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Autore: Sofyflora98    12/09/2015    3 recensioni
Dal primo capitolo:
"Tutto era iniziato con un cadavere. Un uomo sui cinquanta, vedovo, che faceva una vita abbastanza tranquilla, senza avvenimenti degni di nota. Un bel giorno, di punto in bianco, era morto. L'avevano trovato riverso sui gradini di fronte alla porta di casa. Quando avevano cercato di identificare la causa del decesso, i dottori erano rimasti allibiti. Non c'era una causa. Niente che potesse spiegare come mai un uomo di mezza età perfettamente in salute fosse all'improvviso crollato a terra. Come se tutto il suo organismo si fosse fermato dolcemente, e basta.
Fino a che non colsero sul fatto l'assassino. Quello che fu presto chiarito era che non si trattava di un essere umano. Non del tutto perlomeno. Mangiava e respirava e dormiva. Solo che a volte assorbiva la vita dagli altri."
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Johnlock
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Solo nell'ultima settimana, gli attacchi delle Creature nei confronti degli esseri umani sono raddoppiati rispetto alla media dell'ultimo anno. I corpi senza vita di Clara Metthews e Adam Collins sono stati rinvenuti alle otto di questa mattina, a Trafalgar Square. Ancora una volta, nessuno dei due riportava ferite o altri segni di lotta. I corpi erano perfettamente integri, come se si fossero addormentati”
 
John ascoltava pigramente il notiziario serale, sorseggiando l'ultima tazza di tè prima di potersi finalmente coricare. Quel giorno la quantità di persone che erano urgentemente venute a chiedergli se la loro tosse non fosse un sintomo di polmonite, o altre idiozie simili, era stata esorbitante. Sembrava che un comune mal di gola invernale potesse portare a chissà quale malanno mortale. In realtà c'era poco da stupirsi. Negli ultimi anni la gente era sempre più terrorizzata, e a buona ragione.
Tutto era iniziato con un cadavere. Un uomo sui cinquanta, vedovo, che faceva una vita abbastanza tranquilla, senza avvenimenti degni di nota, escludendo la prematura scomparsa della moglie. Un bel giorno, di punto in bianco, era morto. L'avevano trovato i vicini, riverso sui gradini di fronte alla porta di casa. Quando avevano cercato di identificare la causa del decesso, i dottori erano rimasti allibiti. Non c'era una causa. Niente che potesse spiegare come mai un uomo di mezza età perfettamente in salute fosse all'improvviso crollato a terra. Nessun infarto, nessuna malattia, niente. Come se tutto il suo organismo si fosse fermato dolcemente, e basta.
A quel punto, non potendo accettare un avvenimento simile, al St. Bartholomew Hospital erano partiti studi su studi. Neppure la polizia se ne era stata con le mani in mano, cercando disperatamente l'esistenza di qualche droga che potesse creare un effetto simile, interrogando i criminali arrestati alla ricerca di una spiegazione del come o del perché fosse morto. Ma non trovarono un movente. E nemmeno ciò che lo aveva ucciso.
Dopo questa prima vittima, ce ne furono altre. Maschi e femmine, giovani e vecchi, di qualunque etnia, ceto sociale, religione e opinione politica. In pratica erano persone casuali, senza nulla che le collegasse. Il numero aumentò, fino a che non raggiunse una quota abbastanza stabile di due morti alla settimana. Tutti perfettamente sani e integri.
Fino a che non colsero sul fatto quello che presunsero fosse l'assassino. Un giovane dall'aspetto normale. Lo misero sotto torchio per fargli confessare che metodo usasse per uccidere, e perché lo facesse.
Quello che fu presto chiarito era che non si trattava di un essere umano. Non del tutto perlomeno. Mangiava e respirava e dormiva. Solo che a volte assorbiva la vita dagli altri. Gli bastava il tocco delle mani, afferrare la testa o gli arti di qualcuno per farlo addormentare. Come nutrimento, supposero. Non disse nient'altro, perché non appena ne ebbe l'occasione, quello si tolse la vita.
Si resero conto immediatamente che non era il solo ad avere capacità simili. Ce n'erano molti altri. Furono battezzati “Creature”, dato che la loro natura era e rimase ignota. Era impossibile riconoscerli, per cui erano nemici terribilmente letali ed insidiosi. E dopo quella prima cattura, nessun altro di loro si lasciò prendere.
Fu creata una sezione speciale della polizia dedita alla ricerca delle Creature. Persino l'esercito pattugliava le vie. Londra era diventata una città pervasa dalla paura, e in molti la abbandonarono. Non fu efficacie, perché le Creature fecero altrettanto, iniziando a colpire ovunque, fino a diffondersi in tutta l'isola della Gran Bretagna.
Era ormai passati quattro anni da quando il primo uomo era stato assassinato dalle Creature.
Come conseguenza a tutta quella tensione, anche i più piccoli accenni di raffreddore facevano perdere la testa, specialmente alle mamme con bimbi piccoli e alle signore più anziane. E quindi il lavoro di John si era triplicato, costringendolo spesso a dover mandare fuori forzatamente la gente senza appuntamento dalla sala d'attesa, quando l'ambulatorio chiudeva. Lui di certo non poteva lamentarsi della carenza di lavoro.
John, però, sembrava immune al nervosismo diffuso della popolazione. Dopo essere tornato dall'Afghanistan con quella ferita alla spalla e quel dolore psicosomatico alla gamba, si era reso conto che sempre meno erano le cose che riuscivano a scuoterlo. La guerra l'aveva temprato più di quanto volesse ammettere. E inoltre, Baker Street era una delle poche vie dove non c'era stata nemmeno un'aggressione da quegli esseri misteriosi.
Per cui, quella notte, lui fu una delle rare persone che si addormentarono senza troppe preoccupazioni. Fatta eccezione per quella maledetta gamba. E per sua sorella Harriet.
 
