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Autore: grandR    20/08/2015    3 recensioni
“È stato difficile?” mormora infine Grantaire. “Dirlo a tutti?”
Enjolras non perde tempo a chiedergli di che cosa stia parlando. Forse sapeva già che questa conversazione sarebbe avvenuta, si dice Grantaire, e aspettava solo una mossa da parte sua.

[It's like daylight, only magic #4. Les amis, Hogwarts AU]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Enjolras, Grantaire, Les Amis de l'ABC
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'It's like daylight, only magic'
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Quarta parte della mia serie It's like daylight, only magic.
Titolo della storia da King and Lionheart, Of Monsters and Men.
attenzione: questa one shot contiene menzioni di omofobia e conversazioni molto impacciate su sessualità e coming out.


I'll be here to hold your hand

 

Quinto anno.

L'aria è fresca e frizzante, il cielo di un azzurro fievole, senza nuvole. Il sole è pallido e lontano. È la giornata perfetta per il Quidditch, pensa Grantaire. Soprattutto se sono lì solo per divertirsi durante un sabato mattina che altrimenti sarebbe stato speso a fare i compiti o a dormire fino all'ora di pranzo.
“Courf!” sta urlando Marius. È appeso alla scopa a un paio di metri da terra, le braccia tese nello sforzo. “È tutta colpa tua!”
Courfeyrac ride. “Andiamo, Marius!” grida, non è chiaro se per farsi sentire da Marius, o se per farsi sentire da Cosette. “Ce la puoi fare!”
“Sono solo un paio di metri!” aggiunge Grantaire.
Cosette, seduta sugli spalti insieme a Enjolras, fa i pollici in su a Marius. “Vai Marius!” urla anche lei. Marius appare così stupito che molla la presa e atterra sull'erba con un tonfo sordo. Grantaire sente Courfeyrac ridacchiare mentre lo osservano rialzarsi, tutto rosso.
La faccenda di Marius e Cosette va avanti da mesi, ormai. Lui l'ha sempre trovata carina, ma in modo innocente, ingenuo, fino a che non è cresciuto e ha capito che ciò che prova per lei non è niente di infantile. E allora è iniziato tutto. Grantaire alza gli occhi al cielo ogni volta che ci pensa. Marius è così fuori di sé che ha chiesto aiuto a Courfeyrac, e Courfeyrac è... beh, Courfeyrac. In pochi giorni ha coinvolto tutti in una missione-non-poi-così-segreta per scoprire se Cosette ricambi l'interesse di Marius, e fin'ora tutto questo si è tradotto nel mettere Marius in mostra – e spesso in ridicolo – davanti a lei e poi stare a guardare la sua reazione.
Per il momento la missione non sta andando troppo bene.
Sono quattro contro quattro: Courfeyrac, Marius, Éponine e Bahorel contro Grantaire, Musichetta, Jehan e Feuilly. Solo Marius, Feuilly e Jehan non sono nelle squadre delle rispettive Case, ma Jehan ha fatto il Cercatore durante il terzo anno prima di decidere che non faceva per lui, quindi i due team sono equilibrati. Cosette e Enjolras guardano la partita dagli spalti, facendo il tifo quando non sono immersi in una conversazione.
Gli altri sono tutti al castello; Bossuet e Joly avevano qualcosa da fare in biblioteca, mentre Combeferre è impegnato con il gruppo di ripetizioni per gli studenti più piccoli organizzato dal Club dell'ABC. Anche Enjolras, Jehan e Feuilly fanno parte del gruppo di ripetizioni, ma si ritrovano tutti in giorni diversi. Hanno chiesto anche a Grantaire se voleva unirsi a loro, più volte, ma lui li ha congedati con una risata divertita. Riesce a malapena a ottenere risultati soddisfacenti per sé stesso, come potrebbe insegnare a una sfilza di ragazzini?
Musichetta, rapida come sempre, riesce a rubare la Pluffa a Bahorel e si dirige verso la porta. Emette un suono indignato quando Éponine riesce a intercettarla. Non stanno giocando secondo le regole tradizionali: Grantaire e Courfeyrac stanno in porta, mentre gli altri tentano di mandare a segno la Pluffa. Per ora sta vincendo la squadra di Grantaire, ma è solo perché Musichetta, Jehan e Feuilly stanno facendo un ottimo lavoro. Lui sa di essere un terribile portiere.
Éponine si lancia dritta verso di lui, un sorriso determinato sul volto. Con le sue abilità da Cercatrice riesce a evitare prima Feuilly, poi Marius, che non sembra aver pienamente compreso le regole del gioco, e infine a tirare la Pluffa verso uno degli anelli della porta. È un tiro difficile, quasi impossibile da prendere, ma Grantaire non si ferma a pensare: in sella alla sua scopa, si butta per cercare di pararla. Sente l'urlo di Jehan e l'imprecazione di Bahorel, e anche la voce di Enjolras, e l'unica cosa di cui si rende conto è che è finito proprio come Marius qualche minuto prima: appeso alla scopa solo per un braccio, i piedi nel vuoto, completamente senza fiato. L'altro braccio è impegnato a stringere la Pluffa.
“'Taire!” grida Enjolras dagli spalti. È balzato in piedi, Cosette al suo fianco.
