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Autore: Yssis    31/07/2015    1 recensioni
young!pg | friendship!HibiKage | flangst a palate, soffrite con me cwc
E’ un pomeriggio tiepido e soleggiato per essere i primi di febbraio: il cielo è limpido e sgombro, quasi vuoto.
Oggi inizia una storia destinata a finire in modo aspro, ma assai promettente all’inizio. Ve ne accorgerete da soli: sono stati fatti molti errori, probabilmente, ma ognuno, durante il corso di questa storia, ha agito come meglio ha potuto. Non tutti i rapporti sono destinati al lieto fine, ma ogni rapporto ha la sua storia e credo che questa meriti di essere raccontata.
“C’è qualcosa in te che non permette che il silenzio si crei… Sono intenzionato a scoprire cos’è.”
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hibiki/Hillman, Kageyama Reiji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E’ un pomeriggio tiepido e soleggiato per essere i primi di febbraio: il cielo è limpido e sgombro, quasi vuoto.
Oggi inizia una storia destinata a finire in modo aspro, ma assai promettente all’inizio. Ve ne accorgerete da soli: sono stati fatti molti errori, probabilmente, ma ognuno, durante il corso di questa storia, ha agito come meglio ha potuto. Non tutti i rapporti sono destinati al lieto fine, ma ogni rapporto ha la sua storia e credo che questa meriti di essere raccontata.
Kageyama Reiji, dieci anni, in tremante equilibrio sulle sue gambe magre, cammina lungo la strada reggendo due borse della spesa.

