Lacrime e Sorrisi
Erano
sempre state fredde le
stanze dell’Acquario, pregne del cosmo del loro inquilino che
di ghiaccio
pareva avere persino l’anima.
Tutto
all’Undicesima Casa
parlava di austerità, di freddezza, dal mobilio essenziale
ai colori spenti e
privi di calore. Sembrava che l’unica forma di vita in quel
luogo fosse il
Cavaliere che la presiedeva.
Ma
ora che era caduto, il
gelo in quelle stanze si era fatto più tagliente. Le colonne
e le pareti erano
ricoperti da uno spesso strato di ghiaccio, stalattiti pendevano dal
soffitto a
cupola e, per quanto all’esterno regnasse il tepore tipico di
una sera di
primavera, dentro quella casa il respiro si condensava appena
fuoriuscito dalle
labbra.
Tale
era il risultato dello
scontro tra due cosmi di ghiaccio che anelavano a raggiungere lo zero
assoluto,
ma per Milo dello Scorpione quella era la causa solamente del gelo che
percepiva sulla pelle, non di quello che provava in fondo al cuore.
Il
corpo freddo e livido di
Camus giaceva ai suoi piedi, neanche un soffio di vita vi era rimasto
all’interno.
Quel soffio a cui si era aggrappato il suo avversario, permettendogli
di
resistere fino all’arrivo del cosmo salvifico di Atena, il
Cavaliere dell’Acquario
se l’era lasciato scappare, e Milo ne immaginava il motivo.
“Sei
uno stupido” disse al
corpo esanime ai suoi piedi, stringendo i pugni fin quasi a lacerare la
carne
con le unghie. “Sei stato uno stupido ghiacciolo
orgoglioso!”
Milo
cadde in ginocchio a
fianco del suo defunto compagno d’armi e diede sfogo a tutte
le lacrime che
aveva in corpo, lacrime che, nonostante la temperatura polare,
mantennero il
loro calore e, cadendo sul volto di Camus, sembrarono ridargli un
minimo di vita.
“Avevamo
fatto una promessa…”
continuò lo Scorpione tra i singhiozzi, lasciando tornare la
sua mente a quel
giorno di molti anni prima, quando due ragazzi avevano immaginato la
loro vita
e la loro gloriosa morte con forse troppa leggerezza.
Erano
tornati da Blue Grado la sera prima, indossando le armature che si
erano conquistati nelle profondità dell’oceano con
fierezza. Durante la
risalita verso le stanze del Gran Sacerdote si erano beati, chi
più chi meno,
degli sguardi ammirati delle guardie e degli allievi del Grande Tempio.
Tuttavia,
una volta giunti al cospetto del Celebrante, erano stati costretti a
svestire
le vestigia dorate e a riporle negli scrigni, in attesa della cerimonia
di
assegnazione che sarebbe avvenuta il giorno dopo.
A
Milo quel rigido cerimoniale non era andato a genio, ma ci aveva
pensato Camus a farlo ragionare: dopotutto, qualche ora in
più di attesa non
avrebbe cambiato niente a nessuno, inoltre il giovane Cavaliere
dell’Acquario
dubitava che il suo compagno sarebbe andato a dormire con ancora
l’armatura
addosso, quella notte.
La
mattina seguente era comunque giunta prima del previsto e i due
Cavalieri erano stati investiti davanti a tutto il popolo del
Santuario, in un
tripudio di grida e giubilio. La cerimonia era durata poco
più di un’ora, dopo
la quale ognuno era tornato alle proprie occupazioni.
Presto
o tardi sarebbero arrivate delle missioni anche per i due giovani
Cavalieri, che avevano però deciso di passare la mattinata a
godersi il caldo
sole davanti all’ingresso della Casa dell’Acquario.
“Ce
l’abbiamo fatta! Siamo Cavalieri d’Oro!”
esclamò soddisfatto Milo,
lo sguardo limpido rivolto verso l’altrettanto terso cielo
azzurro.
“Pensavi
che non ci saresti riuscito?” domandò Camus.