 
Era da quasi tre ore che la sua attesa si perpetuava. Era sicuro che quell'individuo sarebbe passato di lì, ma il problema era quando. Non amava aspettare, non amava abbassarsi a tanto per quell'aberrazione. Ma era necessario, visto che era al momento l'unico modo per collegarsi con l'altra fazione. E ovviamente, l'altro leader non si disturbava ad andare di persona, al contrario di lui. Pertanto, doveva trovare altri metodi di comunicazione. E nessuno meglio di quell'individuo poteva sapere che avesse in testa il suo oppositore.
Lo chiamava aberrazione, ma in realtà la singolarità della persona che stava per incrociare lo stuzzicava parecchio. Era fuori dal comune persino tra quelli come loro, quelli che gli umani chiamavano “Creature”, senza sapere cosa fossero in realtà e da dove provenissero.
Un lieve fruscio, appena percettibile, lo mise in allerta. Annusò l'aria, restando sempre in attesa di altri rumori. Era fievole e coperto dal puzzo dello smog, ma non poteva confondersi sul profumo che aveva percepito. Ognuno di loro aveva un aroma particolare, e da quello erano in grado di riconoscersi quasi sempre. Questo era dolce ed inebriante, ma non eccessivamente zuccheroso come quello di molte loro donne. Estremamente piacevole, addirittura seducente. Si lasciò sfuggire un basso gorgoglio di gradimento. La sua aberrazione preferita era arrivata.
I suoi passi erano veloci e leggeri, stava camminando di fretta, ma senza correre. Tipico di lui.
Solo quando gli fu molto vicino, si lasciò scivolare dal ramo d'albero su cui era stato seduto tutto il tempo. Gli atterrò di fronte con grazia. La Creatura dal buon odore fu colta di sorpresa, ma non completamente. Si mise in posizione difensiva dopo qualche secondo. Sapeva che avrebbe potuto imbattersi in lui, uno di quei giorni.
- Ma guarda chi passa di qua! Dove corre la piccola Alice, a cercare il Bianconiglio? - rise amabilmente il capo fazione.
- Lasciami passare! - ringhiò l'interlocutore, teso come una corda di violino. Aveva sempre quel modo di reagire aggressivo, ma poteva vedere il suo nervosismo dietro l'atteggiamento violento. E finché era lui ad avere paura, tra i due, tutto andava alla grande.
- Oh, tesoro! Mi parli sempre in modo così sgarbato! - non poté che essere divertito dalla smorfia di disgusto che l'altro gli rivolse nell'essere chiamato “tesoro”. - Vorrei davvero che tra noi ci fosse un rapporto più amichevole, ma il fatto è che sembrano esserci stati dei piccoli fraintendimenti tra me e il vostro capo fazione -
- Io non posso influenzare le sue azioni, e comunque non mi interessano le vostre questioni etiche. Preferirei esserne lasciato fuori -
L'uomo rise ancora più forte. Esserne lasciato fuori? Ormai era tardi per quello. Avrebbe dovuto rimanerci fuori molto tempo prima di venire coinvolto in una delle due fazioni. A quel punto anche il giovane deliziosamente profumato di fronte a lui era coinvolto nello scontro; ci era dentro fino al collo.
- Non puoi evitarlo, honey! Se volevi che ti lasciassimo in pace, avresti dovuto evitare di dare una mano al vostro capo. Vedi, questo fa di te uno di loro a tutti gli effetti -
Quello lo scrutò come se volesse fargli una radiografia. Ormai aveva capito cosa voleva. Cercava una via di fuga, ma non ne trovava nemmeno una. E iniziava a spaventarsi sul serio, finalmente. Il modo in cui stringeva gli occhi quando era impaurito, oh, se era uno spettacolo!
- Che cosa vuoi da me? - mormorò infine.
Glielo disse con lo sguardo. Sapeva che l'avrebbe intuito facilmente. 
Gli diede appena il tempo di capire le sue intenzioni, prima di colpirlo. Non con mani, piedi, testate o armi. Loro non lottavano in quel modo. Lo colpì con l'Estensione. Una guizzante coda con la punta affilata, coriacea e sottile. Bastò una sola frustata per ferire l'altra Creatura. Un grido strozzato gli uscì dalle labbra, e cadde sulle ginocchia, premendosi le mani sul profondo taglio che gli faceva sanguinare il fianco. Sgranò quei due begli occhi chiari, ingigantiti dal dolore.
Un sibilo preannunciò la seconda lacerazione, alla spalla stavolta. Dopo quello, si susseguirono tantissimi colpetti fulminei, che lasciarono innumerevoli e continue ferite più leggere, ma non tanto da essere insignificanti. Sulle braccia e sui polpacci, qualcuno più leggero sul viso, facendo attenzione a non deturparlo. Urletti soffocati e gemiti, ansiti sofferenti venivano emessi in risposta, e quei suoni erano ciò che più di ogni altra cosa beavano le sue orecchie.
Solo quando decise di essersi divertito abbastanza con la preda, decise di assestargli un altro paio di lesioni più profonde sulla gamba e alla schiena.
Non era neanche lontanamente sufficiente ad ucciderlo, ma non era questo il suo scopo. Doveva far capire a quell'arrogante del rivale qual era il suo limite di sopportazione. E far del male a quella Creatura dal dolce aroma era una lezione che avrebbe fatto breccia anche in quell’apparente cuore di ghiaccio.
Girò sui tacchi, e se ne andò per la sua strada, lasciandolo accasciato su se stesso, tremante e singhiozzante.
 