Suo padre un giorno è caduto sul divano, a peso morto e con gli occhi iniettati di rosso: da lì non si è più alzato. Dorme e beve, non parla neanche più. Non con lui, almeno. La sera Reiji sente dei rumori ovattati, confusi: suo padre si lamenta con i suoi fantasmi che si burlano di lui, il ragazzino ha smesso di farci caso. “Mio padre è un perdente, prima si toglie di mezzo meglio è.” Si ritrova a pensare sovente; intanto ha imparato a prendersi cura di se stesso. Nel vano tentativo di salvare la mamma da un grave morbo, sua sorella maggiore si è trasferita all’estero con la donna malata per starle accanto. Quando la disgraziata è morta però, sua sorella non è tornata a casa: è stata un’egoista ad andarsene. Altro che accudire la malata, sua sorella è andata all’estero a far fortuna ed a trovarsi un lavoro che vale, abbandonando il resto della famiglia – cioè lui, perché Tougo fa parte della mobilia di casa ormai. – al marcio della sconfitta.
Kageyama impreca quando per l’ennesima volta un lungo ciuffo corvino sfuggito alla coda gli scivola sul volto. La situazione in cui si ritrova è vomitevole: sua madre era una disgraziata, sua sorella un’egoista e suo padre un perdente. Tutti gli altri parenti ignorano l’andamento attuale delle cose e il ragazzino non vuole nemmeno il loro aiuto. Sa di avere del potenziale, di poter contare sulle sue forze: riuscirà a tirarsi fuori da tugurio in cui vive ora. Ci vuole solo un po’ di pazienza, tutto si risolverà se lui non si darà per vinto.
E’ quasi arrivato alla sua abitazione quando sente il rumore –inconfondibile- del pallone da calcio che rimbalza contro il muro. Sul retro di casa sua c’è in effetti un piccolo cortile dove, anni addietro, suo padre portava lui e sua sorella a giocare, quando le cose andavano bene e il sole sembrava più caldo. Stranamente adesso questo rumore non lo infastidisce – considerando che ha sgonfiato tutti i palloni presenti in casa, perché la sola vista lo mandava in bestia mentre suo padre sbavava alcool scadente. – anzi ne è incuriosito. Sale allora in fretta in casa, molla le borse della spesa nell’atrio e torna di sotto. Mentre percorre il perimetro di casa gli viene da chiedersi cosa diamine sta facendo: non sa rispondersi, quando quella scossa di interesse arriva non si può spiegare, perché è repentina e ti coglie sempre impreparato. Altrettanto velocemente il ragazzo giunge nel cortile, pressoché deserto. Ad un primo sguardo pare non esserci proprio nessuno, tant’è che Reiji si sta quasi per dare del visionario e rientrare, quando il groppo di delusione gli rimane in bocca, senza scendere. In un angolo un po’ appartato c’è un ragazzo, solo, con in mano un pallone e lo sguardo
rivolto verso il muro. A Reiji viene già da ridere: “Chi è quel disagiato? Cosa sta facendo?” Si chiede. Consapevole di non essere stato notato dal coetaneo, Kageyama si appoggia al muretto lì appresso e divertito osserva. Lo sconosciuto deve avere circa la sua età, è abbastanza corpulento, corti e ispidi capelli castani spuntano dalla bandana nera che porta calcata sulla testa, indossa una canotta bianca che lascia intravedere alcune chiazze di sudore sulla schiena, pantaloncini scuri e un paio di guanti da parata eccessivamente grandi alle mani. “Questo qui è un aspirante portiere!” Realizza il castano con sarcastica desolazione: gli sembra già un pezzente, ma da dove è uscito? Avrebbe un fiume di domande da porre a quell’intruso, eppure non si muove, incuriosito, temendo di disturbarlo. Da come è posizionato – gambe leggermente divaricate, presa stretta sul pallone, ben bilanciato ma forse un tantino troppo in avanti con il busto – pare il mimo di un portiere vero. Reiji scrolla la testa, eppure non tornerebbe in casa per nulla al mondo: a questo punto deve assolutamente vedere cosa ha intenzione di fare. A dispetto di tutte le sue imbarazzanti teorie circa le capacità di movimento del gorilla pietrificato davanti a lui, il ragazzo comincia a muoversi. Kageyama ipotizza che abbia anche aperto gli occhi – prima, durante il momento del “raccoglimento spirituale” saranno stati chiusi, ma anche questa è solo una supposizione. Calcia la palla contro il muro, con molta precisione e una considerevole potenza. Questa torna indietro: il ragazzone allora scatta, già in posizione, e l’afferra prima che superi la riga che, Reiji nota solo adesso, è disegnata ai suoi piedi.
“Eh, però!” Si trova costretto a considerare il castano “Almeno nella teoria di base, questo se ne intende. Non è così sprovveduto come sembrava…”
Nel frattempo il dilettante atleta continua il suo esercizio, a volte lasciandosi trascinare dalla potenza del pallone fin dietro la riga, a volte bloccandola o respingendola direttamente contro la parete. Reiji è sempre più rapito da quei movimenti che lasciano a desiderare e che tuttavia hanno un qualcosa che lo spingono ad avvicinarsi. E’ seduto cavalcioni sul muretto, le gambe hanno cominciato a muoversi, seguendo il ritmo della palla che colpisce il muro, senza che lui se ne renda bene conto. Chiude gli occhi, ascoltando quella melodia così insolita, così monotona: non si chiede cosa gli prende, solo… Gli piace. Vorrebbe che quel suono non smettesse mai più di riempire l’aria. Lentamente le sue labbra si schiudono ed emettono un fischio di ammirazione leggero, un sussurro direttamente dal cuore. Reiji non si accorge di nulla, finché non sente la voce tonante e leggermente collerica del coetaneo, che scopre ora, così, per puro errore, per aver lasciato parlare il cuore un attimo soltanto.
-Che hai da guardare?-
Il castano apre gli occhi di colpo e serra le labbra. Resiste ostentando sicurezza allo sguardo dell’esordiente portiere, la battuta di risposta se l’era preparata da un pezzo.
-Fai talmente schifo che sei quasi divertente.-
Quello schiudersi ammirato di labbra di poco prima, che il portiere mai saprà di aver generato, viene sostituito da un sorrisetto maligno e sprezzante.
Tuttavia l’altro non si lascia intimorire a sua volta, anzi sorride con aria di sfida.
-Ah è così? Tu che fai tanto il gradasso, vieni a giocare!-