“Sto bene,” urla Grantaire di rimando, ma la sua voce è debole. Batte le palpebre rapidamente, tentando di riprendersi dal misto di vertigine e paura che lo ha assalito, e cerca di fare un sorriso ironico. “Ci avete provato, a liberarvi di me.”
Éponine, che si è coperta la bocca con le mani quando ha rischiato di cadere, si lascia andare a una risata sollevata. Bahorel impreca ancora, ma sta sorridendo, i denti bianchi in netto contrasto con la pelle scura. Anche gli altri sono molto vicini, come se, quando si è buttato, siano accorsi tutti per cercare di prenderlo in caso di caduta. Marius è pallido, ma anche Courfeyrac, al suo fianco, è sbiancato.
“R,” dice, calmo. “Non farlo mai più.”
Grantaire riesce a lanciargli la Pluffa, poi si rimette in sella. “Sto bene,” ripete. “É stato un incidente, non ho pensato.”
“'Taire!” É ancora Enjolras. Si sta avvicinando a grandi passi. Grantaire non riesce a vederlo bene, è troppo in alto, ma sa che la sua espressione in questo momento è un misto di rabbia, preoccupazione e sollievo. “Vieni giù!”
Alle sue parole tutti iniziano a scendere. È meglio non contrariare Enjolras quando lui usa quel tono. Grantaire sbuffa, ma li segue, atterrandogli proprio davanti.
Gli occhi blu di Enjolras stanno mandando scintille. Grantaire è più basso di qualche centimetro, quindi deve alzare leggermente la testa per poterlo fissare con uno sguardo sardonico. “Sto bene,” dice ancora.
“Prima o poi smetterai di minimizzare,” mormora Enjolras. Non pare più tanto arrabbiato. Non lo è mai sul serio, con Grantaire. “Sei pallidissimo, 'Taire.”
Grantaire alza le spalle. “Anche tu, eppure insisti a non voler prendere il sole.”
Enjolras chiude gli occhi e sospira. Grantaire continua a guardarlo. È impossibile non farlo, soprattutto quando Enjolras non se ne accorge e lui non deve preoccuparsi di controllare l'espressione sul suo viso. Sente gli altri chiacchierare piano non lontani da loro, ma non gli importa. Così vicino, gli occhi chiusi, l'espressione preoccupata che muta lentamente in una più distesa, illuminato dai lievi raggi del sole, Enjolras è dolorosamente bello. Grantaire si dice che dovrebbe essere abituato a sentire il suo cuore accelerare i suoi battiti, a quella strana sensazione nello stomaco, alla sua mente allo stesso tempo vuota e piena di pensieri confusi, ma la verità è che crede non lo farà mai. Ogni volta è come la prima.
“Ehi, R,” chiama Bahorel. Enjolras apre gli occhi di scatto e Grantaire sussulta, colpevole. Bahorel si avvicina. “Tutto bene?”
Grantaire annuisce. “Sì, certo,” risponde con un sorriso flebile. “Mi dispiace per prima. L'ho fatto senza pensare.”
“Te la senti di continuare? Altrimenti potremmo...” Ma Bahorel si interrompe appena vede Grantaire roteare gli occhi. Fa una risata consapevole. Sa bene che Grantaire non si lascerà di certo fermare da una scampata caduta che avrebbe potuto essere quasi mortale.
“Sei pronto, R?” chiede Musichetta, e poi fa un ghigno terrificante. “Distruggiamoli.”
Éponine le dà una spallata amichevole. “Ti piacerebbe.”
“'Taire,” lo chiama Enjolras, prima che possa muoversi per seguire gli altri in aria. La sua mano trova il suo braccio. Lo stringe piano, e Grantaire deglutisce. L'espressione tesa è di nuovo presente sul volto di Enjolras. “Fai attenzione.”
“Come sempre,” dice Grantaire. Posa la mano su quella di Enjolras, ancora sul suo braccio, per un millesimo di secondo, e poi si volta e sale sulla scopa, librandosi in aria.
Di incidenti in campo gliene sono capitati parecchi. È caduto due volte, si è rotto il braccio una. Dopo le partite spesso di ritrova più lividi di quanti ne possa contare. Ma volare gli piace, e giocare a Quidditch è divertente. Sa che molti dei suoi compagni sono infinitamente più bravi, ma sta iniziando a rendersi conto che nemmeno lui sia così male.
Il resto della partita prosegue senza intoppi. Alla fine la sua squadra riesce a vincere, ma con poca differenza di punteggio. A Marius e a Courfeyrac sembra non interessare, mentre Bahorel assume un'espressione assassina e proclama che la prossima volta gliela faranno pagare, ed Éponine sbuffa e si lamenta che adesso dovrà sorbirsi le battute di Musichetta. Raggiungono Enjolras e Cosette, ancora seduti indisturbati sugli spalti. Sembrano non essersi accorti che la partita è terminata, perché appena tutti procedono a prendere posto attorno a loro, stanchi, Cosette sobbalza vistosamente ed arrossisce. Grantaire nota che Enjolras si morde le labbra per trattenere un sorriso.
Una volta Joly gli ha detto che è una persona molto attenta, in grado di notare particolari su cui gli altri tendono a sorvolare. Nota la breve occhiata che Cosette dà a Marius, le guance ancora rosse, i capelli scompigliati dal vento leggero. Nota Marius guardare Enjolras con espressione incerta, come se non sia sicuro di ciò che è appena successo. Gli pare di scorgere un lampo di gelosia e insicurezza nei suoi occhi. Nota anche gli sguardi furtivi che Éponine lancia a Marius mentre annuisce a qualcosa che sta raccontando Bahorel.
