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Autore: BukowskiGirl2    24/07/2015    0 recensioni
[Jeremy Irons]
La bellezza malata di una ventottenne incontra il fascino culturale di un cinquantenne. Jeremy è semplicemente frustrato e stanco della sua solita vita e Victoria è naturalmente spaventata da quello che la aspetta, per quanto riguarda il mondo del cinema.
Dal testo:
"La guardava insistentemente, tenendo gli occhiali sulla punta del naso. Era enormemente affascinato da lei, consapevole di quanta superbia ci fosse, in realtà, sotto quel finto velo di modestia."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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-Victoria Lewis, vent’anni. Sono qui per il ruolo di Andrea, la protagonista.-
-Bene, hai il copione. E’ come un gioco ad eliminazione, non ci sono mezzi termini: capirai se hai la parte, dal fatto che rimarrai fino alla fine. Se ti faccio sostituire, vuol dire che il ruolo non è tuo. Se vedi che il tuo partner cambia, non bloccarti, e fai finta che non sia successo niente.- disse. –Come d’altronde ci si aspetta da te.- aggiunse.
 
Tu credi in me?
Certamente, ti credo.
Lo dici con quell’espressione, la classica di chi pensa di aver vinto. Hai vinto cosa, esattamente? Che vittoria ottieni dalla mia sconfitta? Che sadico piacere deriva dal mio dolore?
 
Il suo partner, come previsto, fu sostituito più e più volte. Ma lei no, lei restava lì, come se non ci fosse nessuno. Mentre la gente continuava ad entrare, nell’anfiteatro, lei, con la massima dimestichezza, si rivolgeva al suo compagno che, a causa dei cambi, spesso era inesistente. La si vedeva parlare col vuoto, come se fosse l’unica cosa che da sempre faceva.
 
Ti ho detto molte volte di non essere così teatrale, mia cara.
Teatrale, io. Con la sofferenza che provo e il dolore che mi hai arrecato. Marco, vorrei fossi un bambino, per schiaffeggiarti.
Puoi farlo comunque, se vuoi.
 
