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Autore: alexmatz    27/07/2015    5 recensioni
“Cambio di itinerario...voglio portarti in un posto”.
“Questo è sequestro di persona lo sai? Riportami indietro, subito!”.
Non l'ascolto e continuo a guardare la strada di fronte a me. Stavolta non permetterò che tu vada via, Regina.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'orologio segna le 19,30 ed io sono tremendamente in ritardo. In accappatoio, con i capelli ancora bagnati, fisso l'armadio aperto indecisa su cosa indossare. Ripenso alla conversazione di questa mattina con Mary Margaret e ai suoi ammonimenti:
“Mi raccomando Emma, almeno stasera cerca di essere un po' più elegante del solito”.
“Mi stai dicendo che normalmente sembro una barbona?”.
“No, no, assolutamente...diciamo che solitamente non vesti in modo impegnato ecco”.
“Si chiama abbigliamento sportivo, Mary Margaret e poi non mi pare che tu sia un guru della moda...è davvero necessario che io venga?”.
“Si Emma lo è, e almeno stasera sii puntuale mi raccomando. Devo scappare è ora della poppata, a più tardi!”.
“Non usare tua figlia come pretes...come non detto”.
E come da lei temuto e pronosticato sono in ritardo e senza un abito adatto, o almeno adatto secondo lei. Probabilmente, anche se ne avessi uno non lo metterei. Tiro fuori dall'armadio una camicia azzurra e un completo gilet-pantalone grigio, indossato l'ultima volta al colloquio di lavoro che avevo sostenuto al giornale. È quanto di meno 'sportivo' abbia. Corro in bagno e asciugo alla meglio i capelli, torno in camera, infilo i pantaloni sperando che entrino ancora. Missione compiuta. Un filo di trucco, prendo le chiavi dell'auto, la borsa e il cellulare, chiudo la porta e raggiungo il mio fedele maggiolino giallo.
20,15. Inserisco la prima e mi avvio verso quel rito barbaro e nostalgico che è la rimpatriata dei compagni di classe.
Esattamente 10 anni prima eravamo ai tavolini di un bar a festeggiare la fine della nostra vita liceale, spensierati come solo i diplomandi sanno essere, con quella voglia di scappare dalla città in cui si è stati bambini e da quel mondo che puzza ancora di adolescenza, acne e prime volte. Si fantastica sulle possibilità che la vita da adulti offre, sulla scelta universitaria, sulla carriera lavorativa dei propri sogni, sul metter su famiglia. E poi distrattamente qualcuno pronuncia la fatidica frase: sarebbe bello incontrarci tutti qui tra dieci anni. Detto fatto, promessa solenne stipulata, patto di sangue. Non che mi dispiaccia l'iniziativa, ci sono alcuni di loro che vorrei rivedere, è solo che non sono poi così tante le cose che potrei raccontare di questi anni trascorsi: non ho trovato la cura per il cancro, non ho vinto il Pulitzer, né tantomeno la maratona di New York. Ho costruito la mia vita nel luogo in cui sono nata e cresciuta, dove ho combattuto l'acne e inaugurato le mie esperienze sessuali. Potrei al massimo raccontare delle tre notti trascorse in galera per guida in stato d'ebbrezza...che poi l’ultima volta avevo giusto bevuto qualche bicchiere di birra, ma il poliziotto era convinto che fossi ubriaca perché non riuscivo a fare lo spelling di supercalifragilistichespiralidoso. Sfiderei chiunque a farlo anche da sobrio.
Il vantaggio di vivere ancora a Boston è di avere il locale che abbiamo scelto a un quarto d'ora da casa. Il bar di quella sera ha chiuso quattro estati fa. Parcheggio, guardo l'orologio: 20,35. Prestazione eccezionale Swan, grande rimonta. Vedo la macchina di David poco lontano dalla mia, qualcuno è già arrivato. Scorgo sulla porta i coniugi Nolan, si era detto niente accompagnatori, ma David e Mary Margaret fanno eccezione. Stanno insieme da dodici anni, tre dei quali trascorsi come marito e moglie. Già al liceo erano per tutti Biancaneve e il Principe Azzurro. Ho sempre avuto il presentimento che quei due si ritroverebbero sempre, anche se venissero catapultati in mondi diversi. Davanti a loro due figure che non riconosco subito, se non prima di avvicinarmi un po' di più: Robert, elegantissimo nel suo completo scuro e con i capelli più lunghi di quanto ricordassi e Neal in maglioncino bordeaux e camicia bianca.
