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Autore: Quella che ama i Beatles    08/09/2015    2 recensioni
Sam Winchester ha avuto un incubo. Qualcuno molto speciale arriva a tranquillizzarlo.
[Superwho]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Sam Winchester non riusciva a smettere di piangere.
Non sapeva proprio cosa gli fosse preso. Il papà glielo diceva sempre, piangere è inutile, Sammy, non impietosirà i mostri e non ti permetterà di vedere bene e quando lo diceva Dean annuiva, il viso serio, concordando in pieno. Sam lo aveva sempre bene in mente, come ricordava bene tutti gli insegnamenti del padre e del fratello maggiore – metti il sale a porte e finestre, tieni sempre sul comodino il coltello d’argento, ripeti a memoria l’esorcismo. Piccole cose che sarebbero servite come difesa in caso di necessità e anche come preparazione per quando avrebbe cominciato a cacciare col padre.
In genere, era quasi sempre stato capace di applicare quel particolare insegnamento. Aveva sette anni, ma non era un moccioso; era un bambino grande, ormai, e forte e coraggioso. Sam sapeva che il papà lo pensava e questo lo rendeva fiero e felice, e sempre più desideroso di accontentarlo e renderlo orgoglioso di sé.
Ma quella notte sembrava che tutto stesse andando storto, in modo tale che si ritrovava inginocchiato sul letto, le manine che stropicciavano di continuo occhi e guance, le lacrime che traboccavano senza che riuscisse a fermarle. Papà non sarebbe stato contento, se lo avesse visto.
Tutto per colpa dell’incubo.
Era stato particolarmente vivido, e spaventoso. Ultimamente papà aveva affrontato un mostro piuttosto cattivo – un lupo mannaro, dei peggiori. Un lupo mannaro che da umano era piuttosto furbo, e che aveva capito che per colpire dritto al cuore John Winchester bisognava attaccare i suoi figli. E così si era diretto alla stanza di motel dove alloggiavano Dean e Sam, aveva fatto irruzione e Dean si era ferito e Sam ricordava solo di aver urlato tantissimo e di aver pensato lucidamente che sarebbero morti tutti, di lì a poco.
Ma poi il papà era arrivato, e come un supereroe aveva lottato contro il lupo mannaro e lo aveva sconfitto, in un tripudio di urla, fracasso e sangue a cui Sam aveva assistito con gli occhi sbarrati.
Nell’incubo aveva rivissuto quella scena, più e più volte – con la terribile variante che lì papà moriva, straziato dagli artigli e dai morsi del lupo. Fino a che non si era svegliato con un grido e le lacrime che già correvano sul visino, che da allora non si erano più fermate.
Il papà e Dean non c’erano, in quel momento - John aveva approfittato della guarigione del figlio per insegnargli a sparare al buio, memore del recente episodio col lupo mannaro. Lo avevano lasciato là per farlo riposare, con ogni protezione possibile, andando in una zona isolata poco distante. Sam avrebbe voluto tanto che almeno uno dei due fosse presente, che potesse stringerlo in un abbraccio rassicurante e dire che era solo un incubo, che era tutto finito. Certo, nessuno dei due avrebbe potuto dirgli che i mostri non esistevano; ma sarebbe stato un grammo di pace in più.
Sam tirò sul col naso, dandosi mentalmente dello stupido. Hai sette anni e piangi come un moccioso. Bravo, Sam. Che direbbe papà?
Fu in quel momento che lo udì.
All’inizio era un suono lontano, fioco, ma pian piano si fece sempre più concreto: un raschiare metallico e cigolante, bizzarro. Un suono che venne accompagnato dal comparire di una cabina blu della polizia lì, davanti al suo letto.
Sam spalancò la bocca in una rotonda, stupefatta O. Si stropicciò con più furia gli occhi, ma l’assurdo oggetto rimase sempre lì. Era ben consapevole dell’esistenza di vampiri, spettri, demoni; ma cabine blu che si materializzavano dal nulla? Sam ne era abbastanza sicuro, cose del genere papà non le aveva ancora affrontate.
Era un altro sogno?
Titubante, afferrò il coltello da sopra il comodino, il cuore che batteva forte.
All’improvviso, la porta della cabina si aprì, e ne uscì un uomo.
Sam aggrottò le sopracciglia. Non sembrava affatto un mostro. Aveva un ciuffo di capelli castano chiaro che gli cadeva su un occhio, la mascella prominente e le labbra sottili. Era vestito in maniera bizzarra: un farfallino bordeaux, una giacca di tweed con tanto di toppe ai gomiti, un paio di scarpe antiche.
Tuttavia, ciò che più colpì Sam furono i suoi occhi – occhi gentili. Non sorrideva, eppure i suoi occhi – verdi, come quelli di suo fratello – sembrava emanassero calore, sembravano sorridere per conto proprio.
No, non era un mostro. Lasciò andare il coltello.
- Ciao – disse l’uomo. Anche la sua voce era gentile.
Sam esitò un attimo. – Ciao – rispose, e trasalì. La sua voce era roca e soffocata, per colpa del recente pianto.
- Oh, no – disse l’uomo in tono affranto, e si avvicinò a lui, sedendosi sul letto. – Ma tu… tu stai piangendo! Ecco perché il mio TARDIS mi ha portato qui… ci fermiamo sempre per un bambino che piange. – Chinò lo sguardo, per cercare di guardarlo negli occhi. – Chi sei, e perché sei triste? –
Sam si schiarì silenziosamente la gola prima di rispondere. – Mi chiamo Sam Winchester. E stavo piangendo perché… be’, ho avuto un incubo. –
L’uomo sorrise gentilmente; e anche il suo sorriso era così colmo di calore che Sam si sentì subito meglio. – Molto piacere, Sam Winchester. Io sono il Dottore. –
Sam aggrottò le sopracciglia. – Ma io sto bene – replicò, confuso. – Forse cercavi mio fratello o mio padre. Loro hanno qualche ferita. –
Il sorriso dolce dell’uomo si allargò. - Oh, no, non sono un dottore in quel senso – gli spiegò.
- E allora perché ti fai chiamare così? – domandò Sam.
- Mi piace aiutare le persone. –
Il bambino sorrise per la prima volta durante la notte. – Anche il mio papà aiuta le persone, anche se neppure lui è un dottore! –
- Oh – sorrise il Dottore. – Allora tuo papà dev’essere un brav’uomo. –
Lui annuì con convinzione. – Sì, lo è. Anche se a volte è un po’ severo, e fa cose con cui non sono tanto d’accordo… – Scosse brevemente la testa quando all’improvviso si rese conto di star parlando con uno sconosciuto comparso nel bel mezzo della sua camera d’hotel con una cabina blu. – Perché sei qui? E come hai fatto ad apparire dal nulla, con quello? – chiese, indicandola.
- Perché quello, mio caro Sam, è il mio TARDIS. Il mio mezzo di trasporto molto speciale. Viaggio ovunque, nel tempo e nello spazio – disse, chiaramente orgoglioso.
Gli occhi di Sam brillavano. – Davvero? – domandò a mezza voce, stupefatto.
Il Dottore annuì. – E in quanto al perché sono qui… be’, te l’ho detto. Il TARDIS mi porta sempre dove c’è bisogno di me, e fermerei il mondo per un bambino in lacrime. –
Sam sorrise, riconoscente. – Be’, grazie, Dottore. Hai visto? Non sto piangendo più. –
Il Dottore gli accarezzò una guancia, il volto colmo di tenerezza. – Ne sono contento, Sam. – Si avvicinò a lui, portando il viso al suo livello. – Ehi, senti, dove sono il tuo papà e la tua mamma? Dovrebbero essere loro a consolarti da un incubo. –
Il volto di Sam si rabbuiò visibilmente. – La mamma è morta quand’ero piccolo. –
Il sorriso del Dottore scomparve. – Oh. Mi dispiace. –
Sam alzò le spalle, in una sorta di rassegnata tristezza. – E papà è fuori. Mio fratello sta con lui, per questo non è qui neanche lui. – Controllò l’orario. – Dovrebbero tornare fra non molto, però. -
Il Dottore strinse le labbra, meditabondo. Sembrava stesse riflettendo su qualcosa. Il bambino rimase a guardarlo, incuriosito, fin quando l’altro non alzò di scatto lo sguardo, gli occhi tornati luminosi e sorridenti. – Sam? –
- Sì? –
Un sorriso colmo di aspettativa e trepidazione si allargò sul volto del Dottore. – Ti piacerebbe vedere le stelle? –
 