-Tsk, io non gioco.-
Di questo Reiji è convinto, da quando suo padre è ridotto a quello stato comatoso non ha più toccato un pallone né ha intenzione di farlo. Lui odia il calcio, è uno sport inutile che rovina le persone. Lui non si farà rovinare dal calcio: l’ha pure detto, a suo padre, una volta. “Papà, io odio il calcio. Non mi lascerò rovinare la vita da uno sport come hai fatto tu, mi hai capito bene?” Ma suo padre l’ha solo guardato negli occhi, senza dire una parola. Se solo Reiji ci avesse guardato meglio dentro, invece di distogliere lo sguardo e sbuffando correre in camera sua, forse avrebbe colto l’ultimo insegnamento che il suo vecchio voleva trasmettergli…
Il ragazzo davanti a lui emette un grido di sfida – Ah! – e chissà quante parole celate contiene quella prima esclamazione a cui Reiji, per l’ennesima volta, si ostina ad esser sordo. Dopodiché, semplicemente, gli lancia la palla. Il castano non ha tempo di pensare, la palla vola forte verso di lui, allora salta appena e la stoppa di petto. Mentre Kageyama tocca di nuovo l’erba del cortile gli sguardi dei due ragazzi sono, per la prima volta, sul serio, uno dentro quello dell’altro: si osservano, si studiano, senza avere davvero idea di cosa fare dopo. Scoppia loro quella scintilla negli occhi che li fa giocare per tutto il pomeriggio, finché non cala il sole.
-Sei bravo. – Concede Kageyama alla fine, tanto per dire qualcosa che suoni come anticipo di un saluto. E poi, tutto sommato, ha parato almeno un terzo dei suoi tiri. E’ incompetente, ma non così tanto… Diciamo che può immaginarsi di peggio, anche se non ha mai visto di peggio. Ma per oggi gli ha già detto abbastanza cattiverie, nel congedarsi può anche concedersi un complimento. Il primo e l’ultimo, intanto è certo che non lo rivedrà più.
-E’ stato bello giocare con te, sei davvero forte! Fai parte del club di calcio di qualche scuola?-
Reiji fa roetare gli occhi, impaziente. Se avesse saputo che il suo sillabare qualche parola l’avrebbe portato a costruire un vero e proprio dialogo con questo pezzente, sarebbe stato in silenzio.
-Veramente il prossimo anno devo iscrivermi alle scuole medie, al momento non sono ancora…-
-Anche tu? Che forza! Ma allora abbiamo la stessa età, come ti chiami?-
Reiji comincia già a trovare molesto il modo di parlare del suo coetaneo: nella stessa frase riesce a fare una costatazione, una domanda e magari pure ad imporre qualcosa. “E’ un pasticcione di prima categoria, sto tipo. Già me lo sento…”

-Kageyama Reiji – butta lì con tono vago. Scarsa partecipazione emotiva nella risposta, pressoché nulla la voglia di stare ancora in piedi, tendente a meno infinito la tentazione di continuare il discorso. Il ragazzo di fronte a lui non è dello stesso avviso e di mediare i dati neanche se ne parla: continua dunque per la tangente.
-Io sono Hibiki Seigou, piacere! Abiti qua vicino? Vuoi che ti accompagno?-
Reiji inclina la testa, sinceramente stupito. Lui non può certo criticare la vita sociale di una persona incrociata qualche ora in un cortile ad allenarsi, proprio lui che a parte studiare e occuparsi quel che basta della casa non fa nulla, ad ogni modo la disponibilità pressante di questo ragazzo lo lascia scettico.
-Abito proprio qua dietro.-
-Uh, ma dai! Allora scenderai spesso qui, magari ci rincontriamo!-
-Ehm, ecco, non so… Non credo… - Rimane sul vago, in equilibrio precario sulle sue certezze che sente sciogliersi come cera.
Hibiki si porta una mano dietro la testa e gli lancia di nuovo quel sorriso di sfida un po’ cattivo, dopodiché si volta e si allontana a passi lenti.
Kageyama rimane fermo a fissare il ragazzo, chiedendosi come mai si avvia così adagio lungo la strada. Poi, sinceramente meravigliato, si accorge di avere ancora il pallone fra i piedi. Si affretta allora dietro al portiere, raggiungendolo con la voce: - Hibiki, aspetta! Il tuo pallone!-
Questo si ferma subito, sorride ma solo per gioco, perché in fondo è un gioco che li ha fatti stare insieme un pomeriggio, e si volta. Reiji intanto l’ha raggiunto, allora gli porge il pallone.
-Grazie, Kageyama, allora a presto!-
-A presto.-
La spesa continua ad indugiare paziente nell’atrio: ha aspettato tanto, può attendere ancora un poco. Giusto il tempo di guardare un portiere dilettante attraversare una strada e la luce fioca di un lampione che, infine, lo inghiotte.



