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Autore: Lucyvanplet93    13/09/2015    2 recensioni
Sequel/prequel di "Insieme.", estratto della storia che mi sono decisa solo ora a pubblicare per intero.
Riprendo dalla fine del secondo film Di Captain America, con James impegnato nel recuperare i suoi ricordi e la sua vita passsata.
Durante una delle sue innumerevoli fughe dall'Hydra Il Soldato si imbatte in una curiosa ragazza che come lui sembra aver perso la memoria e che presto si rivela essere molto più intelligente e "pericolosa" di quel che sembra.
Insieme intraprenderanno un viaggio nel tortuoso ed insidioso sentiero dei ricordi, recuperando pezzi di loro stessi e completandosi a vicenda.
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Storia forse dall'inizio un pò banale, ma che mi sono impegnata a rendere il più "intricata" possibile.
CAPITOLO 9 DI AVVISO. AVVISO CHE VERRA' RIMOSSO NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Comunicazione di servizio* Di solito inizio il capitolo dal punto di vista di quello che ha chiuso il precedentemente, ma sta volta inizia Alexis perché ho fatto casino e mi sono accorta solo ieri sera che avevo invertito le parti! Me dispiaciuta. Per le scuse generali, ci si becca alla fine.
 
Alexis sbuffò l'ennesima volta osservando il legno scrostato delle assi che componevano la gran parte dei muri di quella cascina in cui si erano stabiliti momentaneamente e che avevano adibito -o almeno lei lo aveva fatto nelle sua mente- a rifugio.
Certo, non era la suite di un gran hotel a cinque stelle, e le due stanze e mezza che la componevano non potevano renderla definibile come casa, ma almeno avevano un tetto sopra la testa, almeno finché questo non fosse crollato.
Si trovava praticamente in mezzo al nulla, uno spiazzo immenso e circondato da una folta vegetazione che nascondeva quel piccolo rifugio vecchio e malandato.
Quando il giorno prima avevano battuto nuovamente la zona intorno al vecchio campo di addestramento di James, si erano imbattuti in quella vecchia cascina, che sembrava reggersi in piedi per miracolo, ma che allo stesso tempo era incredibilmente isolata e ben nascosta.
Avevano deciso, o meglio James aveva deciso, che quello era il posto giusto per nascondersi.
Alexis era riuscita a convincerlo per miracolo, dopo svariate proteste di lui e altrettante ribattute di lei, a procurarsi qualcosa per sopravvivere.
Gli aveva fatto notare che se non l'avevano uccisa un branco di soldati armati ed addestrati, ci avrebbe pensato la fame a farlo ed alla fine messo alle strette e vedendosi costretto ad ammettere che aveva ragione era riuscita a farlo capitolare.
Certo non potevano permettersi granché, visto che in quella catapecchia non c'erano elettrodomestici, ne corrente, così si era limitata ad acquistare prodotti a lunga conservazione e una scorta quasi illimitata di fiammiferi.
Per scaldarsi avrebbero dovuto arrangiarsi alla vecchia maniera ed imparare ad accendere il fuoco.
Non c'era acqua calda e la poca che arrivava dal lavandino dello pseudo bagno, era gelata, il water era rappresentato da una fossa biologica -che di biologico aveva più poco- e la doccia, se così si poteva chiamare, era appesa al muro con del nastro isolante e formata da un tubo e da una cipolla da innaffiatoio.
La visione di vivere come una selvaggia che aveva avuto pochi giorni prima non era poi tanto irrealistica.
Seguì con lo sguardo l'enorme crepa sul soffitto che attraversava tutta la stanza in cui si trovava, che doveva essere quella da letto visto la presenza di quella brandina su cui era stesa e sbuffò lasciandosi cadere sul materassino.
James era sparito chissà dove lasciandola sola, e chissà se sarebbe tornato. Chissà forse aveva già iniziato con il mettere in pratica quello che le aveva detto, o meglio che lei lo aveva costretto a confessare, sul voler distruggere l'Hydra grazie ai nomi scritti su quella lista, e con distruggere Alexis temeva che James intendesse invece cancellare, nel vero senso della parola, i nomi da quell'elenco.
Magari aveva anche deciso di non tornare affatto con la scusa di andare di nuovo alla ricerca di qualche altro indizio  sull'Hydra, e lei era rimasta lì senza niente da fare, anche se non le dispiaceva poi molto, visto che nelle ultime ore non aveva la forza nemmeno per muovere un dito.
Il giorno dopo essersi stabiliti in quel luogo, James le aveva gentilmente comunicato che doveva imparare a difendersi e che sarebbe stato lui ad insegnarglielo.
Alexis non sapeva se sentirsi sollevata oppure spaventata di fronte a quella notizia.
"Rialzati!" Le aveva ordinato poco gentilmente dopo averla stesa per l'ennesima volta nel giro di un ora.
La stava sbattendo come un tappeto.
Lei aveva ringhiato un'imprecazione fra i denti e si era rialzata a fatica. Anche se lo sforzo non era valso granché visto che l'istante dopo si era ritrovata esattamente al punto di partenza.