 
- Wow! Dottore! È bellissimo! –
Il viso di Sam era pervaso dallo stupore più totale, la bocca spalancata, gli occhi colmi di meraviglia. Con lo sguardo divorava il panorama che si affacciava davanti a lui: l’universo, nero e profondo, tappezzato da piccole stelle luminose. Le mani si reggevano forte ai bordi della porta del TARDIS, come se fosse in procinto di svenire.
Poco sotto di lui, il pianeta Terra.
Credeva che dopo la cabina telefonica più grande all’interno nulla l’avrebbe potuto sbigottire di più. Evidentemente si sbagliava.
- Sì, vero? – Il Dottore alternava lo sguardo tra lo spazio che si spalancava sotto di lui e il viso di Sam. Il suo incantato sbalordimento lo rendeva raggiante. – Tutti reagiscono così, la prima volta che vedono questo panorama. E mi ricordano sempre quant’è meraviglioso l’universo… anche dopo mille anni di tempo e spazio. –
Lo sguardo di Sam, che da quando il Dottore aveva aperto la porta non si era staccato un attimo dallo spazio, tornò a poggiarsi su di lui. – Tu… hai mille anni? – domandò, incredulo.
Il Dottore annuì.
- Che cosa sei? – mormorò il bambino.
- Un Signore del Tempo – rispose lui, in tono talmente serio che Sam non esitò un istante al credergli. – Vengo dal pianeta Gallifrey, in una galassia molto lontana di qui. –
Dovette impiegare qualche secondo a metabolizzare le informazioni. Vampiri, lupi mannari, spettri… e adesso anche gli alieni. Possibile che ogni singola cosa che le persone comuni ritenevano fossero leggende e fiabe fosse reale?
- Sembri un uomo normale, però – commentò.
Il Dottore rise di cuore. – Davvero? –
Sam ci pensò su. – Forse non proprio – si corresse, e il Dottore rise ancora più forte.
Il bambino tornò a guardare il panorama, e il cuore ancora una volta fece una capriola nel suo petto. Avrebbe potuto restare per sempre a guardare le stelle senza stancarsi mai…
Come a contraddirlo apposta, un brivido gli percorse il petto, salì per la gola e sfociò in un enorme sbadiglio.
- Hai sonno? – gli chiese il Dottore con dolcezza.
- No. –
- Attento, Sam, le bugie fanno crescere le orecchie. – Aggrottò le sopracciglia. – O forse no? Non ricordo bene, su Pollux 13 era così, sulla Terra forse fanno accorciare qualcosa… o diventare a pois viola la faccia? No, quello era su Athes… -
Sam rise fragorosamente per la faccia confusa del Dottore, ma le risate si tramutarono presto in un nuovo, gigantesco sbadiglio.
- Oh, Sam Winchester, qui c’è qualcuno che ha davvero un gran sonno! – esclamò il Dottore, dandogli un buffetto sul naso. – Torna dentro, avanti. Ti riporto giù. –
 
