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Autore: GabrielleWinchester    30/08/2015    5 recensioni
Dal testo: " Ricordavo benissimo il primo bacio che le avevo dato, dopo una faticosa missione in cui avevamo ucciso un uomo facoltoso. Era ancora alle prime armi, non aveva ancora preso dimestichezza con la sua arma, un bastone lungo, ma in quel momento mi sembrò degna di essere nella mia squadra. Le avevo posato una mano sulla guancia, una mano sporca del sangue della vittima, e dopo l’avevo baciata, un bacio lungo e riparatore, un demone che baciava un angelo. Mi aspettavo che lei mi allontanasse ma non lo fece, anzi aveva approfondito il bacio, quasi come se avesse capito il mio desiderio e volesse esaudirlo"
Storia introspettiva su Nyssa e Sara, di come la figlia del Demone abbia conosciuto Sara e di come essa si sia conquistata il suo cuore...Prima one-shot nel fandom di Arrow...Abbiate pietà di me ^_^
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nyssa al Ghul, Sarah Lance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio a tutti,
ecco a voi "La redenzione di un demone"...un mio esperimento in cui ho voluto tratteggiare i pensieri di Nyssa dopo la morte della sua Sara, sperando di averla caratterizzata al meglio...Prima one-shot in questo fandom, chiedo scusa se eventualmente vi dovesse annoiare e chiedo scusa per eventuali errori presenti nella storia ^_^ Ringrazio di vero cuore tutti coloro che la leggeranno e la recensiranno, tutti coloro che hanno messo e metteranno le mie storie tra le seguite, ricordate, preferite e da recensire e tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come autrice preferita ^_^
Buona lettura ^_^
Ps: Non alzate gli archi contro di me, chiedo pietà ^_^

                                                                                               La redenzione di un demone

“Tu non sai che cosa significhi il dolore…”
Le parole furibonde di Laurel mi colpirono come un fendente, mentre ero inginocchiata di fronte alla tomba della mia Sara. Sapevo che quelle erano le parole di una sorella sconvolta dalla seconda morte di una delle persone più importanti della sua vita, ma mi fecero male, più male di un colpo di frusta dato da mio padre quando ero piccola, quando combinavo qualche marachella e andava contro le regole della Lega.  Ero stata cresciuta da un padre che non sapeva che cosa fosse l’amore, in giornate scandite dai combattimenti e dal sangue delle vittime che decidevamo di uccidere, in un mondo dove l’essere buoni veniva considerato un’onta e non qualcosa per cui andare fieri. La guardai, mentre si allontanava con lo stesso giubbotto di pelle che io stessa avevo regalato a Sara, alla stessa ragazza impaurita che avevo recuperato infreddolita e che avevo salvato da morte certa. Ricordavo benissimo, il giorno in cui l’avevo incontrata, era rannicchiata in un angolo, tutta sporca e impaurita…
“Non è un buon posto” le avevo detto, mentre le avevo teso la mano per farla alzare, stupendo anche me stessa che non ero abituata a fare gesti di bontà “Mi sembri una abituata ad altri ambienti”
“Potresti stupirti di cosa io posso essere capace” aveva detto lei, prendendo la mia mano con una stretta che mi fece sussultare, quel sussulto che non avevo provato con nessuno “Io mi chiamo Sara”
Sara…Principessa…dal momento in cui mi comunicò il suo nome, io, Nyssa, Figlia del Demone, presi la decisione di custodirla nel mio cuore.
“Io mi chiamo Nyssa”  le avevo detto sorridendo, rompendo senza indugi il cerimoniale che ci impediva di comunicare il nostro nome agli stranieri “E sono un demone”
A quelle parole, lei era scoppiata a ridere, una risata che mi aveva scosso e mi aveva fatto rimanere perplessa. Le avevo domandato il perché fosse scoppiata a ridere e lei con tutta l’ingenuità e la spontaneità che la caratterizzava, mi aveva comunicato che io non avevo niente di demoniaco nello sguardo, che tutto il male che avevo combinato non aveva sporcato la mia anima. Un po’ indispettita, le avevo comunicato che ero la figlia del Demone e che facevo parte della Lega degli Assassini e Sara mi aveva risposto così…
“E allora, visto che sei un’Assassina, perché non mi hai ucciso?”
“Dovresti darmi un’occasione per ucciderti” avevo ribattuto, ridacchiando di fronte alla sua spavalderia “Non uccido così a cuor leggero, ma se continui…”
Lei mi aveva guardata seria, si era tormentata le mani e mi aveva chiesto se era possibile che io le potessi insegnare a difendersi. Di primo acchito volevo rifiutare, non volevo trascinare quella ragazza innocente in un baratro di oscurità, poi decisi egoisticamente di accettare, in quanto meritavo una persona che mi facesse vedere che non ero il mostro che mi consideravo di essere. Il primo incontro con mio padre non fu affatto come me lo ero immaginato…mi aspettavo che lei avesse tremato di fronte allo sguardo glaciale di Ra’s al Ghul, uno sguardo che aveva eseguito più condanne che perdoni…invece era scoppiata a ridere, una risata che mi aveva fatto sentire bene e che aveva irritato parecchio mio padre, il quale si era avvicinato a Sara e le aveva puntato la lama alla gola…
“Mi fa piacere che io ti faccia ridere. Almeno morirai, ridendo”
E stava per eseguire il colpo mortale, quando mi ero messa di mezzo e gli avevo chiesto di darle una possibilità. Lui mi aveva guardato e dopo aveva borbottato che mi stavo addolcendo un po’ troppo e che non eravamo un centro per rifugiati o un centro di carità. Contraddicendo agli ordini di mio padre che mi aveva ordinato di ucciderla seduta stante, io avevo deciso di addestrarla, di renderla più forte e nel contempo cercare di non renderla oscura come me. Passammo parecchio tempo insieme negli allenamenti e più il tempo passava, più mi rendevo conto che si stava conquistando il cuore e mi stava rendendo l'anima.
Stava salvando un demone.
Ricordavo benissimo il primo bacio che le avevo dato, dopo una faticosa missione in cui avevamo ucciso un uomo facoltoso. Era ancora alle prime armi, non aveva ancora preso dimestichezza con la sua arma, un bastone lungo, ma in quel momento mi sembrò degna di essere nella mia squadra. Le avevo posato una mano sulla guancia, una mano sporca del sangue della vittima, e dopo l’avevo baciata, un bacio lungo e riparatore, un demone che baciava un angelo. Mi aspettavo che lei mi allontanasse ma non lo fece, anzi aveva approfondito il bacio, quasi come se avesse capito il mio desiderio e volesse esaudirlo.
E adesso era morta, sepolta sotto terra, in quella terra che mi stava impedendo di abbracciarla e baciarla, di cercare quella redenzione che non mi sentivo di meritare e che cercavo disperatamente. Con un gesto automatico, avevo preso un pugnale d’argento con l’elsa finemente lavorata, avevo baciato la lama e dopo me ne ero andata, promettendo a me stessa che avrei continuato il mio percorso verso la Bontà, verso quella Bontà che mi era stata preclusa.
E che avrei preteso giustizia per quel piccolo canarino, per quella principessa che mi aveva insegnato ad essere una persona migliore, in una società che aveva deciso di alimentare il mostro che era in me.
Una freccia mi passò vicino al viso, segno che non sarei stata sola a cercare vendetta per la sua morte.
  
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