James era severo con lei, non le importava che fosse una donna o che non avesse, almeno apparentemente, nessuna esperienza nella lotta e la trattava come un qualsiasi avversario. Quando era a terra lo vedeva girarle intorno come un predatore faceva con la sua preda poco prima di attaccarla. James non parlava molto, ma quel giorno non aveva fatto altro che impartirle ordini gridandole indicazioni e ripetendole in continuazione che non doveva mai abbassare la guardia e che se si fosse battuta con qualche soldato ben addestrato nello stesso modo in cui stava facendo con lui, non sarebbe durata due minuti.
Aveva stretto i denti ingoiando la risposta che premeva per uscirle dalle labbra. Forse aveva bisogno che qualcuno gli rinfrescasse la memoria ricordandogli che la settimana prima non solo gli aveva salvato le chiappe per la seconda volta, ma anche che aveva steso da sola due soldati.
Non era una macchina da guerra come lui e di certo non aveva la sua forza fisica, ma aveva dimostrato più di una volta di non essere una ragazzina indifesa e sprovveduta, non era un soldato ne una campionessa di pugilato, ma che diavolo, contro di lui anche uno degli uomini più forti del mondo aveva rischiato di morire.
Che cosa poteva fare lei?
Ormai aveva perso il conto delle volte che si era rialzata in piedi, ma allo stesso modo aveva perso il conto anche delle volte in cui aveva colto un barlume di stupore sul volto del soldato di fronte alla sua tenacia. Se c'era una cosa di cui era certa era che non gliel'avrebbe data vinta tanto facilmente.
Doveva ammettere che era rimasta stupita lei stessa della sua resistenza, mai avrebbe pensato di possedere tutta quell'energia nascosta e mai avrebbe pensato di potersi sentire così arrabbiata e frustrata, e James sembrava averlo capito, ma soprattutto aveva capito come farla arrabbiare.
L'aveva provocata tutto il tempo intuendo la sua natura poco propensa a subire in silenzio.
"Devi imparare a controllare le tue emozioni e non farti controllare da loro." Parlava facile lui. "Quando combatti in preda alla rabbia segui troppo l'istinto e diventi prevedibile." Le aveva ripetuto per l'ennesima volta e alla fine aveva avuto ragione.
Dopo essersi, di nuovo, alzata in piedi si era gettata all'attacco alla cieca contro di lui, guidata dalla stanchezza e dalla frustrazione e James senza fatica si era facilmente difeso dai suoi attacchi e poi l'aveva afferrata per la vita sbattendola malamente al suolo talmente forte da stroncarle il fiato facendola boccheggiare dal dolore.
Poco tempo prima si era scusato per averle quasi spezzato in polso, ora però non sembrava farsi scrupoli per averle quasi spezzato la schiena.
Strinse i pugni affondando il viso sul cuscino-sottiletta, soffocando un singhiozzo. Le veniva da piangere. Non perché si sentisse in qualche modo triste, ma perché non si era mai sentita tanto frustrata ed arrabbiata come in quel momento e forse anche perché tutta quella situazione in cui si era trovata senza volerlo iniziava a pesarle.
Non ce l'aveva con James, questo no, anche se avere a che fare con lui non era di certo semplice e non migliorava il suo umore, era schivo, diffidente, tremendamente scostante e
l'allenamento, se così si poteva chiamare, del pomeriggio prima era l'esatto parallelismo fisico del loro rapporto.
Nell'esatto momento in cui credeva di essere riuscita ad aprirsi un piccolo varco nella spessa corazza di ghiaccio che circondava James e credendo quindi di essere riuscita ad avvicinarsi almeno un po', lui la respingeva bruscamente.
Allo stesso modo quando credeva di poter riuscire a colpirlo finiva con il sedere per terra.
Si tirò a sedere spazientita, innervosita da quel silenzio che faceva solo diventare più rumorosi i suoi pensieri, decise di alzarsi, ed ogni singolo movimento le costò un imprecazione mentre ogni minima giuntura urlava di dolore e la schiena la implorava di rimettersi immediatamente sdraiata.
Una smorfia di dolore si impossessò dei suoi lineamenti, congestionandole il viso.
Espressione che svanì nell'esatto istante in cui percepì di non essere più sola, riconoscendo nel ritmo cadenzato che risuonava sul legno, il passo di James.
Si bloccò sull'entrata quando inquadrò Alexis, come se fosse stupito di trovarla ancora lì.
Cosa credeva? Che avrebbe approfittato della sua assenza per darsela gambe?
Quasi non riusciva a camminare grazie a lui.
Non aveva una bella cera, notò Alexis e in più era ferito o almeno così le era sembrato visto che non aveva nemmeno fatto in tempo ad aprir bocca che era sparito dalla sua vista.
Si alzò in piedi imponendosi di non far uscire nemmeno un suono dalle sue labbra, niente di simile ad un qualcosa che avrebbe potuto far intuire il suo malessere. Orgogliosa com'era non si sarebbe mai fatta vedere in qualche modo fragile di fronte ai suoi occhi.
"Che ti è successo?"
Gli domandò una volta averlo raggiunto in quella che era diventata la stanza degli addestramenti, o delle "torture" a seconda dei punti di vista. Che poi non poteva nemmeno essere definita stanza quella, visto che una parete era completamente crollata e il tetto era rappresentato da un telo di plastica decisamente usurato.
Guardò James che nel frattempo aveva gettato a terra il borsone scuro che aveva su una spalla, senza degnarla di uno sguardo mentre si liberava anche del giubbotto verde che indossava.
