Note iniziali: erano otto mesi che non pubblicavo qualcosa. Otto mesi che non scrivo, in realtà, anche se i primi mesi ogni tanto ci provavo.
Poi a marzo ho deciso di aspettare, semplicemente. Non è la prima volta che mi capitano lunghi blocchi, so per esperienza che l'ispirazione torna quando cambio totalmente fandom.
Eppure, dopo otto mesi, sebbene io abbia effettivamente abbandonato il fandom di Inazuma Eleven (ma spero di poter almeno concludere le long ancora in corso, un giorno), sono ancora appassionata a Free!.
E le idee mi vengono anche, sempre più insistentemente.
È davvero frustante avere mille idee e non riuscire a metterne nessuna su scritto.
Prendendo appunti sulle nuove idee, nella speranza di ritrovare ispirazione e voglia, ho notato che avevo degli appunti su una MakoHaru mai conclusa e ho pensato: 'perché no? Proviamo a scrivere questa, un quarto è già scritta!'
Ed eccola qui. Non so come sia venuta tecnicamente parlando, probabilmente è troppo confusa, troppo poco originale, ma ricordo che più o meno era questo quello che volevo scrivere, ed era davvero tanto che non scrivevo qualcosa quindi... non so. Mi butto.










Il modo in cui Makoto lo sta guardando in quel momento è dolce, insicuro, ma pieno di desiderio; il verde dei suoi occhi sembra urlare 'ti voglio ora, ne ho bisogno'; è un grido disperato, soffocato dal velo di lacrime di eccitazione, ed è una richiesta che Haruka non può rifiutare.
Le sue incerte carezze hanno il profumo dei fiori, quello delicato e quasi impercettibile dei boccioli non ancora fioriti, il tocco di chi conserva anche in quel momento l'innocenza di un ragazzo non ancora diventato uomo.
Il timido insinuarsi delle dita nella sua parte più intima ha il colore di un livido rosso, che senza preavviso diventa viola durante l'atto della penetrazione e ad ogni movimento pulsa incontrollato, diventando sempre più scuroe intenso ad ogni spinta.
I suoi gemiti gli accarezzano la pelle come seta fresca in una torrida giornata estiva, ognuno di essi gli provoca leggeri brividi lungo tutta la spina dorsale lasciandogli le punte delle dita e dei piedi intorpiditi.
L'orgasmo, quello di Makoto, è come un'onda che si infrange vigoroso sugli scogli, per poi ritrarsi appagata nel mare.
È un suono molto diverso da quello che produce lui: il suo orgasmo è più discreto, paragonabile al verso gioioso dei gabbiani che volano quieti sopra l'oceano.
Il sesso tra loro è una gabbia di sensi che si intrecciano confusi, si mischiano, creano una realtà a parte in cui le loro anime vibrano, fondendosi; è un effimero mare che ti inghiotte e ti porta nelle sue profondità con una passione che ti annichilisce, ma che sembra lontano e irreale immediatamente dopo esserne emersi.
Ma è lì, dentro di lui, e gli basta aprire gli occhi e osservare il volto di Makoto per risvegliare all'istante tutte quelle sensazioni e provare ad esternarle, sebbene le parole gli sembrino sempre tutte inadeguate alle scopo, in un 'ti amo' sussurrato nel buio della loro stanza.