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Autore: oO_Keira_Oo    31/07/2015    3 recensioni
Dal Capitolo 2
“C-come hai fatto a prendermi? Chi sei tu?” Chiese July in stato di choc.
“Davvero non ti ricordi di me?” Replicò lui.
“Dovrei?” Domandò ancora lei.
“Sai, quando eri piccola eri meno pesante da prendere al volo.” Scherzò di nuovo il ragazzo.
July lo guardò intensamente, poi qualcosa scattò e due semplici parole le vennero alla bocca, uscendo in un sussurro senza che lei se ne rendesse conto. “Peter...Pan...?”
Cari lettori, spero di avervi incuriosito almeno un pochino. É la mia prima storia in assoluto e sto cercando di renderla il più avvincente possibile. Le mie recensioni scarseggiano, ma l'importante é continuare, giusto? Ad ogni modo, nel malaugurato caso vi dovesse capitare di legge questa cosa oscena, siete i benvenuti! {COMPLETATA} ~ {SEQUEL A SETTEMBRE 2015}
FanFiction dedicata a Lucia & Luisa.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Pan, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neverland'
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Premessa: se non volete piangere, leggete la nota alla fine.


The End

"Il lieto fine è roba per le favole e per gli schiocchi. Si vive soffrendo, poi si muore. La vita, per definizione, non è concepita per concludersi felicemente."

-Charles Sheffield, Punto di convergenza.

