Davina era molto carina nel suo vestito senza
spalline, e i suoi amici davvero cordiali e affabili. Se non fosse stata per la
presenza a singhiozzo degli Originali, sarebbe stato un normale compleanno. Se
non avesse avuto tutta la sera lo sguardo del minore dei fratelli incollato
alla nuca, sarebbe riuscita a rilassarsi. Le sembrava quasi di udire Damon riprenderla:
‘più la coscienza si allenta, più le cose
appaiono semplici. Non sei abbastanza ubriaca per ragionare chiaramente, Bon Bon’.
Così, Bonnie ci aveva dato dentro con l’open bar prima di scoprire che la
festeggiata era astemia e le bevande servite, analcoliche. Per lo meno, la
musica era eccellente. Bonnie aveva tenuto il ritmo con la testa e alla fine un
bicchierino colmo di liquido dorato era scivolato verso di lei. Il liquore aveva
bruciato lingua e palato. “Ancora...”
Kol l’aveva servita una
seconda volta e le aveva detto che bastavano due sorsi per ridursi in pessime
condizioni.
“È proprio quello che
voglio” aveva risposto e l’esplosione improvvisa di un palloncino le aveva
mandato il cuore in gola.
“Sicura di non
preferire un cocktail con l’ombrellino?”
“Sicura” aveva
rantolato mezza spaventata. Le ci era volto un po’ per calmare i battiti del
cuore e quando aveva rialzato gli occhi, Kol la stava
guardando. “Si chiama disturbo da stress post traumatico. Te lo meriti tutto.”
Bonnie aveva stretto
le labbra, avvicinandosi fin quasi a toccarlo. “Vuoi farlo adesso, Kol Mikealson?”
“A me va, se a te va”
aveva risposto e Bonnie aveva atteso paziente che finisse lo scotch. “Potrebbe
volerci anche tutta la notte, Bennet.”
“Io non ho fretta, se
tu non hai fretta.”
“Nessuna
fretta.”
Perfetto, aveva
pensato la strega. “Cosa vuoi che incidano sulla tua lapide?”
///
Ad un certo punto era
diventato tutto un po’ confuso. Bonnie ricordava solo di aver continuato a bere
finché niente aveva avuto più importanza, e qualsiasi cosa aveva iniziato a
farla sogghignare come una vecchia isterica che ha perso il lume della ragione.
Ricordava di aver inclinato la bottiglia per osservare il livello del liquore
attraverso l’etichetta, di essersi sporcata il top pieno di luccichini
e di essere rimasta a fissarli per un tempo indefinito.
Quando ne aveva avuto
abbastanza, aveva affondato il mento fra le mani e chiuso gli occhi
farfugliando ‘l’arte di smarrire si può
padroneggiare’ poi aveva posato la testa sulle braccia conserte e non si
era mossa per un bel pezzo. La festa era finita e qualcuno l’aveva svegliata
mentre gli inservienti ripulivano la sala.
Non riusciva a camminare
dritta e poteva guardare solo il marciapiede perché era l’unico punto privo di
luci abbaglianti. Ricordava di essersi appoggiata al muro e di essere scivolata
sui talloni, in perfetto equilibrio col resto del mondo e di aver risposto a
domande semplici con risposte monosillabiche. Era sufficientemente ubriaca per
ragionare chiaramente, così Bonnie aveva raggiunto una consapevolezza che
l’aveva stupita e consolata in parte. Una volta accettato lo status ‘incasinata di brutto’
aveva ripreso la via di casa.
Negli ultimi sei
mesi, si era svegliata in posti peggiori e in condizioni peggiori, ma la
mattina post festa le sembrava di essere ad un passo dalla morte definitiva.
Aveva ripreso conoscenza udendo un gemito flebile - il proprio - e assaporando
ancora il retrogusto dello scotch sulle labbra. La testa stava per esplodere
dall’interno e aveva la bocca secca come il deserto. Il cuscino era pieno di
brillantini e dei capelli di un’altra persona. Con uno sforzo sovrumano, Bonnie
si era sollevata su un gomito in cerca di indizi che spiegassero la presenza di
Kol nell’appartamento. L’aveva invitato lei? Si era
auto invitato? Con un ‘bah’, era tornata a dormire. Si sarebbe svegliato e se
ne sarebbe andato da solo.
Tre ore più tardi,
Bonnie si era destata infastidita dai gancetti del reggiseno conficcati nella
carne e dall’etichetta dei jeans che le sfregava la pelle. Aveva aperto un
occhio, accettato il fatto che Kol fosse ancora lì e
cambiato posizione.