Courfeyrac si lascia cadere accanto a Cosette, mentre Jehan si siede vicino a Grantaire con un movimento aggraziato, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Il cielo ha un colore così soave, oggi.” È tutto ciò che dice prima di chiudere gli occhi e rilassarsi contro di lui.
Grantaire alza lo sguardo. Il cielo è di un colore tra l'azzurro pallido e il grigio, illuminato scarsamente dai raggi bianchi e lontani del sole. Sorride. “Hai ragione,” dice in tutta risposta, tirandolo più vicino per abbracciarlo.
Jehan è la persona più fisicamente affettuosa che ci sia. È sempre alla ricerca di un contatto con gli altri. Anche Enjolras è così, ma più immediato: una mano sul braccio, delle dita che scivolano sulla schiena, una spalla sbattuta leggermente contro un'altra. A Jehan piacciono gli abbracci caldi, i nasi strofinati l'uno contro l'altro, le fronti a contatto, le mani strette. È seriamente convinto di essere stato un gatto durante una vita passata. Gli piace appoggiarsi alle persone, sentire il loro cuore battere nel loro petto, i loro respiri ritmici. Se si sente davvero a suo agio e in pace con se stesso, i suoi capelli assumeranno il colore del mare all'alba quando è quieto, in bonaccia. È cresciuto vicino al mare.
A Jehan piace il contatto fisico, e a Grantaire piace coccolare Jehan, il quale gli sussurra sempre che è uno dei pochi che riesca quasi a comprenderlo davvero. In realtà Grantaire sa che Jehan è convinto che sia impossibile capire interamente una persona, perché secondo lui ognuno è troppo ricco e differente dagli altri perché qualcuno lo comprenda in ogni sua minima parte.
Lo sguardo di Grantaire, quasi automaticamente, cade su Enjolras. Sta parlando con Courfeyrac e Cosette, gesticolando animatamente come fa quando è davvero preso da una conversazione.
“Atarassia,” mormora Grantaire.
Jehan si scosta lievemente da lui, rivolgendogli uno sguardo interrogativo.
“È una parola che viene dal greco,” spiega, “Atarák. Significa “imperturbabilità”. Definisce una libertà emotiva, che si traduce in una pace mentale e nella tranquillità dello spirito.”
Jehan rimane a osservarlo per qualche secondo. Poi, dal nulla, produce il suo taccuino e una piuma. Grantaire lo guarda scorrere le pagine intrise di inchiostro fino a quelle ancora bianche, pronte a essere riempite, e annotare la nuova parola con una calligrafia elegante e ordinata.
“È così che ti senti quando lo guardi?” bisbiglia Jehan, riavvicinandosi.
Grantaire lo accoglie di nuovo tra le sue braccia. “No, anzi. Il contrario,” sussurra in risposta. “Non ho una parola per definire come mi sento quando lo guardo.”
Jehan non è l'unico a saperlo, ma è l'unica persona a cui Grantaire l'ha detto ad alta voce. È sicuro che Éponine lo sappia, nello stesso modo in cui lui sa di Marius. Anche Joly e Bossuet lo sanno, a giudicare dagli sguardi che gli lanciano quando pensano che lui non se ne accorga, e che dire di Combeferre? Nessuno può nascondere qualcosa a Combeferre, a parte forse Courfeyrac. Grantaire pensa che anche Courfeyrac ne sia a conoscenza, perché lui è sempre al corrente di ciò che succede.
La metà dei suoi amici sa che è innamorato di Enjolras, ma nessuno lo ha mai forzato a confessarlo o a parlarne. Tutti rispettano il suo silenzio. A volte Grantaire vorrebbe piangere. Sa di non meritare degli amici come loro.
Ne ha parlato solo con Jehan, la prima volta mentre erano in Sala Comune all'inizio dell'anno. Che cosa succederebbe se io mi innamorassi di qualcuno?, gli aveva chiesto. Ti sentiresti contemporaneamente male e bene, perché l'amore è una cosa bella, e tutte le cose belle fanno un po' soffrire, aveva risposto lui. Poi, come se fosse la cosa più semplice del mondo, gli aveva chiesto di chi si era innamorato. Grantaire aveva alzato lo sguardo su Enjolras, che in quel momento stava facendo i compiti seduto al lato opposto della stanza, e aveva davvero sentito male al cuore. Perché Enjolras gli era mancato. Perché guardarlo non era abbastanza, e perché era tutto ciò di cui aveva bisogno, e perché sapeva che non avrebbe mai ottenuto altro. Perché ciò che provava non faceva che crescere e crescere, crescere a dismisura, occupando sempre più spazio dentro di lui, togliendogli il respiro. Perché Grantaire voleva che smettesse, e allo stesso tempo che non lo facesse mai. Contro la sua volontà, una lacrima gli era scesa sulla guancia. Jehan si era limitato a sospirare e ad abbracciarlo forte.
“Quando hai intenzione di parlargli?” gli chiede Jehan.
“Magari dopo. O domani.” Grantaire alza le spalle. Sono settimane che deve chiedere un consiglio a Enjolras, ma continua a rimandare.
Musichetta si stiracchia, poi sbadiglia. “Che ne dite se facciamo un ultimo giro e poi andiamo a pranzo?” propone.