Un turbine di colori, volti e scenari diversi le danzarò davanti agli occhi; a questi si aggiunsero delle voci . A volte distinte, altre molto confuse. Parole, che in quel momento le parvero insensate e futili. 
Poi tutto smise. 
Improvvisamente, come se fosse stata risucchiata da un ciclone e ora vi fosse nel centro. 
E così come s'era fermato, il mondo riprese a girare, voci sempre dalla provenienza e dal significato sconosciuti. Sentì qualcosa scivolare lungo la tempia, come una goccia di sudore, colamente che questa era rinfrescante. La goccia proseguì sullo zigomo tagliato, si fece largo sulla guancia, fino a disegnare il profilo del mento, per poi solleticarle il collo. Sulla pelle esposta, le braccia, le mani, sentiva una stoffa dura, come quella di cui erano fatti i tappeti che la nonna Wendy aveva in soggiorno. Provò ad aprire gli occhi, che come pesanti tende, coprivano la vista del mondo esterno. Figure indistinte, simili ad ombre, incombevano su di lei. 
"Ragazzi venite, si sta svegliando" La voce ovattata era maschile, ma July non sapeva distinguere a chi appartenesse. Altre due figure apparvero nel suo capo visivo. 
Lentamente le ombra presero colore, fino a diventare forme più definite. Le due figure che si erano avvicinate si rivelarono essere Jake e Giglio Tigrato – sul cui viso era dipinta un'espressione imbronciata – appoggiato al muro davanti a lei era Max che la guardava con un sorriso scherzoso, mentre seduto su una sedia alla sua destra, c'era Ascanio; dagli occhi del vecchio traspirava concentrazione.
July provò a parlare, ma nel momento esatto in cui aprì la bocca, l'aria che ne uscì sembrò graffiarle la gola; si portò una mano a massaggiarla. 
"Ecco, bevi un po' di questo"  Le disse Ascanio porgendole un bicchiere contente apparentemente  solo acqua. Il sapore le pizzicò la lingua e le fece salire un conato di vomito, ma inaspettatamente per tutti, soprattutto per sè stessa, riuscì a mandarlo giù. 
Con un balzo saltò a sedere "BLEAH! Ma che cosa? Cos'era?" Sul suo viso si dipinse una smorfia disgustata, mentre quella del vecchio mostrava divertimento; si girò verso gli altri ragazzi "Visto? Vi avevo detto che l'avrei fatta riprendere immediatamente" Inutile dire che questi scoppiarono a ridere. 
July si accertò di aver lanciato un'occhiata acida ad ogn'uno di loro per poi ritornare su Ascanio "Davvero, cos'era?". L'uomo la guardò mascherando un sorriso per poi alzarsi e iniziare a girovagare per la stanza "Fidati mia cara, non lo vuoi sapere..." Questo sembrò calmare una volta e per tutte lo spirito crioso della ragazza. Max le poggiò una mano sulla spalla "Dài non preoccuparti, in fondo non può averci messo nulla di non commestibile, giusto?" la ragazza non sapeva cosa rispondere "Insomma" continuò lui "i topi sono commestibili, o mi sbaglio?" Chiese senza rivolgersi a nessuno in particolare. July si portò nuovamente la mano alla bocca per cacciare indietro un altro conato mentre Jake e Ascanio si facevano prendere dalle risate. 
"Ragazzi zitti!" Ordinò Giglio Tigrato mentre si affacciava alla finestra giusto un po', per scrutare fuori. Il silenzio cadde nella stanza mentre due guardie passavano proprio davanti alla loro casa, così come erano passati davanti a quella di molti altri prima di loro. Solo quando vide la luce filtrare dalla finestra, July si accorse che era già il tramonto, e tutti gli eventi della giornata le piombarono addosso come un macigno. 
"Oddio, la boccetta, le guardie, i pirati, Peter dobbiamo tornare, subito!" Diede di matto e senza guardare in faccia a nessuno partì verso la porta, e ci sarebbe arrivata se a Max non fosse bastato aferrarle un braccio per mantenerla "Non fare sciocchezze, è ancora giorno".
"E con ciò" Si girò lei con tono accusatorio.
Jake le si avvicinò "Solo un decimo delle guardie e dei pirati fà il suo lavoro, la sera sono per lo più tutti in taverna, se aspettiamo che ci arrivino tutti, incontreremo meno gente per strada".
Anche l'indiana  mosse qualche passo verso di loro "Faremo l'esatto contrario di quello che abbiamo fatto stamattina". 
Ascanio li guardava con occhi dolci: sembravano il gruppetto di ragazzi di strada di cui faceva parte lui da giovane, che bei tempi, che erano! 
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Era ormai sera quando July aprì gli occhi. Le stelle, alte nel cielo, non erano le stesse che vedeva da casa sua e il tenue bagliore della luna era l'unica luce che illuminava la stanza. 
Con aria assonnata e leggermente indolenzita scese dal letto che, solo per stanotte, aveva accettato di dividere con i bimbi sperduti. Come mai? Vi starete chiedendo. 
Tornati da Evelin's Port i ragazzi erano stremati dalla giornata nel suo complesso, non erano in grado di tornare a casa, o di muovere un altro passo in generale, così Giglio Tigrato, dopo essere riuscita miracolosamente a fare inghiottire il liquido mistico a Peter, aveva conocordato con July sul rimanere tutti lì a passare la notte. Lily si era stesa sul divano mentre i due ragazzi avevano occupato i piccoli letti di Pennino e Volpe, che a loro volta si erano infiltrati nel letto di July, seguiti dai Gemelli – almeno così i due sono riusciti ad unire i letti e crearsi un po' di spazio.
La bionda scese le scale a piedi nudi e nonostante provasse a non fare rumore, il legno non smetteva di scricchiolare; entrò nel salotto dove Giglio Tigrato riposava scomoda sul divano; passò davanti alla prima stanza – la più piccola – in cui avrebbero dovuto riposare Zoey e Piccolo. Silenziosamente scostò la porticina che divideva la stanza dagli altri ambienti della casa; e anche lì tutto taceva. July lasciò uscire un sospiro di sollievo, in quel momento, sapere che non c'era alcunchè di diverso dal normale era estremamente rincuorante, anche se – doveva ammetterlo – nessuno degli avvenimenti degli ultimi tempi rientravano nei comuni canoni della normalità. La biondina si girò pronta per uscire quando un movimento leggero quasi come un soffio d'aria, la fece girare: due occhietti curiosi la guardavano da sotto le coperte.
July scivolò dentro la stanza, avvicinandosi al letto della ragazzina e vi ci sedette sopra. "Hey, non dovresti dormire?" Iniziò a rimboccarle le coperte.
"Anche tu" Rimbeccò la bambina. 
"Touché" July abbassò il volto, in un sorriso amaro "Ad ogni modo, perchè non dormi? Hai fatto un brutto sogno?" Zoey annuì con aria triste, stringendo un peluche; la ragazza le passò una mano sulla fronte, spostandole qualche capello scuro. "Ti va ti parlarne?" 
"No..." Mormorò. 
"Posso farti compagnia finchè non ti addormenti?" Le chiese con tono dolce;  la bimbetta acconsentì con un piccolo movimento della testa.
