Serie TV > Doctor Who
Segui la storia  |       
Autore: Yahohel    04/09/2015    3 recensioni
Sequel de "Le mille stanze del Tardis"
Rose e il Dottore, dopo le fatidiche 24 ore in cui è tornato bambino, vanno alla scoperta del Tardis, aprendo porte ignari di ciò che troveranno dall'altra parte.
Quello che nasce come un gioco innocente si trasforma, però, in un confuso groviglio di sentimenti inespressi, pronti ad esplodere come una bomba ad orologeria.
I nostri eroi riusciranno ad aprire l'ultima porta?
Het!Ten/Rose
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sesto Capitolo

Una volta divenuto consapevole della posizione di Rose, si stupì di non averci pensato prima. Certo, c’era sempre la possibilità si fosse aperto un portale che li aveva divisi, rispedendo lui indietro e lei avanti, non si sa dove. Ma ora, visto il paradosso, l’unica opzione plausibile era quella.

Rose era a pochi metri da lui.

Non permise neanche a quella frase di finire di essere formulata nella sua testa e si alzò repentinamente, facendo sobbalzare i suoi interlocutori. Senza proferire parola corse fuori dalla sede del Torchwood, rimanendo accecato dalla luce del sole che picchiava sulla piazza.

“Dottore! Dove stai andando?” una voce lo raggiunse, ma non si voltò per scoprire a chi appartenesse.

“A cercare Rose!” gridò, prima di sparire tra le porte di legno blu della cabina.

Si dette dello stupido più volte, perché non era stato abbastanza razionale in quella ricerca, annebbiato dai suoi stupidi e umani sentimenti.

Cosa si fa di solito quando si perde qualcosa?
Si torna nell’ultimo posto in cui si ricorda di averla vista.

Con questo modus operandi in mente il Signore del Tempo superò la sala comandi, dirigendosi in corridoio, prima di aprire la stessa porta che aveva spalancato con Rose il giorno prima, in circostanze diverse.

Ok, non era sicuro fosse passato quel preciso lasso di tempo, il gomitolo temporale era piuttosto aggrovigliato nella sua mente, ma qualcosa non andava.

Era sicuro la porta fosse quella, nonostante la fretta si era premurato di controllare bene.

Anche il paesaggio era piuttosto simile. Un lago, un albero.

E allora perché? Semplicemente Rose non era lì. Il posto non era quello.

L’erba era di un’altra tonalità di verde, con troppi fiori viola e gialli, come prima cosa. E l’albero era una quercia e non un salice, come doveva essere.

Era la stanza sbagliata, decretò, chiudendo la porta senza neanche varcare la soglia.

La riaprì subito dopo titubante, non senza nutrire un briciolo di speranza.

Il paesaggio era nuovamente cambiato.

Un fitto canneto con un piccolo stagno con le rane e coperto di libellule svolazzanti. Niente da fare.

Ad una terza porta spalancata, la stanza era ancora diversa.

Un prato ben curato all’inglese con una fontanella sotto un melo.

Poi ancora, Un campo di papaveri e un abbeveratoio per mucche.

E di nuovo, una piscina con il trampolino.

Una tinozza piena d’acqua sporca e insaponata sotto un pero.

Qualcuno si stava decisamente facendo due risate, dedusse. Ma quel qualcuno doveva avere un umorismo davvero pessimo, se pensava fosse divertente riproporre lo stesso paesaggio modificato. Gli elementi erano sempre gli stessi, acqua, albero/qualcosa di alto, e sempre nella stessa posizione. Dopo di che, il resto era lasciato al caso, come in una lista di abbinamenti pazzi.

Era talmente sfiduciato da non reagire neanche quando Jack gli posò una mano sulla spalla per confortarlo. Non lo aveva sentito arrivare, ma era troppo abbattuto per mostrare la minima emozione, fosse anche semplicemente di stupore.

 Restarono qualche minuto ad osservare l’improbabile stanza dinanzi ai loro occhi, poi il Dottore sospirò e si tirò indietro per chiudere la porta.

*

Rose lo aveva capito fin dalla prima volta che le aveva parlato. Non avrebbe scoperto niente se la sua misteriosa interlocutrice non avesse voluto, non importava quanto sfiancanti sarebbero state le sue domande.

Era seduta su quel tiepido e finto prato da alcuni minuti, passando il tempo ad osservare la figura in piedi davanti a lei, cercando di capire che tipo di alieno fosse, e ad ogni sua ipotesi mentale, che fosse campata in aria o con un minimo di fondamento, riceveva una risatina divertita in risposta. Dopo aver scritto una lista immaginaria abbastanza lunga, ed essere stata puntualmente derisa, aveva rinunciato anche a quel diversivo, sdraiandosi più comodamente contro il pavimento erboso della stanza.

