e papà.”
 
Quando lessi la frase che mia madre aveva cancellato sul foglio mi misi a ridere. Lei credeva che io e Horizon fossimo fidanzati ormai da anni. peccato che io fossi sempre interessato ad altre ragazze e lei ad altri ragazzi. Presi il cellulare e scrissi un messaggio a mia madre avvertendola che quella notte avrei dormito fuori casa, in spiaggia con Horizon.
 
Chissà che idee strane si sarà fatta dopo questo messaggio?  Mi domandai tra me e me mentre salivo le scale in legno color ciliegio per dirigermi in camera mia.
Posai il mio zaino vicino al letto e presi dei boxer puliti per poi dirigermi in bagno per fare il mio fantastico bagno congelato bagno congelato.
 
Mentre mi godevo l’idromassaggio, completamente immerso nella vasca piena d’acqua, ripensai a tutto quello che avevo combinato durante le vacanze a partire dall’inizio, quando sono stato perennemente ubriaco o brillo tutte le sere durante tutta la prima settimana di libertà dalla scuola e dal suo ambiente stressante insieme ai miei amici oppure quando sono andato al Blue Bay, una discoteca all’aperto sulla spiaggia, nel paese di Hada, a nord-ovest dell’isola di Doha, insieme a tutti i miei compagni di classe e alcuni di loro hanno sboccato letteralmente addosso a una povera ragazza venuta a stare una settimana sull’Isola di Doha da suo cugino mentre io ed altri facevamo una gara di corsa con unicorni immaginari: vinceva chi arrivava per primo alla linea che indicava il termine della corsa. Inutile dire che ognuno si fermava in punti diversi credendo di essere arrivato alla fine della corsa mentre invece aveva fatto due passi contati, altri erano partiti correndo spediti ma nella direzione sbagliata, altri facevano finta di cadere dall’unicorno e si rotolavano sulla sabbia. Sintetizzando: il delirio. Tutto questo ovviamente era minuziosamente ripreso dai nostri cellulari e tutti quei video erano gelosamente conservati nei nostri telefoni.
E questo era stato solo l’inizio di un’estate da urlo dove ne avevo combinate di tutti i colori e non era ancora finita, avrei continuato a fare baldoria se solo non mi fossi dimenticato di un piccolo, ma comunque importante, particolare.
 
«I COMPITI!» urlai allarmato all’interno della mia vasca. Mi misi sull’attenti e uscii subito dalla vasca allacciandomi in vita un asciugamano e dirigendomi correndo, ancora con il bagnoschiuma addosso, verso la mia scrivania in camera e, dopo essermi asciugato le mani sull’asciugamano, tirai fuori da un cassetto una bustina trasparente piena zeppa di fogli e un libro intero di spagnolo e un altro di tedesco da svolgere.
 
«Non è possibile, no…» Volevo piangere talmente erano tanti i compiti da fare. Ma potevo essere così imbecille da dimenticarmi completamente dell’esistenza dei compiti estivi e ricordarmene solamente a due settimane di distanza dall’inizio della scuola? Sì.
 

«Beh, guarda il lato positivo, almeno ti sei ricordato della loro esistenza.» mi disse Horizon, che a stento riusciva a trattenersi dalle risate, dopo averle raccontato di essermi dimenticato completamente dei compiti delle vacanze.
 
Eravamo in spiaggia ormai già da un’ora.
Erano le dieci e mezza ed il sole non era ancora tramontato, io me ne stavo lì, seduto sul mio gigantesco telo mare, insieme ad Horizon, con lo sguardo puntato verso l’orizzonte ad ammirare il tramonto mozzafiato. Il cielo era limpido, non vi era neanche una nuvola il cielo era completamente rosso con sfumature sul rosa e violetto.
Il dolce rumore delle onde del mare era l’unico suono presente, non si sentivano neanche gli uccelli cinguettare, forse anche loro si erano messi ad ammirare incantati quella vista meravigliosa.
Bevvi un lungo sorso dalla mio bottiglia vodka e cola sentendomi bruciare le labbra e la gola.
 
«Sai, nonostante Doha sia un posto desolato, lontano e sconosciuto al mondo, è bello stare qui.» disse Horizon interrompendo, improvvisamente, quel silenzio per niente imbarazzante. Mi voltai verso di lei, ormai sdraiata a pancia il su, intenta a guardare il cielo sopra di se. Indossava un leggerissimo vestitino bianco che le lasciava le gambe scoperte e risaltava sulla sua pelle abbronzata. Le sorrisi.
 
«Che merda… Sono solo le dieci e mezza e sono già brilla.» affermò, alzando verso l’alto la sua bottiglia, ormai mezza vuota, per farmela vedere. A quello punto scoppiai a ridere, una risata un po’ troppo lunga che non aveva un senso vero e proprio e così capii che anche io ero nella sua stessa situazione.
 