La ragazza di stese vicino a lei, stringendola nelle braccia e girandosi su un fianco; July volgeva lo sguardo al letto difronte a quello di Zoey, separato da quest'ultimo da un comodino, e notò che Piccolo le guardava silenzioso, con gli occhi sgranati. "Vuoi venire anche tu, Piccolino?" Il bimbetto rispose alzandosi e intrufolandosi sotto le coperte dell'altro lettino così che la ragazza si trovò nuovamente circondata da bambini. Eppure, sarà stato perchè erano i più piccoli e molto dolci, ebbe una sensazione strana, che le riempì il cuore rilassandola mentre ogniuno dei due bambini poggiava il capo su una spalla ed era circondato da un braccio. 
Passò una mezz'ora buona prima che i due si addormentassero; a quel punto July si alzò, inutile dire che lei di sonno non sembrava proprio averne, quindi andò a controllare Peter nella stanza adiacente.
Spostò la pelle di animale, aspettandosi di trovarlo a dormire, invece sedeva bellamente sul letto ad esaminarsi le ferite con occhio attento, solo dopo qualche minuto, alzò lo sguardo verso la ragazza che era appoggiata al muro con le braccia incrociate. 
"July..." iniziò, per poi voltare lo sguardo "perchè l'hai fatto?"
Neanche per un attimo July si chiese dove volesse arrivare; i suoi sensi di colpa erano abbastanza forti da non farle dimenticare. "Non lo sapevo, non sapevo chi fosse quel ragazzo e non sapevo cosa ci fosse dietro la sua gentilezza."
Peter annuì,distogliendo lo sguardo per un attimo; comprendeva ogni parola della ragazza, e in parte la giustificava, ma solo in parte..."Cosa è successo?".
July non si staccò dal muro e le braccia che prima incrociava ora le usava per stringersi, proteggendo sè stessa dalle sue stesse parole."Ti abbiamo portato qui"
"Tu e chi? Dubito che tu ce l'abbia fatta da sola..." Lo sguardo accusatorio del Pan era in grado di bruciare un'intera foresta.
"Quel ragazzo, mi ha aiutata lui" 
Peter sgranò gli occhi "Che cosa? Tu hai fatto vedere l'entrata di questo posto a... a un pirata?!" Cercò di alzarsi di scatto, ma per il movimento repentino fu costrertto a ricadere sul letto. 
July si precepitò al suo fianco "Perfavore, non muoverti" si inginocchiò ai piedi del letto vicino a lui "e ti prego non arrabbiarti"
"Non arrabbiarmi? Come posso non arrabbiarmi?!" Sbraitò ancora Peter.
July abbassò lo sguardo "Ti assicuro che non è come sembra, è grazie a lui se sei guarito, è lui che ha rimediato la medicina che ti abbiamo dato"
La rabbia del ragazzo non sembrava calmarsi, ce l'aveva dipinta sul viso, così come la sera prima aveva sul viso il dolore. "E che ne sai che non era veleno?" 
"Ma non ce l'ha data lui ma un medico; siamo qandati fino ad Evelin's Port e ritorno per averla" Alzò anche lei la voce.
Il ragazzo le lanciò nuovamente una stilettata "Ti sei fidata di un pirata, di nuovo?!" 
July si morse il labbro mentre i suoi occhi iniziavano a riempirsi di lacrime di rabbia "Non era un pirata ma un brav'uomo, e dovresti ringraziare loro se sei vivo!" 
"E te se sono quasi morto!" Sputò fuori prima che si potesse fermare. Quelle parole colpirono July come un a coltellata in petto, contemporaneamente ad una doccia fredda e un calcio nello stomaco. La biondina abbassò lo sguardo e le lacrime non ebbero nemmeno il tempo di rigarle il volto che le scacciava via con una mano; solo a quel punto Peter capì quello che aveva detto, rimanendo shoccato dalle sue stesse parole "July io-"
"Buona notte, Pan" La ragazza si alzò e una fitta alle caviglie non tardò ad arrivare, a causa della fatica fatta e del poco riposo. Peter si precipitò ad afferrarle un polso "Aspetta, giutro che non lo ero serio!".
"Si che lo eri!" July tirò via il braccio, operazione estremamente semplice dal momento che il Pan non era assolutamente nel pieno delle forze, ma come a sfatare queste mie parole, Peter si lanciò sulla ragazza afferrandola per le spalle e appoggiandosi a lei - tanto che July quasi non cadde per il peso - e tirandola sul letto tra le sue braccia, in modo che potesse sussurrarle all'orecchio "Scusa".
La ragazza si lasciò andare alla dolcezza disarmante del ragazzo girandosi per nascondere il viso nel petto coperto da bende del ragazzo e stringendo con le braccia se stessa, mentre le lacrime scorrevano come un fiume in pietra e cercare di scacciarle sarebbe servito a ben poco e il viso era arrossato dal pianto e dall'imbarazzo.
Dopo qualche minuto, quando il pianto, pieno di rimorso e sensi di colpa, s'era calmato July timidamente allungò una mano verso la spalla del ragazzo stringendola debolmente "Mi dispiace. Hai ragione: è stata tutta colpa mia. Ti prego perdonami". 
Peter la strinse leggermente "Sei perdonata, però ora devo stendermi perchè non riesco più a tenerti" 
Eh? Che intende con sten- July non riuscì nemmeno a concludere il pensiero che fu tirata sul letto dal ragazzo e mentre una parte di lei malediceva la vicinanza con il ragazzo, una parte lo apprezzava perchè misto all'oscurità della stanza garantiva protezione al suo volto. Si strinse a lui stringendo la presa nella sua spalla con dolcezza e prendendo respiri profondi del suo odore di pino e bagnato, di vento da terre lontane misti a sudore.
Peter dal canto suo, la teneva stretta poggiando il mento sul suo capo e passando le dita tra i capelli, sciogliendone i nodi, mentre con l'altra la stringeva "Ora dormi".
July non replicò, troppo presa dall'offerta e dal tono ammalianti del ragazzo, e poggiò il capo sulla sua spalla e chiuse gli occhi; Peter fece lo stesso, poggiando però la testa all'indietro e continuando a passarle le dita tra i capelli finchè il sonno non portò via entrambi.
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La mattina seguente, Peter cercò di evitare quella che ai suoi occhi sarebbe stata un’enorme condanna. Nella sua lunga e al contempo breve vita il Pan aveva avuto modo di apprezzare molte “chiacchierate”; una volta persino Zoey gli si era avvicinata e, mettendo le manine sui fianchi, aveva detto “Dobbiamo parlare!” , poi aveva mostrato una bambola con un braccio staccato, unica vera vittima di una colluttazione tra la piccola e Volpe.
Peter cercò di fare meno rumore possibile e non svegliare la ragazza che dormiva al suo fianco, come si avviò all’uscita seguito a poca distanza dalla piccola, fedele Trilli e, per qualcosa che secondo lui assomigliava a un miracolo, arrivò alla porta e proprio mentre la stava aprendo…
“Cosa pensi di fare, Pan?” Peter deglutì con forza. Come aveva fatto Giglio Tigrato a sentirlo? Ah giusto… si ricordò lei non è umana. In effetti il ragazzo era convinto che l’indiana non fosse del tutto umana, era troppo forte, troppo atletica, troppo brava nelle armi, per essere una ragazza normale. 
-In effetti avrei voluto vedere la sua faccia con l’emancipazione femminile.
-Dai continua! 
-Okey, okey.

