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Autore: Asgard458    03/09/2015    0 recensioni
Il Signor Jacques ha nel suo ufficio il prossimo erede delle famosissime D. Industries, multinazionale che produce sistemi di teletrasporto. L'erede, però, non ha legami con i De' Vil, la famiglia fondatrice, ed è molto confuso; ma grazie al Signor Jacques, il quale gli mostrerà il prodotto dell'azienda, firmerà il contratto per diventare il successore... Peccato che il contratto gli toglierà qualcosa di molto prezioso. Troppo prezioso.
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Assonnato… stanco… morto dentro… no, sono solo svenuto. Al mio colloquio di lavoro per giunta. Il mio (possibile/futuro) capo mi stava schiaffeggiando, nel tentativo di rianimarmi da quel sonno senza sogni. Aprii lentamente gli occhi e lo vidi subito sollevato:
“Meno male! Sei ancora vivo! Che fortuna, non devo chiamare i miei avvocati”. Con una risata, mi aiutò ad alzarmi, ed io, ancora confuso, mi feci tirare su.
“Dove-dove sono?” chiesi.
“Beh, ma sei qui!”. Il mio silenzio gli fece tirar fuori una risposta un tantino più specifica:
“Sei alle D. Industries!”. Quel nome sembrava familiare, ma non riuscivo ancora ad individuarlo.
“E… cosa ci faccio qui?”. Ad un tratto, mi accorsi che non avevo più memoria di ciò che era accaduto nelle ore precedenti. Mi ricordo che mi svegliai, mi alzai dal letto, ed ora sono qui.
“Ma come, non ricordi la bellissima notizia che ti ho dato al telefono?”. Sembrava tutto così improvviso, non riuscivo a capire ciò che mi stesse capitando.
“Sei il prossimo erede di questa immensa multinazionale!”. Ecco, questo non me lo sarei mai aspettato.
“Io? Ma… non è possibile! È da ormai due anni che non lavoro, ed anche allora non è che fossi un grandissimo impiegato. Come faccio ad aver ereditato le Stark Industries?!”
“D. Industries”. Quello che è.
“Beh, lascia che ti spieghi: il tuo bisnonno ha lavorato per questa multinazionale quando era ancora una piccola e modesta azienda, e l’ha portata avanti come se fosse la sua vocazione. Per i suoi numerosi miglioramenti apportati qui, egli ha ricevuto una miriade di promozioni e titoli, così tanti da renderlo co-proprietario dell’azienda. Da allora, la sua carica è passata di generazione in generazione nella tua famiglia, fino ad arrivare a te, mio caro. Purtroppo…”. Ecco che arriva la bastonata. Sicuramente saranno tutti i debiti che mi ha lasciato. Bene, prepariamoci ad andare in giro in mutande.
“Purtroppo il proprietario dell’azienda, François De’ Vil, è deceduto qualche settimana fa. Quindi la proprietà passa a te! Bisogna solo sistemare delle scartoffie burocratiche e in un paio di settimane tutto quello che vedi potrai comandarlo come vorrai!”. La cosa stava sfuggendo di mano:
“Wo-wo, calma! Non voglio rovinarle la festa, Signor..?”
“Jacques. Chiamami Jacques”
“Signor Jacques, capisco la vostra gerarchia e il vostro fare regolamentare, però io non so niente ne’ di quest’azienda ne’ su come gestirla! Cavolo, non so neanche cosa produce!”. Il Signor Jacques sorrise maliziosamente, e mi invitò in un giro turistico. Camminammo per un lungo corridoio bianco; mentre lui mi raccontava la storia delle D. Industries, io guardavo le finestre che davano nella catena di produzione. Produzione di cosa, non so, però stavano sicuramente lavorando sodo.
“… E dopo svariati giochi legali, eccoci qui come una delle migliori multinazionali al mondo. Affascinante, non credi?”
“Certo, Signor Jacques, è tutto molto bello… cosa-cosa stanno realizzando i signori laggiù?” dissi indicando dei lavoratori casuali.
“Oh, non hai ancora capito? Siamo all’avanguardia qui: noi produciamo il primo sistema di movimento spazio-temporale di particelle quantiche per uso puramente domestico; per parlare la vostra lingua, un teletrasporto da salotto”. Il futuro era arrivato. Spazio, l’ultima frontiera. Non ho mai desiderato così tanto una Delorean. O-o l’armatura di Iron Man.
