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Autore: gattina04    09/09/2015    8 recensioni
Due tempi, due storie: un futuro neanche troppo lontano e un presente.
Cosa accadrebbe se all’improvviso comparisse una bambina convinta di essere la figlia di Emma e Killian? Come reagirebbero i due scoprendo che presto la loro vita cambierà drasticamente?
E se dall’altra parte due genitori fossero alla disperata ricerca della loro piccola scomparsa? Cosa faranno per ritrovarla, come potranno reagire di fronte a quella che sembra una missione impossibile?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. L’impossibile realtà
 
Present day
Mi ero aspettata di tutto, ma sicuramente non quello; non che la porta si era aprisse lasciando entrare una bambina che avrà avuto all’incirca sei o sette anni. Quando alzò lo sguardo su di noi potei sentire il mio stomaco chiudersi e il mio cuore accelerare, mentre la mia testa considerava già tutte le possibili implicazioni.
Quegli occhi, che ero fin troppo abituata a vedere e nei quali mi ci sarei potuta perdere per ore, adesso lì ritrovavo identici in quel faccino. Esattamente gli stessi, due oceani immensi che mi, anzi ci fissavano con la stessa intensità.
E come se potesse esserci qualche dubbio a quella prova evidente, la bambina parlò: «Papà». Sentii il mio cuore stringersi non trovando nient’altro di attendibile che potesse spiegare quella palese somiglianza. Dove si trovava Killian sette anni prima? Nella foresta incantata e sicuramente non aveva fatto voto di castità.
Lo vidi boccheggiare sotto il peso di quella parola, stupito quanto me. Forse anche lui stava facendo mente locale su dove fosse nel periodo di quel presunto concepimento.
Stavo per parlare quando la piccola, quasi non si fosse accorta del nostro turbamento, continuò. «Mamma, che ci fai qui? Quando sei arrivata?».
Ecco: se prima ero sgomenta per quella apparizione, in quel momento non ci capii più nulla. Sicuramente non era mia figlia, mi sarei accorta della cosa. Potevo assomigliare a sua madre ma certamente non lo ero.
Killian si voltò verso di me guardandomi perplesso, segno evidente che anche lui era nella confusione più totale. Aveva lo sguardo atterrito da quella improvvisa presunta paternità.
«Piccola ti stai sbagliando», iniziai. Non sapevo da che parte cominciare a fare chiarezza.
«Cosa?». Mi guardò perplessa. «Ma mamma come mai hai i capelli lunghi?». Finalmente riuscii a capire tutto: assomigliavo a sua madre. Restava da chiarire solo, per così dire, la questione di Killian.
«Beh ti stai confondendo io non sono tua madre».
«Certo che lo sei. Papà dov’è il regalo?». Puntò lo sguardo su Hook, che era ancora come pietrificato. Era sotto shock, non capivo se per il fato che l’avesse chiamato papà o per la prova evidente dei loro occhi. Era tornato a fissare la bambina con sguardo perso e con la bocca spalancata.
«Killian», lo riscossi.
«Eh?». Sbatté le palpebre per riprendere un po’ di contegno. «Come sei arrivata qui?», domandò infine. Non era sicuramente il quesito fondamentale in quel momento.
«Mi ci hai portato tu. Papà non ricordi?».
«Io non sono tuo padre, almeno a quanto ne so io».
«Certo che lo sei», ribatté come sottolineando una cosa ovvia.
«No ti sbagli», ripeté, cercando di convincere anche sé stesso. A quell’affermazione gli occhi della bambina si fecero lucidi facendo presagire un pianto improvviso. Ovviamente lui non aveva avuto punto tatto.
«Dov’è il mio regalo?», scoppiò a piangere. «Perché fate così? Io non volevo. Mi sono solo trasportata sul ponte, non riesco a controllarlo». Mi inginocchiai subito accanto a lei cercando di farla smettere.
«Va bene», mormorai. «Piccola non piangere». Di sicuro quello non era il modo per affrontare la situazione: dovevamo capire chi fosse ma dovevamo essere cauti. Certamente in quel momento lei era molto più turbata di noi.
Tentai di accarezzarla sulla testa ma lei si spostò andando ad aggrapparsi alla gamba di Killian. Lui mi fissò sbigottito non sapendo cosa fare e neanche come riuscire a calmarla.