Senza guardarsi indietro, Peter fece ciò che fanno tutti i ragazzi immaturi come lui: scappò. Scappò dai suoi amici e dai suoi problemi.
Con una grossa spinta prese il volo. Non poteva fare a meno di chiedersi cosa gli avessero dato ma, qualunque cosa fosse, aveva di certo funzionato.
Si voltò sentendo le grida di July “Torna giù!” mentre correva cercando di raggiungerlo. Sia lui che la fatina risero, solo per un momento.
“Inutile che corri tanto prima o poi deve tornare!” Le aveva gridato un ragazzo, quello moro che aveva già visto e che aveva voglia di prendere a pugni. 
July non diede loro ascolto, ma fu subito raggiunta da un gigantesco ragazzo dalla pelle scura che Peter non conosceva. Seriamente, cos’era diventata la sua tana, una specie di accampamento?
Peter volò sempre più in alto, anche se, lo sapeva, in poco tempo avrebbe dovuto toccare di nuovo terra.
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Quella mattina il mare era calmo più del solito. 
I gabbiani non facevano altro che gridare mentre volavano in cerchio sulla nave.
Il cielo stesso non era azzurro e terso com’era normalmente, ma scuro, grigio.
Sulla Jolly Roger l’atmosfera era pesante, la ciurma era inquieta. Nessuno parlava ma a tutti, davanti a quello scenario, era venuto almeno una volta, quel brivido che parte alla base della spina dorsale, e che ti fa abbandonare la scopa, il cannocchiale, il coltello o la cima che stavi utilizzando. Che ti fa tremare le mani e ti rende difficile deglutire.
I marinai di quella nave erano esperti, ne avevano viste tante. Avevano visto tempeste, tifoni; erano usciti da bufere che li avrebbero dovuti portare alla morte. Ma quel giorno, la calma piatta, il silenzio che non si rompeva erano paradossalmente ancor più terrificanti.
La vecchia sedeva sul ponte a guardarsi intorno con un sorriso soddisfatto sorseggiando gin offerto dal capitano.
Questi invece, chiuso nella sua cabina, si massaggiava le tempie, poi si guardava allo specchio, sospirava e poi di nuovo si massaggiava le tempie. 
Era un gioco, lo è sempre stato. E lui era un ragazzino, lo è sempre stato. E in un modo o nell’altro, sempre lo sarà.
Uncino, anzi, James non era crudele. James era piagnucolone, triste, dispettoso, un po’ cattivello e, anche lui, immaturo. Forse è questo che fece nascere tutto: due bambini immaturi che non sapevano far altro che litigare. 
Improvvisamente però, tutto quel silenzio fu interrotto da un enorme trambusto che James non si preoccupò di ascoltare. Forse qualcuno si era fatto male o aveva fatto qualche sciocchezza, ma nulla che importasse secondo lui. Ma la realtà era ben diversa. Chissà come sarebbe andata a finire la nostra storia se James avesse ascoltato le grida.
-Perché cosa successe?
Mi mordo il labbro. Le bambine hanno solo cinque anni, sono troppo piccole per conoscere la storia, quella vera. Non sono contenta di mentire su qualcosa di così importante, sulla storia che mi sono portata dietro tutta una vita, ma quelle sono le mie figlie, non posso mutare così la loro infanzia raccontando cosa successe veramente quella notte. Decido quindi di cambiare tutto e raccontare la storia che ogni bambino si aspetta di sentire; purtroppo però, non ho mai avuto una grande fantasia.
- È tardi, concludiamo che domani avete scuola.
-Ma mamma possiamo non andare?
-No, domani si va punto.
Entrambe sospirano e mi guardano con occhi speranzosi. Chiedo allora scusa. Chiedo scusa a tutti i miei amici di quel tempo, ai bimbi sperduti, a quel gruppo di giovani ragazzi che si stava formando, a James Hook e a te, Peter Pan.

