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Autore: B_Regal    03/08/2015    2 recensioni
Intrappolate nella vecchia casa di Zelena assieme ad Henry, Emma e Regina condividono un momento difficile ed emozionante, che rafforzerà ancora di più quel legame che solo due donne che amano allo stesso modo un bambino, il loro bambino, possono avere.
Regina è stata una figura fondamentale nella vita del figlio di Emma. Ora la storia potrebbe ripetersi, ma a parti invertite.
SaviorQueen (con accenni OutlawQueen e CaptainSwan )
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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We’ve come a long way from where we began

Ho scritto questa shot principalmente perché ho perso una scommessa (con una mia amica SwanQueen, Tury), ma l’ho fatto volentieri perchè, nonostante shippi OutlawQueen, sono una forte sostenitrice dell’amicizia tra Emma e Regina, ho adorato l’evoluzione del loro rapporto e mi piace il legame che hanno costruito, e che spero continui a rafforzarsi.
L’idea in testa ce l’avevo da un po’ ma non credevo che l’avrei mai messa per iscritto, diciamo che ho approfittato di dover “pagare”, per farlo.
Come vedi, Lory, ogni promessa è debito e.. tanti auguri di buon compleanno! <3

 
 “Mamma! Mamma!”
La voce di Henry riecheggiò nella galleria silenziosa, Emma si voltò sperando che il ragazzo portasse buone notizie.
Erano bloccate nella cantina della villa che un tempo era appartenuta a Zelena, avrebbero dovuto recuperare alcuni ingredienti magici per una pozione che Regina aveva in mente di preparare e uscire subito, ma avevano sottovalutato la strega e non appena la mora aveva messo le mani su uno scrigno di legno, un incantesimo di protezione si era attivato intrappolandole all’interno di quel posto buio e umido.
Almeno un paio d’ore erano passate ed Emma iniziava davvero a pentirsi di aver portato con sé anche Regina ed Henry. Non che avesse avuto altra scelta, del resto. Regina non aveva voluto sentire ragioni, affermando che solo lei avrebbe saputo riconoscere gli ingredienti che le servivano ed Henry non si sarebbe mai perso l’occasione di una nuova operazione con le sue mamme, come l’aveva definita.
E poi le cose fossero degenerate, subito avevano capito che la magia non avrebbe funzionato e così si erano ritrovati a vagare per la spaziosa cantina, Emma in una zona e Regina ed Henry in un'altra, alla ricerca di un modo per liberarsi.
“Ragazzino! Dimmi che avete trovato una soluzione..”
Henry scosse la testa mentre le afferrava il braccio “No, ma devi correre. Abbiamo un emergenza!”
“Che emergenza potremmo avere peggio di questa? Siamo bloccati qui dentro e..” Si interruppe quando svoltarono l’angolo e la peggiore delle sue previsioni si stava avverando, proprio lì davanti ai suoi occhi.
“Regina!” Esclamò, allarmata, avvicinandosi alla donna accovacciata contro il muro, le gambe piegate e un’ evidente smorfia di dolore sul viso “Regina, ti prego dimmi che non..”
“Ti pare che stia recitando, Swan?” Fu la risposta brusca dell’altra donna, piuttosto brusca per una che sembrava stesse soffrendo così tanto da non poter articolare parola “Spero che tu abbia trovato un modo per uscire da qui perché..”
Emma si riscosse dallo stato catatonico in cui era caduto e si guardò attorno, preoccupata “Beh, io.. veramente ancora no, ma se..”
“Ma se cosa?” Urlò Regina, aprendo gli occhi “Io non ho tempo, devo uscire da qui adesso!”
“Dai mamma, adesso calmati!” Henry le si era inginocchiato accanto e le aveva stretto una mano, con i suoi tipici modi gentili “Andrà tutto bene, Emma troverà un modo. E’ vero?”
“Certo!” Esclamò la bionda, sperando di risultare convincente “Tu rilassati, ok? Prendi dei respiri profondi e..”
“Mi si sono rotte le acque!” La interruppe Regina, stringendo forte la mano del figlio nel momento in cui un'altra contrazione le attraversò il corpo.
“Ah.” Emma si sentì subito una stupida per come aveva risposto. Ma cos’altro avrebbe potuto dire? Regina era per terra, si teneva la pancia con una mano e a giudicare dalla regolarità con cui il suo viso si contorceva in una smorfia di dolore, le contrazioni dovevano essere piuttosto ravvicinate.