Feuilly e Bahorel si dichiarano troppo affamati e decidono di tornare al castello, mentre tutti gli altri meno Enjolras e Cosette si rialzano in volo in sella alle scope. Éponine e Courfeyrac si sfidano a chi riesce ad andare più veloce. Marius si esibisce coraggiosamente in alcuni tentativi di acrobazie aeree. La risata di Jehan risuona chiara nel campo silenzioso.
“Tutto bene, Grantaire?” domanda Musichetta, spuntando improvvisamente al suo fianco.
Grantaire le sorride. Gli piace Musichetta. La maggior parte delle volte lo terrorizza, perché è intelligente e ironica e combattiva ed è in grado di generare le battute più ambigue nei momenti meno opportuni, e Grantaire spesso non riesce a capire se è seria o se sta scherzando, ma la verità è che la adora. Sono anche usciti insieme una volta, al quarto anno. Sono andati a Hogsmeade, hanno preso una Burrobirra e hanno subito messo in chiaro che restare amici era ciò che entrambi avrebbero preferito. Certo, quello non l'ha fermata dal fare battute maliziose, a cui Grantaire ha iniziato a rispondere in egual misura, ma Musichetta fa così con tutti. Ultimamente si è concentrata su Joly e Bossuet, e ogni volta i poverini si guardano l'un l'altro tentando di capire se lei stia parlando sul serio o se li stia semplicemente prendendo in giro, con grande divertimento di lei.
“Certo che va tutto bene,” le risponde. Fa un sorriso sibillino. “Soprattutto ora che ci sei tu qui con me.”
“Oh, tesoro, quando hai bisogno non devi che chiamarmi,” dice lei, facendogli l'occhiolino, “Lo sai che sono sempre pronta.”
“Voi due!” urla Courfeyrac a pieni polmoni. È a terra insieme agli altri. Le sue grida spaventano un gruppo di piccioni, che si alzano in un volo stizzito da degli alberi vicini. “Quando avete finito di flirtare,” continua imperterrito, “Noi avremmo deciso di tornare e andare a pranzo!”
Grantaire e Musichetta ridono, imperturbati, e poi prendono il loro tempo per scendere, giusto per irritare Courfeyrac. Courfeyrac diventa impaziente quando è affamato.
Spinto da un'ispirazione improvvisa, Grantaire atterra proprio accanto a Enjolras, che sta sorridendo a qualcosa che ha detto Jehan. “Vieni?” gli chiede. Quando Enjolras alza le sopracciglia, Grantaire fa un cenno verso la sua scopa, e poi indica il cielo.
La reazione di Enjolras è quasi automatica. “Assolutamente no!”
“Oh, andiamo!” insiste Grantaire. “Un giro veloce?”
Enjolras si morde le labbra quando anche gli altri iniziano a incitarlo. Lo fa sempre quando è nervoso o indeciso. Grantaire continua a guardarlo negli occhi, tentando di impostare un'espressione rassicurante e di non lasciar trapelare quanto desideri che dica di sì.
Non è la prima volta che lo invita a fare un giro, ma è la prima volta che Enjolras esita nel rifiutare.
“Cinque minuti?” riprova. Sorride quando Cosette inizia a spingere Enjolras verso di lui, le mani ben strette sulle sue spalle.
“Se cadiamo-”
“Non cadrete,” lo interrompe Éponine con decisione.
“Grantaire non ti lascerebbe mai cadere,” la corregge Jehan candidamente.
“Non posso credere che tu non abbia mai volato in vita tua,” aggiunge Marius.
Grantaire si porta una mano al cuore. “Mi dice sempre di no,” dice in tono drammatico, scuotendo la testa.
Enjolras si morde ancora le labbra. Cade un silenzio trepidante, mentre tutti lo osservano divertiti prendere la sua decisione. Si passa una mano tra i capelli biondi. Dopo più di un anno passato a farli crescere, durante l'estate li ha tagliati. Ora sono corti, i boccoli elaborati che gli arrivano appena sotto le orecchie. Sospira. “D'accordo,” dice infine, e Grantaire non riesce a crederci. “Ma solo per questa volta, e-”
“Certo, certo,” taglia corto Cosette, allegra. Ricomincia a spingerlo verso Grantaire. “Salta su.”
Sotto gli sguardi di tutti, Enjolras sale sulla scopa, dietro di lui, e poi gli appoggia le mani sulle spalle.
“Aspetta,” mormora Grantaire, “Non così. A meno che tu non voglia cadere subito.” Gli prende le mani nelle sue e se le sistema più in basso, attorno alla vita, lieto di non poterlo vedere in faccia. Si sente arrossire. Forse anche Enjolras sta arrossendo. “Ecco,” dice inutilmente, tentando – senza successo – di rilassarsi.
“Ah,” è l'unica risposta di Enjolras.
Cosette gesticola verso il castello. “Noi andiamo a pranzo! Ci vediamo più tardi.”
“A dopo!” Courfeyrac sventola una mano per salutarli. Dimentico del cibo, fa un gran sorriso a Grantaire. Anche Jehan sta sorridendo. Musichetta gli fa l'occhiolino, e Grantaire sente il calore salirgli sulle guance.
“Dateci un taglio,” si lamenta Enjolras. Sì, è definitivamente imbarazzato. “Non è niente di spec- 'Taire!