“Come ha fatto Davina
a ricreare l’Altro Lato senza un’Ancora a collegare i due mondi?”
Si era svegliato e quella era la prima cosa che gli era
venuta in mente? Non aveva pensato di doverle una spiegazione?
“Pensaci” aveva detto
girando su un fianco e puntellando la testa contro la mano. “L’Altro Lato non
era che un mondo prigione creato da Qetsiyah all’alba
dei tempi. Davina non ha alcuna nozione di Espressione e non è abbastanza
potente per fare un incantesimo del genere. Ha mentito o ha visto qualcosa e
l’ha reinterpretato.”
Bonnie aveva
sbadigliato ma non aveva aperto gli occhi. “Vogliamo scoprirlo ora?”
“Sei proprio fissata
con mezzogiorno e mezzo di fuoco” aveva sbuffato. “È cambiato qualcosa e lo hai
sentito anche tu.”
Un cambiamento c’era
stato. Impercettibile a chiunque ma non alle streghe. “Ti ho chiesto di
restare?”
Na, aveva fatto di
testa sua. Inimicarsi una strega Bennet non rientrava
nei piani del fratello ed era stato costretto a seguirla fino all’appartamento
per essere sicuro che non le accadesse niente di male. Era rimasto per lo
stesso motivo.
“Stavi per cadere nel
fiume. Due volte.”
Bonnie ricordava di
aver fissato l’acqua, ipnotizzata dalle luci che vi ballavano sopra e che
sembrano essere state inghiottite. L’unica strega che preferiva le tenebre alla
luce…
“In qualità di tuo
arci nemico, posso suggerirti di prenderti maggior cura di te stessa?”
“Kai
è il mio arci nemico. Tu sei solo un ragazzo troppo alto e troppo lento a
bere…”
“Sbagliato. Un arci
nemico è qualcuno che ha a cuore la tua salute. Se muori troppo presto,
svanisce tutto il divertimento. Ehi, hai fame? Io ho fame.”
Doveva mettere
qualcosa nello stomaco, a parte lo scotch. “C’è un posto qui vicino… il Gatto Mangione…”
“Tipico locale da
turisti. Posso portarti in uno migliore.”
Bonnie aveva già intuito
che il bistrot all’angolo non fosse granché e che il suo mal di stomaco cronico
non fosse psicosomatico. Così aveva alzato il pollice ed annuito con ineffabile
lentezza mentre Kol seguiva le maglie della catena
che pendeva dalla colonnina dietro la sua testa e scopriva un bracciale di
cuoio. “Rebekah doveva sbarazzarsi dei suoi giocattoli prima di subaffittarti
l’appartamento…”
Bonnie aveva aperto
gli occhi, trovandolo sospeso su di lei. La maglietta stazzonata brillava in
più di un punto e lasciava scoperto un lembo di pelle dello stomaco. Non
indossava la cintura e dal bordo dei jeans si intravedeva l’inizio dei…
“Che stai guardando,
zuccherino?”
“Niente” aveva
mentito pensando che era proprio forte, quello scotch. Era ancora ubriaca. “Un
altro ‘zuccherino’ e mi farò uno scendiletto con la tua pelle.”
“Sei pazza, strega.
Sexy ma pazza.”
Sexy? “Legado.”
Bonnie era scivolata
via, il cuore che le batteva fin nelle orecchie e Kol
aveva riso, quando si era ritrovato legato dalle stesse catene con cui stava
giocherellando un momento prima. “Posso liberarmi in qualsiasi momento, lo
sai.”
Lo sapeva, ma per lo meno,
se l’era tolto di dosso. Bonnie aveva raccolto il cellulare del ragazzo e
appena acceso il display e letto il messaggio apparso, aveva sgranato gli occhi.
“È uno scherzo?”
°°°
Ho un vestito senza
spalline e i capelli mi stanno proprio una favola, stasera. La musica è divina,
l’illuminazione fantastica e i cocktail tutti rosa. Infilo i rebbi della
forchettina nella fetta di torta dietetica e mi sforzo di sorridere ma il
pensiero va sempre al voltafaccia di Klaus: ha smesso di essere gentile appena
ho riaperto gli occhi mostrando una completa noncuranza per il mio ‘ritorno’,
segno che la passeggiata sul piano astrale non è stata dettata da interesse
personale ma dalla pura applicazione dell’accordo… non per niente ha annunciato
di dover discutere dei cambiamenti da apportare il prima possibile… e Rebekah
se n’è uscita con la bomba su Kai… dovrei odiarlo ma…
uff… mi scoppia la testa!
“Buon compleanno.”