In altre parole, Regina stava per partorire.
“Ha le contrazioni ogni tre minuti mamma, credo che sia il momento!” Esclamò Henry, come se le avesse letto nel pensiero.
Emma inarcò le sopracciglia, mentre gettava un occhiata al cellulare, in una vana speranza che miracolosamente prendesse. Ovviamente, la linea era pari a zero. “E tu che cosa ne sai?”
“L’ho visto in un documentario, e comunque dobbiamo fare qualcosa..”
“Quel documentario spiegava anche come si fanno nascere i bambini?” Chiese, mentre si inginocchiava di fronte a Regina e le sfiorava il lembo del vestito blu che indossava.
“No!” La mora sussultò, allarmata, non appena capì le intenzioni dell’altra “Non nascerà nessun bambino, non ora e soprattutto non qui. Voglio uscire, voglio un ospedale e dei medici..” Si interruppe, cercando di prendere un respiro profondo, anche se il tentativo non le riuscì così bene “Tu devi solo farci uscire da qui, trova un modo per farmi uscire, ti pre..” Una contrazione più forte delle altre le tolse la voce e il respiro, istintivamente tirò a sé le gambe e persino Henry gemette al modo in cui la madre gli aveva stretto la mano.
“Regina, io non so come uscire da qui, almeno non adesso e tu non hai più tempo, il bambino verrà fuori comunque quindi tanto vale lasciarti aiutare, non credi?”
“Ma tu non sei un medico, non sai come far nascere un bambino!” Urlò, reprimendo i singhiozzi e un gemito di dolore.
“Questo è vero, ma possiamo farcela lo stesso. Noi due non siamo nate in un ospedale, no? E nemmeno Henry, eppure siamo qui, stiamo bene e sarà così anche per il tuo bambino, lasciati aiutare per favore!” Tentò di nuovo di sollevarle il vestito ma anche stavolta Regina si ritrasse.
“No!” Iniziò a scuotere la testa in maniera ossessiva, mentre grosse la lacrime le rigavano il viso “No, voglio uscire, voglio solo uscire da questo posto. Perché non ci tirano fuori? Dov’è quell’idiota di tuo padre quando c’è bisogno di lui? Dov’è Robin?” Singhiozzò, contorcendosi ancora di più su se stessa.
“Sono qui fuori e staranno cercando un modo per tirarci fuori!” Tento di rassicurarla Henry, anche se non aveva alcuna prova del fatto che gli altri si fossero già accorti che qualcosa era andato male “Saranno qui prima di quanto immagini, ma ora dobbiamo iniziare senza di loro. E’ per il bene del bambino, lo capisci?”
Regina continuò a scuotere la testa, sembrava sorda a ogni tipo di rassicurazione, probabilmente non capiva neanche cosa le stessero dicendo, era in un bagno di sudore e lacrime, ed era prossima a un attacco di panico.
Emma desiderò non essere da sola, desiderò che ci fosse Robin che sapeva calmare Regina come nessun’altro, desiderò che ci fosse Snow che aveva sempre le giuste parole di conforto, desiderò che ci fosse David che avrebbe sicuramente saputo mantenere il sangue freddo in una situazione come quella. Ma nessuno di quelle persone era lì, c’era lei e c’era Henry che era solo un ragazzino, e c’era Regina, spaventata e inerme come non l’aveva mai vista, Regina che aveva desiderato così tanto quella gravidanza e che aveva atteso il suo bambino con gioia e trepidazione, attenta a qualsiasi cosa che avesse potuto metterlo in pericolo e lei non avrebbe permesso che le cose si mettessero male proprio adesso, ora che c’erano così vicini.
Le poggiò le mani sulle ginocchia e la guardò dritta negli occhi “Ascolta, so che sei spaventata. E’ normale, va bene avere paura, ce l’avevo anche io quando è nato Henry, ero terrorizzata perché sapevo cosa gli sarebbe successo, come sarebbe stata la sua vita e non avevo idea che avrebbe trovato una madre straordinaria, una madre che gli avrebbe dato l’amore e le attenzioni e le cure che io non potevo dargli, e non avevo idea che poi lui avrebbe bussato alla mia porta e lo avrei ritrovato..” Sorrise, debolmente, quando si accorse che aveva ottenuto l’attenzione di Regina e non badò alla lacrima che le stava scivolando sullo zigomo, limitandosi piuttosto a spostare la mano dal ginocchio dell’altra donna per lasciarla scivolare su quella di lei “A volte ci spaventa non avere il controllo degli eventi, ma la paura ci impedisce di renderci conto che le cose possono andare meglio di quanto ci immaginiamo!”