Grantaire si è alzato in volo senza preavviso. Le braccia di Enjolras lo serrano in una presa quasi mortale, ma non gli importa. Sente gli altri ridere mentre fa salire la scopa sempre di più, lentamente, per non spaventarlo.
“Tutto bene?” gli chiede dopo un minuto, perché Enjolras non ha ancora aperto bocca.
“Uhm,” fa lui. “Non ne sono sicuro.” Altra pausa. “Dammi un po' di tempo.”
Grantaire tenta di ricordare che cosa ha provato quando è salito su una scopa per la prima volta, ma non ne è in grado. Era troppo piccolo. È certo che la sensazione di assoluta libertà che prova adesso ci sia sempre stata.
“Che ne dici?” domanda, quando sente Enjolras rilassarsi leggermente. Cerca di non pensare al fatto che siano quasi completamente premuti l'uno contro l'altro. Sorvola il campo da Quidditch, mordendosi le labbra nervosamente, abitudine che ha preso proprio da Enjolras.
“Uhm,” ripete lui. “Direi che è... interessante.”
Grantaire ride. “Ti piace da morire, non è vero?”
Enjolras ha il viso premuto contro la sua spalla destra. Quando sorride, Grantaire riesce a sentirlo attraverso la maglietta leggera che indossa. È una delle sue preferite. È vecchia, di un grigio scolorito, macchiata di inchiostro e di pittura.
“Sì, mi piace,” ammette Enjolras. I suoi riccioli biondi gli solleticano il viso.
“Rendiamolo ancora più interessante, allora.”
Al quinto giro attorno al campo, Grantaire devia verso gli alberi alti e fitti della Foresta Proibita. Li sorvola tenendosi in alto per non infastidire i centauri. Non li ha mai incontrati, ma ha letto che sono creature facilmente irritabili – soprattutto se sono i maghi a contrariarli. Aumenta lievemente la velocità. Sente Enjolras agitarsi dietro di lui, ma questa volta è sicuro che sia più per l'eccitazione che per la paura.
“Dove andiamo?” chiede.
“Dove vuoi andare?” controbatte Grantaire.
Enjolras gli posa il mento sulla spalla. Se perdono quota di qualche metro, la colpa è totalmente sua. “Dove vuoi,” dice. “A me basta solo stare qui, con te.”
Grantaire si costringe a mandar giù le parole spontanee che gli salgono alle labbra. Anche a me basta, vorrebbe sussurrargli. Non voglio altro, vorrebbe urlargli.
Si morde la lingua e si dirige verso il Lago Nero, una lastra scura e piatta accanto al castello. Non lo ha mai visto così da vicino. “Sai, non credo che ciò che stiamo facendo sia esattamente permesso,” dice in tono allegro, cambiando argomento.
“Lo so,” risponde Enjolras. “Questo lo rende ancora più divertente.”
Grantaire alza gli occhi al cielo. A Enjolras piace infrangere le regole che non gli vanno a genio. Le sue proteste, che si fanno sempre più furbe e innovative di volta in volta, lo hanno messo nei guai in decine di occasioni. Ha provato a dirgli che tutto ciò che fa in realtà non serve a nulla, ma questo non ha portato che a difficili e interminabili discussioni, e a nessuno dei due piace litigare con l'altro.
Il castello di Hogwarts si innalza davanti a loro, fiero e imponente come la prima volta che lo hanno visto; la meraviglia iniziale è un po' svanita con gli anni, sostituita dall'abitudine, ma Hogwarts è sempre stato l'unico posto che Grantaire possa davvero chiamare casa. È l'unico posto in cui è circondato da persone che ama e che tengono a lui, è l'unico posto in cui può essere se stesso senza preoccupazioni. Adora ogni scala scricchiolante, ogni ritratto saccente appeso ai muri, ogni cigolio delle armature, ogni antico arazzo colorato. Con Courfeyrac e Joly ha scoperto tanti segreti della scuola, fin dal primo anno. In realtà sospetta che la maggior parte delle volte avrebbero semplicemente potuto chiedere a Combeferre, il quale è l'unico di loro ad aver letto Storia di Hogwarts, ma Grantaire pensa che non sostituirebbe con nulla al mondo le notti insonni passate a esplorare il castello di nascosto.
“Enjolras, in realtà... c'è una cosa di cui vorrei parlarti,” si sente dire.
Le braccia di Enjolras si stringono di più attorno a lui. “Che cosa?”
“Ehm,” fa Grantaire. Vola verso il parco. Ci sono pochi studenti in giro, sdraiati sull'erba o in riva al Lago. “Ne parliamo solo se tu te la senti, ovviamente,” prende tempo.
Sente Enjolras agitarsi ancora. “Okay,” dice. Sembra nervoso.
Grantaire rimane in silenzio, concentrandosi sulle sue mani strette attorno al manico della scopa. Alcuni studenti li salutano con la mano, ammirati, quando li conduce verso il sentiero che porta alla scuola, rasentando l'erba.
“'Taire?”
“Non so esattamente come... come fare questa cosa, okay?”
“Okay,” replica Enjolras in tono sorprendentemente gentile. “Che ne dici se scendiamo e ci sediamo da qualche parte? Non mi piace parlarti senza poterti vedere in faccia.”
Grantaire annuisce, muto, e qualche secondo dopo atterrano con grazia sull'erba. Enjolras si stacca e scende dalla scopa, leggermente instabile sulle gambe, e Grantaire sente subito una sensazione di vuoto dopo così tanto tempo passato a contatto con lui.