Continuò a darle le spalle ed avvicinandosi Alexis gettò lo sguardo sulla sacca posata a terra, dalla zip aperta riusciva chiaramente a distinguere due pistole ed un fucile.
Doveva averle trovate al campo pensò.
Riportò lo sguardo su di lui decidendo che non avrebbe fatto domande e considerando che la dozzina di armi da fuoco nascoste in quel pezzo di stoffa non erano affari suoi, cercò nuovamente la sua attenzione sta volta costringendolo a voltarsi tirandolo per un braccio.
James chiuse per un attimo gli occhi e sbuffando spazientito di fronte alla sua insistenza la guardò serrando la mascella.
"Sei ferito..." Mormorò. "Siediti." Proseguì indicandogli la sedia all'angolo della stanza.
James la guardò allibito. "Non prendo ordini da te."
"Oh ma io non te lo sto ordinando. Ti sto solo gentilmente chiedendo di sederti." Sorrise prendendolo evidentemente in giro.
Di nuovo la ragazza si beccò un'altra occhiata stralunata e di nuovo non si lasciò intimidire dalla sua stazza e dall'idea che avrebbe nuovamente potuto sbatterla sul pavimento.
Sarebbe potuta diventare ricca se qualcuno l'avesse pagata per tutte le occhiate assassine che le aveva scoccato da quando si erano incontrati.
Restò immobile di fronte a lui, più che decisa a non lasciar perdere, incrociò le braccia al petto restando in attesa della sua prossima mossa.
Sembravano come cane e gatto in quel momento, entrambi in attesa della mossa dell'avversario.
Alla fine con sorpresa di lei ed evidente esasperazione di lui, il Soldato decise di sedersi, guardandola di traverso.
"Aspetta qui."
In fretta e senza dargli l'opportunità di protestare Alexis spari di corsa -per quanto i muscoli glielo permettessero- verso la branda che aveva occupato fino a poco fa, e chinandosi sotto alla rete tirò fuori la cassetta del pronto soccorso che si era procurata il giorno prima, dopo qualche scricchiolio sinistro delle sue ossa si rimise in piedi tornando in fretta da James.
Sotto il suo sguardo perplesso posò la scatola verde su un ammasso di mattoni di fianco a lui e aprendola tirò fuori del disinfettante e una garza per poi affiancarglisi. Versò un po' di disinfettante sull'immacolato pezzo di stoffa lo invitò a raddrizzare la schiena e solo dopo gli sfiorò piano il mento con le dita costringendolo a voltare il capo nella sua direzione.
Aveva un taglio sulla fronte e il labbro inferiore spaccato, nulla di grave in fondo, ma voleva evitare che gli si infettassero.
"Dimmi se ti faccio male." Lui la guardò negli occhi e sorrise.
Alexis ne fu talmente sorpresa che per poco non rovesciò l'Intero contento della boccetta che aveva in mano.
Quel sorriso, tanto raro quanto bello svanì nello stesso modo in cui era comparso: All'improvviso.
Ancora decisamente sorpresa per quell'inaspettato evento si attardò più del dovuto rimanendo con le mani sospese a mezz'aria, riscuotendosi solo quando avvertì di nuovo la sensazione dei suoi occhi su di se.
Si schiarì la gola trovandosi improvvisamente in imbarazzo, decidendo alla fine di concentrarsi sulle sue ferite nel tentativo di ignorare quel suo sguardo assurdamente limpido.
Tamponò piano il taglio sul sopracciglio destro, cercando di essere il più delicata possibile per non fargli male, ma comunque lui non si mosse e non emise nemmeno un fiato per tutto il tempo. Evidentemente era abituato a sopportare di peggio, forse era per quello che prima aveva sorriso, la sua richiesta doveva essere suonata assurda alle sue orecchie.
"Mi vuoi dire che ti è successo?"
James chiuse gli occhi permettendole finalmente di rilassarsi.
"Ero tornato al campo, alla ricerca di qualche altro indizio e mi sono imbattuto in un gruppo di soldati. Evidentemente qualcuno dell'Hydra o chi per lui che vuole tenere alla larga i curiosi." Le spiegò brevemente. "In compenso però ho trovato quelle." Indicò con un cenno del capo il borsone posato a terra.
Non si voltò a guardare, anche perché aveva già notato che quella borsa era piena di armi, e non solo.
Gettò via il pezzo di garza e utilizzò un paio di cerotti per chiudergli la ferita e poi si dedicò al taglio sul labbro avvicinandosi ancora, e a quel punto si maledì per avergli proposto di medicarlo.
Era vicino, troppo vicino.
Ringraziò mentalmente Il fatto che tenesse ancora gli occhi chiusi perché in quel momento non sarebbe affatto stata in grado di affrontare anche il suo sguardo, si trovò improvvisamente d'impaccio indecisa su come muoversi, un tremore improvviso si impossessò dei suoi muscoli.
Vincendo il leggero tremore delle sue mani, avvicinò la garza imbevuta di disinfettante al sul labbro inferiore che sfiorò appena ritraendosi l'istante dopo, come se si fosse scottata.
Si diede mentalmente della stupida, imponendosi di darsi una mossa. Peccato però che il suo corpo non fosse minimamente d'accordo con lei, non riusciva a muoversi persa com'era a guardarlo, mentre se ne stava con gli occhi chiusi e con il viso rivolto verso di lei. Era bellissimo.
