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Autore: kk549210    22/08/2015    4 recensioni
Fausto e Attilio: due fratelli diversamente destinati alla gloria e all’onore, che nascondono entrambi un segreto…
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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NdA:  Questo racconto, scritto appositamente per il Contest “V’è un piacere nello scrivere”, bandito da Chloe R. Pendragon e AmahyP sul Forum di efp, trae ispirazione dai “Fasti” di Ovidio. Ho voluto riprendere in chiave attuale la coppia mitologica dei Dioscuri, semidei gemelli dal destino inscindibile, seguendo il percorso parallelo di due personaggi; seminando qua e là piccoli indizi, ho inteso rendere il mio modesto omaggio all’allusività della grande poesia augustea - di Virgilio prima, e di Ovidio poi – e di creare, a mio modo, una sorta di percorso eziologico, di cui il prologo (intitolato proprio “La ricerca delle radici”) costituisce parte integrante.

 
Il destino dei Dioscuri
 
 
Prologo: La ricerca delle radici
 

Castelfranco Emilia (MO), marzo 2015
 
- Non so come si riesca ad accumulare tanta roba!
- Dai, Anna… lo sai! Nonna era davvero tremenda da questo punto di vista… non a caso il suo motto era “Perché buttare quello che prima o poi può servire?”. Questi mobili tra un po’ esplodono… Altro che roba utile: questa è la sagra dell’inutile!
- Ragazze! Sono tornato! - gridò Fabrizio dall’ingresso, chiudendo alle sue spalle la porta dell’appartamento.
- Bene… ora possiamo fare i sacchi per la Croce Rossa - osservò Michela, accennando ai vestiti già ripiegati sul letto matrimoniale e a quelli che ancora dovevano essere tirati fuori dall’armadio.   
Anna abbozzò un timido sorriso. In quella stanza avevano passato innumerevoli pomeriggi della loro infanzia, a saltare sul lettone di nonna Antonietta o a giocare a Barbie. Lei, la strana orfana, e Michela, la cuginetta di appena un anno più grande. La sorella maggiore che il Tribunale dei Minori le aveva donato dopo che sua madre era stata dichiarata incapace di intendere e di volere. Ora quel passato di giochi, scherzi e segreti era irreparabilmente perduto, reciso da una forbice inesorabile. Da tre settimane la nonna non c’era più: il suo cuore indebolito da due infarti e da tanti dispiaceri non aveva retto all’ultimo episodio di angina, e ora loro due  dovevano compiere il doveroso e pietoso compito di svuotarne l’appartamento, per fare spazio al futuro inquilino.    
Con l’aiuto di Fabrizio, le due ragazze riempirono i sacchi. Era stata una giornata faticosa e si sentivano tutti e tre molto stanchi e provati, e non solo fisicamente.
- Che ne dite di farci un tè? - propose Michela. In fondo, a pranzo avevano mangiato solo un panino e ora erano già le quattro e mezzo.
“Un tè leggero” pensò Anna con dolce amarezza, richiamando alla memoria l’abitudine della nonna di lasciare in infusione le bustine per pochissimo tempo, per timore di propinare alle sue bambine una bevanda eccitante.
- OK, Michi… però prima è meglio finire di svuotare anche questi cassetti. Se ci fermiamo ora, dopo ci passa la voglia e non finiamo più.
Il senso pratico di Fabrizio ebbe la meglio: in fondo, ci sarebbe voluta giusto una mezzoretta. “Se non ci fosse lui, come farei?” si disse Anna, pensando a quanta gioia e sicurezza avesse portato lui nella sua vita. Da sempre si era sentita come una pianta senza radici: non aveva mai saputo chi fosse suo padre e sua madre era per lei solo una sbiadita immagine. E la serenità della famiglia pareva sempre minacciata da un alone di gravoso mistero: gli occhi grigi della nonna talora si velavano d’una nebbia di malinconia e lo zio Gigi, il suo nuovo papà, aveva aspettato che Anna fosse maggiorenne per raccontarle la storia. E ora, quelle giornate passate a svuotare il vecchio appartamento di via Bertelli rappresentavano per lei non solo un’amara incombenza, ma una inconfessata speranza di ritrovare il bandolo della matassa mai completamente sbrogliata. Erano una sorta di ricerca delle radici, da cui ripartire per formare con Fabrizio un albero saldo, la loro futura famiglia.
Michela stava svuotando l’ultimo cassetto, selezionandone e distribuendone il contenuto negli scatoloni.
- È  incredibile! - gridò a un tratto, attirando l’attenzione degli altri due.
- Cosa c’è? - chiese Anna incuriosita.
La cugina le porse un grosso fascio di fogli, alcuni dattiloscritti, con cancellature e annotazioni a penna, ma la maggior parte completamente manoscritti.
“Studi e ricerche su Ovidio: il quinto libro dei Fasti - Emma Baraldi, 1983”: una tesi di laurea, evidentemente. La tesi di sua madre. 
- Ma mamma non si è mai laureata…
- Però la tesi l’aveva già scritta: guarda, sono più di 200 pagine…
- Il tuo babbo mi ha detto che le mancavano ancora due esami quando è stata ricoverata la prima volta…
- Avrà cominciato a scriverla prima di finire gli esami. Trent’anni fa l’Università era organizzata in modo diverso - fece Fabrizio.
- Il quinto libro dei Fasti… dove ho già visto qualcosa del genere? - pensò Michela ad alta voce.
- Non so, l’avrai studiato in uno dei tuoi esami di Latino… Non ti ricordi quanto ti ha fatto penare, quel professore?
“Ah, ecco dove l’ho letto” si disse la maggiore, scorrendo con le dita sullo schermo dello smartphone alla ricerca di un curriculum accademico. Quel fetente era nella rosa dei candidati a Rettore. “Trema, trema… il tuo trono sta per crollare”.
 
  
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