“Ho notato che sei stato un po' nervoso nelle ultime settimane,” dice Enjolras, quando iniziano a camminare senza una meta ben precisa.
“Cosa?! Hai notato qualcosa da solo?” Grantaire si finge sorpreso, mettendo su un'espressione scandalizzata. “Sono fiero di te.”
Enjolras rotea gli occhi, ma non replica.
“Comunque,” continua Grantaire, tornando serio, “Ero nervoso perché non avevo idea di come affrontare questa conversazione. Non lo so nemmeno adesso, ad essere sincero. Sto andando completamente a caso. E lo sai che quando non so cosa dire e sono agitato tendo a divagare. Ecco. Lo sto già facendo. Io non-”
“'Taire, respira.”
“Giusto. Devo respirare.” Grantaire annuisce, facendo alcuni respiri profondi. Cerca di calmarsi. Sa che non dovrebbe sentirsi così nervoso, non con Enjolras al suo fianco, eppure non riesce a impedirselo.
Continuano a camminare per il parco del castello, fino a che non giungono in una zona meno frequentata. Grantaire si lascia cadere sull'erba, poggiando la scopa accanto a lui. Enjolras lo segue con un movimento molto più armonioso. Ha i capelli scompigliati dal volo, ma non sembra farci caso, gli occhi blu concentrati su di lui.
“È stato difficile?” mormora infine Grantaire. “Dirlo a tutti?”
Enjolras non perde tempo a chiedergli di che cosa stia parlando. Forse sapeva già che questa conversazione sarebbe avvenuta, si dice Grantaire, e aspettava solo una mossa da parte sua.
“Non è stato facile. Ma non è stato difficile, non esattamente. È stato solo... strano. Quando lo fai devi essere preparato, devi essere sicuro di te stesso,” spiega Enjolras. Ha un lieve sorriso sulle labbra, come se il solo ricordo lo renda orgoglioso. “E, soprattutto, devi essere sicuro di avere qualcuno al tuo fianco.”
Grantaire ricorda bene la reazione dei loro amici. Quando Enjolras ha fatto il coming out, il primo giorno del nuovo anno di scuola, non è stata una gran sorpresa. Combeferre e Courfeyrac avevano un'espressione serena e contenta. Cosette aveva inarcato le sopracciglia e aveva chiesto quale fosse la novità, mentre Marius arrossiva al suo fianco. Éponine aveva alzato gli occhi al cielo. Jehan aveva segnato quel giorno sul suo taccuino. Tutti gli altri si erano limitati a sorridere. Solo Grantaire aveva ascoltato il discorso di Enjolras con espressione seria fino alla fine, chiedendosi distrattamente che cosa sarebbe successo se l'avesse fatto lui al suo posto. Poi Enjolras si era avviato verso di loro e tutti lo avevano accolto con esclamazioni e pacche sulla schiena, i sorrisi non ancora svaniti dai loro volti. Persino Éponine gli aveva stretto la mano. Una volta giunto davanti a Grantaire, la sua espressione era cambiata lentamente, da felice a incerta. L'esitazione era strana da vedere sul volto di Enjolras, quasi sbagliata. Si erano guardati per un momento interminabile. Poi Grantaire lo aveva attirato a sé, abbracciandolo, e gli aveva sussurrato che era fiero di lui. A quelle parole, Enjolras l'aveva stretto ancora di più.
“Come l'hanno presa i tuoi genitori?” chiede Grantaire.
Il sorriso di Enjolras si allarga, mentre le sue guance pallide si colorano di rosso. “È andato tutto bene. Hanno detto che mi amano per ciò che sono. E poi, ehm, la mamma mi ha confessato che l'ha sempre saputo,” racconta. Fa una risata, breve e felice. “È stato bello, sai? Avevo tutto un discorso pronto, ma non ce n'è stato bisogno. Hanno capito subito che cosa stavo cercando di dire.”
Senza pensare, Grantaire gli prende una mano nelle sue. Si irrigidisce subito, stupito dal gesto così spontaneo, ma Enjolras continua a sorridere. “Sono così contento per te. Vorrei... vorrei aver lo stesso coraggio che hai avuto tu, e dirlo alla mia famiglia.”
“Puoi farlo, 'Taire. Quando ti sentirai pronto, potrai fare tutto ciò che vuoi.”
Grantaire scrolla le spalle, indeciso. Conosce i genitori di Enjolras. Sa quanto tengano a lui, quanto lo amino. La sua famiglia non è così. “Lo sai come sono i miei genitori,” dice, dando voce alle sue preoccupazioni. “Non penso mi accetterebbero mai. All'inizio mi diranno che è solo una fase, che sono confuso, che poi crescerò e capirò, ma quello non accadrà mai, e quando si accorgeranno che le cose non cambieranno...” Chiude gli occhi, evitando di pensare a ciò che succederebbe allora. “Oppure mi butteranno subito fuori di casa, così da risparmiarsi un problema.”
“Non è detto che reagiscano così-”
“Oh, andiamo. Ricordi cosa hanno fatto quando l'anno scorso ho mollato Aritmanzia a dicembre?”