Si irrigidì a quel pensiero restando per un attimo immobile ed in silenzio il pensiero, chissà forse aveva battuto troppo forte la testa quella mattina.
"Hai finito?"
La voce di James la fece sobbalzare e quando tornò a guardarlo si rese conto con orrore che aveva riaperto gli occhi e che ora la stava fissando con aria interrogativa.
"Si ecco... Ho quasi finito." Balbettò.
Rigida come un tronco e con movimenti meccanici riavvicinò al suo volto cercando di concentrarsi sulla ferita piuttosto che sull'aspetto di quel labbro inferiore, pieno e che appariva incredibilmente morbido alla vista. Arrossi di nuovo per quell'ennesimo pensiero, mentre lo ripuliva dal sangue che gli aveva sporcato appena il mento, con il cuore che scalpitava come un pazzo al centro del petto.
Ma che diamine le prendeva?
Si raddrizzò gettando via anche l'ultimo pezzo di garza e si raddrizzò ripristinando le distanze.
James continuò a scrutarla indagatorio, evidentemente confuso dal suo comportamento, ma evidentemente non si sentì in dovere di indagare oltre, e Alexis gliene fu grata.
Un silenzio imbarazzante calò come un macigno sulle loro spalle, peso decisamente più pesante per la ragazza che ancora nel pallone per i pensieri e le sensazioni di poco prima, si sentiva incapace di muovere anche un singolo muscolo, inchiodata da quegli occhi di ghiaccio.
Probabilmente anche il fatto di dormire ormai ogni notte accanto a lui stava iniziando ad avere il suo peso. Si perché da quando si erano stabiliti in quel rifugio ed avevano scoperto che l'unico giaciglio disponibile era rappresentato da quella branda striminzita erano stati costretti a dividerlo  e ormai il dormire insieme era diventata un abitudine, se così si poteva definire.
"Io credo che andrò a dormire, sono un po' stanca..."
James le fece un cenno con il capo in segno d'assenso ed intuendo che come al solito lui sarebbe arrivato solo diverso tempo dopo, approfittò di quell'occasione per dileguarsi da quella stanza.
Cercò di calmare quel senso di agitazione che poco prima aveva deciso di impossessarsi del suo corpo e che non voleva saperne di abbandonarla, si mise al letto raggomitolandosi nelle coperte alla ricerca di una posizione comoda, decidendo fin da subito di fingersi di dormire.
Era comunque imbarazzante per lei dividere il letto con un altro essere vivente, di sesso maschile, anche perché in quei tre anni passati a ricostruirsi una vita, aveva sempre dormito da sola e mai aveva avuto un fidanzato, chissà piuttosto se ne aveva mai avuto uno. Era un domanda che l'aveva sempre tormentata, possibile che non si fosse mai legata a qualcuno? Possibile che davvero nessuno si era sentito in dovere di cercarla spinto dalla sua mancanza?
Serrò gli occhi, scacciando quei pensieri e si costrinse a rilassarsi simulando come sempre il suo sonno.
Perché se anche James decideva di andare dormire solo diverse ore dopo che lei si era infilata sotto le coperte, finché non avvertiva la brandina sprofondare sotto il peso di una certa seconda persona, Alexis non riusciva ad addormentarsi.
Sapeva che era assurdo anche solo pensarlo, ma si sentiva al sicuro con lui al suo fianco ed anche se la prima volta che avevano condiviso un letto, lui l'aveva quasi uccisa, non riusciva a fare a soffocare quel senso di protezione che le dava saperlo addormentato accanto a se.
Stava seriamente iniziando a valutare la possibilità che fosse davvero pazza, visto che trovava rassicurante dormire con un uomo che per anni era stato una marionetta assassina con un braccio di metallo.
Si sistemò meglio il cuscino sotto il capo cercando di non muoversi troppo da quella posizione che aveva trovato meno dolorosa possibile e
con gli occhi chiusi e le orecchie ben aperte, prese sonno solo dopo il tanto atteso cigolio delle molle della branda.
 
Parò un altro paio di pugni sferrati con non sufficiente forza per farlo impensierire e di nuovo per l'ennesima volta, nonostante lei fosse riuscita ad intercettare il colpo mettendosi in posizione di difesa, la stese con un calcio ben assestato.
Le sembrava un po' strana negli ultimi giorni, certo non che di solito non lo fosse, solo che da un paio di giorni a quella parte lo era in modo diverso.
Anche ora mentre la guardava rialzarsi lo faceva in un modo diverso, sembrava anche improvvisamente diventata sorda alle sue provocazioni e quando lo attaccava non lo faceva più con l'impeto e l'istintività che l'aveva sempre caratterizzata da quando aveva iniziato ad allenarla. Quella sua energia che gli era sembrata illimitata si era via via esaurita e quella scintilla che aveva nello sguardo sembrava essersi gradualmente affievolita fino allo spegnersi del tutto.
La osservò mentre si tirava nuovamente in piedi un po' mal ferma sulle gambe, ma comunque sempre pronta a ricominciare. Anche se meno determinata doveva ammettere che non si arrendeva mai.
Le si avvicinò pronto a ricominciare e Alexis fece altrettanto.
