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Autore: Blue Eich    26/08/2015    5 recensioni
Lucinda è cresciuta: ora ha un appartamento tutto per sé, un lavoro come Stilista Poké ed è la fidanzata del grande Gary Oak. I giornali la descrivono sempre in meglio, chiamandola la Reginetta di Sinnoh, ma in realtà non sanno che la sua corona traballa e rischia di cadere in un baratro di angosce.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gary, Kenny, Lucinda
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
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● Capitolo 1 

 
Le luci accecanti dei riflettori, il brusio sommesso delle persone sugli spalti… Tante persone, che lei non conosceva, ma che conoscevano lei. Certo, perché lei era la Reginetta di Sinnoh. Con quei guanti di velluto, quel vestito a balze, quel sorriso gentile. Proprio con quel sorriso serafico e quel guanto bianco salutò il pubblico, mentre faceva rientrare Togekiss nella sua Sfera Poké e il vocio di sottofondo diveniva più intenso. Solo quando fu al riparo nell'arioso corridoio che portava al backstage si concesse un sospiro e allentò il passo: era esausta.
La scena che vide subito dopo, però, le fece desiderare di essere rimasta sul palco qualche minuto in più, almeno non li avrebbe visti. Certe cose è meglio non saperle, onde evitare di rimanerci male. Gary che parlava con Ursula rientrava tra quelle cose. Proprio nel momento in cui Lucinda si appoggiò al muro, cupa in volto, l'arpia se ne andò, salutando mielosamente il castano con un distratto cenno del dorso della mano. In tutti quegli anni non aveva ancora perso il suo sorriso crudele e continuava a indossare gonne orribili.
«Ehi, piccola, sei stata fantastica» la voce mansueta di Gary e quella sua aria innocente le sembrarono completamente fuori luogo in quel momento, ma Lucinda non disse nulla a riguardo. Si limitò a forzare un sorriso: ciò che la figlia della famosa Olga sapeva fare meglio.
«Grazie, amore» rispose, in apparenza serena.
 
Dopo la vittoria del Contest, andarono da lei. Da alcuni mesi aveva affittato un appartamento nel centro di Cuoripoli, al quarto piano di un condominio. Era piccolo, ma ordinato, fuorché in due posti: la scrivania – sempre occupata da fogli volanti – e l'armadio, talmente pieno che se si provava ad aprirlo cascava fuori una montagna di roba. C'erano capi d'abbigliamento dal buon profumo di bucato un po' ovunque: stesi sulle sedie, appesi ad attaccapanni nei pomelli dei mobili e persino delle porte. Nonostante ciò, a Gary non dispiaceva affatto stare lì.
«Amore, mi aiuti?» gli chiese Lucinda, indiscretamente, voltandosi di spalle.
Lui fece un sorrisetto, prima di posizionarlesi dietro e slacciare pian piano i bottoni della chiusura del suo vestito, piccoli come perle. Quando liberò anche l'ultimo, la sentì tirare un grosso respiro di sollievo. La parte davanti dell'abito di fronzoli ricadde mogia, lasciando la ragazza in reggiseno. Chiuse gli occhi, con il cuore che batteva agitato, quando le braccia forti del fidanzato le avvolsero i fianchi nudi, causandole la pelle d'oca.
«Così sei molto meglio» le sussurrò lui all'orecchio, con una nota di malizia. Le labbra scesero poi fino al collo niveo, dove rimasero ferme.
«Gary» mugugnò Lucinda, prima che fosse troppo tardi. «Non adesso, dai, devo cambiarmi.»
Il ricercatore si allontanò subito, lasciando disperdere nell'aria tutto il calore che aveva donato a quel corpo perfetto e sempre freddo, come un diamante… Un diamante finto per la precisione, che in realtà era di vetro e andava trattato con estrema pazienza.
«Dai, un attimo e sono tutta tua.»
La Stilista andò in bagno a sistemarsi. Era un bagno carino e all'evidenza femminile, per via dei ruvidi tappeti rosa pallido sul pavimento, la boccette di profumo appoggiate alla specchiera e la scia di smalti sulla mensola in ordine di tonalità. Innanzitutto immerse il viso sotto il getto d'acqua gelida del lavandino, levando tutta quella cipria che la faceva starnutire, quel rossetto appiccicoso e quel mascara che le intorpidiva le ciglia.
Quando Gary la vide riapparire sulla soglia del salotto era davvero Lucinda, non la Lucinda che credevano i mass media. Davanti a lui c'era una ragazzina che sorrideva timida in negligé, scalza, con una cascata di capelli blu che le ricadeva sulle spalle esili. «Eccomi, scusa se ti ho fatto attendere.»
«Ne è valsa la pena» rispose lui, sarcastico, per poi accettare la sua mano affusolata, che lo condusse sul divano. Entro poco, Lucinda si ritrovò a cingergli il collo e baciarlo, baci sfiziosi e lenti, di quelli che fanno perdere la cognizione del tempo. Finché socchiuse i suoi occhioni oltreoceano e sbatté dolcemente le ciglia. Gary, lasciandola decisamente confusa, le prese il viso tra le mani. Aveva un'aria severa.
«… Che cosa c'è?»
«Ti sei truccata. Ancora.»
Lei, a quelle parole taglienti, rimase in silenzio. Ci era andata leggera con il correttore, leggerissima, eppure lui era riuscito ad accorgersene lo stesso.
«Sei bellissima anche senza, lo sai.»
«No, ho le occhiaie, sono orribile» replicò, imbronciata come una bambina.
Gary emise un sospiro, rassegnato alla sua testardaggine. «Allora me ne vado, così dormi un po'.»
Quando fece per alzarsi dal divano, Lucinda gli arpionò il braccio e scosse capricciosamente il capo, rifugiandosi contro ai suoi pettorali. «No, ti prego, non sono affatto stanca. Sto benissimo, davvero, posso dormire questa sera.»
Il ragazzo fece uno sbuffo, per poi con sua leggera sorpresa attirarla in braccio a sé, fino a portarla in posizione fetale. «Non dovresti sforzarti sempre così.»
«Non sono stanca…» quell'innocente e ultima bugia venne tradita dai suoi occhi che si chiusero subito dopo, al tocco delle carezze del fidanzato.
«Buonanotte, cucciola» sussurrò, prima di scoccarle un bacetto a fior di labbra.
 