Enjolras stringe le labbra e annuisce una sola volta, secco. La Strillettera era arrivata il giorno dopo che Grantaire aveva finalmente deciso di lasciar perdere Aritmanzia e aveva presentato la richiesta di iniziare Divinazione, mentre stavano tutti facendo colazione. A Grantaire non interessava la disapprovazione dei suoi genitori – ma la Strillettera conteneva esattamente ciò che loro pensavano davvero di lui, e lo aveva urlato a tutta la Sala Grande. Era stata una delle giornate peggiori della sua vita. Quando suo padre aveva urlato l'ultimo insulto e la Strillettera si era disintegrata, Grantaire aveva tentato di ricominciare a mangiare come se niente fosse accaduto, nel silenzio attonito degli altri studenti. Aveva evitato gli sguardi di tutti. Ricorda che Enjolras, seduto accanto a lui, era rimasto impietrito e si era rifiutato di continuare a mangiare. E, come se non bastasse, la Preside lo aveva convocato nel suo ufficio a metà mattina e molto delicatamente gli aveva chiesto se i suoi genitori fossero abusivi, e se lui avesse bisogno di aiuto.
“Non posso parlarne con i miei, Enjolras. Non posso. Vorrei essere coraggioso, ma non ci riesco” sussurra. Si rende conto di star stringendo forte la mano di Enjolras e la lascia subito andare, ma lui gliele riprende entrambe. Le mani di Enjolras sono fredde, pulite, mentre quelle di Grantaire sono sempre sporche di inchiostro o del colore che usa sui suoi disegni.
“Dici sempre che non hai idea del perché il Cappello ti abbia messo in Grifondoro. Dici sempre che non sei coraggioso, che non hai grandi ideali. Ma poi ogni tua azione dimostra il contrario... anche se probabilmente non ti piace ammetterlo,” gli concede con un cenno del capo. “Quando discuti con me e con gli altri, quando ci fai notare i nostri errori e ci aiuti a trovare il modo migliore di agire per cambiare le cose. Quando ti arrabbi se vedi qualcuno che tratta con condiscendenza o arroganza i ragazzini dei primi anni. Quando hai il coraggio di difendere te stesso o i tuoi amici dalle false accuse e dai pettegolezzi che circolano in giro. Quando hai il coraggio di rimanere in quella casa e di continuare a essere te stesso, mentre forse sarebbe più facile arrenderti a ciò che vuole la tua famiglia. 'Taire, il coraggio non è solo combattere le Arti Oscure, o saper lanciare tutti gli incantesimi di difesa che conosci. Il coraggio è anche accettare noi stessi per ciò che siamo, e decidere di vivere di conseguenza. È difendere le nostre idee e rimanervi fedeli, rimanere fedele a noi stessi. Non capisci? Tu lo sei già. Se solo riuscissi a credere in te stesso e a vederti come ti vedo io, lo capiresti subito. Riuscire ad andarsene richiede molto coraggio, ma a volte restare e decidere di continuare a combattere, decidere di non soccombere e di continuare a essere te stesso, a essere Grantaire, ne richiede molto di più.” Enjolras fa una pausa e stringe le mani tremanti di Grantaire nelle sue. “Lo so che fai fatica a crederlo, ma non sei solo. Noi saremo sempre qui per te. Ricordi cosa mi hai detto quella volta?”
Grantaire non ha bisogno di chiedergli di che cosa sta parlando. “Certo che me lo ricordo,” dice a bassa voce.
“Ti staremo sempre accanto, perché ti vogliamo bene.” Enjolras ripete le parole che Grantaire gli ha rivolto tanto tempo fa, quando frequentavano il secondo anno.
“Lo so, E. Lo so che ci siete.” Per qualche assurda ragione, vorrebbe aggiungere. “Ho sempre pensato che sarei andato avanti senza dirlo ai miei. Non hanno bisogno di saperlo, e io non voglio che succeda ciò che succederebbe se glielo dicessi. Ma nelle ultime settimane continuo a pensare a una loro possibile reazione, e anche se questo non mi incoraggia, penso che mi sentirei... bene, dopo averlo fatto. Sollevato. Non avrei più segreti, potrei vivere la mia vita come voglio, e-e penso che mi piacerebbe farlo.”
“Hai tutto il tempo per pensarci.” Con il pollice, Enjolras gli accarezza distrattamente il dorso della mano sinistra. Grantaire prega che non si accorga dei brividi che gli provoca quel gesto innocente. “E se mai ti servirà aiuto, un supporto morale, o un posto dove andare, o qualunque cosa, lo sai che puoi sempre contare su di me.”
Grantaire annuisce, poi tra loro cade il silenzio.
Delle ragazze stanno lanciando pezzi di toast alla piovra gigante. Montparnasse e dei compagni di Serpeverde stanno discendendo la via che porta al castello, parlando piano tra loro. Quando nota Grantaire e Enjolras seduti sull'erba, Montparnasse rallenta, facendo un cenno a Grantaire. Lui gli risponde con un sorriso all'angolo delle labbra. Alza le sopracciglia. Montparnasse sciabola le sue in modo eloquente, facendolo ridere, e poi nota che Grantaire sta stringendo le mani di Enjolras. Lentamente, senza una parola, Enjolras le rilascia. Montparnasse si passa una mano tra i capelli scuri in un gesto calcolato. Tutto è calcolato, in Montparnasse. Fa l'occhiolino a Enjolras, manda un bacio a Grantaire, e un secondo dopo scompare con i suoi amici, diretto chissà dove.