«Ehi ragazzina non piangere», balbettò. Si abbassò su di lei che prontamente gli gettò le braccia al collo. Hook era del tutto basito, mentre quella bambina lo stringeva e continuava a piangere sulla sua spalla.
La sollevò prendendola in braccia. «Su calma». Mi fisso da sopra quella piccola testolina bionda. Il suo sguardo era chiarissimo: “adesso che facciamo?”
«Direi di andare in centrale, forse riusciremo a capirci qualcosa», proposi. «Chiamo sia Regina che mia madre magari possono darci una mano».
«D’accordo andiamo». Intanto la piccola si stava lentamente calmando con il viso premuto contro il collo di Killian. La manina gli stringeva la maglia mentre l’uncino di lui sfiorò i suoi capelli in un gesto così paterno, che non mi sarei mai aspettata. Era protettivo, come l’avevo visto solo nei miei confronti. Sapevo che anche lui era confuso quanto me, ma istintivamente stava tirando fuori il suo aspetto paterno e sapevo anche il perché: quegli occhi. Killian aveva boccheggiato di fronte a tanta somiglianza e qualunque fosse il motivo alla base, sapevo che non poteva passarci sopra.
Non potevo sapere cosa pensasse ma sicuramente il suo cervello e il suo cuore erano in subbuglio quanto i miei. Che fosse o meno sua figlia avevano in comune molto più di due semplici sconosciuti.
 
Quando arrivammo in centrale c’erano ad aspettarci sia i miei genitori che Regina. Gli avevo chiamati durante il tragitto adducendo la scusa di un problema insolito. La bambina era ancora in braccio a Killian con la testa appoggiata sulla sua spalla. Aveva smesso di piangere e anche se non aveva più parlato quell’abbraccio riusciva a calmarla.
«Aspetta qui, mentre spiego agli altri la situazione», gli dissi lasciandolo all’ingresso della centrale.
«Emma che cosa è successo?». Mia madre e mio padre mi corsero incontro allarmati. Regina li seguiva qualche metro più in là.
«Ora vi spiego». Chiusi la porta alle mie spalle in modo da poter parlare liberamente.
«Allora?», incalzò Mary Margaret.
«Io e Killian eravamo sulla Jolly Roger quando all’improvviso è entrata una bambina».
«Una bambina?», mi interruppe Regina. «E tu mi hai fatto venire qui per questo?».
«Dice di essere nostra figlia», dissi tutto di un fiato. Dirlo ad alta voce sembrava ancora più assurdo.
«Cosa?». Tutti e tre mi guardarono interrogativi.
«Sicuramente non è mia figlia, e se anche fosse di Uncino, lui non ne sapeva niente. Comunque la bambina crede ciecamente che noi siamo i suoi genitori, non so se è confusa o spaventata ma è convinta di questo».
«Povera piccola», intervenne mia madre. «E come si chiama? Quanti anni ha più o meno? Dove vive? E adesso dov’è?».
«Una domanda per volta», protestai. «Avrà circa sei o sette anni, ma non sappiamo altro. Quando abbiamo provato a dirle che non eravamo chi credeva, si è messa a piangere e si è calmata solo in braccio a Killian. Non abbiamo più provato a tirare fuori l’argomento, e da allora non ha più parlato; chiederle il nome non era esattamente la domanda adatta. Adesso è di là con Hook».
«Non l’avevi mai vista prima?», mi domandò Regina.
«Credimi se l’avessi vista me ne sarei ricordata».
«E perché mai?», chiese David.
«Ha diciamo una forte somiglianza con Killian». Non sapevo come dirlo o come fare a spiegarlo senza che mio padre pensasse male.
«Allora è sua figlia! Maledetto pirata».
«Papà!», lo rimproverai. «È vero, a vederla sembrerebbe impossibile negare ma credimi quando ti dico che lui ne era ignaro».
«Emma». Killian stava entrando tenendo per mano la bambina. Non gli avevo detto di restare di là?
Vidi Regina e i miei genitori osservare attentamente la piccola per poi trasalire notando gli occhi.
«Diamine Swan», proruppe Regina. «E questa la chiami somiglianza? Sembra ovvio il legame di parentela».
«Emma credo che sia nostra figlia». Fissai Killian sbigottita: era impazzito o mi stava prendendo in giro? Era sbiancato ma il suo sguardo era più serio e sicuro che mai.