 
Chiedere di essere sostituito per quel giorno era stata una necessità. Se non si fosse preso almeno una giornata libera, l'avrebbero fatto impazzire. Per cui fu con insolita tranquillità e calma che John poté fare colazione e bersi il suo tè, prendendosi i suoi tempi, senza nessuna fretta di correre in ambulatorio. 
Mentre scendeva le scale con l'aiuto del suo bastone, fu intercettato dalla signora Hudson.
- Ancora qui, John? - si sorprese l'anziana donna.
- Mi sono fatto sostituire. Non avrei potuto reggere senza un attimo di tregua! - rispose lui, sorridendole.
- Beh, penso che lei starebbe molto meglio se si trovasse una ragazza, piuttosto che un sostituto -
Il medico alzò gli occhi al cielo. Quella donna avrebbe dovuto aprire un'agenzia matrimoniale, sarebbe stata molto efficiente. Sembrava che non aspettasse altro che vederlo sistemato con qualcuno. Era stata raggiante ogni volta che lui aveva tentato relazioni, ma l’uomo non aveva mai concluso nulla. Sembrava che la sua sfortuna in campo femminile fosse superiore solo alla smania della signora di trovare compagni e compagne ad ogni persona single che incontrasse.
Come meta della passeggiata mattutina che si era prefissato per il tanto atteso giorno libero, optò per il St. James's Park, un posto incantevole e molto tipicamente inglese. A quell'ora e in quel periodo della settimana doveva essere praticamente vuoto, il che era ancora meglio. Fino al giorno dopo non aveva intenzione di avere eccessivi contatti umani. Forse avrebbe fatto eccezione per il suo amico Greg, un agente di polizia molto socievole e con cui era facile dare il via ad una chiacchierata.
Quando raggiunse il parco, fu lieto di notare che era davvero deserto. Aveva fatto bene a scegliere proprio un giorno in mezzo alla settimana per darsi una pausa.
La signora Hudson aveva ragione a dire che sarebbe stato bene se avesse avuto una compagna. Da quando era tornato dalla guerra, non solo non era mai riuscito a tenere una ragazza per più di tre mesi, ma anche con le amicizie non è che si ammazzasse. A parte Greg Lestrade, Mike Stamford e un paio di persone che lavoravano al Bart's, non aveva molti conoscenti con cui poter parlare del più e del meno. Spesso si sentiva soffocare in quel vecchio appartamento a Baker Street. Era vuoto, sempre vuoto. Non pretendeva certo di riuscire a farsi una famiglia normale, per lui era praticamente impossibile, ma almeno sapere che c'era qualcun altro tra quelle mura l'avrebbe di certo confortato. Qualunque persona, anche un semplice coinquilino. Sarebbe stato perfetto.
E poi, inutile negarlo, la vita normale e pacifica non gli si confaceva. Finiva troppo spesso per tediarsi, e ricominciare a pensare all'Afghanistan, a volte quasi con nostalgia. Non  della guerra in sé, naturalmente, ma dell'azione. Dell'adrenalina, di quel correre e scattare per salvarsi il collo. In quei momenti si era sentito davvero vivo e pulsante, cosa che non accadeva quando passava ore a far calmare vecchiette isteriche con la paranoia dei malanni invernali.
Dentro di sé, sperava che accadesse qualcosa a movimentare quella routine.  Non avrebbe detto di no nemmeno all'incontro con una Creatura, se l'alternativa era la monotonia. Anzi, probabilmente gli sarebbe interessato davvero, anche come dottore, vedere uno di quegli esseri, e cercare di capire come facessero ad uccidere senza lasciare segni.
A spezzare il filo dei suoi pensieri fu un rantolo.