Lucinda si svegliò al caldo di una coperta di pile. La prima cosa che notò fu l'assenza di Gary, che cercò vanamente tastando il divano. Beh… Non c'era molto da stupirsi. Lui non era uno a cui piacevano troppo le smancerie: lo facevano sentire in trappola, come un Pokémon in gabbia che sferra colpi alle sbarre fino a romperle. Però ricordava di averlo sentito, poco prima di addormentarsi. L'aveva chiamata cucciola, uno dei soprannomi più melensi dell'era moderna, così strano uscito dalle sue labbra sensuali, ma che lei una volta – un po' rossa sulle guance e con una risatina spigliata – gli aveva confidato essere il suo preferito.
«Ho sempre creduto che fossi Cinderella, non Briar Rose
Sussultò all'udire quella voce profonda: allora non se n'era andato. Gary infatti era lì, sul terrazzino, coi gomiti stravaccati sulla ringhiera e una sigaretta tra le dita.
Lucinda divenne un po' scarlatta sulle gote, stringendo la coperta. “Che figura” pensò. “Mi sono addormentata come un sasso…” «Scusa, non so davvero cosa mi sia preso.»
«Come stai ora?» le chiese il ragazzo, a bruciapelo. Soffiò via una boccata di fumo che salì velocemente verso l'alto, disperdendosi in quel cielo buio, dove si faticavano a vedere le stelle per colpa di tutti i lampioni che tingevano di una fioca aura arancione le strade di Cuoripoli.
Lucinda sfoggiò uno dei suoi sorrisi cordiali. «Molto meglio! Mi dispiace di averti fatto perdere tutto questo tempo, ti sarai annoiato…» così disse, ma in realtà era felicissima che non avesse spento la luce, lasciandola sola nel silenzio di quella casa.
Gary diede un'occhiata veloce al suo orologio da polso. «Ora devo proprio scappare, però.» Spense la cicca con due dita, gettandola di sotto con nonchalance, poi si avvicinò a Lucinda. Senza pensarci troppo, mentre lei s'immobilizzava, ebbe la dolce premura di legarle in un fiocchetto il nastro blu che pendeva sciolto dal suo negligé. «Non prendere freddo» raccomandò, con una nota di tolleranza.
«Sì, stai tranquillo.» Lei si sporse sulle punte dei piedi per dargli un velocissimo bacio a stampo come ultimo saluto. «Ci vediamo domenica prossima, allora.»
«Ci conto.»
La porta si richiuse. La Stilista attese qualche attimo, per abituarsi all'idea di essere di nuovo sola, in mezzo a oggetti inanimati e silenti.
«Pì-Piplup?» Ah, no, per fortuna non era del tutto sola. C'era lui, il suo piccolo e inseparabile amico, che quando c'era Gary era pregato di sparire, per lasciarli nella loro intimità.
«Oh, ciao!» esclamò lei, regalandogli un bel sorriso. «Avanti, vieni qui!» Spalancò le braccia, in cui il pinguino saltò senza esitazione. Mentre lo abbracciava, lanciò uno sguardo alla porta chiusa, ricordandosi del fidanzato che poco prima era accanto a lei, mentre adesso non c'era più. Sentì una fitta di amarezza al petto e strinse il nastro che lui le aveva legato. Subito dopo, un timido gorgoglio.
«Piplup, pi!» Piplup indicò il frigo con la zampa, preoccupato.
Lucinda si diede un'occhiata alla pancia, tastandola lievemente. Era magra, ma non abbastanza. Per questo doveva sempre trattenere il fiato dentro quegli abiti sfarzosi che tanto piacevano al pubblico, così sembrava una graziosa bambola di porcellana. Diede una carezza gentile al suo inseparabile starter, per poi sdraiarsi ancora a chiocciola sul divano.
 
 



Angolo Autrice
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Tengo davvero moltissimo a questa storia che, finalmente, ho deciso di condividere sul sito. La Cavalier è sempre stata tra le mie coppie preferite, quindi non vedevo l'ora di scrivere qualcosa di interamente dedicato a loro. Ah, spero vi piaccia il banner, è opera mia!
I capitoli sono 6 e già tutti scritti, devo solo pubblicarli. Spero davvero di riuscire a trasmettere qualcosa con questa storia e che qualcuno abbia voglia di seguirla, perché davvero, ci ho messo l'anima in quanto la storia tratta di un argomento che mi riguarda abbastanza da vicino.
Alla prossima!

-H.H.-
P.S. Il paragone di Gary appena Lucinda si sveglia si riferisce al suo nome: Cinderella (Cenerentola) – Cindy – Lucinda. Briar Rose invece è Aurora della Bella addormentata nel bosco in inglese!
 
   
 
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