-Stop, stop!-
-Qualcosa non va?-
-No, va benissimo, signorina Lewis. Semplicemente il provino è finito e tu puoi andare.-
-Questo significa che…-
-Che riceverai una lettera, fra qualche giorno, in cui sono spiegate tutte le cose che devi fare, i giorni in cui devi venire e tutti gli orari e le riunioni. Ti arriverà anche, in un pacco, il copione per intero. Cerca di studiarlo, anche se non tutto. -
-Vi ringrazio infinitamente, grazie.-
-Basta così, signorina. Per oggi può andare.-
-Grazie. Arrivederci.-
Uscì dallo studio con un’espressione inesistente. la cugina la accolse con un grosso sorriso, emozionata sicuramente più di lei. Intuì dall’espressione che, magari, non aveva passato il provino. Pensò quindi al mondo in cui consolarla: -Se non è andato bene non fa niente… Lo sai che puoi sempre riprovare con qualcosa di minore…-
-Mi hanno presa.-
-Cosa?-
-Mi hanno presa, la parte è mia.-
Quasi non credette alle sue orecchie e iniziò a saltellare, strattonandola: -E allora?! Cos’è quella faccia?
-Niente, sono molto stanca. Andiamo.-
La povera donna era sfinita dall’indifferenza dell’attrice, ma fece finta di essere collaborativa perché conosceva il suo pessimo carattere. Arrivarono ad una strada che sembrava non finire. Da lontano si vedevano case su case e palazzi tutti uguali, fiori, alberi, decorazioni inutili. La casa era una delle prime: i genitori l’avevano comprata di proposito, per riconoscerla fra le tante.
Victoria entrò senza aggiungere parola e, dopo aver poggiato lievemente lo zainetto sul tavolo, entrò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Lo sguardo stranito della madre, incontrò quello della cugina, che rispose facendo spallucce e giustificandola: -E’ solo molto stanca.-
Uscendo dal bagno con delle orribili borse sotto gli occhi, la ragazza comunicò con leggerezza alla madre quello che sarebbe accaduto prossimamente: -Mi traferirò in un’altra città, ovviamente, perché il lavoro che farò lo richiede. Lo stipendio sarà sufficiente a non rompervi la testa ogni mese per l’affitto.-
-Vicky, come farai senza tutto il tuo ambiente?-
-Il mio ambiente, mamma? Cos’è il mio ambiente?-
-Lo sai, i tuoi amici, la tua compagnia del sabato.-
-Il sabato, per la cronaca, non esco mai. Ti ho ripetuto decine di volte che odio questa città e le mie amiche, quelle che tu chiami mie amiche, sono le persone che mi chiedono di uscire solo per sembrare più belle di qualcuno.-
La madre le sfiorò il viso con la mano, cercando di trattenerla: -Tu sei molto, molto bella. Non hai bisogno di conferme da persone che non ti meritano.-
-Mamma, voglio lasciare uscire la mia ambizione.-
-Va bene. E dove andrai?-
-In Italia, probabilmente a Roma.-
-Te la senti di tornare in Italia?-
-Evidentemente sì.-
Fu breve il tempo di attesa, la giovane Victoria preparò i bagagli pochi giorni dopo e si diresse, con la madre, all’aeroporto di Heathrow. Guardava fuori dalle grosse vetrate dell’edificio, apprendendo lentamente che forse era un po’ in anticipo. La madre l’aveva salutata qualche ora prima, quando lei aveva finto di andare al gate, mentre andava semplicemente in bagno: la povera donna non era fatta per quell’ambiente e non ne conosceva le caratteristiche.
Era vestita di lino, il suo corpo scheletrico si intravedeva sotto il tessuto bianco. Si avvicinò ad una piccola edicola, osservò a lungo un giornale che parlava di cinema e nuove scoperte.
Lucano has found a new shining star, Victoria
Non ne fu entusiasta, non si aspettava sicuramente di trovare il suo nome su una copertina, ancora prima di avere iniziato. Sedutasi ad attendere, pensò a tutte le volte che avrebbe odiato se stessa per aver fatto quella scelta. Pubblicizzare la propria vita è tanto pericoloso quanto noioso e frustrante, si disse.
La voce solitamente incomprensibile dell’annunciatrice al microfono, la invitò a dirigersi verso l’uscita che l’avrebbe portata fuori da tutto quello in cui era radicata. Fece quindi dodici passi, in maniera naturale, prima di bloccarsi. Durò poco la sua insicurezza.
Sull’aereo realizzò che era davvero stanca e che avrebbe chiesto al suo compagno di viaggio di svegliarla, appena arrivati all’aeroporto di Fiumicino.
-Senta, scusi.- cercò di catturare lo sguardo del passeggero che scappava al suo, cercando qualcosa fra i piedi.
-Ha perso qualcosa?- ripeté per farsi sentire.
-No, no. Qui è troppo stretto, troppo stretto!-
-Stretto.-
-Esatto, stretto. E’ strettissimo! Guardi, c’è a malapena lo spazio per le gambe!-
-Dovrebbe stare più tranquillo.-
-No, no! Io voglio scendere!-
-La smetta, siamo in fase di decollo.-
-Comandante, comandante!-
Alzò lentamente il bracciolo, prese un respiro profondo e con aria indemoniata si voltò verso la persona al suo fianco: -LA SMETTA DI URLARE! CI LASCI IN PACE!-
La hostess la osservò con riconoscenza e Victoria tornò al suo posto, come se nulla fosse successo.
Farfugliò qualcosa fra sé e sé: -Mi è anche passato il sonno, porca miseria.-
Il volo fu molto breve e silenzioso, il viso terrorizzato del suo compagno di viaggio non servì a farla sentire in colpa. All’aeroporto la aspettavano un autista, un’assistente (o comunque una donna che aveva tutta l’aria di essere un’assistente) e Lui in persona, il regista, l’uomo onnipotente che aveva avuto la capacità di farle cambiare vita.
-Buongiorno, mia cara.-
Li osservò tutti e tre, lentamente, uno dopo l’altro. Ci pensò un attimo, poi aggiunse: -Buongiorno.-
-Spero il volo sia andato bene. Se solo mi avessi detto che volevi subito partire, avrei prenotato per te un jet.-
-Andava bene la economica, grazie. Vogliamo andare?-
-Certamente. Per il momento ti abbiamo un appartamento in torno alla zona in cui lavoreremo. Più tardi potrai scegliere qualcosa da sola.-
-Va bene.-
I tre si guardarono in viso, sorpresi dal mancato entusiasmo della ragazza.
Salirono in macchina, una Mercedes nera brillante. Victoria si sentì scivolare il passato addosso. E fu dolce quel suo momento. 
   
 
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