«Ti ha dato di volta il cervello?», non riuscii a trattenermi. La piccola mi fissò non capendo. Il suo sguardo confuso si posò prima su Killian e poi su mia madre.
«Perché vi state prendendo gioco di me?», domandò. Anche mia madre non seppe cosa dire, ma capì che era meglio allontanarla per qualche minuto, in modo che potessimo parlare.
«Vieni tesoro, perché non andiamo a sciacquarci la faccia?». La prese per mano e la portò via.
«Sei impazzito?», incalzai una volta soli.
«No. Sono certo di quel che dico, lo so che sembra assurdo ma è così».
«Allora spiegati perché se no inizierò a dare di matto».
Killian annuì e poi prese il suo portafoglio. Cercò per un secondo e poi tirò fuori una catenina.
«Che cosa significa?».
«Questa catenina era di mia madre. Ci sono incise le sue iniziali: EJ. Sono sicuro che non ci sia una copia identica di questa catena, per me è come un cimelio di famiglia. È una delle poche cose che mi resta di mia madre».
«Killian cosa c’entra questo adesso?».
«Ne ha una uguale al collo». Il suo sguardo era sempre più serio.
«Beh ti sarai sbagliato; non è unica, tutto qui».
«Emma io ho sempre pensato che avrei dato questa collana a mia figlia un giorno, o comunque a mio figlio, per tramandarla alle generazioni successive».
«Quello che dici è assurdo», intervenne mio padre.
«Killian non starai dicendo quello che penso», balbettai.
«Sì invece. E se fosse nostra figlia e noi dovessimo ancora concepirla?». Detto ad alta voce sembrava ancora più strano che a pensarlo.
«Andiamo, lo sai che i viaggi nel tempo sono quasi impossibili».
«Appunto quasi», ribatté.
Scossi la testa; ci doveva essere per forza un’altra spiegazione. Mi girai verso l’unica che forse poteva svelare qualche dubbio. «Regina perché non dici nulla?». Era rimasta in silenzio tutto il tempo con uno sguardo pensieroso che non presagiva niente di buono.
«Penso che forse il pirata potrebbe avere ragione».
«Cosa?». Ci si metteva anche lei adesso?
«Beh Emma, la somiglianza non c’è solo con lui. Gli occhi sicuramente sono una prova ma quella bambina assomiglia anche a te».
«I capelli biondi li hanno in molti», ribattei.
«Ma non è solo quello. Non l’ho mai vista qua e credimi io conosco le persone su cui ho lanciato il mio sortilegio. E anche dopo, non credo che controllando sui registri risulterà qualcosa. E poi la sua apparizione è alquanto strana».
«Ma… ma è impossibile». In quel momento non so se ero più terrorizzata dal fatto che potessero aver ragione e che veramente io e Killian avremmo avuto un figlio, o dalla assurdità di tutta quella situazione.
«C’è un modo semplice per scoprirlo». Regina andò verso la porta in modo tale da chiamare Mary Margaret. Mia madre tornò sempre tenendo per mano la bambina.
«Senti piccola». Si chinò su di lei stupendomi per il tono dolce che aveva usato. «Adesso facciamo un gioco. Io ti farò delle domande e tu mi dovrai rispondere dicendo la verità. Emma saprà se stai mentendo».
«Con il suo superpotere». Dio! Come poteva conoscerlo?
«Certo e dopo ti compreremo un bel gelato», intervenne mia madre.
«Bene cominciamo. Come ti chiami?».
«Che domanda è zia Regina?». L’appellativo zia le fece fare una smorfia di sorpresa che però la bambina interpretò come un rimprovero. «Edith Jones».
Killian sbiancò ancora di più. «Mia madre si chiamava Edith», bisbiglio.
«Bene. Come si chiamano i tuoi genitori e dimmi qualcosa su di loro».
«Killian Jones ed Emma Swan. Mio padre è il famoso Capitano Uncino mentre mia madre è lo sceriffo di Storybrooke, figlia del Principe Azzurro e di Biancaneve». Sentii le mie gambe vacillare e mi aggrappai alla scrivania per non cadere.
«Bene, continuiamo. Quanti anni hai?».
«Sei e due mesi». Avevamo azzeccato l’età più o meno.