“Emma Swan!”, mi riconosce e corre ad abbracciarmi ed io ripercorro velocemente tutti gli scherzi e i momenti divertenti che abbiamo condiviso, con lui e August eravamo un trio inarrestabile.
“Come stai, non sai quanto sono contento di rivederti!”.
“Tutto bene grazie, finalmente ci rivediamo”.
“Fatti abbracciare di nuovo!”.
Con qualche difficoltà mi divincolo dal suo caloroso abbraccio e mi dirigo dagli altri.
“Swan, le responsabilità ti hanno temprata, sei quasi puntuale stasera”.
“Mi sei mancato anche tu, Robert”. Lo saluto con una punta di sarcasmo, poi è il turno della coppia delle fiabe. Con David e Mary Margaret ci sentiamo spesso, abitano a pochi chilometri dal mio appartamento.
Pian piano arrivano tutti, Henry, Belle, Killian, August, Leroy, Robin e Ruby tutti cambiati in questi anni: Henry ora porta gli occhiali, Belle è in dolce attesa, Killian ha finalmente deciso di tagliarsi i capelli, August ha conservato il suo incredibile charme, Leroy messo su qualche chilo di troppo, Robin ha sempre l'aria da bravo ragazzo e Ruby ha qualche tatuaggio in più. Ricordo quando la accompagnai a fare il primo, la faccia di un lupo sulla spalla sinistra. Avevamo 16 anni e tornata a casa sua nonna la fece dormire sul pianerottolo.
Un rumore veloce di tacchi sull'asfalto attira l'attenzione del gruppetto, io non ho bisogno di voltarmi per scoprire a chi appartiene quella camminata che è allo stesso tempo regale ed autoritaria. Quei tacchi, quella camminata sono il motivo per cui vorrei essere in qualsiasi altro luogo nel mondo piuttosto che qui. Il problema è che quegli stessi tacchi e quella stessa camminata sono anche il motivo per cui non vorrei che essere in nessun altro luogo che non sia qui stasera. Stretta in un tubino rosso Regina Mills è un'apparizione, una dea su un paio di Louboutin nere. Mi basta un battito di ciglia per ricordare quanto potere abbiano su di me quelle gambe toniche e quegli occhi color cioccolato. A distanza di dieci anni torno ancora una volta ad innamorarmi di Regina Mills.
“Scusate il ritardo, quel tassista buonannulla ha sbagliato strada due volte, questa città pullula ancora di incompetenti”.
“Ben arrivata vostra maestà, temevamo la vostra assenza a causa di improrogabili impegni”, Robert la stuzzica, sono sempre stati in guerra quei due.
“Non potevo perdermi la tua compagnia Robert, per nessuna cosa al mondo”.
Saluta tutti, poi si volta verso di me, il suo sguardo mi incatena, lei lo sa, lo ha sempre saputo.
“Buonasera Swan, deve essere proprio una serata speciale se anche tu sei in ghingheri, spero non venga a piovere, sono senza ombrello”.
Trenta secondi sono più che sufficienti a ricordarmi perché tutti al liceo la chiamassero Regina Cattiva.
“Buonasera Regina, vedo che non hai perso le vecchie abitudini da dittatrice, dimmi ti ispiri di più ad Abdullah o a Kim Jong-Un?”.
“Ragazze credo sia il caso di entrare sono già le nove, siamo tutti adulti ormai non è il caso di mettersi a litigare, forza”, August interviene a scongiurare la prima lite della serata, memore dei nostri trascorsi. Litigare con lei era sempre stato il modo migliore per tenerla lontana da me, anche se spesso avrei preferito chiuderle la bocca con la mia. Almeno avrebbe smesso di parlare. Ogni tanto, dopo anni, mi capitava di pensare ancora a lei, distrattamente. Anni prima le avevo aperto il mio cuore e lei mi disse che non sapeva che farsene. Dovrei odiarla, dieci anni sarebbero dovuti bastare per fare di Regina Mills un indesiderato ricordo. Ora so che non basterebbe un’intera esistenza.