Scaccio i pensieracci e vedo Bonnie in piedi di fronte a me, un
regalo stretto fra le mani. Sembra un libro. Gli uomini vengono da Marte
e le donne da Venere? “È una
lettura spiritosa?”
“Più o meno” dice e la sua attenzione si
concentra in un punto. Sbircio alle mie spalle, curiosa come un gatto ma vedo
solo Kol impegnato in una bevuta solitaria. Sapevo che aveva
introdotto bevande alcoliche di sottobanco, Rebekah aveva tentato di
coinvolgerlo nel karaoke, lui aveva risposto con un secco ‘tu sei fuori’ e
aveva troncato la conversazione.
“Non è sempre così”
lo difendo. “È pieno di buone qualità ma ha il temperamento dei Mikealson e sta passando un momentaccio. La sua ragazza l’ha
appena lasciato… da qui il periodo alcolista.”
“In pratica è come
Van Gogh. O l’Ikea.”
È uno dei paragoni
più divertenti che abbia mai sentito! Scoppio a ridere, un palloncino esplode
all’improvviso, sento Josh scusarsi mille volte e vedo Klaus attraversare la
folla con la giacca e la maglietta pieni di brillantini, noncurante e altero come
solo un vero uomo cosparso di luccichini può fare… pffffff! Mi fa male lo stomaco dalle risate!
“Cosa fa ridere la
strega fino alle lacrime?” esala venendoci incontro. “Bennet.”
“Edward” risponde e
la sua faccia… oh dio, la sua faccia!
Se continuo a ridere me la faccio sotto!
Klaus si scusa del
ritardo: Hope sembrava non stare bene… e no, non
c’era alcun bisogno di correre a casa, Hayley. Elijah sapeva il fatto suo e
desiderava che si godesse la festa.
“Klaus, io sono la madre. Tu solo il donatore” gli ricorda allontanandosi a grandi passi.
Accidenti! L’ha
declassato da ‘padre di mia figlia’ a ‘donatore’ in meno di un secondo.
Klaus esala un sospiro
che da solo racconta una storia. Si scusa con me e mi promette di incontrarci
l’indomani. “La madre ha un nuovo
capriccetto.”
È sempre la stessa
storia. Non c’è mai tempo, cambia idea o succede qualcosa di orribile. Annuisco
e mi rendo conto di essere diventata un drago a mascherare la delusione.
Sottovoce dice che
sono bellissima e che Rebekah si è proprio superata stavolta.
“Il vestito l’ho
scelto io” sussurro ma lui si sta già allontanando. Rebekah mi arriva alle
spalle e mi informa che la festa si sta spostando sulla strada, è un successone
e ci sono un mucchio di imbucati carini.
“Bene, che si
divertano anche loro” mormoro, giù di tono. “Tu lo sai qual è il capriccetto di
Hayley?”
Rebekah ingoia la
ciliegina, tenendo fra le dita il picciolo rosa intenso. “Vuole un altro
bambino. Ha detto che non era possibile neppure la prima volta, eppure è
successo. Loro sono diversi e certe
volte il fulmine cade due volte sullo stesso punto.”
La notizia mi
appiattisce le onde celebrali: se Hayley vuole un altro bambino, Klaus farà di
tutto per accontentarla. Non ho mai sentito di un uomo che non desideri un
maschietto e lui adora fare il padre. Nella sua lista, viene prima di Distruggere&Terrorizzare.
“Ed Elijah è d’accordo che loro…?”
“Certo che no, è la
sua donna!” esclama, costernata. “Nik ha provato a
farla ragionare ma ha cominciato a dormire con un occhio aperto.”
Sta scherzando?!
“Le loro camere sono
collegate, non lo sapevi?”
No, non lo sapevo.
“Dovrebbero provarci
tutti i giorni per almeno un mese o due” continua, imperterrita. “Tu che sei
una strega pensi che il miracolo si potrebbe ripetere?”
La mia testa esplode
insieme all’ennesimo palloncino. “Se questo bambino nascerà, sarà accolto dalla
congrega con tutti gli onori” mormoro e sento le parole fluire dalla mia bocca
in uno spaventoso tono neutro. “Vediamo questi imbucati carini…”
///
Mi sveglio con
l’impressione di galleggiare in un mondo estraneo e appena apro gli occhi, mi
torna in mente tutto il discorso di Rebekah.
Klaus non è più
tornato alla festa.
Forse hanno già
cominciato a mettere in cantiere il bambino.
O forse Elijah li ha
uccisi e ne ha seppellito i corpi.