“Ad
essere sincero, quando mi hanno detto che sarei dovuto andare in
quel posto sperduto tra i ghiacci per recuperarmi l’armatura,
qualche dubbio l’ho
avuto” ammise lo Scorpione “Se poi ci aggiungi che
ho incontrato un ghiacciolo
musone che sembrava me la volesse rubare sotto il naso…
avresti avuto anche tu
qualche dubbio sulla riuscita di questa impresa, non trovi?”
“Quel
ghiacciolo musone sarebbe stata la tua unica possibilità di
salvezza
nel caso fossi stato in difficoltà”
rimarcò Camus nel tentativo di spegnere
quel ghigno insolente comparso sul volto del compagno.
“Difficoltà?
Chi è mai stato in difficoltà?” si
pavoneggiò il greco,
prendendosi chiaramente gioco del compagno. Ma se c’era una
cosa che Camus non
sopportava era che ci si prendesse gioco di lui, infatti volse lo
sguardo
imbronciato altrove, infastidito dall’eccessiva baldanza del
compagno.
“Oh,
andiamo, Camus!” lo riprese Milo, dandogli una vigorosa pacca
sulla
spalla “Stavo scherzando! Fatti una risata qualche volta,
altrimenti finirai
per vivere poco e nella tristezza più assoluta”
“Chi
ti ha detto che vivrò poco?”
“Si
sa, chi non ride vive di meno”
“E
questa dove l’hai sentita, genio?”
“Si
chiama saggezza popolare”
“Tsk”
sogghignò Camus.
“Credi
che non mi sia accorto che siamo stati una grande squadra là
sotto?” gli domandò Milo dopo qualche istante,
riuscendo a riguadagnarsi l’attenzione
dell’Acquario.
“Sì,
funzioniamo bene, io e te, sul campo di battaglia”
continuò il
greco, che era tornato ad ammirare il cielo.
“…
ma se abbiamo combattuto due scontri separati” gli fece
notare Camus,
senza tuttavia riuscire a scalfire l’entusiasmo di Milo.
“Come
sei pignolo! C’è stata comunque intesa, io mi sono
lanciato sul
quella specie di scorpione di pietra lasciando a te la
possibilità di andare ad
affrontare quella specie di donna nuda di pietra. Alla fine ne siamo
usciti con
entrambi un’armatura d’oro addosso, un successo su
tutti i fronti. Siamo una
squadra!”
“Se
lo dici tu” ribattè il francese accondiscendente.
“D’accordo,
pinguino imbalsamato, ti propongo un patto” Milo si
alzò in
piedi e pose la mano destra a Camus “Ogni volta che ne avremo
l’occasione,
lavoreremo insieme, così ti dimostrerò che
possiamo davvero esserlo, una
squadra”
“E
va bene, Milo” si arrese Camus, afferrando la mano del
compagno e
tirandosi su in piedi anche lui “Dimostrami che possiamo
essere una squadra. In
tal caso ti prometto che saremo una grande squadra e che serviremo
Atena al
meglio delle nostre possibilità, insieme”
“Preparati a
mantenere quella promessa, ghiacciolino”
E
una grande squadra alla
fine lo erano diventati, perché erano talmente diversi da
poter funzionare bene
come nessun altro. Missione dopo missione, anticipando l’uno
le mosse dell’altro,
erano entrati talmente in simbiosi da arrivare a credere che sarebbero
persino
morti insieme.
Ma
così non era stato. Il cuore
si era fermato nel petto di Camus, congelato da un’Aurora
Execution più
potente, lanciata da quell’allievo che Aquarius aveva voluto
a tutti i costi
forgiare a sua immagine, di cui aveva provato a congelare le emozioni.
Ma probabilmente
erano state quelle stesse emozioni ad aver tenuto in vita Hyoga del
Cigno, mentre
Camus, sconfitto dal suo discepolo, non aveva più trovato
motivo per vivere. Neanche
quella promessa che si erano scambiati anni prima era stata sufficiente
a
convincerlo a non cedere al gelido morso della morte.
Perché,
per quanto Milo
fosse convinto che l’amicizia di Camus fosse sincera, sapeva
anche che il
calore dei raggi del sole non riesce mai a sciogliere del tutto i
ghiacci
polari. Nonostante fosse stato spesso a stretto contatto con un animo
focoso come
quello di Scorpio, nel profondo Camus era rimasto il guerriero algido
che era
in origine, forgiato dai freddi venti del nord, razionale e ostinato
nei suoi
intenti, restio a lasciarsi andare ad una risata scomposta.