La nostra storia finisce come tante altre. Peter rivelò che Beatrice era uno dei suoi tanti amori e lo stesso valeva per lei, ma come succede sempre, Beatrice dovette crescere ma aver abbandonato l’infanzia fu un trauma che non riuscì a superare. Voleva ritornare bambina e l’amore e l’adorazione per Peter Pan divennero odio e invidia. I quali si fecero più forti quando capì che Peter Pan non sarebbe più tornato e quando, alla fine tornò, non era per lei. Peter aveva visto tutto ciò da una finestra che dava su una stanza perennemente chiusa e buia, ma non aveva mai trovato il coraggio di spalancarla. Per questo, quando ebbe una seconda opportunità di mantenere una promessa, non se lo fece ripetere due volte.
Per tutto il racconto Peter aveva tenuto la mano di July, nascosto sotto al tavolo al quale i cinque ragazzi erano seduti.
Velocemente elaborarono un piano per attaccare la nave del vecchio stoccafisso; le ragazze sarebbero salite sul ponte e avrebbero dato ai marinai qualche bottiglia, che questi si sarebbero scolati, poi Peter e gli altri due sarebbero saliti a bordo quando tutti si sarebbero addormentati, li avrebbero legati e poi sarebbero entrati nella cabina del capitano, lì avrebbero ridotto in brandelli i vestiti di Uncino e Beatrice e poi li avrebbero buttati in acqua.
-E li avrebbero fatti mangiare dai pescecane. 
-Esatto, Lia.
-Che cosa disgustosa!
Mi scappa una risatina, Hanna è fatta così. 
-Fecero proprio così.