«Perfetto e mi sai dire che giorno è oggi?». Regina sembrava calma e pacata, al contrario di me che, anche se rimanevo impassibile all’esterno, all'interno ero  in completa agitazione. Almeno anche gli altri sembravano turbati quanto me.
«Il 15 settembre 2022». Il sangue mi si raggelò nelle vene. Era tutto vero o era solo un brutto scherzo? Stava dicendo la verità o almeno quella che credeva essere la verità, questo lo sapevo, ma sembrava impossibile che quella fosse mia figlia. Nostra figlia, mia e di Killian.
«Brava, adesso l’ultima domanda. Quando sei nata con esattezza?».
«Il 13 Luglio 2016». Feci un rapido calcolo mentale: luglio meno nove mesi… Merda! Se era davvero tutto vero voleva dire che sarei dovuta rimanere incinta da lì nel giro di un mese o due. Verso ottobre ed eravamo a settembre! Una cosa era ovvia: era sicuramente troppo presto per me e Killian per aver un figlio.
 
Future time 
Tamburellai con le dita sulla scrivania. Era stata una giornata piuttosto fiacca e in giorni come quello il lavoro di sceriffo era fortunatamente abbastanza noioso.
Presi il cellulare e controllai l’ora. Probabilmente Killian era già andato a prendere Edith a scuola e doveva averla già portata sulla Jolly. Ero fin troppo curiosa di sapere come fosse stato il primo giorno di scuola della mia bambina e soprattutto di sentirlo raccontare da lei. Forse avrei potuto chiamarli e magari potevo convincerli a passare dalla centrale.
Stavo per comporre il numero quando il telefono cominciò a vibrare. La scritta “Killian” lampeggiò chiara sul display.
«Pronto Killian, stavo per chiamarti», risposi.
«Emma». Il tono della sua voce mi fece entrare subito in allarme. Era un misto tra ansia, preoccupazione e panico.
«Cosa è successo?». Mio padre che era seduto all’altra scrivania, alzò la testa perplesso percependo le mie parole. Restò a guardarmi cercando di carpire qualche informazione in più.
«Edith… io… non so… è… era qui». Era così terrorizzato che non riusciva a completare una frase.
«Killian ti prego, non capisco». Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata percependo il suo stato d’animo.
«Edith è scomparsa», disse tutto di un fiato. «Non riesco a trovarla». Fu come se un pugno mi fosse arrivato diretto nello stomaco.
«Ha… ha usato…?». Lasciai la frase in sospeso, sapendo che lui avrebbe capito.
«Non lo so». Il suo tono disperato mi fece scattare in piedi. Se era così preoccupato non doveva essere come le altre volte.
«Arrivo subito. Dove sei?».
«Alla nave». Non risposi e riagganciai, fiondandomi di corsa fuori dalla stanza.
«Emma che succede?». Mio padre mi rincorse seguendomi fino al maggiolino.
«Edith», dissi solamente. Non ci fu bisogno di aggiungere altro, capì all’istante. Senza perdere tempo salì dalla parte del passeggero mentre io mettevo in moto.
In men che non si dica giungemmo al porto dove trovammo Killian ad aspettarci a bordo della sua nave. Era pallido, la faccia sconvolta, lo sguardo più scuro del solito: l’avevo visto solo una volta così disperato, quando io avevo deciso di sacrificarmi per diventare il Signore Oscuro.
«Killian l’hai trovata?». Era una domanda inutile ma dovevo farla.
«No». La disperazione era la nota prevalente della sua voce.
«Ti prego fammi capire, spiegami cosa è successo».
«Stavo prendendo il suo regalo, ero nell’altra cabina. Stavamo parlando, le stavo raccontando di nuovo della foto, come ho fatto altre mille volte. Non mi sono accorto di niente, ma quando sono rientrato nella stanza lei non c’era più. Era seduta sul letto fino a poco prima e poi niente. Ho pensato che si fosse teletrasportata sul ponte o in qualche altro punto della nave. Non ha mai fatto più di qualche metro! L’ho cercata ovunque ma non c’è; allora sono sceso e l’ho cercata per il porto ma niente. E se fosse cascata in acqua? Se le è successo qualcosa io…».