Il soldato sopito in lui drizzò le orecchie. D'istinto fece saettare lo sguardo verso un punto indefinito più avanti. Sul ciglio della stradina in terra battuta, a circa cento metri di distanza, c'era una figura scura accasciata al suolo. Una figura umana, riconobbe.
Affrettò il passo verso quella sagoma.
- Ehi, che è successo? - disse ad alta voce mentre si avvicinava.
La persona alzò debolmente la testa. John gli fu accanto in un attimo, e s'inginocchio di fronte al giovane uomo. Non rispose alla sua domanda, ma invece gemette un'altra volta quando il dottore gli mise una mano sulla spalla nel tentativo di aiutarlo a girarsi.
- Ah, scusami! - si accorse solo sentendo quel suono della lesione aperta che aveva proprio dove l'aveva toccato. I vestiti lì erano lacerati, così come sul fianco e in decine di altri punti. Sotto ognuno di quegli strappi stava un taglio più o meno profondo.
- Aiutami... - la voce del ferito era debole, quasi supplicante.
Lo sguardo che gli rivolse mentre gli chiedeva di aiutarlo, l'ex soldato non l'avrebbe cancellato facilmente, se ne rese conto. Era uno sguardo di ghiaccio caldo. Sì, non avrebbe saputo descriverlo diversamente. Il colore di quegli occhi era il più incredibile che avesse mai visto. Di un azzurro chiarissimo, lievemente virante verso il verde acqua. Era una tinta gelida. Ma c'era anche calore. Gli sembrava di vedere migliaia e migliaia di emozioni attraversare quelle iridi stupefacenti ogni istante, ed un'espressività tale era senza dubbio calda.
- Ti porto al pronto soccorso, d'accordo? Dimmi dove ti fa male, ti aiuto ad alzarti – mormorò, ancora incantato da quelle due gemme, prodigi della genetica. L'uomo d'improvviso gli strinse forte il braccio, facendogli quasi male. Spaventato da quel gesto irruento, John si ritrasse.
- No... - ansimò lo sconosciuto – Niente pronto soccorso... ti prego... -
“Gli è successo qualcosa, e non vuole che gli vengano fatte troppe domande” intuì. In ogni caso, era suo dovere di medico soccorrere un ferito, per cui gli disse che no, non l'avrebbe portato al pronto soccorso, ma che comunque intendeva aiutarlo. Con un po' di esperienza risalente al campo di battaglia e alcune indicazioni smozzicate e intramezzate da lamenti di dolore, riuscì a far passare un braccio dietro la schiena di quel giovane uomo, portandosi il suo sulle spalle.
Riuscì, Dio solo sapeva come, a prendere un taxi e tornare a Baker Street portando con sé l'estraneo languente, anche se non senza fatica. Non era pesante, ma doveva prestare continuamente attenzione a non toccare le escoriazioni.
Si maledisse mentalmente. Sarebbe stato molto più semplice e sicuro mandare al diavolo le sue suppliche e portarlo al pronto soccorso o all'ospedale, soprattutto se pensava che non aveva la più pallida idea di chi fosse, e poteva benissimo essere un delinquente. La parte troppo tenera di lui, però, gli aveva subdolamente suggerito di intenerirsi ai leggeri singhiozzi che provenivano dalla bocca di quella creatura indifesa (sì, così lo definiva quella parte troppo tenera!), e aggiungeva anche che una persona con degli occhi così belli non poteva di certo essere malintenzionata.
Suonò il campanello, operazione che si rivelò estremamente complicata, sperando che la signora Hudson fosse ancora in casa, e che potesse aiutarlo ad aprire le porte. La proprietaria del palazzo fece spuntare prontamente la testa dalla porta, e sgranò gli occhi.
- John! Non la credevo così audace da portarsi un ragazzo a casa... -