**

-Ehi, Hibiki, c’è qualche problema? Ti vedo giù.
-I miei mi hanno già iscritto alle sue medie… I-Io volevo chiederti se sceglievamo la scuola insieme, però adesso non si può più fare.
-E perché?

-I tuoi non ti hanno ancora iscritto da nessuna parte?
-Ecco… No, non mi hanno ancora accennato nulla.

-Dici davvero?
-A che scuola sei iscritto tu?
-Raimon Jr. High.
-Ci sarò anch’io allora.
-Sei sicuro, Reiji?
Un attimo di silenzio. Un attimo solo.
-Puoi scommetterci.
-Grazie! Sei un amico.
“C’è qualcosa in te che non permette che il silenzio si crei… Sono intenzionato a scoprire cos’è.”
-
Ah, Reiji, un’altra cosa…
-Cosa c’è?
-Voglio iscrivermi al club di calcio.

-Seriamente? Pensi di essere pronto?
-Tu pensi che io non lo sia?
Avrebbe potuto dire qualcosa, Kageyama, in quel momento. Qualcosa per convincerlo a lasciar perdere. “Potremmo essere amici lo stesso, senza questo calcio che complica sempre tutto…”
-Ma certo che lo sei. Ti accompagnerò io.
-Sei eccezionale, Kageyama!

 

**
Le stagioni cambiano, i ciliegi fioriscono. In breve, è ora di andare a scuola. Dopo la cerimonia di inizio anno i ragazzi aspettano lo smistamento nelle sezioni: Hibiki e Kageyama evitano di guardarsi ma si asciugano il sudore delle mani quasi in sincrono. “Saremo in classe insieme” sperano entrambi, anche se un po’ lo temono.
Non è possibile spiegare il perché, però tremano nel sentire che, effettivamente, saranno nella stessa classe.
Sono troppo vicini, non può durare. La parabola della loro amicizia tocca ora il punto più alto… Tutto il resto sarà una lenta, graduale e inesorabile discesa. Per il momento, sorridendo strafottenti, prendono posto in aula. Dopo le prime ore di lezione, Hibiki è già stato richiamato così tante volte che viene immediatamente posizionato nei primi banchi: Reiji, dal fondo dell’aula, sorride di nascosto mentre prende appunti. “Seig è troppo stupido a volte…”

-Non è giusto però! Si può sapere perché ogni volta che tu cominci ad infastidire qualcuno, poi beccano me?

-Tsk, si direbbe che i tuoi fantomatici “trucchetti” da bullo non funzionano più…
-Oppure l’allievo ha superato il maestro!
-Oh, così mi offendi… Che trucchetti avrei usato? Il professore ha beccato solo te, non hai prove per dimostrare che ho collaborato anch’io!
-Tu non hai collaborato, Rei, hai fatto tutto! E’ ben diverso!
-Ah, smettila, se sei un fallimento non puoi dar certo la colpa a me!
-… La vuoi una liquirizia?
-Dove le hai trovate?
-Le ho prese prima dallo zaino di Obayashi, quello della seconda fila.
-Ah-ah, allora lo ammetti! Va bene dai, per stavolta condividerò con te il bottino~

La tappa successiva alle lezioni mattutine è il club di calcio: facendo leva sulle conoscenze che Reiji possiede circa questo sport e la sua velocità in campo, con i giusti complimenti piazzati al momento giusto, il portiere ha convinto il compagno a iscriversi con lui. Kageyama, mentre si apprestano a dirigersi verso la sede del club, non è ancora del tutto convinto che sia una buona idea, ha paura di lasciarsi condizionare dal calcio… Tuttavia non ha potuto fare questo genere di discorso davanti a Hibiki, di conseguenza non è riuscito a portare avanti nessuna buona tesi a dimostrazione del fatto che lui, con il calcio, non vuole avere nulla a che fare. Ora entrambi hanno in mano la lettera di richiesta di adesione al club: Reiji crede che finché Seigou lo sostiene, riuscirà a giocare.