Sì,
Milo era riuscito a
dimostrargli i lati positivi dell’amicizia e del cameratismo,
ma non era
riuscito a contagiarlo col suo sorriso e col suo ardore. Invece Camus
era
riuscito a fargli piangere lacrime che mai avrebbe pensato di piangere
per qualcuno.
“Dovevi
per forza farti
ammazzare da questo pulcino imberbe, vero? Stupido pinguino
imbalsamato”
continuò a piangere Milo, senza curarsi di essere al
cospetto di Atena, senza
vergognarsi dei suoi sentimenti, perché sapeva che Lei non
avrebbe giudicato,
ma semplicemente compreso.
La
guardò, luminosa come il
sole a mezzogiorno, rianimare la minuscola fiammella di vita che era
rimasta a
Hyoga, il quale riprese piano piano colore e venne poi aiutato dai
compagni a
rialzarsi.
Il
giovane Cavaliere di
Bronzo volse subito lo sguardo davanti a sé, permettendo a
Milo di notare le
due lacrime che gli si erano ghiacciate lungo le guance, su cui altre
iniziarono in breve a scorrere.
“Maestro,
io…” prese a dire,
ma poi si rivolse a Milo “… io non
volevo… non ho potuto fare altrimenti”
“Non
frignare, ragazzino” lo
rimproverò Scorpio con durezza, inchiodandolo con uno
sguardo infuocato. Conosceva
bene il valore del Cavaliere del Cigno, era stato grazie a lui se nel
suo cuore
erano sorti dubbi riguardo la giustezza di quella battaglia tra il
Santuario e
Saori Kido e i suoi Cavalieri ribelli. E conosceva anche le aspettative
che il
suo compagni d’armi aveva nei confronti dei suoi allievi.
“Camus non si
è fatto ammazzare per permettere
che un marmocchio piagnucolone raggiungesse lo zero assoluto. Non si
è fatto
ammazzare perché la sua eredità passasse ad un
inetto. Ha dato la sua vita per
permettere a te di diventare quello che lui non è riuscito a
diventare
nonostante gli allenamenti a cui si sottoponeva quotidianamente. Ha
visto in te
qualcosa che lo ha spinto oltre i suoi limiti, perciò non
infangare la sua
memoria piangendo come una femminuccia. Ricorda i suoi insegnamenti,
Hyoga, e
dimostra al mondo intero, e soprattutto a me, che sei valso la morte
del mio
compagno d’armi, che la sua dipartita non è stata
invano, che sei tu, ora, il
nuovo Cavalierie di Aquarius”
Poiché
questo è il volere di Camus dell’Acquario
pensò Milo mentre
osservava il Cigno assumere lo sguardo determinato che gli si addiceva E io, Milo di Scorpio, farò in modo che
questo ragazzo sia degno della tua vita.
Buonasera a tutti! In preda ad uno slancio di ispirazione, che spero abbia dato buoni frutti, ho prodotto questa MiloxCamus che si va ad aggiungere alle due precedenti one-shot con cui ho provato ad esplorare il rapporto tra questi due personaggi.
Nelle precedenti storie ho provato a riempire dei buchi narrativi, qui forse sono andata ad approfondire qualche momento scontato della loro storia, nel flashback rifacendomi nuovamente a Vodka e Ghiaccio, ma ho pensato che come raccolta non sarebbe stata completa se non avessi analizzato i sentimenti provati da Milo alla morte di Camus dopo la battaglia alle Dodici Case.
Probabilmente non è una delle mie opere riuscite meglio e quasi sicuramente ci saranno strafalcioni grammaticali di ogni sorta, anche perchè tendo a non rileggere quando scrivo di getto e a fidarmi solo del fluire dei miei pensieri, pur sapendo che in questi anni il mio cervello ha quasi perso l'uso del congiuntivo per lasciar spazio ad altre nozioni XD Se quindi sarete così gentili da segnalarmi i plurimi errori che ho commesso anche per colpa dell'ora tarda, ve ne sarò più che grata e provvederò immediatamente a rimediarvi.
Per il resto, buona lettura!
Martyx