Regina sembrava aver cambiato atteggiamento a quelle parole: era ancora spaventata, e continuava a piangere e il dolore sembrava essere aumentato rispetto a pochi minuti prima, ma aveva smesso di agitarsi, respirava con più facilità ed era attenta a quello che le stavano dicendo. Non respinse il tocco di Emma sulla sua mano, al contrario le strinse un dito e lasciò che entrambi i loro palmi si posassero sulla sua pancia.
“E’ solo che..” Si interruppe, colta dall’ennesima contrazione “E’ solo che non doveva andare così. Pensavo che per una volta nella mia vita avrei avuto un momento normale, pensavo che il mio bambino sarebbe nato con suo padre e..” Un nuovo gemito di dolore mischiato ai singhiozzi, che represse stringendo entrambe le mani di Emma ed Henry “E con delle persone che avrebbero saputo cosa fare, non sul pavimento della cantina di una pazza, al buio e al freddo, non doveva andare così..” Abbandonò la testa sulla parete, stanca e rassegnata, ed Emma pensò solo che aveva ragione, aveva perfettamente ragione e lei non sapeva cosa dirle.
“Invece forse doveva andare proprio così, mamma..” Intervenne Henry, così inaspettatamente da ottenere l’attenzione di entrambe le donne, che si voltarono verso di lui “Pensaci, forse il destino ha voluto che Emma fosse importante per il tuo bambino, come tu lo sei stata con il suo. Forse è questo che vi lega e che vi legherà per sempre, i vostri figli, il vostro essere madri!” Henry sorrise incoraggiante, spostando una ciocca di capelli umidi dal viso bagnato della madre “Emma può farcela, è l’unica che può farlo, fidati di lei!”
Emma accennò un sorriso, senza poter fare a meno di commuoversi per il modo in cui il suo ragazzino, ormai quasi un uomo, parlava a sua madre, per come credesse ciecamente a ciò che stava dicendo e per come fosse riuscito a trovare un senso a quella situazione assurda in cui si erano ritrovati. Ma del resto, lui aveva il cuore del vero credente.
E poi si accorse che anche Regina stava sorridendo, un sorriso debole e sfigurato dalla sofferenza ma era un sorriso. E la vide rilassarsi per un momento contro la parete e annuire, pronunciare un debole “ok” e chiudere gli occhi, sfinita.
In un momento Emma le sollevò il vestito, le sfilò le calze e gli slip e l’aiutò ad aprire le gambe, le bastò un occhiata rapida per capire che erano ormai agli sgoccioli,  la dilatazione doveva essere ormai al massimo e riusciva già a vedere qualcosa, probabilmente i capelli.
Con il cuore in gola ordinò a Henry di mettersi dietro Regina, per sostenerla ma anche perché non avesse la visuale di ciò che stava accadendo, il ragazzo con non troppa difficoltà sollevò il busto della madre e se la lasciò scivolare tra le braccia, cercando di non fare troppo caso ai suoi gemiti di dolore.
Emma non aveva idea di cosa fare, non sapeva se fosse il momento di spingere, se dovesse infilare le dita o lasciare che il bambino uscisse da solo, ma non aveva altra scelta se non quella di affidarsi all’istinto, quindi mise una mano sulla parte bassa della pancia della mora e prese un respiro profondo “Ok Regina, al mio tre spingi. Uno, due, tre..”
Regina spinse e urlò, lei cercò di aiutare il piccolo facendo una leggera pressione sulla pancia, ma non accadde nulla “Di nuovo, spingi di nuovo!”
Glielo disse ancora, due, tre e poi quattro volte, ogni volta Regina urlava di più ed Emma stava iniziando a preoccuparsi, quando finalmente vide una testolina spuntare tra le labbra, una testolina con dei capelli scuri e sorrise, entusiasta “Oh dio, vedo la testa, vedo la testa Regina!”
“Non ce la faccio più!” Si lamentò quella, sfinita, lasciando che il figlio le asciugasse il viso sudato.
“E’ quasi fatta, vedo la testa, dai spingi ancora!”
“Fa male!” Si lamentò quella, serrando gli occhi come a voler fermare le lacrime.
“Coraggio mamma, un’ ultimo sforzo, coraggio!”