“È stupefacente, Signor Jacques! E come funziona?”. Appena aprì la bocca, sapevo che stavano per uscire parole scientifiche, quindi lo fermai immediatamente:
“Per favore, tralasci le scissioni nucleari e parli la mia lingua”
“Non avviene alcuna scissione, le molecole vengono trasportate intere, senza rompere alcun legame; per farla breve, il soggetto entra nella capsula, indica la destinazione e tira la leva – o preme il pulsante, stiamo ancora lavorando sul design”
“E quando sarà disponibile?”
“Vedo eccitazione nei tuoi occhi… beh, il terzo prototipo funzionante è molto vicino alla perfezione: abbiamo un margine di errore di 0.07% sulla destinazione finale. Se vuoi, è pronto per una prova”. Senza pensarci due volte, mi feci trasportare nella magia. Arrivammo in una grandissima stanza, piena di scienziati, cavi elettrici e tubi enormi; al centro vi era un’enorme capsula che illuminava la stanza con la sua luce bianca. Mi sfuggì un commento:
“È così grande…”
“Questo è quello che ha detto lei! Oooooh!”. Il Signor Jacques, tenendo la mano alzata in attesa di un cinque, uscì dal personaggio per un secondo; accortosi del cambiamento, ritornò al suo stadio normale, e dopo essersi schiarito la voce, si spiegò:
“Il prodotto finale sarà molto più piccolo, stiamo trovando il modo di rimpicciolirlo e di mettere la console di comando al suo interno”. Vista la stazza della macchina, sembrava stessero lontani anni luce dal risultato finale.
“Allora, dove vuoi andare?”. Il Signor Jacques mi sorprese con quella domanda insolita; dovetti stare un attimo a pensarci:
“Dove mi può portare, Signor Jacques?”
“Ovunque! Abbiamo sedi in tutto il mondo! Non hai limiti, caro mio”
“Sa, nonostante sia relativamente vicina, non ho mai visto New York”
“Detto fatto”. Il Signor Jacques scambiò qualche parola con un addetto e mi fece entrare nella capsula. Lui venne con me.
“È sicura come cosa?”. Il Signor Jacques rise:
“Più sicura di un viaggio aereo! Sta’ tranquillo!”. La macchina iniziò a scaldarsi e a fare un gran chiasso. Delle porte di vetro ci chiusero dentro e la luce divenne sempre più accecante.
“Ho paura degli aerei” sussurrai. Il marchingegno partì, la luce intensa mi fece chiudere gli occhi. Sentivo il mondo muoversi attorno a me. Per un attimo non sentii più la terra sotto ai piedi. Perso nel nero dei miei occhi chiusi, non potei fare altro che farmi sballottolare a destra e a sinistra da quella favolosa macchina. Lentamente, tutto iniziò a tornare fermo, normale. Ding. Il campanello da microonde segnalò la fine del viaggio.
“Puoi aprire gli occhi ora…”. Le palpebre lentamente si staccarono e mi accolsero in una stanza uguale a quella precedente.
“Ha funzionato?” chiesi.
“Vediamo! Esci dalla capsula!”. Misi un piede fuori e, dallo stomaco, salì una sensazione di rigetto. Mi gettai a terra e vomitai anche l’anima.
“Quindi sei una persona da vomito… non l’avrei mai detto”. Passato l’assalto dello stomaco, chiesi delucidazioni:
“Oh, è solo l’effetto collaterale del viaggio; stiamo cercando di rimuovere anche questi: c’è chi vomita e chi…”. Non finì la frase e prese a muoversi verso la porta. Un corridoio dopo l’altro, il Signor Jacques si fermò davanti ad una tenda:
“Mi hai chiesto se ha funzionato… beh, che posso dire…”. Con una cordicella fece aprire la tenda. Un movimento così semplice non mi ha mai sbalordito così tanto:
“Benvenuto a New York, amico mio”. Riuscii a vedere tutto! L’Empire State, Times Square, il Daily Bugle! Potrei fare visita a Peter Parker! Il Signor Jacques rimase a guardare con me per qualche secondo.
“Ti ho parlato – disse – degli effetti collaterali dei viaggi, no? C’è chi vomita e chi…”. Vidi il Signor Jacques cadere lentamente all’indietro.
“… e chi sviene”. Cadde a terra con le mani raccolte sul suo petto, come se fosse in una cassa da morto. “Forse preferisco vomitare”.
Aspettai il suo risveglio prima di visitare la favolosa New York insieme al Signor Jacques, il mio, ormai, compagno di viaggio.
   
 
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