 
Il TARDIS ricomparve esattamente dov’era svanito. Sam ne uscì con le gambe traballanti e la testa che girava, ripensando meravigliato allo spettacolo a cui aveva appena assistito.
Si sedette sul letto, il Dottore vicino a lui.
- Be’, Sam – esordì. – Sono contento di averti conosciuto. –
A Sam si strinse il cuore. – Te ne vai? – domandò.
Lui annuì, con un sorriso dolce. – Riparto per le mie avventure. –
- Se vuoi puoi passare a trovarmi. Ti farò conoscere mio padre e mio fratello – disse Sam, speranzoso.
Il silenzio si protrasse per qualche secondo. – Mi piacerebbe molto – rispose infine il Dottore.
Sam sorrise. La parte più matura e saggia di lui – molto più sviluppata e coscienziosa degli altri bambini della sua età – gli diceva istintivamente che non lo avrebbe mai più rivisto, ma Sam tentò di scacciarla.
- Grazie, Dottore – disse con tutta la sincerità che aveva e lo abbracciò.
Dopo un istante di esitazione, l’uomo gli circondò le piccole spalle e ricambiò l’abbraccio. Era una stretta salda, ma tuttavia gentile – e calorosa, soprattutto. Sam sentiva che il Dottore sarebbe stato un ottimo papà.
- Ciao, Dottore – salutò, staccandosi da lui e infilandosi sotto le coperte. In un gesto quasi istintivo, lui gliele rimboccò e si protese per dargli un bacio sulla fronte.
Il suono cigolante e raschiante del TARDIS che partiva fu l’ultima cosa che Sam sentì prima di riaddormentarsi.
 
 
Sam Winchester fece moltissimi altri incubi, da allora in poi.
Ma spesso, quando nei suoi sogni la situazione si faceva disperata, udiva il suono stridente e alieno del TARDIS e talvolta rivedeva gli occhi sorridenti e calorosi del Dottore che gli ripeteva che avrebbe fermato il mondo, per un bambino che piangeva.
E allora tornava a dormire sereno, ogni incubo svanito, cacciato via dal ricordo di un folle in una cabina blu.










 



NOTE AUTRICE: torno dopo quasi un anno di latitanza come autrice - la mia pigrizia e la mia poca ispirazione combinate insieme diventeranno leggenda - con questa cosetta, uno dei miei primi esperimenti Superwho che languiva da tempo nel mio pc. Nella mia mente questa scena è ambientata quando ancora Sam non aveva cominciato a litigare col padre, nonostante ci fosse già qualche avvisaglia. Non mi ricordo assolutamente se Dean sapesse già sparare a 11 anni, ma boh, mi sembrava un'età giusta xD E boh, niente, hope you like it!
 

 
 

   
 
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