Restarono immobili, uno di fronte all'altro studiandosi e restando in attesa ogni uno della mossa dell'avversario, Alexis fu la prima a muoversi lanciandoglisi contro senza dire una parola cercò di colpirlo con un pugno mirando al volto, James si scansò rapidamente parando allo stesso tempo la successiva ginocchiata di lei mirata al suo stomaco.
La spinse via riguadagnando le distanze, Alexis barcollò, ma cercando in tutti i modi di mantenere l'equilibrio, riuscì a restare in piedi e senza aspettare oltre torno alla carica cercando di nuovo di colpirlo con un destro, sta volta però, James decise di non si spostarsi, e restando fermo bloccò un suo pugno con una mano, Alexis non si arrese e cercò di colpirlo con la mano libera e di nuovo lui parò il colpo bloccandole entrambe le mani, la strattonò poco delicatamente verso di se e mollandole una ginocchiata nello stomaco che  la costrinse a portarsi le braccia al ventre evidentemente dolorante, senza però emettere nemmeno un fiato.
Il pavimento scricchiolò sotto i suoi passi mente le dava le spalle per ritornare al punto di partenza.
Non si sarebbe mai aspettato un attacco alle spalle, non da parte sua.
Fatto sta che avvenne tutto talmente in fretta che nemmeno si rese conto di averla rispedita nuovamente a suolo con una gomitata. Era bastato un movimento improvviso di lei e una fin troppo pronta risposta di riflessi di lui che Alexis si ritrovò con un labbro sanguinante.
L'aveva colpita in pieno volto facendola cadere seduta sul pavimento, si immobilizzò sul posti rendendosi conto di averle fatto concretamente del male e anche se a conti fatti non era nemmeno la prima volta che succedeva, si sentì tremendamente in colpa.
Senso di colpa che aumentò nel vederla asciugarsi la bocca con il dorso di una mano sporcandola inevitabilmente di sangue. Credeva che probabilmente si sarebbe quantomeno arrabbiata con lui e invece restò seduta a terra senza dire una parola continuando a coprirsi il viso con le mani, comportamento che non lo fece sentire meglio. Anzi.
Combattendo contro il senso di colpa che le stava attanagliando le viscere le si avvicinò in po' indeciso sul da farsi e non sapendo bene dove mettere le mani. Temeva che le avrebbe fatto di nuovo del male se l'avesse toccata.
Si accucciò di fronte a lei, scostandole piano la mano dalle labbra per esaminare meglio la ferita. "Mi dispiace." mormorò con un fil di voce.
Alexis sollevò finalmente gli occhi su di lui guardandolo confusa.
"Perché ti dispiace? Sono cose che possono succedere... In fondo mi stai addestrando."
In effetti era quello che si ripeteva ogni giorno da quando avevano cominciato, ma ora vederla conciata in quello stato non lo faceva sentire meni responsabile.
"Dove tieni il materiale per le medicazioni?" Le domandò preferendo concentrarsi su altro.
"Sotto la brandina..."
Senza aggiungere altro si alzò in piedi raggiungendo in poche falcate l'altra stanza e come le aveva detto Alexis la scatola per il pronto soccorso si trovava sotto al "letto" in un angolo. L'afferrò per poi tornare da lei.
"Ti ringrazio!" La prese in consegna posandola sulle sue ginocchia estraendo tutto il necessario per medicarsi il taglio sul labbro, lui la osservò muoversi con sicurezza e naturalezza esattamente nello stesso modo in cui aveva fatto con lui.
Gli era venuto da ridere quando aveva espresso a voce la sua paura di potergli fare male,visti che aveva decisamente sopportato di peggio rispetto ad un paio di graffi e di sicuro chi si era occupato in passato delle sue ferite non era ne delicato, ne premuroso come lo era stata Alexis.
Trovava strano che qualcuno si prendesse cura di lui, anche se Alexis non aveva fatto poi molto, la gentilezza e la delicatezza dei suoi gesti lo aveva lasciato stordito.
La osservò tamponarsi il labbro con calma finché il sangue non smise di uscire. "Dovrò stare zitta per un bel po'!" Rise cercando di scherzare. Tentativo che non servì a mitigare il macigno che aveva deciso di stabilirsi sul suo petto.
"Oh, andiamo sta tranquillo non è successo niente, sto bene, sono cose che possono capitare."
Lui la guardò sempre più incredulo scuotendo la testa, sbuffando le porse la mano, quella sana, per aiutarla a rialzarsi.
Vide Alexis osservarla un po' titubante come se stesse valutando se accettare o meno il suoi aiuto, James restò in attesa non riuscendo a capire il perché della sua improvvisa insicurezza.
Alla fine però sembrò decidersi e sollevando il braccio destro afferrò la sua mano, quando però l'uomo cerco di tirarla su quest'ultima gemette dal dolore portandosi il braccio sinistro a stringersi il ventre, colto di sorpresa dalla sua improvvisa mancanza di collaborazione, le lasciò andare la mano per non farle ulteriormente male nel tentativo di sollevarla a peso morto.
"Che ti prende?" Le domandò leggermente preoccupato.
"Niente sto bene!" Mentì stringendo i denti.
James non se la bevve, anche perché era chiaro che stesse mentendo, e le si avvicinò accucciandosi alla sua altezza.
Alexis si ostinava a non guardarlo continuando a schermarsi il busto con le braccia.
"Togli le braccia." Le ordinò. Alexis non diede segno di averlo udito.