-Buon giorno a tutti!-
-Oh, buon giorno. Siete dei nuovi studenti?
-Siamo Hibiki Seigou e Kageyama Reiji, primo anno. Vorremmo iscriverci al club di calcio!-
-Siete i benvenuti, ragazzi. Lasciate pure qua sul tavolo le vostre lettere, a fine giornata le porterete in direzione con la mia firma. Ora cambiatevi e raggiungete il resto della squadra sul campo al fiume. Ci alleneremo lì!
-La ringraziamo infinitamente, mister…
-Endou. Mi chiamo Daisuke Endou, è un piacere avervi qui. Vi aspetto al campo allora!-
Durante quella prima presentazione, Kageyama non emette fiato. Soltanto quando rimangono soli nello spogliatoio, Hibiki osa alzare lo sguardo e tutto emozionato esclama: -Da non crederci!-
Dice proprio così: “Da non crederci!” con una luce entusiasta negli occhi. Kageyama lo guarda, lo guarda fisso, pensa che da qui in avanti Seigou diventerà un bravo portiere, pensa alla bocca di suo padre piena di bava che puzza d’alcool, pensa a tutti i palloni che ha sgonfiato, pensa a quel nome: “Endou, Daisuke Endou.”… Poi si allaccia gli scarpini e dice: -Andiamo, non facciamoci aspettare già dal primo giorno.- Hibiki, entusiasta, parla del’uomo che, un tardo pomeriggio, in un parco, gli ha fatto venire voglia di giocare a calcio.
“Da non crederci!”

 **

-Impressionante, i due novellini hanno coraggio da vendere!
-Hanno buone potenzialità entrambi, ma è  presto per esprimere giudizi. In fondo, hanno fatto solo un allenamento!

-Sono stremato, Kageyama… E tu?
-Tsk, taci e risparmia il fiato.
-Non possiamo sospendere? E’ anche calato il sole!
-Vuoi diventare il portiere titolare sì o no?!
-Certo che sì, ma sono esausto adesso!
-Tsk, io mi faccio altri due giri di corsa, tu fa un po’ come credi.

-AAAAAAAAAHHHH!

-KAGEYAMA! Ma cosa ti salta in mente, sei impazzito?! Con un intervento del genere avresti potuto spaccargli la gamba!
-Tsk, imbecilli.
-Kageyama, fuori dal campo.

-Hibiki, avresti un momento?

-Mister…
-La squadra vorrebbe parlarti.
-Ecco io, veramente…
-Non fa niente, torno a casa da solo. Ci vediamo domani.
-O-Okay, ciao, Reiji!
Che succede?
-Ci siamo consultati e pensiamo… Che tu debba diventare il nostro capitano.
-IO?
-So che non ci deluderai.
-Grazie, mister! Grazie, ragazzi! Potete contare su di me!

-Kageyama! Kageyama, sei in casa?

-…
-E’ successa una cosa pazzesca! Non indovinerai mai!
-…
-Reiji?
-…
-Sono il capitano. Mi hanno fatto capitano della squadra di calcio della Raimon!
-… Fantastico.
-Tsk, lo sapevo che c’eri. Allora mi raccomando, devi dare il massimo per diventare titolare anche tu adesso! Se vuoi domani ci alleniamo qua sotto casa, d’accordo? Ora vado, buonanotte!
-…

-Ukishima, marcalo più stretto!

Tamiyama, più veloce con quei passaggi!
Ottimo tiro, Biruda!
-Ma la prossima volta segnerò, Hibiki!
-Eheh, staremo a vedere… Coraggio, continuate così!
-Levati di mezzo, Ikari!
-Kageyama, cosa fai?!

-SEI UN DEFICIENTE!

-Smettila di gridare.
-Ma l’hai capito sì o no che Ikari è finito in ospedale? Con quel colpo gli hai quasi fracassato la cassa toracica! Questa non è boxe, questo è calcio! MI STAI A SENTIRE?
-Fammi un favore, Hibiki, vattene a casa. Non ho voglia di ascoltarti mentre mi fai il cazzettone, okay? Non ne ho voglia.
-‘fanculo, Kageyama.

-…

-…
-…
-…
-Andiamo, non facciamoci aspettare.
-Ho delle liquirizie. Magari ci alzano un po’ la pressione…
-Grazie.