Regina strinse i denti, cercando di trovare la forza in quelle parole di incoraggiamento, concentrò tutte le sue forze e spinse ancora, ignorando il dolore atroce.
“ECCOLA !” Gridò Emma “E’ fuori,  la testa è fuori,  o mio dio, Regina, è qui, spingi ancora una volta!”
Nonostante si sentisse distrutta e confusa, Regina avvertì distintamente l’entusiasmo nella voce di Emma, la sentì gioire e questo le diede forza. Tutto quello che stava succedendo non le sembrò più così terribile, perché poi infondo c’era Henry, sentiva le sue mani sul viso, a spostarle i capelli sudati e c’era Emma, davanti a lei con un sorriso fiducioso nel volto perché stava guardando il suo bambino, lo vedeva in viso e lo stava aiutando a venire al mondo, l’avrebbe preso tra le braccia per prima e questo in qualche modo la faceva sentire tranquilla, non era sola e per la prima volta pensò che ce l’avrebbero fatta, e quell’ ultima spinta le sembrò più facile, persino meno doloroso.
E il dolore finalmente sparì.
“CE L’HO! CE L’HO! Oddio Regina, è una femmina, è qui, o mio dio, è una bambina, è una bambina!” Emma urlava, in preda alla felicità e allo shock, Henry rideva e Regina pure, tra le lacrime. Poi Emma tagliò il cordone con un coltellino e Regina la vide, sua figlia, sporca di sangue, con i capelli appiccicati e un pianto forte e vigoroso.  Henry si tolse immediatamente la felpa e la passò a Emma che vi avvolse la bambina, avendo cura di coprirla per bene prima di appoggiarla sul petto della madre.
Regina scoppiò a piangere mentre stringeva a sé sua figlia, ma stavolta erano lacrime di gioia ed Emma finalmente potè tirare un sospiro di sollievo. Sapeva che non era finita ed era ancora preoccupata, nessuno era ancora arrivato a liberarle e le prime ore erano le più critiche sia per la mamma che per il bambino, Regina aveva bisogno di essere portata in ospedale al più presto, doveva espellere la placenta ed essere visitata da un medico, e lo stesso valeva per la piccola. 
Ma poi guardò la scena davanti a sé, guardò Regina ed Henry che fissavano estasiati la nuova arrivata, la donna non smetteva di sorridere e sembrava aver dimenticato ogni preoccupazione, e decise che per qualche minuto poteva smettere di preoccuparsi anche lei, per qualche minuto poteva godersi quel miracolo che avevano appena compiuto.
“Grazie!” La voce di Regina le arrivò completamente inaspettata, e solo in quel momento si accorse che la stava fissando, con un sorriso sul volto che la rendeva raggiante nonostante gli occhi rossi e l’espressione sfinita “Grazie, Emma.  Quello che hai fatto oggi..” Si interruppe, cercando le parole adatte “ lo sai, non sono brava con le parole ma sappi che sono felice che mia figlia ti abbia avuto al suo fianco sin dal primo istante..” Allungò una mano,  sperando che l’altra capisse e sorrise quando Emma gliela afferrò “E, anche io. Sono felice che anche io ti abbia avuta al mio fianco.  Non ce l’avrei fatta se non fosse stato per te!”
Emma sorrise, non avrebbe saputo spiegare quanto felice la rendevano quelle parole, dopo tutto il lavoro che aveva fatto per costruire un rapporto con quella donna. Regina non era una che esternava spesso i suoi sentimenti, ma quando lo faceva, era sempre sincera, e in quel momento poteva leggergliela negli occhi la gratitudine. Approfondì un po’ di più la stretta tra le loro mani mentre con la l’altra mano accarezzava la testolina della bambina “Lo sai, non sono brava nemmeno io, ma sappi che sono onorata di esserci stata. E comunque ce l’avresti fatta lo stesso, sei stata bravissima Regina!”
Fu comunque colta di sorpresa quando Regina sollevò la schiena dalla parete, con un po’ di fatica, per avvolgerle il braccio libero attorno al collo e stringerla. Emma non aveva mai visto Regina abbracciare qualcuno, a eccezione della sua famiglia, e comunque non avrebbe mai immaginato che avesse abbracciato lei. Eppure adesso che erano strette l’una delle braccia dell’altra sembrava così naturale, come se l’avessero fatto da sempre e forse in un certo senso era così, perché anche se non si erano mai scambiate gesti d’affetto, negli ultimi anni avevano saputo trovare altri modi per dimostrarselo.