"Ho detto, toglie le braccia." Sta volta la sua voce assunse un tono che non accettava repliche e quando la ragazza voltò lo sguardo, James poté vederlo incorniciato da un paio di vistose occhiaie e da un colore della pelle fin troppo pallido.
Scontrandosi con i suoi occhi le resistenze della ragazza crollarono e le braccia scivolarono lungo il busto.
Il soldato scostò con  due dita il tessuto della maglia a maniche lunghe nera che indossava, scoprendo che la pelle, che avrebbe dovuto essere pallida come quella del viso, si avvicinava invece pericolosamente al colore del tessuto che aveva fra le dita. Ritrasse la mano come scottato lasciando ricadere l'indumento al proprio posto, atterrito sollevò lo sguardo su di lei deglutendo un groppo di saliva che gli risultò incredibilmente amaro.
Evidentemente accortasi della sua espressione sconvolta, Alexis cercò di attirare la sua attenzione.
"Ehi! Non sentirti in colpa, non farlo. È normale ok? Mi stai addestrando." Cercò di avvicinarglisi alla ricerca di un contatto, ma di nuovo James si ritrasse.
"Perché non mi hai detto che non ce la facevi?" Le domandò rabbioso.
La ragazza soffocò una mezza risata. " Non l'avrei mai fatto."
Aveva capito che fosse orgogliosa, ma non fino a questo punto.
"E comunque..." Continuò. "Ti saresti davvero fermato?" Lo guardò negli occhi senza rabbia o amarezza, ma solo con una sincera curiosità. Aspettò una sua risposta che però non arrivò mai.
Perché nemmeno lui era in grado di rispondere.
Si sarebbe davvero fermato se lei gliel'avesse chiesto? Forse no, ma forse se gli avesse fatto vedere come l'aveva ridotta, si sarebbe reso conto prima che lei non era come lui, che non era una macchina e anche se non lo dimostrava mai era comunque fragile, era un essere umano, era tutto ciò che lui aveva cessato di essere molto tempo prima.
Doveva addestrarla, e doveva farlo per il suo bene, ma forse avrebbe dovuto rivedere i suoi metodi, aveva dimostrato più volte di sapersi difendere e di essere anche incredibilmente tenace e testarda, e di questo doveva dargliene atto.
Tornò a guardarla mentre cercava di nuovo di tirarsi in piedi, le si avvicinò afferrandole un gomito per aiutarla e quando riuscì a riguadagnare la posizione eretta lo ringrazio mormorandogli un flebile grazie che le morì in gola.
Fece appena in tempo ad afferrarle le spalle prima che franasse rovinosamente a terra rischiando di farsi ancora più male.
Era svenuta.
James la sostenne per poi caricarsela fra le braccia, tenendole un braccio dietro la schiena e uno sotto le ginocchia, la trasportò senza fatica rendendosi improvvisamente conto di quanto fosse leggera e minuta rispetto a lui.
La adagiò sulla branda gettandole addosso una coperta e dopo averle scostato piano alcune ciocche ribelli dal viso si sedette sul pavimento di fianco al letto, sospirò continuando a tenere lo sguardo puntato sulla figura di lei ormai addormentata, domandandosi, come si sarebbe dovuto comportare con quella strana ragazza.
Cosa doveva fare?
Lui si sarebbe dovuto limitare di più e sapeva che sarebbe stato difficile, ma anche lei doveva fare la sua parte. Sembrava preoccuparsi troppo per lui e troppo poco per se stessa, lui non era in grado di capire la sofferenza altrui, lui era solo capace di provocarla, aveva recuperato il suo passato, ma ricominciare ad avere a che fare con le emozioni umane era tutto un altro discorso.
Era difficile e a volte incomprensibile per chi come lui aveva passato gli ultimi anni della sua vita a comportarsi come una macchina da guerra, fredda e spietata. Avere a che fare con la paura di far di nuovo del male, soprattutto a lei che era l'unica persona con cui potesse avere quel contatto umano di cui lui aveva bisogno.
E lei era così umana.
Non nel senso comune della parola, quello che intende un essere vivente che pensa, respira e si muove, ma nel senso che lei era umana nei suoi confronti, non lo odiava, non aveva paura di lui nonostante -ne era consapevole - le avesse rovinato la vita, sentiva nel modo che aveva di guardarlo che lei fosse fermamente convinta che lui in realtà fosse buono.
Convinzione a cui lui si aggrappava con tutto se stesso.
Se davvero esisteva qualcuno che credeva in lui, forse prima o poi sarebbe riuscito a farlo anche lui, era stato un uomo buono in passato forse, ma chi gli garantiva che sarebbe potuto esserlo di nuovo? Lei ora era l'unica a crederci. E forse Steve.
Quando lo avevano conservato in quello stato comatoso forzato, insieme al suo corpo avevano congelato anche il suo cuore e i suoi sentimenti, rivestendoli in uno strato tanto spesso e duro di ghiaccio che stentava a credere che mai si sarebbe sciolto, condannandolo per sempre ad un esistenza fredda e desolata.
Distolse lo sguardo dal viso rilassato di Alexis, avvertendo distrattamente il suono delle gocce dell'imminente acquazzone iniziare a tamburellare il tetto. Si guardò in giro nella speranza che qualcosa riuscisse a catturare la sua attenzione almeno per un po' e lo sguardo gli cadde sulla vecchia e malandata scatola a pochi centimetri da lui.