- Infatti non lo sono. L'ho trovato ferito e semi svenuto al St. James's Park. Tra l'altro, non sono gay. Potrebbe aiutarmi a portarlo di sopra? Non vuole che lo porti al pronto soccorso, e la mia professione m'impone di soccorrerlo -
Con sommo fastidio, vide un'ombra di delusione nell'espressione della padrona di casa.
- Signora Hudson? - a parlare era stato l'uomo, quasi completamente appoggiato a Watson. Alzò il capo. L'anziana signora spalancò la bocca dalla sorpresa.
- Sherlock! Per l'amor del ciel, che hai combinato stavolta? Presto, John, lo porti dentro! - e si affrettò a spalancare la porta verniciata di nero del 221B, aiutandoli anche a salire le scale.
Insieme fecero adagiare il signor “occhi di ghiaccio” su una delle due poltrone. Ora che era appoggiato con la schiena dritta, vide finalmente bene il suo volto. E dovette ammettere che era davvero un bell'uomo, seppur molto diverso dai canoni di bellezza comuni. Era pallidissimo, bianco come il latte, con morbidi ricci neri che gli ricadevano sulla fronte, creando un forte contrasto di colori. Anche le sue labbra erano chiare, tendenti più al rosa che al rosso, ed avevano una forma molto singolare. E zigomi alti, pronunciati.
Andò a cercare disinfettante, bende e cerotti, che di solito teneva in bagno. Mentre rovistava nell'armadietto, rise di se stesso. Poco prima desiderava che qualcosa venisse a movimentare la sua routine, ed ora aveva portato in casa uno sconosciuto ferito, attraente e dall’aria misteriosa, che la donna  da cui affittava l'appartamento sembrava conoscere.
Ritornò in salotto con il materiale che gli serviva, e li trovò intenti a parlottare tra loro.
- Ma caro, come hai fatto a ridurti in questo stato? Non ti ho mai visto così messo male da quella volta in cui avevi deciso di inseguire di persona quel terribile macellaio assassino... - stava dicendo la signora Hudson.
- Lei si preoccupa eccessivamente. Faccio il mio lavoro, ed è un lavoro pericoloso – ribatté lui, probabilmente con meno energia di quella che avrebbe voluto metterci, e anche con fatica. Lei sbuffò, ma si illuminò di nuovo quando lo vide avvicinarsi con le medicazioni.
- Ah, John, lei è un vero miracolo! Se non ci fosse stato lei, questo sbruffoncello sarebbe ancora lì fuori a perdere sangue! - lo “sbruffoncello” storse il naso, emettendo un verso irritato.
- Voi due... vi conoscete? - domandò Watson. Fece sfilare cappotto, giacca e camicia all'uomo, e prese ad esaminare le lesioni. Quella sulla spalla e sul fianco erano abbastanza brutte, ma le altre non erano niente di preoccupante.
- Ah, ma certo! - trillò la padrona di casa – Sherlock ed io ci siamo conosciuti anni fa. Mi ha aiutata quando mio marito era stato condannato a morte per omicidio! Oh, caro ragazzo! - e si sporse per dargli un bacio sulla fronte. Sherlock si ritrasse, per poi scattare nuovamente avanti con un grido strozzato. John si acciglio, e notò una terza ferita più profonda sulla schiena.
- Avete fatto revocare la condanna? - gli chiese, mentre iniziava a pulirla con un batuffolo impregnato di disinfettante. Lo vide serrare gli occhi al contatto con la carne viva, e stringere i denti.
- Affatto, la confermai – trovò comunque la forza di dire, non senza un certo compiacimento che lo portò a fare un sorrisetto bizzarro.
- Lui è un detective privato – spiegò la signora – Ah, quasi dimenticavo di presentarvi come si deve. Questo bel giovanotto è Sherlock Holmes, un mio conoscente e amico -