Grantaire si volta di nuovo verso Enjolras, le labbra curvate leggermente all'insù.
Enjolras ha le sopracciglia aggrottate. “Uhm,” articola. Passa un altro momento. “Come, uhm, vanno le cose tra voi?”
Grantaire nota che Enjolras ha lo sguardo fisso sull'erba. “Che cosa intendi?” chiede.
“Beh, uhm, uscite sempre insieme ultimamente, e-”
“Oh, no. Dimmi che non mi stai chiedendo ciò che io penso tu mi stia chiedendo.”
Enjolras scrolla le spalle debolmente. “Metà scuola parla di voi. Se è giunto qualcosa persino a me, deve essere importante, no?”
“E l'altra metà di che cosa parla? Mi sento vagamente offeso.”
“'Taire.”
“Okay, okay. Io e 'Parnasse usciamo qualche volta, è vero, ma non stiamo insieme.” Grantaire alza le spalle. “Non è nulla di serio.”
Uscire con Montparnasse gli piace parecchio. Montparnasse gli piace parecchio. È uno dei ragazzi più popolari della scuola, veste sempre di nero, porta l'eyeliner e beve infuso di camomilla. Tra loro è casuale, divertente, perché a entrambi va bene così. Escono solo quando ne hanno voglia, senza impegno.
“Ho capito,” annuisce Enjolras, anche se ha ancora l'espressione corrucciata. “E gli altri ragazzi e ragazze con cui sei uscito, neanche con loro...?”
Grantaire scuote la testa alla domanda sottintesa. Ha iniziato a uscire con Montparnasse solo all'inizio del mese, quando ha deciso di non avere intenzione di lasciare che La Cosa che ha per Enjolras gli impedisca di vivere la sua vita. Prima di lui è uscito con altri ragazzi e ragazze, anche durante l'estate, ma la sua mente aveva continuato a vagare verso il suo migliore amico, quindi aveva desistito.
“Che mi dici di te?” domanda, non sa se più per masochistica curiosità o per vedere il calore salire sulle guance pallide di Enjolras.
Lui stringe le labbra rivolgendogli uno sguardo cauto, quasi timido. “Che cosa?” risponde, anche se Grantaire è sicuro che abbia capito perfettamente.
“Non c'è nessuno che ti interessa?”
Ha paura della risposta. Allo stesso tempo, non desidera che conoscerla.
Se possibile, Enjolras diventa ancora più rosso. “In realtà c'è qualcuno,” dice, e Grantaire si sforza di deglutire. Enjolras rimane in silenzio per qualche secondo, rifiutandosi di staccare lo sguardo dal manico della scopa di Grantaire, poi sospira. “Ma non-non ho intenzione di fare niente in proposito. E poi quest'anno ci sono i G.U.F.O,” aggiunge in tono più leggero, “Non posso lasciarmi distrarre. E lui mi distrae già abbastanza, anche se non se ne rende conto.”
“Non posso credere che tu stia già pensando ai G.U.F.O. Nessuno ti ha mai detto che non devi ascoltare ciò che dicono i professori?”
Enjolras sbuffa, il suo modo per dirgli “sii serio, 'Taire”. Grantaire si alza in piedi, scopa in spalla, e poi gli dà una mano per aiutarlo a rialzarsi – o meglio, puramente per poterlo toccare ancora.
“Pensa a quello che ti ho detto, per favore,” dice Enjolras mentre camminano verso il castello, diretti alla Sala Grande. “E 'Taire, ricordati che non sei solo.”
Grantaire, di nuovo, annuisce. “Scommetto che avevi pronto quel discorso da settimane, e che stavi solo aspettando il momento giusto.”
“Certo che no!”
“E invece sì,” ride Grantaire, perché lo sa, lo sa e basta.
“E invece no,” insiste Enjolras.
“E invece sì. Puoi ammetterlo, davvero. Ti conosco troppo bene.”
Enjolras sta visibilmente trattenendo una risata, ma non ribatte.
Il suo sorriso non è ancora scomparso quando giungono all'entrata del castello e vedono il professore di Incantesimi sulla soglia, che li aspetta con l'annuncio di una punizione. 

 



-- note: Non vedevo l'ora di scrivere questa parte, ma non sono sicura di esservi riuscita granché bene. Fatto sta che ci ho messo circa una settimana per scriverla, è stato davvero molto, molto difficile. 
Per chiarire: Enjolras è gay, Grantaire è bisessuale. R non ha problemi ad accettarsi - è più preoccupato se gli altri lo accetteranno. 
La cosa R/Montparnasse mi è venuta spontanea, è sbucata quasi dal nulla, ma è ovvio che il pairing della storia è Enjolras/Grantaire. Hanno quindici anni, sperimentano, si divertono. E, uhm, sono piuttosto innamorata di modern!Montparnasse, quindi sì, dovevo dargli un po' di spazio. Non so quanto dureranno, ma, come ripete Grantaire nel corso della storia, tra loro è casuale, non è assolutamente nulla di serio. 
Qualcuno si è accorto della menzione del Club dell'ABC? Ceeerto che sì. Dedicherò una one shot interamente a quello, perché è importante, e perché l'ho infilato velocemente qui ma vorrei davvero approfondire la faccenda.  
Per ora non mi viene in mente più nulla da dire, se non i soliti graziegraziegrazie per le recensioni/i seguiti/i preferiti/gli MP. ♥
   
 
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