Dopo due notti di canti e festeggiamenti attorno al fuoco, Jake si dichiarò a Giglio Tigrato, Max divenne uno dei guerrieri più forti della tribù e July e Peter piano piano, con qualche giorno, capirono di essere profondamente innamorati.
Una sera in cui la luna era più alta nel cielo, che sembrava persino più bella e luminosa del sole stesso, Peter portò July in quella spiaggia dove una sera aveva finto di affogare, spaventandola a morte. Si sedettero sulla sabbia e la ragazza aveva il volto rivolto al cielo ad osservare quel bellissimo spettacolo.
Anche Peter osservava qualcosa che, ai suoi occhi, era magnifico, perfetto, ma non era la luna.
“July” Iniziò; la ragazza si voltò con un sorriso verso di lui “Io… volevo chiederti una cosa…”
“Cosa?” Alzò lei un sopracciglio.
“Beh ecco…” Peter distolse lo sguardo dagli occhi della ragazza “in effetti non è nulla di importante, possiamo parlarne dopo”.
July si morse la guancia “Peter sono tre giorni che cerchi di dirmi qualcosa e te ne sei uscito sempre con una scusa. Hai persino sostenuto che Piccolo fosse cresciuto, quando siamo su un’isola dove il tempo non passa, e che Zoey fosse in grado di volare senza polvere di fata, mentre stava solo saltando sul letto.” Gli poggiò una mano sulla spalla “Me lo vuoi dire, o no?”
Peter aprì la bocca per rispondere ma July lo anticipò “È una domanda retorica” e il ragazzo richiuse la bocca. 
Prese un respiro e voltò la faccia in modo da non guardare la ragazza “Stavo pensando che sarebbe bello se tu rimanessi un altro po’ qui. Sai i bimbi sperduti sarebbero contenti e anche… io… e Giglio Tigrato e Jake e Max ovviamente…”  Certo July aveva capito che quelle parole non erano semplici da dire. 
“Tu vuoi tornare a casa?”  Le chiese.
La ragazza si prese un attimo per rispondere; dopotutto a Londra aveva la sua famiglia. I suoi genitori e suo fratello la stavano probabilmente aspettando, e non bisogna dimenticarsi dei nonni. Ma quella sera, July decise di essere egoista. Decise che, se fosse tornata a Londra la sua vita sarebbe stata tristemente ordinaria. 
July usò l’altra mano per ruotare il volto della mamma “Peter, ma io sono già a casa”.
-Che romantico!
-Shh, zitta Hanna. Continua ti prego…