Quando erano arrivati in quel posto e avevano perlustrato l'interno, in un vecchio baule d'acciaio avevano trovato diversi diari di guerra, alcuni illeggibili e per la maggior parte distrutti dal tempo, ma studiandoli attentamente, almeno un paio erano ancora intatti e comprensibili, ne afferrò uno iniziando a sfogliarlo svogliatamente.
Chissà quante cose si era perso durante tutti quegli anni, magari leggendo la storia vista da chi come lui l'aveva vissuta, avrebbe potuto imparare qualcosa.
Quando Alexis riprese conoscenza lo fece in modo brusco, facendogli sollevare velocemente lo sguardo dalla pagina che stava leggendo, si agitava con il fiato corto e quando finalmente aprì gli occhi si sollevò di scatto, respirando a fondo come se avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Continuò a prendere aria gonfiando il petto a più non posso prima di tornare ad avvolgersi il busto con le braccia soffocando una smorfia, evidentemente di dolore dovuto al gesto repentino sollevarsi a sedere, si lasciò andare di nuovo sul cuscino fissando il soffitto e voltandosi un istante verso di lui prima di tornare con lo sguardo verso l'alto.
Restarono in silenzio, mentre la pioggia continuava incessante a scrosciare.
"Sto prendendo la tua stessa abitudine..." Mormorò, riferendosi al fatto evidente che avesse avuto un incubo.
La guardò chiudere gli occhi nel tentativo di rilassarsi.
Tornò a guardarlo studiando il quaderno che aveva fra le mani, uno sguardo interrogativo che non esitò ad esplicare a voce. "Che stai facendo?"
James gettò uno sguardo al diario che aveva fra le mani prima di richiuderlo. "Volevo vedere cosa mi sono perso durante tutto questo tempo."
"È stato istruttivo?" Gli chiese.
"In un certo senso." Lanciò il diario all'interno della scatola al suo fianco. "Che stavi sognando?" Le chiese lui sta volta.
"Sognavo di annegare." Confessò senza tanti giri di parole.
"Non sai nuotare?"
"Cosa? No! Certo che so nuotare. Ma nel sogno non riuscivo a muovere ne mani, ne piedi, era come se fossi legata e più mi agitavo nel tentativo di risalire e più andavo a fondo." Restò in silenzio probabilmente fermandosi per riflettere. "Non mi capitava di fare quel sogno da un sacco di tempo." Constatò.
"È già successo?"
Alexis annuì. "Subito dopo essermi risvegliata in ospedale. Ogni notte per mesi facevo lo stesso identico sogno. Poi con il tempo ho smesso, almeno fino a sta notte."
Calò di nuovo il silenzio, che però non durò per molto, visto che la ragazza lo riempì con una nuova domanda.
"Li hai uccisi?" James sgranò gli occhi dalla sorpresa non aspettandosi una domanda di quel tipo esternata così a bruciapelo. "I soldati dell'altro giorno intendo." Chiarì.
Anche se poi non ce n'era realmente bisogno, James aveva intuito perfettamente a cosa lei si stesse riferendo.
"Si l'ho fatto. Mi avevano visto in faccia. Ti dispiace forse." James non gradiva le domande e sperava che il tono derisorio che aveva volontariamente impresso a quella risposta rendesse chiaro il concetto.
Alexis sembrò riflette, apparendo per nulla impressionata dal suo comportamento.
"Per loro no, per te si."
Ormai aveva smesso di stupirsi per le sue risposte che ogni volta erano il contrario di quello che si aspettava, però non riuscì a dissimulare ancora una volta il suo stupore.
Che voleva dire con quella frase?
"Non ti giudico James. Qualsiasi cosa tu abbia fatto loro, se la sono meritata."
La guardò negli occhi, leggendovi in essi una profonda sincerità.
"Tu però non l'avresti fatto." Abbassò lo sguardo avvertendo improvvisamente il bisogno di parlare con qualcuno.
La vide sospirare lasciando vagare lo sguardo per la stanza prima di parlare. "Non so cosa avrei fatto al posto tuo. Non so se sarei in grado di togliere la vita a qualcuno forse perché credo che la vita valga più di qualsiasi altra cosa, ma non so cosa farei se fossi al posto tuo. Anzi ogni giorno che passo con te non posso fare a meno di passarlo pensando a come tu riesca ad andare avanti." Cercò di sorridergli, tornando a guardalo e al soldato, quegli occhi grigi non erano mai sembrati tanto scuri come in quel momento.
"Ti ammiro, dico sul serio. Io non so se avrei il coraggio di premere il grilletto per vendetta, forse potrei uccidere solo per difendere chi amo, ma anche in quel caso non so se ne sarei in grado."
"Sono una macchina, sono stato creato per spezzare vite." Sputò con ribrezzo. Perché in fondo era questo che era, un mostro.
Alexis si sollevò dalla branda su cui era stesa calciando via a fatica le coperte per poi lasciarsi scivolare a terra, in ginocchio di fronte a lui.
"Il Soldato d'inverno è una macchina, un assassino forse, ma James? Chi è James?" Glielo chiese restando seria come se si aspettasse davvero una risposta.
"James è morto."
Alexis rise abbassando il capo sotto lo sguardo incredulo di James che si domandava cosa avesse detto di così divertente. Lei gli posò una mano sul petto, esattamente all'altezza del cuore tornando a guardarlo, mentre la pioggia rendeva ancor più buia quella notte.