«Siamo in due.» Con fatica mi alzai in piedi e mi diressi verso la tenda che avevamo già aperto e sistemato con le coperte e i cuscini. Presi quella fantastica luce che riproduceva le fiamme di un falò e la sistemai in modo tale che si trovasse di fronte alla tenda e, allo stesso tempo, di fonte all’asciugamano.
 
«Che ne dici di fare una corsa?» proposi. Horjzon mi guardò dritto negli occhi mentre chiudeva la sua bottiglia. Un sorrisetto furbo comparve sul suo volto nell’esatto momento in cui si alzò in piedi e con uno scatto che non le avevo mai visto fare prima, neanche ad educazione fisica, iniziò a correre verso il mare. Io non me lo feci ripetere neanche un secondo, subito iniziai ad inseguirla e, non appena la raggiunsi, incominciammo a spintonarci e a ridere come dei pazzi tra cadute epiche sulla sabbia e balletti inguardabili. Poi ad un certo punto, Horizon riprese a correre verso il mare lanciando in aria il suo vestito bianco e rimanendo in costume da bagno. La seguii a ruota, togliendomi e lasciando cadere sulla sabbia a caso, la mia maglia celeste a maniche corte. Neanche feci in tempo ad arrivare in acqua che Horizon iniziò a schizzarmi.
 
«Attenta a quello che fai, ragazzina, guarda che mi vendico.»
«Non mi farai niente visto che sono io quella che ti farà copiare i compiti che tu ti sei scordato di fare, caro. In base al tuo comportamento deciderò se passarteli o meno, dipende tutto da te. Ma…» disse avvicinandosi verso di me «… nel frattempo…» non riuscii a realizzare in tempo quello che stava per succedere che mi ritrovai sott’acqua, spinto da Hoirzon. Appena tornai in superficie e mi misi in piedi iniziai a rincorrerla, a fatica nell’acqua, e a schizzarla. Quando finalmente la raggiunsi, la presi da dietro e la buttai in acqua.
 
«JUSTIN, TI ODIO!» urlò. Probabilmente l’avevano sentita anche dall’altra parte dell’isola.
 
«Che cazzo ti urli! Guarda che hai iniziato tu!» Ovviamente mi spinse e finii, per l’ennesima volta, sott’acqua. Non che non potessi fare resistenza ma l’alcohol stava iniziando a fare veramente effetto.
 
Quando uscimmo dall’acqua ormai il cielo era completamente blu, illuminato dalle stelle e da una magnifica luna piena.
Dopo esserci asciugati e aver indossato di nuovo i vestiti avevamo ripreso a bere la nostra amata vodka e coca dalle bottiglie peggiorando solamente la situazione e ci sbronzammo. Per fortuna era una sbronza allegra. Infatti non facevamo altro che dire battute idiote e frasi sconnesse e senza senso che finivano in fragorose risate.
Il peggio era stato raggiunto quando presi la chitarra in mano e iniziai a suonare, o almeno così credevo.
 
«No aspetta, ti registro così poi mando il video a una casa discografica!» mi disse Horizon, convintissima delle sue parole, mentre schiacciava dei pulsanti sul suo cellulare. Io non capivo realmente cosa stava accadendo intorno a me, ero presente ma allo stesso tempo non lo ero.
 
«Parti!» Urlò tutta felice. Iniziai a suonare delle note a caso mentre lei applaudiva tutta eccitata e faceva il tifo neanche fossimo stati ad una partita di calcio.
 
«Adesso tu suoni ed io canto!» Urlò, per l’ennesima volta mentre si alzava in piedi e posizionava il suo cellulare in modo tale che riuscisse a riprendere entrambi. Era ovvio che il giorno dopo ci saremmo fatti delle grandi risate nel rivedere quei video.
 
«Uno, due, TRE!» e iniziai a suonare seguito a ruota da Horizon che iniziò a cantare, più o meno.
 
E la nottata continuò così, tra musica, urla e risate finché non collassammo, sfiniti, nella tenda.
 
 
*Quest’isola non esiste. Nomi e luoghi sono di mia pura invenzione.
*Nome Wicca di lingua inglese sia per maschi che per femmine: si tratta di nomi costruiti a partire da parole inglesi che indicano prevalentemente la natura (pioggia, arcobaleno, ecc…) e sentimenti come libertà e spirito. Riprendono i nomi hippy in voga negli States negli anno ‘60
 
 
 
 
 
Ciao a  tutti! Questo è il primo capitolo della mia nuova fanfiction
Non ho mai scritto niente su Justin e, soprattutto, non ho mai scritto nulla riguardante lo slash.
Questo più che un capitolo è un prologo, un'introduzione.
Bene se, per ora, vi è piaciuto quello che ho scritto, o anche se non vi è piaciuto, recensite!
Alla prossima,
Horjzon

 
  
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