July scrisse quindi tre lettere.
La prima era ai genitori che posò nella cassetta delle lettere, di notte.
Cari mamma e papà, 
sono sicura che sarete sorpresi di ricevere questa lettera. Vi scrivo per dirvi che sto bene, sono in un posto bellissimo con un ragazzo a cui voglio davvero molto bene. Sono circondata dall’affetto di molti e non potrei essere più felice.
Nonostante ciò non penso potremo più rivederci.
Vi prego di non odiarmi ma è meglio che sia così; e non crediate che sia per colpa vostra, vi prego. Voi siete stati i genitori migliori che potessi desiderare, solamente che ho capito di non appartenere a Londra, non più almeno…
Vi amo.
Vostra,
July Mary Anne 

Una per il fratello, anch’essa imbucata.
Caro Arthur,
tutto quello che c’è da sapere su di me è nella lettera indirizzata a mamma e papà.
Ho trovato l’amore e spero che tu possa fare lo stesso quanto prima.
Ti auguro tutta la felicità possibile.
Con tutto il mio affetto,
July.

E l’ultima per la nonna Wendy, abbandonata su un davanzale, insieme a un po’ di polvere dorata e qualche foglia.
Dolce nonna Wendy,
avevi ragione. Hai sempre avuto ragione.
Ti ringrazio, anzi, ti ringraziamo entrambi per le tue storie, per l’amore che ci hai dato, e per quello che, forse inconsciamente, ci hai fatto scoprire.
Prometto che un giorno ci rivedremo, perché questo non è un addio, come dice lui, ma solo un arrivederci, e a quel punto passeremo una giornata intera a raccontarci storie e ti parlerò di tutte le mie avventure, come tu a suo tempo mi hai parlato delle tue.
Grazie Wendy.
July, Peter e il resto dell’isola.

Quando Wendy lesse quella lettera molte lacrime si fecero strada sul suo volto, seguite da un enorme sorriso. Sapeva che non avrebbe rivisto nessuno dei due, ma le andava bene così; era giusto così.
-E poi?
Alzo un sopracciglio: -Che intendi, Lia?
-Dove sono i combattimenti?
-E i baci?
-E il sangue?
-E il romanticismo?
Sospiro chiudendo gli occhi: -Per stasera non c’è nulla di tutto questo, e poi è tardi, mettetevi a dormire. 
Rimbocco ad entrambe le coperte sfiorando le loro fronti con le labbra: -Buona notte Lia. Buona notte Hanna.
Ed esco chiudendomi la porta alle spalle.
Percorro il corridoio che mi porta in sala da pranzo e trovo ancora mio marito seduto al tavolo ancora al computer. Poggio delicatamente le mani sulle sue spalle, sentendolo sobbalzare: -Amore, non è ora di andare a dormire? 
Anche gli uomini vanno messi a letto.
-Sì, hai ragione.
Non se lo fa ripetere due volte; spegne l’oggetto velocemente, per alzarsi e tirarmi tra le sue braccia: -Andiamo a letto.
-Tu vai, io arrivo tra un secondo - Mormoro baciandogli una guancia –Buona Notte Jake.
Lui risponde con un bacio sulla tempia: -Buona notte Lily.
Ed ora che siamo solo noi due, penso di potervi raccontare come andarono davvero le cose. Penso lo sentiate questo presentimento che vi avverte che forse il racconto vero potrebbe non essere di vostro gradimento; quindi se volete fare come ha fatto mio marito, continuate a vivere pensando che quello che ho raccontato prima fosse il finale di questa nostra storia; se invece siete come me, continuate pure ad ascoltarmi.
Non tutte le mie parole sono false, riprendiamo da Capitan Hook. 

