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Autore: Anycolouryoulike    14/09/2015    3 recensioni
Erik stava semisdraiato sul letto di Charles, entrambi ancora assonnati alle nove del mattino.
Charles, prono, leggeva un piccolo libricino.
Il silenzio della stanza era disturbato solamente dal brontolio dei tuoni e dalla luce dei fulmini che a brevi intervalli rompeva quella confortevole oscurità di un giorno piovoso.
Erik nei brevi intervalli di luce guardava i capelli di Charles che gli coprivano il volto come una piccola cortina isolando la sua lettura e i suoi pensieri dal resto del mondo e che celava i suoi lineamenti dolci.
Si perdeva ad osservarne la schiena, le ossa sempre più sporgenti e la pelle sempre più perlacea.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Casimir Pulaski day.




Erik stava comodamente seduto sulla sedia girevole della sua camera con in bocca una sigaretta e i piedi scalzi poggiati al piccolo mobiletto accanto a lui.
Il sole nascosto dall'albero davanti alla sua finestra a piccole macchie si posava sul suo volto e gli impediva di tenere gli occhi completamente aperti  tra le nuvolette di fumo che si divertiva a far uscire lentamente dalla bocca, così fissava tra le ciglia la finestra aperta difronte alla sua.
Guardava le lenzuola aggrovigliate sul letto, gli abiti in disordine e la porta marroncina.
Un altro sbuffo di fumo gli si incastrò in gola quando dalla porta dell'altra stanza vide entrare un uomo completamente nudo.
"Charles! Dio buono, copriti le chiappe!" si portò subito una mano agli occhi aprendo leggermente indice e medio così da poter fingere di vedere solamente la faccia dell'amico mentre in realtà sbirciava tutto il resto tramite lo spazio tra le dita.
Charles si coprì svogliatamente con un asciugamano che aveva trovato sparso per la camera "Quando la smetterai di spiarmi?"
Erik sbuffò leggermente avvicinandosi al parapetto della finestra e buttando giù, con la mano libera, la sigaretta ormai finita.
"E sai che mi dà fastidio che fumi."
Le ultime parole di Charles lo fecero trasalire "Sei forse scemo? Vuoi che mia madre mi scopra?"
Charles si limitò a ridacchiare mentre finalmente infilava un paio di boxer "Devo per forza urlare, la comunicazione finestra-finestra come vedi non è delle migliori! Se bisbigliassi - abbassò quindi il tono della voce - tu non mi sentiresti."
Erik odiava il voler sottolineare l’ovvio di Charles e soprattutto il volere costantemente prenderlo in giro sapendo che con il suo carattere si sarebbe arrabbiato sempre. Si sporse leggermente dalla finestra con una penna in mano, la prima cosa che aveva trovato sotto le mani, per l'impeto di picchiare quel cretino che momentaneamente era scomparso dalla sua vista spostandosi al lato della finestra.
"Non ti nascondere bastardo!"
Charles intanto ridacchiava poggiato al muro vicino alla finestra e quando ritornò nel campo visivo di Erik quest'ultimo decise di non ucciderlo più, anzi si sedette e poggiò il mento sulle mani mentre osservava la pelle candida di Charles mentre girovagava in quel rettangolo di stanza alla ricerca di qualcosa da indossare.
Era assolutamente perfetto anche con quel filo di pancia o con quell'assurdo turbante che si ostinava ad indossare dopo aver lavato i capelli.
"Che fai guardi?"
Erik si limitò ad annuire, ormai aveva fatto l'abitudine all'attrazione che provava per il corpo del suo migliore amico. C’era già stato quel momento di rifiuto durante il quale aveva cercato di ignorare sia Charles che soprattutto il suo corpo, ma dopo un po’ aveva semplicemente capito che non c’era niente da fare. Andiamo, a chi non sarebbe piaciuto baciare quelle labbra o semplicemente stringere quelle piccole spalle?
"Vedi qualcosa che ti piace cowboy?" 
Erik scoppiò a ridere quando Charles cominciò a passarsi la maglietta che aveva in mano tra le cosce come ad imitare qualcosa di sexy senza riuscirci minimamente.
"Muoviti, che gli altri ci aspettano!"
Si alzò dalla sedia e si sfilò la maglietta nera che indossava posizionandosi in modo che Charles potesse vederlo.
Infatti si girò e vide che l'altro aveva assunto la sua stessa posizione di qualche attimo fa come a volerlo imitare.
"Che fai, guardi?" ridacchiò Erik imitandolo a sua volta.
"Ovvio che si."
 