Sento un bip sul
cellulare, è Josh che mi ricorda l’appuntamento per il tour dei college. Se è
ancora vivo, Klaus è ancora vivo. Ma forse Elijah lo tiene segregato in cantina
ad acqua e verbena e lo frustra con lo strozzalupo di tanto in tanto.
Mi alzo a sedere, e
la pietra che mi ha regalato Kol scivola nell’incavo
del seno. Conosco il minerale, si dice che aiuti le streghe a concentrare ed
amplificare il proprio potere. La montatura l’ha scelta Klaus e per una volta,
il vampirastro ha azzeccato i miei gusti.
Come si può essere
gelosi di qualcuno che non è mai stato tuo?
Invio un messaggio a Kol, curiosa di sapere se quel bacio a portato ad altro,
faccio la doccia e mentre mi sto vestendo, sento una presenza forte
avvicinarsi. Elijah è troppo buono. O troppo scemo.
///
Se l’era rimuginato
lungo la strada, il discorsetto deciso e pianificato a tavolino con Elijah ed
Hayley. Sulla carta funzionava e liberava Davina da qualsiasi obbligo nei loro
confronti - avrebbe dovuto cercarsi un’altra strega che facesse incantesimi per
lui – ma conosceva le reazioni della strega ed erano proprio quelle a
spaventarlo. L’avrebbero scrostato dai muri, perdio!
Stava salendo le
scale quando la porta della camera di Davina si era richiusa dietro di lei. La
strega l’aveva salutato con un frettoloso ‘ehi’ e l’aveva doppiato.
Dove correva di prima
mattina?
“Vado a visitare i
college con Josh, ma è quasi certo che sceglierò quello più lontano da New
Orleans. Ha i corsi migliori, la cultura è importante.”
Il più lontano
distava centinaia di chilometri.
Davina aveva fatto
spallucce sentendolo camminare dietro di se. “Nel prossimo futuro dovrai
prendere un appuntamento con Marguerite, se vorrai
parlarmi. Ho mille cose da fare prima di partire e non ho molto tempo.”
Klaus si era fermato,
disturbato dal suo comportamento freddo.
Davina aveva riso ed era
girata su se stessa. “Non è assurdo? Non c’è mai tempo, le idee cambiano e
succede sempre qualcosa di spaventoso!”
“Di cosa diavolo stai
parlando, strega?”
“Io ho un lungo
viaggio da fare e tu una stanza da ridipingere da quel che ho sentito in giro…”
Una stanza…? “Non ho menzione della voce che sta
circolando, cuoricino.”
“Perché non lasci
perdere?” era sbottata di fronte alla sua espressione persa. “Perché continui a
venire qui? Abbiamo sfruttato l’idiozia della gente per ottenere quello che
volevamo, non c’è più nessuno da ingannare!”
Se ne accorgeva
quando era quel periodo del mese, e
non era quel periodo del mese. “Ne riparleremo quando ti sarai calmata.”
“Noi non parleremo
mai più, Klaus Mikealson” aveva bisbigliato e le era
sembrato che le parole venissero suggerite da qualcun altro. “Se solo ti
azzarderai ad avvicinarti a me, o a casa mia, o ai miei amici, ti rovescerò sulla testa una maledizione tale da
farti rimpiangere di non essere morto per mano di Genevieve.”
Klaus l’aveva fissata, impassibile, Davina aveva
inghiottito ed era girata su se stessa, incredula di essere arrivata a quel
punto. L’aveva
percepito un attimo troppo tardi, un momento prima che l’afferrasse e la
spingesse contro il muro.
“Volevo solo
concederti quello che reclami da tempo” aveva sussurrato alzandole il mento e
baciandola nell’incavo del collo con
un’intensità tale da scatenare una reazione di rifiuto mai provata prima. La
pietra si era scaldata e Davina aveva sentito l’energia fluire in tutto il
corpo, concentrandosi in un unico punto. D’istinto l’aveva afferrata e alzato
la mano sinistra. “Da questo momento non sarai più in grado di vedermi, udirmi o percepirmi.
Non avrai più alcun ricordo di me, il mio nome non significherà nulla e nessuna
creatura di questa terra sarà mai in grado di annullare l’incantesimo!”
“Oh, piantala Da…”
Mh? Che stava dicendo? E
che diavolo ci faceva in chiesa, si era convertito nottetempo? Klaus si era
guardato attorno perplesso ed in seguito ad una piccola considerazione, aveva
lasciato l’edificio.