Come ho detto, se James avesse prestato attenzione a tutto quello che stava succedendo, la nostra storia sarebbe stata come quella raccontata; ma non fu così.
Beatrice alzò lo sguardo al cielo e vide qualcosa, o meglio qualcuno, svolazzare poco sopra le cime degli alberi. Strinse la mascella e il bicchiere che teneva in mano finché quest’ultimo non si sbriciolò in milioni di pezzi. La donna gridò di rabbia: era stata ingannata! Lui doveva essere morto! 
Urlò agli uomini di Uncino di prendere le scialuppe più grandi e resistenti, più forti e di caricare su ogni una un cannone e un uomo che avrebbe remato fino a riva.
Quella sera Giglio Tigrato, Jake, Max e i bimbi sperduti erano andati a caccia; i piccoli avevano tanto insistito per vedere le tecniche di caccia di cui Max andava tanto blaterando, e Jake aveva tanto insistito per stare un po’ con l’indiana. 
July e Peter intanto erano nella casa sull’albero, le lettere erano davvero state scritte, durante quel pomeriggio dove Peter aveva davvero raccontato la storia di Beatrice. Ma anche se non lo aveva chiesto così apertamente, aveva parlato con July, chiedendole cosa volesse fare e se volesse tornare a casa; ma la ragazza gli aveva risposto ammutolendolo con un piccolissimo bacino all’angolo della bocca, aveva iniziato a scrivere e aveva riposto i fogli in un cassetto.
Quella sera, mentre un gran gruppo era a caccia, una londinese affettava verdure lanciando occhiatine ad un ragazzo che suonava uno strano flauto, guardandola di sottecchi.
Quella sera un’indiana e un pirata facevano finta di poter camminare mano nella mano mostrando a tutti che tra loro c’era un legame.
Quella sera ogni cosa sembra normale, e per una volta il tempo sembrava davvero non scorrere e per quella sera tutti noi volevamo così.
Ma non durò.
Quella sera tutto finì. Tutto divenne complicato. E il cuore dell’isola sparì.
Quella sera ci fu un rumore assordante, di caduta e scoppio. 
Quella sera la terra tremò.
E i due ragazzi non si resero nemmeno conto di ciò che stesse succedendo, talmente erano immersi l’uno negli occhi dell’altra. Tutto cadde sui loro corpi coprendoli.
Quando ci voltammo increduli, c’erano un gran fumo e noi… noi sentimmo solo un immane silenzio rotto solo dai battiti assordanti dei nostri cuori.
Nessun bambino rimane tale per sempre. Non ci sono eccezioni né scappatoie.
Mio padre disapprovò Jake, così ce ne andammo insieme a Max e ai bimbi sperduti ad Evelin’s Port.  In seguito, tornammo alla casa sull’albero ma non c’era traccia dei due. Pensammo che si fossero in qualche modo salvati, ma sapevamo che non era così. Non eravamo abbastanza forti da alzare tutte le macerie. Trilli si era salvata per chissà quale miracolo, ma non si diede mai pace, incolpandosi per chissà quale motivo. Decise che almeno avrebbe potuto fare qualcosa per la famiglia di quella povera ragazza, così trovammo le lettere, e Trilli le consegnò. Prima però Jake ne fece una copia e ce le dividemmo: io e lui tenemmo una copia di quella destinata a Wendy, Max di quella per il fratello e i bimbi ebbero quella per i genitori. A loro volta ne ebbero una copia ciascuno.
Non so dire per quanti anni stemmo lì, finché un giorno, io e Jake decidemmo di andare a vivere in Inghilterra insieme ai bimbi sperduti e ci sposammo il 18 Febbraio 2005, avevo vent’anni. Legalmente io ho più figli di quanti la mia età me ne permetterebbe. Loro ormai sono grandi e sparsi per il mondo. Pennino è diventato scrittore. Volpe attore. Orsetto cuoco – inutile dirlo eh? I gemelli… uno studia legge e l'altro medicina... solamente che non so dire chi è chi. Zoey e Piccolo sono al college. Ovviamente i loro nomi non sono più questi – tranne per Zoey – ma che senso avrebbe scriverli?
Io ho avuto due figlie mie Hanna e Lia, nate nel 2007 e lavoro come insegnate, mentre Jake è commercialista. 
Le nostre vite sono andate avanti ma non abbiamo dimenticato i volti sorridenti, determinati e vivi dei due ragazzi. Nessuno lo ha fatto. Ora che ho condiviso con voi la vera storia, posso ritirarmi a dormire con il cuore leggero, sapendo che la loro memoria non andrà persa, perché ora c’è qualcun altro là fuori che ne conserva il ricordo. 
Vorrei solo rimangiarmi quello che ho detto perché, in fondo, loro sono rimasti ragazzi per sempre. Almeno su questo misero pezzo di carta.
Lily Regan, 20 Dicembre 2012.
...continua...


Nota: Allora scommetto che siete shoccati eh? Quindi si, se volete potete venire con forconi e torce sotto casa mia, ma prima vi dico che, se così fosse, non ci sarebbe il sequel che sto programmando di scrivere. Eh sì non è realmente finita per i nostri eroi! Quindi tenete le dita incrociate ci rivedremo a settembre! But first lemme take a selfie vi voglio ringraziare tutti, in particolare LUISA, la Perugina che ho conosciuto all'inizio della storia perché mi venerava e che ora è una delle mie migliori amiche. Ma vorrei anche ringraziare tutti voi; volevo scrivere tutti i nomi ma è mezza notte e domani mattina ho un treno quindi vi lascio a modo mio, chiedendovi di non perdere la speranza per July e Peter, con una citazione:

"La mancanza di desideri è il segno della fine della gioventù e il primo e lontanissimo avvertimento della vera fine della vita."

-Goffredo Parise, Sillabari



 
 
   
 
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