Entriamo e ci sistemiamo intorno al lungo tavolo da 15 che abbiamo prenotato. Come ai vecchi tempi prendo posto tra August e Neal, sollevata dall’avere la Regina Cattiva a una debita distanza di sicurezza. La serata trascorre in allegria, raccontiamo a turno cosa è cambiato nelle nostre vite durante tutto il tempo trascorso da quella sera ai tavolini del Rabbit Hole. Scopro così che Robert ha avuto una moglie, ma che lo ha lasciato perché ‘pensi solo al lavoro e mai alla tua famiglia’, d'altronde Robert ha sempre preferito gli affari alle relazioni; Leroy ha due bambini ed è entrato in polizia; Belle ha inseguito e raggiunto il sogno di aprire una biblioteca, ha un marito editore e aspetta una bambina che chiamerà Elizabeth, come la protagonista di Orgoglio e Pregiudizio; Henry è un tecnico informatico; Killian lavora in banca e colleziona ancora modellini di navi; Neal insegna matematica in un liceo di Portland; Robin dopo una sfortunata carriera da calciatore piena di infortuni ora allena una squadra giovanile. Di Ruby e August conosco le vicende, seppur poche volte l'anno riusciamo a sentirci almeno telefonicamente. E poi c'è Regina. Regina che dirige uno dei più importanti studi legali della città di Seattle. Nulla da meravigliarsi, conoscendo la sua attitudine per il comando e la sua ambizione. E soprattutto conoscendo sua madre, già avvocato di successo. Regina è sempre stata la sua copia perfetta: ho sempre pensato che Cora Mills anziché partorirla l'avesse generata per gemmazione. Un clone tranne che nell'aspetto. L'anello all'anulare sinistro potrebbe suggerire la presenza di un fidanzato, forse un convivente. Ma di questo Regina non ne parla. Non ha mai parlato di sé.
Verso la mezzanotte qualcuno comincia ad andar via, ci salutiamo con il proposito di sentirci più spesso e magari di rinnovare appuntamenti come questo. Restiamo io, il Principe Azzurro, Biancaneve e la Regina Cattiva. E per un attimo mi viene da sorridere pensando alla scena.
Sento Regina imprecare al cellulare.
“Allora che effetto ti ha fatto?”, Mary Margaret spunta alle mie spalle.
“È stato bello rivedere tutti, chi l'avrebbe detto che quel ribelle di Neal diventasse un professore, per non parlare di Jones che-“.
“No Emma non hai capito...Regina Mills, che effetto ti ha fatto rivederla?”.
Mary Margaret sa della mia sfortunata dichiarazione, ma non vorrei dirle altro, almeno per il momento.
“È passato tanto tempo, è acqua passata ormai, sono trascorsi dieci anni!”.
“Sei sicura?”, incalza con quel fare materno che la contraddistingue.
“Sicura...al cento percento”.
“Meglio così...adesso vado che ho lasciato Abby dai miei, non vorrei che si preoccupassero”.
“Va bene, buonanotte, salutami David”.
“Buonanotte Emma”.
La guardo salire in auto, David mette in moto e mi saluta da dietro il finestrino.
Prima di raggiungere il maggiolino mi concedo una sigaretta, premio dopo la serata.
Regina è ancora lì a pochi metri da me, credo stia litigando con un tassista.
“Sta scherzando vero, come sarebbe a dire venti minuti? Ha idea del freddo che fa, inoltre sta iniziando a piovere...Non mi interessa, non posso aspettare così tanto!”.
Mi avvicino, non ne posso più della sua arroganza.
“Non si preoccupi, problema risolto, perdoni la mia amica è sempre un po' aggressiva”.
Chiudo la telefonata dal cellulare che le avevo strappato di mano.
“Ma cosa diamine combini Swan, stavo noleggiando un taxi”.
“No stavi sbraitando e aggredendo senza motivo quel pover'uomo che non fa altro se non il suo lavoro”.
“E ovviamente tu sei l'eroina degli oppressi, fatti gli affari tuoi”.
“E tu sei la solita dittatrice che crede che il resto del mondo sia popolato da suoi sudditi, dieci anni non ti hanno cambiata affatto Regina”.
Mi osserva con il suo sguardo fiero e duro per qualche secondo senza dire nulla. La sento ribollire di rabbia. Nel frattempo la sigaretta si è consumata.
“E comunque volevo farti un piacere, sali in macchina ti do un passaggio”.
“Non ho intenzione di chiederti nulla Swan, so badare a me stessa”.
“Cristo perché con te è sempre tutto così difficile, sta piovendo muoviti”.
Le prendo una mano e la trascino sotto una pioggia leggera. La sua pelle è fresca, le sue dita sottili. Il mio stomaco fa una giravolta a quel contatto.
“E quella la chiami macchina, sei sicura che abbia tutti i pezzi? Non ho intenzione di morire per colpa tua, nella tua ‘automobile’, e per di più con te accanto”.