**

E’ passato quasi un anno scolastico, Kageyama eccelle a scuola ma ha passato tutto il torneo seduto in panchina, a guardare gli altri giocare: all’inizio gli permettevano di stare in campo durante gli allenamenti, ma era incontrollabile, una vera mina vagante, così è stato confinato in panchina anche durante gli esercizi. Si prepara individualmente nel campo dietro casa sotto la vigilanza di Hibiki. Si chiede sempre più spesso che diamine ci fa ancora, nel club. I suoi tiri fanno tremare l’aria, Seig teme, nel pararli. Ma non lo lascia solo.
Dal canto suo, Hibiki se l’è cavata a scuola e il rendimento sul campo è migliorato sempre di più: ormai è il capitano della squadra, che coordina e preside dalla porta. Il suo esempio è l’allenatore Endou: spesso passa intere sedute di allenamento a parlare con lui, mentre gli altri si allenano e Reiji osserva, dalla panchina. Stanno proseguendo nel torneo, puntano alla finale: Kageyama aiuta un sacco il portiere nella gestione dei ruoli in campo. Quando sono soli, il castano si mette ad elencare tutti gli accorgimenti che possono essere utili al neo capitano: questo si segna tutto e lo ringrazia, ma quando è il momento di discutere di nuove strategie di gioco con l’allenatore e la squadra, il nome di Reiji non viene mai fatto.
Nel silenzio della sua camera, Kageyama più volte si è ritrovato a pensare che meriterebbe lui di essere il capitano, non Hibiki.
“Hibiki è adulato da tutti ma la verità è che si affida a me per qualsiasi cosa… Non è giusto, non è affatto giusto! Cos’ha lui che io non ho?

Scale. Pianerottolo.
Televisione. Spenta.
Pavimento. Sporco.
Divano.
Vuoto.
-Papà?

Ci sono un sacco di domande che qualcuno ci mette in testa, dimenticandosi di metterci al fianco la risposta.
Magari la risposta esiste, ma finisce nella testa di qualcun altro.
Così, esistono domande e risposte sparpagliate nel mondo.
Reiji, dimentico dal cercare le sue, piange, questa sera.

**

-A causa della tua condotta irragionevolmente violenta e deplorevole nei confronti dei tuoi compagni di squadra e avversari, nonché agli scarsi risultati ottenuti, mi vedo costretto ad allontanarti dalla squadra, Kageyama.-
(Anche tu sei d’accordo?)
-Tsk, mi sta dicendo che mi bandisce dal club perché non ho fatto amicizia con la squadra? Loro in effetti sono stati così disponibili, così aperti al dialogo… Come ho fatto a non raggiungere buoni risultati? Ora bandisce me  perché le fa comodo, allenatore, mi duole tuttavia realizzare, infine, che vediamo questo sport in modo troppo diverso.-
(Sai cosa penso… Perché non intervieni?)
-Puoi colpevolizzare solo te stesso, se la squadra non vuole avere a che fare con te. Per così tanto ti abbiamo pregato di collaborare, di perseverare insieme ai tuoi compagni puntando alla vittoria… Ma tu sei sempre stato sordo a tutte le mie parole, hai continuato ad agire solo per il tuo personale tornaconto rischiando più d’una volta di far del male seriamente ai tuoi compagni!-
(PARLA. PARLA PER FAVORE.)
-E così, allenatore, sarebbe tutta colpa mia… Tsk, convincetevi pure di quello che volete, tutti quanti. Io me ne vado.-
(…)
In quel momento, nel momento in cui Kageyama viene espulso dalla squadra per la sua condotta irragionevolmente cattiva nei confronti del mister e dei suoi compagni, Hibiki, quell’amico con il quale ha condiviso momenti di serenità e di leggerezza, quell’amico a cui ha detto tanto di sé ma non tutto, quell’amico con cui ha sempre fatto la pace e riempito pomeriggi di sole con parole, parole a non finire, avrebbe potuto dire qualcosa in sua difesa, per trattenerlo, invece preferisce mantenere integra l’alta considerazione che l’allenatore e la squadra hanno di lui: allora tace e risponde all’ultimo sguardo che Reiji gli lancia –celata disperazione- con altezzosa arroganza.
Questo silenzio separa le loro strade una volta per tutte, si protrae negli anni e si inasprisce sempre di più, inumidito da lacrime di rancore e un’arroganza amara.

 

 

 

(Perché questo silenzio, ora?



Dentro esso, sento tutto quello che mai sono stato capace di dirti.
Scusa l’arroganza.

Ormai è tardi. Lo so.)

  
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