Il Dottore sarebbe dovuto venire da lei - per qualche oscuro motivo noto solo a Lampadina woman - e nonostante Rose Tyler non fosse il tipo che mollava, stare in quella stanza senza risposte e senza la causa dei suoi problemi da una settimana a questa parte le dava tutto il tempo di pensare in tranquillità sul da farsi. Insomma, stava accettando più o meno di buon grado la situazione, perché prigioniera o meno, era lontana dal Dottore e dai suoi due cuori che non avrebbero mai ricambiato i suoi sentimenti.

Doveva rassegnarsi, imparare a bastarsi e insegnare al suo cuore a non sbattere contro la sua cassa toracica cercando di uscirle dal petto, come prima cosa.

Avrebbe modellato i suoi sentimenti in modo tale da rientrare nei canoni di amicizia. Non si sarebbe fatta spezzare il cuore da un affascinante alieno viaggiatore come in uno squallido filmetto di serie B, in cui lui ripartiva verso mondi sconosciuti, lasciandola sola a ricostruire i pezzi della sua vita.

Se era destinata ad essere abbandonata, come Sarah Jane e tante altre prima di lei, l’avrebbe fatto con dignità, senza piangere per un amore che non sarebbe mai potuto essere ricambiato.

Stava andando benissimo con il suo training di autoconvincimento, quando uno sbuffo più forte degli altri la costrinse ad alzare lo sguardo.

“Credi sul serio di poter semplicemente dimenticare?” le disse la donna, come sempre con il suo tono apparentemente indecifrabile, che nascondeva malamente una punta di ironia.

“Lui mi lascerà, è inevitabile” rispose lei mestamente.

“Anche se dovesse accadere” cominciò lei, alzando la voce ad un sopracciglio inarcato di Rose “Anche se dovesse accadere, non pensi sia meglio godersi il viaggio con tutte le sue bellissime complicazioni, piuttosto che passarlo a reprimere qualcosa per paura di essere abbandonati?"

Il tono della donna si era fatto via via più dolce, assumendo una sfumatura quasi materna, ben distante dalla derisione che l’aveva contraddistinto fino a quel momento.

E’ meglio aver amato e perso che non aver amato affatto.

 

*

Il Dottore non aveva più parlato da quando la porta si era richiusa, lasciandosi guidare da Jack nella sua sala comandi ed ora stava lì in silenzio ad ascoltare le ipotesi dei membri della squadra.

Quella situazione lo stava distruggendo interiormente. Un’altra speranza si era frantumata miseramente davanti ai suoi occhi quando, illuso di riabbracciare presto la sua Rose, si era trovato davanti quelle stanze che, in rapida successione, gli avevano fatto venire il principio di un’emicrania.

O almeno la sensazione era quella. Non poteva dirlo con certezza, non avendo mai avuto un mal di testa in vita sua.

Ad ogni modo, c’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello. Il suo Tardis non lo aveva mai tradito, non aveva mai fatto sparire una stanza, soprattutto se all’interno c’era quanto di più caro avesse al mondo.

Sospirò, prima di alzare lo sguardo e prestare attenzione a quanto stava dicendo Jack.

“E’ evidente che qualcosa la tiene in ostaggio” fece sicuro “E questo qualcosa controlla anche la tua cabina, Dottore, impedendoti di raggiungere Rose” aggiunse guardandolo direttamente.

“Il problema è che non ho idea di cosa possa essere” replicò lui affranto “Il Tardis è praticamente impermeabile ad ogni invasione”.

Seguì un momento di silenzio, nel quale tutti si lasciarono sfuggire un sospiro impotente. Avevano poche speranze di ritrovare la ragazza, se chi la teneva in ostaggio non si fosse palesato.

“Mi chiedo cosa voglia” biascicò a mezza voce Ianto, dando voce al pensiero principale di tutti.

Questo misterioso rapitore alieno, infatti, non rientrava minimamente nei canoni dei misteriosi rapitori alieni che ognuno di loro aveva incontrato.

Come prima cosa, qualsiasi manigoldo, spaziale o meno, si sarebbe messo in contatto con il Dottore, cercando di ottenere qualcosa in cambio. In questo caso non c’era stato nulla di teatrale nel rapimento, era accaduto quasi per caso, e nessun essere vivente aveva chiesto riscatti.