“Davvero stai facendo la schizzinosa nonostante tutto? E poi il mio maggiolino è uno squalo della strada”.
“Ma certo”, annuisce con scherno.
Estraggo le chiavi dalla tasca dei pantaloni e mi avvicino ad aprirle la portiera.
“Ma guarda un po', che cortesia”.
“Non fraintendere Regina, è che da dentro la maniglia non sempre funziona”.
“Come volevasi dimostrare, quanto ti serve per comprartene una nuova, mi sento in vena di beneficenza stasera”.
“Sta' zitta e Sali”.
Faccio il giro del maggiolino ed entro in auto. Inserisco la prima e esco dal parcheggio.
“Spero per te che abbia almeno l'aria condizionata”.
“Ti sorprenderà sapere che ha anche lo stereo”.
“Non oso immaginare la musica che ascolti, meglio tenerlo spento se non hai cambiato gusti”.
“Si chiama rock Regina...e poi da quando ti interessa qualcosa di me?”.
Si è accorta di quello che ha detto e per un solo istante Regina mi appare diversa, sembra quasi...triste. L'attimo dopo la solita imperscrutabile maschera torna a nascondere la sua espressione.
“Tu e Lucas non facevate altro che ascoltare questo...rumore alle assemblee di classe”.
Decido di non insistere.
“Dove ti accompagno?”.
“All’Eliot Hotel, ho prenotato per due notti”.
“Ti fermi anche domani?”.
“Devo fare una cosa…che non ti riguarda”.
“Come non detto, Regina perché devi essere sempre così scontrosa?”.
“E tu perché devi essere sempre così invadente?”.
“La mia era una semplice domanda”.
Sospiro, mentre aspetto che il semaforo ci dia il via.
“Sai che devi pagarmi la corsa vero? Ti sto anche facendo fare un giro panoramico. Alla vostra destra potete ammirare la pasticceria che prepara i migliori prodotti italiani di tutta Boston, mentre a sinistra...beh quella al terzo piano è casa mia”.
“Sei una vera schiappa come guida turistica e inoltre sei tu che dovresti pagare me per la compagnia. Piuttosto scendo e ci arrivo a piedi”.
“Devi ammettere però che sono divertente, hai appena sorriso”.
Lo aveva fatto e Dio, il sorriso di Regina Mills avrebbe sconquassato la terra.
“Per niente, sei una visionaria”.
“E tu una bugiarda”.
Mancano ancora dieci minuti alla destinazione, voglio impiegare tutto il tempo a disposizione per combattere la sua diffidenza. Un'idea mi balena per la testa, Regina potrebbe uccidermi lo so, ma in fondo cos'altro ho da perdere con lei? Mi accerto che dalla corsia opposta non arrivi nessuno e sterzo il maggiolino di 180 gradi.
“Ma sei impazzita per caso, che diavolo ti salta in mente?”.
“Cambio di itinerario...voglio portarti in un posto”.
“Questo è sequestro di persona lo sai? Riportami indietro, subito!”.
Non l'ascolto e continuo a guardare la strada di fronte a me. Stavolta non permetterò che tu vada via, Regina.
“Voglio andare in albergo, ho bisogno di una doccia e soprattutto di dormire”.
“Dieci minuti Regina, ti chiedo solo dieci fottutissimi minuti per la miseria, poi sarai libera di farti accompagnare dove vuoi”.
Sbuffa nervosamente e mi rimprovera per il linguaggio poco signorile.
Vedo scorrere un'ombra di nostalgia nei suoi occhi e le labbra schiudersi impercettibilmente quando riconosce il luogo in cui siamo dirette. Fermo l'automobile, Regina è una statua, guarda altrove. Siamo in silenzio, immobili di fronte ad un parchetto semi abbandonato, dove resistono solo due altalene malridotte.
“Non trovi singolare che dopo dieci anni siano rimaste solo quelle due altalene?”.
Regina non risponde, ma non c'è ostilità nel suo silenzio.
La luce fioca di due lampioni le illumina il volto, mentre qualche goccia più grande atterra sul parabrezza del maggiolino. Per qualche minuto ancora nell'abitacolo cala il silenzio, poi Regina lo interrompe, inaspettatamente.
“Mia madre - dice, ma senza voltarsi a guardarmi - mia madre mi ha cresciuta insegnandomi come tenere lontani gli altri. Mi ha insegnato a bastarmi e a fare a meno di tutti quelli che mi circondano, a non stringere legami di alcun genere. Ha disegnato il mio futuro da prima che io nascessi. E nel suo piano tu non eri prevista, Emma, ma ti giuro...ti giuro che se avessi potuto non ti avrei mai lasciata da sola su quella stupida altalena”.