Davina aveva atteso,
appoggiata alla parete in fondo alle scale. Klaus le era passato davanti senza
vederla e fino all’ultimo aveva pensato che le stesse facendo uno scherzo… ma
non c’era stato alcun ‘bu’, nessun ‘sei davvero uno
spasso quando fai così, cuoricino’ e Davina aveva cominciato a tremare,
eccitata. Era la prima volta che lanciava una maledizione… e diamine, era stato
bellissimo!
///
“Ci siamo baciati…?”
“Tecnicamente tu mi hai baciato… ma eri ubriaca, perciò
non conta.”
Bonnie aveva fissato
il vuoto cercando di ricordare, mentre le catene saltavano una alla volta e Kol si era riappropriato del cellulare, infilandolo in
tasca. “Non sprecare il tuo credito nei confronti di mio fratello. Me ne vado e
ti prometto che finché resterai a New Orleans, non vedrai più la mia faccia in
giro.”
Bonnie aveva
continuato a fissare il fondo della stanza, immobile. “Mi dispiace.”
“Ti dispiace per
cosa?”
La nonna l’aveva
avvertita che un uso sconsiderato della magia poteva danneggiarla. Era morta
due volte. Aveva passato sei mesi orribili, due dei quali completamente sola.
Aveva scavato troppo a fondo e con troppa forza. Aveva lasciato uscire tutti i
suoi demoni. “Mi dispiace di essere venuta fin qui, di averti incontrato e di
aver bevuto il tuo stupido scotch…”
“Sei sulla strada per
Follilandia, zuccherino.”
Il mal di stomaco era
tornato, lancinante. “Se avessi saputo fare di meglio, lo avrei fatto.”
“Brava, continua a
ripeterlo e il passato cambierà magicamente” aveva riso. “Ho capito di cosa hai
bisogno, Bennet.”
E glielo avrebbe
rivelato o l’avrebbe lasciata marcire nel dubbio?
“Come vogliamo farlo?
Hoodoo, voodoo? Espressione, magia figurativa?
Personalmente amo il tradizionale, è così sottovalutato...”
Magia tradizionale?
Era come invitare un ladro a svaligiarti la casa passando dal portone
principale! “Va bene anche per me.”
“Mh…
già…” aveva detto, sorridente. “Non
hai baciato me. Hai baciato quello che credevi Jeremy Gilbert. Sono piuttosto bravo
a creare illusioni. Forse ne sto creando una anche in questo momento…”
Kol Mikealson stava
giocando con la sua mente vacillante, distruggendola un po’ alla volta senza
lasciare tracce e colpevoli. Se le fosse accaduto qualcosa, nessuno sarebbe
risalito a lui.
“Sto scherzando, Bennet.” Kol
aveva sorriso ma la sensazione che aveva provato in quel momento, l’aveva fatto
rabbrividire. “L’hai sentito?”
Bonnie aveva annuito,
un po’ spaventata. “Magia Nera.”
Del tipo vietato che
si trova su un grimorio proibito” aveva sussurrato.
“Propongo una tregua per scoprire chi ha appena usato un botto di magia Nera
per lanciare una maledizione.”
Bonnie si era
umettata le labbra e dichiarato di non volerci entrare.
“Sei una cacasotto, Bennet” aveva esclamato, allegro. “L’ultima maledizione
scema l’ho risolta in poche settimane. Questa ha i controcazzi!”
“Appunto, non voglio
entrarci!”
“Sì che lo vuoi”
aveva sussurrato, invitante. “E dai, B… non hai nulla di meglio da fare.”
“Devo fare le
valigie, il mio treno parte fra qualche ora.”
“Non c’è nessun
treno, te lo stai inventando!” aveva esalato annoiato, e la gestualità usata
gli aveva riportato alla mente Damon. Tornare a casa significava rivederlo.
Vederlo insieme a Elena. Elena la sua migliore amica. Tornare a casa
significava entrare nei locali che aveva frequentato con Jeremy e camminare
sulle stesse strade che li avevano visti mano nella mano… “Non mi fido di te.”
“Io sì.”
Bonnie lo aveva
guardato negli occhi attendendo una spiegazione.
“Siamo entrambi merce
danneggiata. Posso gestire la tua latente pazzia ed impedirti di portarmi a
fondo. Posso addirittura aiutarti ad uscirne, Bennet.”
Merce danneggiata.
Aveva usato le parole giuste. “La tua argomentazione offensiva non mi
convincerà a cambiare idea.”
“Sei sexy quando
prendi d’acido.”
Nessuno le aveva mai
detto che era sexy. “E tu sei un mentecatto.”
“Ci stai o no?”
Bonnie aveva
sbuffato, tirando indietro una ciocca di capelli. “Va bene. Da dove
cominciamo?”