 
 
 
Erik cominciò a lanciare palline di carta alla finestra di Charles del quale poteva vedere solamente la sagoma delle gambe sotto le coperte. Erano giorni che non si faceva sentire ed ormai Erik era sinceramente preoccupato di avergli fatto qualche torto, tanto da avergli comprato due piccoli regalini.
Non appena quello aprì la finestra Erik era pronto ad insultarlo e, all'occorrenza, pregarlo per farsi perdonare per qualsiasi cosa, ma si fermò non appena lo vide così bianco e con le occhiaie scure.
"Hey hai la febbre?"
Cercò di parlare il più dolcemente possibile pur di non disturbare il volto stanco di Charles.
"Ti va di venire qui?"
"Certo che sì..."
Di fretta prese i due piccoli pacchetti che aveva preparato e scese le scale per raggiungere l'altra casa.
Charles lo aspettava steso nel letto raccolto tra le lenzuola.
"Che cosa mi hai portato cowboy?"
Erik sorrise e, sedutosi accanto a Charles, gli porse i fiori e il piccolo pacchettino.
Charles annusò prima i fiori per poi sciogliere il nodo dell'altro regalo.
Lo aprì e sfiorò il piccolo ciondolo a forma di quadrifoglio. 
Erik lo vide sospirare ed abbassare le palpebre come se anche tenere gli occhi aperti gli costasse una grandissima fatica.
"Sono malato, Erik."
Passarono il resto della giornata abbracciati nello stesso letto.
Erik con la testa incastrata tra il collo e la spalla di Charles a piangere tutte le sue lacrime.
 
 
 
 
 
Charles ritornò in camera con una lattina di the.
"Sei fortunato, è l'ultima, e dato che sei mio ospite sono costretto a cedertela."
Aveva ripreso il suo tipico rossore sulle guance, il peggio sembrava passato. La sua vita stava parzialmente ritornando nella normalità anche grazie ad Erik che non lo abbandonava neanche per un secondo.
"Sono io a cederla a te perché sei più piccolo."
"Erik, abbiamo la stessa età! Non sono più piccolo di te!"
"Si, ma sei comunque più basso."
"Sto per ucciderti con una lattina di the."
Lentamente si avvicinò al suo letto sul quale era seduto Erik pronto a colpirlo, ma quello cominciò a supplicarlo con finta voce da ragazzina.
Charles si porto una mano alla fronte "Dividiamo."
Erik sorrise trionfante. Adorava fare arrabbiare l’imperturbabile Charles, quel tizio che non avrebbe mai ucciso neanche una mosca.
Avevano appena finito la lattina di the mentre discutevano su chi fosse il più potente tra i personaggi dell'universo Marvel.
"Magneto è indubbiamente il più forte!"
"Spero tu stia scherzando! È soltanto un lurido bastardo, il Professore è indubbiamente superiore!"
Erik era pronto a controbattere perché, andiamo, Magneto è il più figo tra gli Xmen, quando furono interrotti dalla madre di Charles che bussò alla porta.
"Dimmi ma' "
"Ha chiamato tuo padre, sta venendo qui."
Charles separò leggermente le labbra e sospirò "Chi gliel'ha detto?"
"Non lo so."
Si girò lentamente verso Erik "Devi andare." aveva un tono molto dispiaciuto e le palpebre improvvisamente così pesanti da non riuscire a tenere gli occhi aperti.
"Io resto qui con te, mi nascondo se è necessario, ma non ti lascio da solo."
"Lui non vuole vederci insieme e lo sai, quindi ti prego, torna a casa tua ci sentiamo dopo, te lo prometto."
Intanto si era poggiato sul petto dell'amico che aveva preso ad accarezzargli i capelli ormai abbastanza lunghi.
"Lo sai che a lui non importa niente di te, vero?"
"Si, non preoccuparti, passa solo a vedere come sto."
Erik lo strinse per un'ultima volta per poi alzarsi. Stava per aprire la bocca quando Charles lo precedette "Si lo so che non appena andrà via ritornerai, quindi ci vediamo dopo cowboy."
Sorrisero entrambi ed Erik prima di uscire dalla porta mandò bacetti volanti a Charles che fingeva di acchiapparli e metterli sotto le lenzuola.
 