Continuava a guardare dritto davanti a sé come ipnotizzata.
Le sue parole mi riattivano il battito nel petto e con una nuova consapevolezza di quello che c'era o c'è tra di noi scendo dall'auto sfidando la pioggia ora più insistente, apro il suo sportello e le tendo una mano, sul volto il sorriso più rassicurante che riesca a fare.
“Voglio riprovarci Regina, vieni con me”.
Osserva il mio palmo aperto e per la prima volta dopo minuti mi rispecchio in quegli occhi scuri come la notte, ma luminosi come l'alba d'estate.
Come dieci anni prima ci ritroviamo a dondolarci sulle stesse altalene.
“Ricordi ciò che ti dissi quella sera?”.
“Si - e per la prima volta Regina Mills si colora di imbarazzo, fissando le sue costosissime scarpe da sera - mi hai detto che non c'era nient'altro al mondo che desiderassi che non fosse prenderti cura di me”.
“Già...sai, il mio desiderio non è cambiato da allora, Regina - mi inginocchio davanti a lei, i nostri volti sono a una decina di centimetri di distanza - voglio ancora prendermi cura di te, e sai perché?”.
Attorciglio i suoi capelli tra le dita e incastro i suoi occhi nei miei.
“Perché come dieci anni fa e come nella prossima vita io sono stata e sarò sempre follemente, perdutamente e irrimediabilmente innamorata di te, Regina Mills”.
Piange Regina, ma sorride, due lacrime si affacciano nei suoi meravigliosi occhi neri. Piange Regina, un pianto liberatorio che accolgo tra le mie braccia, il collo bagnato dalla pioggia e dalle sue lacrime. È una Regina senza più corazza, senza più segreti, è la Regina che amavo guardare di nascosto mentre leggeva in pausa pranzo o si sforzava di comprendere un esercizio durante un compito in classe. È Regina, e sento che stavolta vuole esserlo fino in fondo.
“Perdonami Emma, perdonami”.
Regina lo ripete come fosse un mantra, sembra non sentire le mie parole che cercano di tranquillizzarla.
Perché è questo che desidero da una vita: prendermi cura di lei.
La allontano un po' solo per poterla guardare meglio.
“Sei tu che devi perdonare me per non essere salita su un volo per Seattle per venirti a prendere anche se forse conosco un modo per rimediare”.
La bacio, delicatamente, sfiorando appena le sue labbra rosse e piene, e lei mi attira a sé con più forza, come a suggellare una promessa che sa di eternità, che sa di Regina e di me con lei.

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Quella notte fu l'ultima volta che vidi Emma. I suoi baci, le mie lacrime, quella calda sensazione di appartenere a qualcuno sono le cose che mi restano di lei, oltre a un blocco di disegni a carboncino, con il mio volto su ogni pagina. Le sue mani sul mio collo, la mia lingua nella sua bocca, le carezze, l'impazienza, i nostri capelli bagnati dalla pioggia. Già, la pioggia. Maledetta pioggia. Al telegiornale del mattino seguente raccontavano di un ubriaco che a tutta velocità, sull’asfalto bagnato, aveva incrociato un maggiolino giallo. La conducente dell’insolita vettura era morta sul colpo.
E così da cinque anni ormai, ogni 28 maggio, prenoto un viaggio aereo per Boston e poso dei fiori sotto quelle due altalene. Mi ci siedo un po' e parlo con Emma, non che possa rispondermi, ma le parlo di me, di quanto mi manca, so che lei è lì sull'altro seggiolino e mi ascolta.
Anche se non come vorrei, Emma Swan continua così a prendersi cura di me.


ANGOLO DELL'AUTRICE: Salve Oncers, non ci conosciamo in quanto questa è la primissima fan fiction che pubblico, ma nonostante ciò immagino che ci sia già qualcuno che voglia uccidermi. Comprendetemi, l'ho scritta durante la sessione estiva, quindi propendevo per l'angst compulsivo, inoltre sarei stata tentata di continuare e probabilmente lasciare poi in sospeso, cosa che odio. In ogni caso, se siete più ottimisti di me potete far finta di non aver mai letto ciò che segue la linea tratteggiata. Ogni vostro commento è una gratificazione, così come il tempo che mi regalate anche solo leggendo. Vi ringrazio in anticipo!
  
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