«Killian, tesoro». Stava entrando nel panico e per quanto fossi terrorizzata anche io non potevo permettere che lui cedesse così. «Calmati, la troveremo. Okay?». Gli presi il volto fra le mani e puntai i miei occhi dritti nei suoi. In quei meravigliosi oceani vedevo solo paura e la cosa non era affatto da lui.
Annuì cercando di riprendere il controllo di sé stesso.
«Forse si è trasportata a casa», ipotizzò mio padre. «Chiamo tua madre per andare a controllare».
«Grazie. Chiedile di rimanere a casa nostra, nel caso in cui Edith dovesse riuscire a tornare lì da sola». Annuì e si allontanò per chiamare Mary Margaret.
«Chiamo Regina», proposi. «Forse ha una pozione di localizzazione, almeno riusciremo a trovarla più velocemente».
Gli occhi di Killian si illuminarono a quella idea. «Sì certo, perché non ci ho pensato prima». Aspettò che prendessi il telefono e che componessi il numero. Persi tempo cercando di spiegarle la situazione ma fortunatamente Regina aveva quello di cui avevamo bisogno. Ce l’avrebbe portata nel giro di cinque minuti.
Tentai di tranquillizzarmi durante l’attesa ma era impossibile. “Non può esserle successo nulla di grave”, continuavo a ripetermi, “sarà solo apparsa da qualche parte a Storybrooke”. Però anche se stava bene restava il fatto che la sua magia non era controllabile. Possedeva troppo potere per una bambina così piccola.
Cercai di distrarmi guardandomi intorno: mio padre aveva preso il maggiolino e aveva cominciato a perlustrare le vie della città. Aveva preferito continuare a cercare anche senza pozione, tanto c’eravamo già noi ad aspettare Regina. Killian, invece, aveva appoggiato la fronte sulla mano e continuava a guardare il pavimento, tormentato da chissà quali pensieri. Sapevo quanto fosse legato a nostra figlia e potevo capire bene quanto lui come quella breve attesa fosse straziante.
«È colpa mia», buttò lì in un sospiro appena udibile.
«No, ti sbagli. Non è assolutamente colpa tua».
«Era con me, non avrei dovuto lasciarla da sola nella mia cabina».
«Killian sarebbe potuto accadere con chiunque», obbiettai. «Edith non controlla i suoi poteri».
«Sì ma era con me». Stavo per ribattere quando vidi Regina salire di corsa a bordo della Jolly.
«Ce l’hai?», gridammo contemporaneamente io e Killian.
«Certo, ci serve solo qualcosa della piccola».
«Ha lasciato qui il suo zaino». Uncino si allontanò per tornare qualche secondo dopo con lo zainetto rosa di Edith.
«Perfetto». Regina estrasse una boccetta contenente un liquido azzurro, la stappò e la verso sullo zaino. Subito l’oggetto prese vita iniziando a galleggiare in aria e cominciando a muoversi verso la terraferma.
«Andiamo», dicemmo tutti e tre all’unisono. Corremmo dietro a quella sacca volante con il cuore in gola, ma anche con la speranza che presto quell’incubo sarebbe finito. Senza rendermene conto mi ritrovai a stringere la mano di Killian, riuscendo a percepire anche la sua tensione. Quella stretta era ciò di cui avevo bisogno per riuscire a sostenere quella situazione e sapevo che era anche quello di cui aveva bisogno lui. Si sentiva in colpa ed era terrorizzato all’idea di non sapere dove fosse Edith. Era sotto shock, lui che era sempre così forte e coraggioso. Era la mia roccia, ma in quel caso avevamo bisogno l’uno dell’altra per riuscire a restare in piedi.
Lo zaino continuava imperterrito a volare passando per le vie secondarie di Storybrooke. Ci stava lentamente riportando verso il centro della città. Senza che ce ne rendessimo conto tornammo alla stazione di polizia. Aprii la porta con la magia per permettere allo zaino di passare senza arrestare la sua corsa.
Il mio cuore si alleggerì considerando l’idea che Edith fosse lì dentro. Alla fine ci eravamo preoccupati per niente, si sarebbe trattato solo di un brutto spavento. Forse l’avremmo trovata da qualche parte nella centrale, neanche troppo impaurita solo un po’ confusa e disorientata.