 
 
 
 
 
Erik stava semisdraiato sul letto di Charles, entrambi ancora assonnati alle nove del mattino.
Charles, prono, leggeva un piccolo libricino.
Il silenzio della stanza era disturbato solamente dal brontolio dei tuoni e dalla luce dei fulmini che a brevi intervalli rompeva quella confortevole oscurità di un giorno piovoso.
Erik nei brevi intervalli di luce guardava i capelli di Charles che gli coprivano il volto come una piccola cortina isolando la sua lettura e i suoi pensieri dal resto del mondo e che celava i suoi lineamenti dolci.
Si perdeva ad osservarne la schiena, le ossa sempre più sporgenti e la pelle sempre più perlacea. Si spostò leggermente in modo da poter poggiare le dita di una mano sulla spina dorsale dell'altro che al contatto sussultò leggermente.
Erik cominciò a far scivolare la punta delle dita sulla curva della schiena di Charles, vide la sua pelle riempirsi di brividi e le sue gambe irrigidirsi leggermente per poi rilassarsi completamente non appena Erik si avvicinò con il volto e prese ad accarezzare la schiena di quello con la punta del naso e le labbra leggermente all'infuori. Solamente un piccolo contatto tra i loro corpi che li rendeva più leggeri che mai, senza problemi e senza pensieri. Solamente pieni dei brividi che la pelle di uno dava all’altro.
Un piccolo mugolio si levo dalla bocca di Charles quando Erik lasciò un bacio al centro delle sue scapole per poi cominciare una leggera scia che lo portò a pochi centimetri dalla bocca dell'altro.
"Cosa leggi?" sussurrò lievemente cercando di non disturbare quell'atmosfera silenziosa che si era creata nel temporale che imperversava intorno alla casa.
"Poesie."
"Di cosa parlano?"
"Di te."
Erik fissò gli occhi in quelli di Charles prima di poggiare le sue labbra sottili su quelle piene e morbide di Charles.
Fu solamente uno sfiorarsi di labbra e di lingue, ma per entrambi quello era il paradiso con due cuori che battevano insieme, la mano destra di Erik di nuovo ad accarezzare la schiena di Charles e quella destra di quest'ultimo ad accarezzare i capelli dell'altro tra cuscini e un piumone aggrovigliato tra le gambe.
Piano piano si staccarono lasciando solamente le loro labbra vicine con i respiri a confondersi.
Charles con il cuore in gola e gli occhi chiusi sussurrò "Non possiamo..."
"Perché?"
"Non possiamo e lo sai perché."
"Non mi importa niente di quanto abbiano detto che resterai, io ci sarò fino alla fine ed anche oltre."
Era la prima volta, dopo la sera in cui Charles aveva confessato di essere malato, che si accostavano all'argomento.
"Io non penso che sia una scelta giusta, penso che dovresti-" Erik zittì Charles baciandolo di nuovo e poi avvicinando le loro fronti.
"Il mio posto è con te, ti voglio al mio fianco”
 