Era come se Rose fosse sparita nel nulla, come se la ragazza fosse già la ricompensa sperata.

In quel caso l’alieno che si era impossessato della sua compagna di viaggio non aveva fatto i conti con la sua esistenza quasi inesauribile. Aveva del Tempo a disposizione, avrebbe potuto rivoltare il Tardis e tutte le sue stanze, alla ricerca di quella radura, alla ricerca di Rose, fino all’ultima porta.

“Tu la ami?” la voce di Gwen si fece largo tra i suoi pensieri, e senza accorgersene si ritrovò ad annuire quasi distrattamente.

“Sì, la amo”.

Prima che la sua frase fosse conclusa, un'altra si sovrappose, echeggiando nella sala comandi.

E’ meglio aver amato e perso che non aver amato affatto.

*

La frase risuonò nella radura, costringendo la ragazza a riflettere.

“Hai detto, se dovesse accadere” cominciò titubante.

La Donna Luminosa si voltò verso di lei sorridendo, probabilmente aspettandosi le sue parole, invitandola a proseguire.

Rose si schiarì meglio la voce, cercando di esprimere al meglio quello che voleva dire.

“Non c’è un se dovesse accadere” precisò dopo qualche istante di silenzio. L’altra fece per ribattere, poi tacque, permettendole di chiarire il punto.

“Non c’è, e sai perché?” continuò l’altra retoricamente “Perché io sono umana. Una povera, stupida ragazza con un cuore solo che si è innamorata di questo universo e vorrebbe vedere tutto ma non può, per colpa del suo povero, stupido cuore umano, che prima o poi cesserà di battere.”

La Donna continuava a sorridere senza dire nulla e la cosa non faceva altro che infastidirla.

“Ma non è solo questo” disse poi, sputando le parole quasi con rabbia “Il mio piccolo, stupido cuore umano non ama solo l’universo. Stelle e pianeti sono belli, sì, ma il mio cuore” sottolineò il concetto portandosi una mano al petto “il mio cuore ama anche qualcuno. E questo amore fa più male dell’altro, perché mille soli e lune non possono reggere il confronto con il Dottore” concluse svuotata, ritrovando il suo posto sul prato.

Alzò di poco lo sguardo, osservando la Donna Luminosa sorridere. Probabilmente era sembrata estremamente patetica, ma quello era ciò che provava, ed era inutile mentire, soprattutto in quel momento.

Non aveva senso far finta di star bene quando sei chissà dove in una cabina immensa con una donna sconosciuta che ti legge nel pensiero. Chiunque sarebbe crollato, e lei, Rose Tyler, faceva parte della categoria. Non c’era niente di speciale in lei, era solo un’umana, ribadì. Ed essere lei significava essere abbandonata da affascinanti alieni in cabina. Le due cose andavano a braccetto e non avrebbe potuto farci niente.

Perché, nel corso del tempo, della storia, che Rose Tyler fosse innamorata del Dottore non era importante. Lei non era importante.

In 900 anni di tempo e spazio non ho mai conosciuto qualcuno che non fosse importante.

“Ehi, quella è la mia battuta” una voce conosciuta la fece voltare di scatto.

Nella radura c’era il Dottore, come lo aveva lasciato giorni prima, arruffato e sorridente.
Non riuscì neanche ad alzarsi per lo stupore. Ma il suo alieno era già lì, che la tirava su e l’abbracciava forte per non lasciarla più.

*

Note dell’Autrice:

Hola! Lo so, sono imperdonabile, è più di un mese che non aggiorno e bla bla bla, però sorridete, i nostri ciccipuzzoli si sono riabbracciati!

Come capitolo è corto, ne sono consapevole, ma doveva finire così e non mi va di scrivere cose in più se non sono necessarie. Avevo pensato di scrivere l’epilogo insieme a questo capitolo, così sarebbe stato più lungo, ma sono egoista, non voglio abbandonarvi così presto e quindi vi faccio aspettare ancora un po’ :3

Spero possiate perdonarmi per tutto, ritardo, lunghezza, angst, errori che sicuramente mi sono sfuggiti, e scrivermi tutto ciò che non vi sta bene (ma anche complimenti eh, noncopritemidiinsultiviprego) in una recensione :)

Lascio i sentimentalismi per l’epilogo (che ancora non scrivo ma giuro di essere puntuale questa volta) e vi do appuntamento alla prossima settimana (non so di preciso il giorno, massimo venerdì prossimo).

Baci,

L.

P.S: Lo so che la citazione è dell'undicesimo ma alla fine è un must e mi serviva, perdonatemi anche per quello :)
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: Yahohel