Sentii Killian sospirare anche lui di sollievo mentre varcavamo la soglia d’ingresso. La sua stretta si fece più sicura e percepii il suo pollice carezzare il dorso della mia mano. Non doveva parlare affinché io capissi: “andrà tutto bene, ora lo so”, mi stava dicendo.
Alla fine lo zainetto atterrò sulla mia scrivania. Mi guardai intorno cercando di scorgere mia figlia da qualche parte nella stanza, ma sembrava non ci fosse nessuno.
«Edith?».
«Tesoro sei qui?». Killian mi lasciò la mano per guardarsi meglio attorno.
«Ragazzina?», cercò anche Regina.
Nessuna risposta. La centrale sembrava vuota proprio come l’avevamo lasciata io e mio padre.
«Principessa?». Killian si chinò per guardare sotto la scrivania, mentre io cercavo di  capire cosa stesse succedendo.
La speranza che avevo provato poco prima fu spazzata via in un solo colpo.
«Forse è nelle altre stanze». Killian andò a controllare, seguito da Regina. Io rimasi pietrificata nella mia posizione. Lo zaino si era fermato lì ma lei sembrava non esserci. La paura tornò raddoppiata, triplicata, centuplicata, rispetto a prima. Se la pozione di localizzazione non aveva funzionato, come avremmo fatto a trovarla? E soprattutto dove era finita?
«Non c’è». La voce di Regina mi arrivò come ovattata.
«Regina cosa diavolo non ha funzionato?», urlò furioso Killian.
«Pirata calmati. Io non ne ho idea; la pozione ha funzionato, ci ha portati qui».
«Ma qui non c’è». La rabbia aveva lasciato il posto alla disperazione nella voce del mio Capitano.
«Non so cosa sia andato storto, io non so che dirti». Regina sembrava mortificata.
«Ma non può essere sparita nel nulla». Riuscii finalmente ad alzare lo sguardo su di loro e sentii le lacrime tentare di uscire. Ma dovevo essere forte e cercare di ragionare con lucidità.
«Non sappiamo quanto possa essere potente», constatò lei.
«Non era mai andata più in là di qualche metro», osservò Killian.
«Sì ma non abbiamo mai capito quali fossero le sue potenzialità. La magia è molto associata allo stato d’animo». Aveva ragione, ed io lo sapevo.
«Prima di imparare a gestirla il mio potere usciva fuori quando ero in pericolo o spaventata».
«Questa è solo una parte. Basta un sentimento più favorevole per far scaturire la massima potenza, soprattutto in una bambina come lei».
«Che cosa intendi dire?», chiese Killian titubante.
«Che non possiamo assolutamente sapere dove si è teletrasportata», concluse lasciandoci nella desolazione più completa.
«Potrebbe essere ovunque in questo mondo?». Il tono della voce di Killian non suonava neanche come una domanda da quanto era disperato.
«No», rispose Regina, misurando le parole. «Dato che non conosciamo la sua potenza, potrebbe essere ancora a Storybrooke, come potrebbe essere ovunque in questo mondo o in qualsiasi altro mondo». Se un macigno mi avesse colpito in pieno viso, sfigurandomi irrimediabilmente, mi avrebbe fatto meno male di quella tremenda verità.
«No», urlai buttando in terra tutto quello che c’era sulla scrivania a me più vicina. Subito dopo due braccia forti mi avvolsero impedendomi di cadere in quell’abisso che si stava aprendo sotto i miei piedi, lo stesso che si stava aprendo sotto i suoi. Non potei più impedire alle lacrime di uscire, mi aggrappai a quel petto che come il mio sembrava tremare sotto al peso di quella notizia.
Quando alzai lo sguardo trovai il mio oceano personale che mi fissava in un mare di lacrime.


 
Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Sono stata brava e sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo prima del previsto!
Voglio prima di tutto ringraziare le persone che hanno recensito e che hanno inserito la storia nelle varie categorie! O comunque chi legge la mia storia anche silenziosamente. Siete una spinta per proseguire e andare avanti!
In questo capitolo abbiamo visto come hanno reagito Emma e Killian da entrambi le parti. Ormai nel presente hanno capito che la bambina viene dal futuro, mentre dall'altro lato hanno scoperto che Edith potrebbe essere ovunque anche se per ora hanno parlato solo di mondi diversi.
Spero di essere veloce e celere anche nel prossimo aggiornamento!
Un abbraccio, a presto
Sara
  
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