 
 
 
 
"Preghiamo per il corpo di Charles, affinché Dio lo guarisca dal suo male."
Erik alzò le mani al cielo come tutti gli altri presenti nella sala, una bibbia posta al centro del piccolo cerchio che avevano creato e le candele accese in giro ad illuminare quella buia serata.
Come un automa si limitava a ripetere le varie preghiere, tutte le parole per lui prive di senso.
Nella mente invece che una mantra c'era una supplica fatta dal volto di Charles, dalle sue labbra, i suoi occhi azzurri, le sue guance arrossate, il suo piccolo sorriso.
' Non portarmi via tutto questo, ti prego '
Sentiva le lacrime scatenarsi dietro ai suoi occhi mentre pensava a cosa sarebbe potuto accadere.
“Noi ti preghiamo.” Dissero tutti in coro ed Erik a sua volta sussurrò quelle parole.
Ritornò a casa si diresse immediatamente da Charles.
Lo trovò nel letto con le palpebre chiuse con piccole venuzze azzurrine e il volto più scavato del giorno precedente.
"Avete pregato?"
Erik si spogliò per poi infilarsi accanto a Charles. 
Poggiò il capo sulla sua spalla.
"Tu pensi sia utile?"
"Non lo so."
Lasciò un piccolo bacio sulla fronte di Erik per poi chiudere la lucina accanto al letto.
Erik avrebbe voluto che gli rispondesse di si. Forse così avrebbe potuto pregare più forte ed essere ascoltato.
Ma sapeva che entrambi non credevano più a quelle cose da molto tempo, anche da prima che le ossa di Charles cominciassero a far male.
 
 
 
 
 