"Ti sbagli. James è proprio qui davanti a me. È l'uomo che ora si sta domandando se c'è ancora qualcosa di umano dentro di lui, James è quello che settimane fa mi ha salvato la vita portandomi con se." Non distolse l'attenzione da lui, continuando a tenerlo legato a se con lo sguardo. "Ed è anche quello che ogni giorno mi mette con il culo per terra." E sta volta rise, contagiandolo per un istante strappandogli una smorfia terribilmente simile ad un sorriso.
"Mi dispiace per quello. Cercherò di essere meno manesco le prossima volte."
Alexis lo guardò stralunata quando si scostò da lui per guardarlo meglio.
"Stai scherzando vero? Devi continuare come hai sempre fatto se vuoi che sia in grado di difendermi quando verrò con te!"
Il ragazzo non riuscì a capire il senso del suo discorso e non poté impedirete che lo stupore si impadronisse dei suoi lineamenti.
"Dov'è che tu vorresti venire con me?" Le chiese sinceramente interessato.
"Ovunque tu decida di andare. Verrò con te. Sia che tu decida di prendere d'assalto una base Hydra sia che tu decida di andare a fare la spesa." Gesticolò sostenendo la sua decisione.
"Non se ne parla." Cercò di alzarsi in modo da porre fine a quella conversazione che aveva preso una piega assurda, ma Alexis glielo impedì afferrandolo per le braccia e costringendolo a restare dov'era.
"Si invece, devi ascoltarmi. Permettimi di dimostrarti che non sei come loro. Sarò io la tua parte umana se fatichi a vedere la tua! Ti ricorderò che non devi uccidere tutti quelli che incontri sul tuo cammino."
"Non posso coinvolgerti in questo, tu non c'entri!" Protestò, cercando nuovamente di liberarsi dalla sua presa.
"Tanto cosa cambia? Cosa potrebbe accadere? Se mi lasci qui da sola e qualcuno decidesse di venire a controllare quante speranze pensi che possa avere?" Gli domandò, senza però aspettarsi una risposta. "Te lo dico io: Nessuna. Se invece vengo con te potrei aiutarti e di certo sarei più al sicuro."
Forse non aveva tutti i torti, ma portarla in un covo nazista pieno di soldati o a caccia di qualche uomo su quella lista non era lo stesso una buona idea, ma era più sicuro rispetto alla possibilità che potessero trovarla lì da sola.
Lasciò andare la schiena contro la parete guardandola per la prima volta in vita sua, sconfitto.
"Tanto anche se mi opponessi tu non cambieresti idea vero?"
Il suo sorriso valse più di mille parole.
"E va bene!" Esclamò. Stroncando però sul nascere il suo assurdo entusiasmo. "Ma devi giurare che farai qualsiasi cosa io ti dica, devi seguire ogni mio singolo ordine."
"Te lo giuro."
James la guardò scettico prima di proseguire. "Sarà meglio." La minacciò. "Perché se non sarà così, un labbro spaccato sarà l'ultima cosa di cui dovrai preoccuparti."
Alexis non sembrò impressionata dalle sue nemmeno troppo velate minacce. E anzi si mise a sedere sul letto abbandonando lo scomodo pavimento.
"Ora che siamo d'accordo... Possiamo dormire?" Propose come se niente fosse.
Pazza. Era pazza e lui sarebbe impazzito con lei. Più di quanto non lo fosse già.

 
 

Angolo "autrice."
Saaaaalve a tutti.
Non so davvero da dove iniziare a chiedere scusa, ma tra un imprevisto e l'altro non sono riuscita a fare prima! Anche se questo è decisamente un ritardo imperdonabile vi chiedo lo stesso di farlo!! Scusate!
Beh che dire del capiton, James inizia a muoversi e Alexis cerca di stargli dietro, anche se a fatica.
Da questo punto in poi ho un po' paura di entrare nell'OOC... Cerco di non farlo anche se penso sia difficile visto che come diceva td, nel film il carattere del soltado è trattato a grandi linee e io posso solo cercare di immaginare come possa sentirsi o comportarsi, perciò se secondo voi sto sbagliando, vi prego di farmelo notare.
Per ora sto cercando di mostrarvi come i due interagiscono e il modo che hanno di preoccuparsi l'uno per l'altra anche se in modo mooolto diverso l'uno dall'altra. Spero di non aver scritto troppe cavolate e che il tutto in generale non vi appaia troppo assurdo. Insomma spero di non aver esagerato in niente XD.
Probabilmente sarò in ritardo anche  nei capitoli a venire anche perché il prossimo, ha bisogno di una grossa ristrutturata e quello dopo ancora devo scriverlo praticamente da zervo, visto che ho solo lo "scheletro" perciò vi prego di avere pazienza e scusarmi.
Ora me ne vo, anche perché è quasi più lungo l'angolo autrice che il capitolo XD. Come al solito ringrazio tutti qiello che leggono, seguono, recensisco questa storia, mi fa piacere sapere che la storia vi piaccia e visto che pochi giorno fa è stato il mio compleanno, lasciatemi una bella recensione per regalo XD.
Allla prossima, baci Lucy <3
(Come al solito, perdonate e segnalate eventuali errori.)
  
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