Questi non sembrò apprezzare molto la parola amico, ma sembrò passarci sopra, perché quasi tutta la sua attenzione era rivolta al dottore, ora intento a togliere le briciole di terra e polvere dal taglio sul fianco. Sentiva che lo stava fissando, anche se era chino sulla pelle lacerata. Lo scrutava come se fosse un campione da analizzare.
- E il gentilissimo signore che ti ha pescato è il dottor John Watson – proseguì la signora Hudson – Da un po’ di tempo abita qui. Sa , John, che Sherlock ha vissuto in questo appartamento per un certo periodo, in passato? –
Questi borbottò un “Ah, davvero?”, mentre iniziava a mettere fasciature e cerotti. Non era mai stato molto incline ad ascoltare le infinite e frenetiche chiacchiere della sua padrona di casa, ma stava cominciando a provare una certa curiosità nei confronti di quell’individuo con quel nome così bizzarro. Parte di questo interesse nacque mentre osservava il suo corpo: c’erano un paio di cicatrici; non molto grandi né marcate, ma c’erano. Non era la prima volta che si ficcava nei guai. La donna gli aveva detto che era un investigatore, ma non era normalissimo nemmeno in quel mestiere essere percossi in quel modo. Investigare non obbligava ad inseguire i criminali mettendosi a rischio, a meno che non si lavorasse per la polizia.
- Posso chiedervi come mai un detective privato si è fatto prendere a coltellate, se questo è quel che vi è successo, signor Holmes? –
Uno scintillio furbo gli accese gli occhi – Io non sono un detective privato. Sono un consulente investigatore –
John aggrottò le sopracciglia – E che significa? –
- Che quando la polizia brancola nel buio, ovvero sempre, consulta me – e di nuovo ci fu quel mezzo sorriso di autocompiacimento. E quello sguardo indagatore.
- La polizia non consulta i dilettanti, signor Holmes –
Fu a quel punto che Sherlock Holmes fece una risata bassa, anche se dopo contrasse il viso in una smorfia di dolore. Lui e la signora Hudson si scambiarono un’occhiata d’intesa. John si sentì a disagio. Qualcosa era passato per la testa a quei due, e non era sicuro che fosse qualcosa di buono, avendo già imparato a riconoscere le intenzioni celate nelle espressioni della proprietaria dell’appartamento, ed essendosi fatto già qualche mezza idea su che tipo di individuo fosse l’investigatore.
Senza smettere di sorridere in quella maniera maliziosa, Sherlock Holmes girò lentamente il busto nella sua direzione.
- Afghanistan o Iraq? -
 
 
 
 
 
 
*****
 
Note:
 
In realtà non so bene che dire. Beh, questa è la prima storia che pubblico per il fandom di Sherlock. È già da quasi due anni che conosco questa serie, e l’ho amata alla follia immediatamente, ma mi ci è voluto un bel po’ prima che iniziassi ad avere l’ispirazione. Spero davvero che non sia un’altra delle tante nefandezze folli che spesso il mio cervello rigurgita. Tra l’altro, non è la prima fanfiction a rating rosso che scrivo, ma è comunque solo la seconda, e mi reputo più che inesperta. Quando si arriverà alle scene… a rating rosso, sarei grata di qualunque tipo di consiglio per il miglioramento delle descrizioni.
Come si è capito, è una specie di versione alternativa, che prevede anche una certa dose di fantastico.
Beh, non mi resta altro da dire, per ora.
Se qualcuno lasciasse una recensioncina piccina piccina ne sarei davvero felice!
 
Sofyflora98
 
 
 
   
 
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