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Autore: mamie    31/07/2015    10 recensioni
In EO viene ossessivamente ripetuto il concetto di "essere un vero uomo". Ma cosa vuol dire essere un vero uomo sull'Arcadia? Storiellina che nasce dal finale di Endless Odyssey.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harlock, Tadashi Daiwa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N.B. Ho modificato il titolo perché non ricordavo più che ci fosse una fic di eos75 con lo stesso nome e sullo stesso argomento. Grazie ad angelfire123 per avermelo fatto notare. Chi fosse curioso di confrontare le due storie può trovarla qui:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=356948&i=1. Chiedo scusa ad eos75 per la svista.  
 

 
Un vero uomo
 
 
Ho fatto una promessa anche a te.
 
Tadashi era deluso, gli si leggeva in faccia. Aveva sperato di trovare un mondo ordinato, pieno di regole cui affidarsi, un mondo più rassicurante del caos umiliante del pianeta Cumulo di Rifiuti da cui proveniva, ma l’Arcadia non era così. Era un posto dove ciascuno faceva quello che gli pareva, e prendeva le decisioni che voleva, senza tanto riguardo per gli altri. Un posto con un dottore ubriacone, una cuoca pazza da legare, un primo ufficiale infantile, un capo macchinista piagnucolone, una pin up con la pistola e un’aliena che non faceva che suonare l’arpa. E il loro capitano non era meglio. Cupo, immerso nei propri pensieri, sembrava non gli importasse nulla di niente e di nessuno. Sembrava che non gli importasse nemmeno ora, con la pistola di Tadashi puntata contro mentre lui si sforzava invano di tenere salda la presa.
 
Se sei un uomo, spara.
 
La feroce ironia di quel momento lo colpì come una frustata. Era questa la libertà? Se era questa lui non la voleva, gli faceva paura. Non l’aveva mai voluta in realtà. Voleva solo qualcuno che gli dicesse cosa fare della sua vita, come faceva suo padre.
Premette il grilletto senza nemmeno accorgersene.
Harlock non si mosse di un millimetro. Abbassò lentamente la gravity saber, senza smettere di guardarlo negli occhi, e si girò per andarsene facendo ondeggiare fra le ombre la stoffa nera del mantello. Solo allora Tadashi si accorse delle goccioline di sangue che colavano picchiettando sul ponte nella scia dei suoi passi. Fece per correre, per dire qualcosa, prima di sentire la mano ferma di Miime sulla sua spalla.
 
– Non è niente di grave.
– Ma… io…
– Non preoccuparti.
– Perché non mi ha fermato? – Tadashi non riusciva a capire.
– Perché una libertà usata male è meglio che nessuna libertà.
Miime sorrideva. Era una sensazione strana vedere qualcuno sorridere senza bocca.
– Qui nessuno si permette di giudicare un altro per le scelte che fa, giuste o sbagliate che siano, finché combatte per quello in cui crede…
 
Tadashi abbassò la testa. Ora forse capiva tutta quella manfrina sull’essere “un vero uomo”. Non c’entrava niente saper fare a pugni in un vicolo o riversare il proprio odio su tutto quello che non riusciva a capire.
Fare le proprie scelte e prendersi le responsabilità di conseguenza, era questa la libertà. Gli sembrava, finalmente, di vedere suo padre in un’altra luce. Suo padre che era stato un vero uomo.
Tadashi strinse i pugni.
Lo sarebbe diventato anche lui.
 
 
Il dottore finì la medicazione con uno sbuffo irritato.
– Non perderete mai le vecchie abitudini, eh, Capitano?
Harlock non rispose. Non si mosse niente sul suo viso impassibile. Eppure il dottor Zero capì ugualmente che stava sorridendo.
Si versò un’abbondante dose di sakè, sicuro che il suo capitano non l’avrebbe rimproverato per quello.
Perché tutti loro, lì, sull’Arcadia, anche le bella Yuki e l’arcigna Masu san, erano in qualche modo un vero uomo.
 
 
 
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NdA: prima che passiate alla lapidazione vorrei aggiungere due o tre cose su questa storia. Ho sempre trovato l’Harlock di EO affascinante e insieme irritante. Particolarmente irritante il mantra dell’essere un vero uomo, tema assai caro a Matsumoto, ma che si presta a facili fraintendimenti. Dal mio punto di vista “essere un vero uomo” non ha niente a che fare col machismo o col genere. Si può essere un vero uomo pur essendo una fanciulla beneducata e per nulla mascolina come Yuki, o un tappetto mite e occhialuto come Tochiro.  Anche se trovo l’espressione infelice, e forse ce ne sarebbero state di più calzanti, l’ho usata proprio perché ricorre tanto spesso. E con ciò vi ringrazio per aver sopportato i miei sproloqui :).
  
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