Tuttavia, quando si separarono non riuscì a nascondere la sua espressione di stupore perché Regina rise e si scambiò un occhiata complice con Henry, che era ancora accanto a lei.
“Ovviamente lo stesso vale per te, anche tu sei stato indispensabile, lo sai vero?” Esclamò, accarezzando una guancia del figlio “E’ fortunata ad avere un fratello come te!”
Henry sorrise, sporgendosi verso la neonata nelle braccia della madre “E’ bellissima!”
“Già!” Rispose Regina, facendo sfiorare la sua fronte con quella del figlio. Poi guardò Emma, anche lei si era avvicinata e stava accarezzando il dorso della mano della bimba con il suo dito “Prendila..”
“Io?”
“Avanti, prendila in braccio!” La incoraggiò Regina, porgendole la piccola “Sono un po’ stanca e poi credo che lei voglia conoscere la sua seconda mamma!”
Emma pensò che avrebbe fatto cadere la bambina quando sentì pronunciare quella parola “la sua che?”
“Vorrei che tu fossi la sua madrina, Emma.” Le spiegò Regina, con un ampio sorriso che quasi stonava con il pallore del suo viso stravolto.
“Ma.. sei sicura?” Chiese, gli occhi spalancati per la sorpresa, mentre cullava la bambina che aveva iniziato a piagnucolare, forse accortasi di essere stata allontanata dal grembo materno “Non sai se Robin è d’accordo e poi, non dovreste scegliere una fata?”
Regina scosse la testa “Robin sarà sicuramente d’accordo e quella storia delle fate è una stupida tradizione della foresta incantata che i tuoi genitori si sono ostinati a voler mantenere. In questo mondo una madrina è chi si prende cura del bambino nel caso in cui i genitori non potessero più farlo e se mai dovesse accadermi qualcosa voglio che sia tu a farle da madre!”
Per un momento a Emma sembrò che non avesse detto quelle parole per puro caso, come se si aspettasse che stesse davvero per accaderle qualcosa, forse perché si sentiva stanca, o forse fu la voce rotta dalla debolezza a confonderla.  Comunque, non voleva essere pessimista e cacciò via quei pensieri “Regina, io non so che dire..”
“Accetta e basta, allora!”
Emma sorrise, abbassò gli occhi sulla bambina, che si era riaddormentata e sembrava tranquilla tra le sue braccia, poi guardò Regina che stava stringendo Henry, la testa del ragazzino posata nell’incavo del collo di sua madre e le sembrò la chiusura perfetta del cerchio.
“A quanto pare sarò la tua madrina, piccola principessa!” E con un bacio sulla fronte della piccola suggellò quella promessa.
 
Non seppe quanto tempo passò prima che la porta della cantina si spalancasse e quattro persone corressero nella loro direzione.
La prima cosa che avvertì fu il sollievo, un immenso sollievo perché Regina gli era sembrata sempre più debole e stanca negli ultimi minuti e lei aveva iniziato a spaventarsi, e non sapeva quanto ancora sarebbe stata capace di dissimulare con Henry, di fingere che tutto fosse a posto e che non stesse appositamente svegliando la bambina a intervalli regolari, per assicurarsi che fosse ancora viva.
Accadde tutto così rapidamente che ebbe a malapena il tempo di rendersi conto di cosa stava succedendo: vide Killian abbracciarla e posarle un bacio sulla tempia, Mary Margaret e Robin inginocchiarsi accanto a Regina e David circondare le spalle di Henry con un braccio.
E poi qualcuno che le sfilava via la bambina - si sentì inspiegabilmente vuota ma anche intenerita dal modo in cui Robin faceva la conoscenza di sua figlia – per poi ritrovarsela di nuovo tra le braccia dopo pochi secondi. E quando Robin sollevò di peso Regina per portarla fuori, mentre David chiamava un’ambulanza, Mary Margaret le si avvicinò come a volersi fare carico della bambina ma Emma istintivamente si retrasse e stinse ancora di più la presa. Non l’avrebbe lasciata a nessuno, si sarebbe occupata di lei fino a quando i genitori non fossero stati pronti, perché era sicura che fosse ciò che voleva Regina.
E mentre anche lei usciva da quel posto, Henry al suo fianco, Killian all’altro a cingerle la vita e la figlia di Regina Mills stretta contro il suo petto, non poteva fare a meno di pensare a quanta strada avessero fatto, lei e Regina, da dove erano partite.
 
 
 
 
 
 
  
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