"Pronti per la festa del secolo?"
Erik e Charles, spalla a spalla, si limitavano a seguire Cassidy molto emozionato per la sua 'festa del secolo' organizzata in occasione di un piccolo viaggio dei genitori.
"Vedrete, vi divertirete tantissimo. Saremo tutti talmente ubriachi da non ricordare il nostro nome!"
Erik si schiarì la voce per poi ammiccare verso Charles che pronto gli rifilò una gomitata "Cretino..."
Entrambi scoppiarono a ridere mentre Cassidy li guardava felice.
Come predetto dopo solo un'ora la musica era più alta e la gente decisamente più ubriaca.
Erik e Charles continuavano a sorseggiare una cola seduti su un tavolo addossato al muro per fare spazio.
Charles guardava tutti ballare in modo alquanto imbarazzante.
"Andiamo a ballare?"
Erik lo guardò sotto le lucine intermittenti appositamente montate, soffermandosi sul suo volto leggermente sudato e decisamente felice.
"Sei sicuro di farcela? Se per te è troppo possiamo anche tornare a casa."
"Sto bene, voglio divertirmi." Si avvicinò lentamente al volto dell'altro che aveva spalancato gli occhi pensando che volesse baciarlo lì davanti a tutti.
Charles lo avrebbe voluto molto, ma si limitò a lasciargli un piccolo bacio sul collo lasciando che Erik potesse solamente sfiorargli la camicia sul petto.
Lo trascinò nella folla cominciando a muoversi in maniera imbarazzante e ridendo alla finta faccia sconcertata di Erik che dopo qualche istante lo seguì in quella danza assurda.
Ballarono per molto, fino a quando Charles non si poggiò esausto al petto di Erik cominciando a dondolare dolcemente tra tutte le persone che si muovevano freneticamente e la musica che incalzava.
"Sono felice." Charles lo sussurrò all'orecchio destro di Erik non sicuro di riuscire a sovrastare il volume della musica totalmente inadatto al loro lento.
Il  moro lo prese per un polso "Vieni con me.”, lo trascinò al piano superiore della casa aprendo una delle porte che sapeva portasse ad una camera da letto.
Non appena chiuse la porta la musica arrivò ovattata alle loro orecchie.
Charles cominciò a ridere "Penso che non riuscirò a recuperare mai più l'udito."
Entrambi leggermente storditi cominciarono a sorridere senza alcun motivo, solo guardandosi negli occhi.
"Vuoi approfittare di me cowboy?"
Erik continuò a sorridere per poi attirare Charles verso di sé.
Cominciò a sbottonargli la camicia bianca che aveva indossato e contemporaneamente a baciargli il volto.
"Voglio baciare tutte le tue ossa."
Con calma lo fece stendere sul letto lì accanto e gli sfilò i pantaloni e l'intimo.
Con ancora gli abiti addosso si soffermò a guardarlo, più magro del mese precedente, sempre più bello del minuto precedente.
Erik si tolse i vestiti e, senza pesare sul corpo disteso, gli si avvicinò.
"Voglio baciare tutto di te, il buono ed il cattivo."
Cominciò dal mento, poi le clavicole e le spalle. 
Un bacio su ogni sua parte con la bocca di Charles che si apriva leggermente rilasciando piccoli lamenti e gli occhi che si riempivano di lacrime.
Portò le mani tra i capelli di Erik e lo guidò per tutta la notte per far scoprire anche a se stesso cosa ci fosse da amare nel suo corpo.
Erik si risvegliò a causa di Charles che gli scuoteva un braccio.
"Erik, c'è mio padre fuori!"
Quella sola esclamazione servì a farlo svegliare del tutto. 
Si mise a sedere di scatto sbarrando gli occhi "Come cazzo è possibile?"
Guardò Charles che aveva uno sguardo preoccupato e così dispiaciuto "Non lo so, ma mi dispiace tantissimo io..."
Erik lo zittì accarezzandogli il labbro inferiore torturato dai denti.
"È stato tutto perfetto, ora dovresti andare lo sento urlare da qui. Avremo modo di parlare di questa notte per il resto della nostra vita."
Sorrise felice ma Charles a quelle parole si rabbuiò ancora di più, chissà quanto sarebbe durato quel resto della vita. Forse così poco da non poterne più parlare, così tanto da non potersi neanche più vedere.
Si alzò dal letto e cominciò a rivestirsi sotto lo sguardo di Erik che poco dopo lo imitò.

Si fermarono in cima alle scale, Charles con la camicia nei pantaloni e le scarpe slacciate e Erik con la maglietta infilata al contrario. 
Si guardarono per un po', Charles aveva un leggero affanno e gli occhi lucidi.
"Ho paura Erik."
Quest'ultimo lo abbracciò. Anche lui aveva paura di tutto quello che si stava abbattendo su di loro come una tempesta infinita.
Infilò le mani tra i capelli di Charles per spostare il suo capo dal proprio petto e poi lo baciò semplicemente sperando che quello potesse bastare ad infondere coraggio in entrambi.
Charles sfiorò le labbra dell'altro per un ultima volta per poi scendere le scale e fermarsi sulla soglia della porta d'ingresso.
"Non seguirmi, ti prego."
Detto ciò corse fuori lasciando Erik sulle scale con le labbra socchiuse e tutti i significati di quella frase ad aleggiargli intorno.
 
 
 
 
Erik rassettava in silenzio la sua stanza con uno sguardo sempre rivolto alla finestra difronte e la mano destra sempre pronta a scattare per aprire la propria.
Sperava che avesse dimenticato di dirgli qualcosa, che da un momento all'altro sarebbe ricomparso con i capelli scombinati appena uscito dalla doccia.
Ma in quel punto restava solamente il vuoto creato dalla sua assenza.
Così Erik spostava i vari oggetti ammucchiando gli abiti sparsi in un solo punto della camera.
Aveva semplicemente bisogno di distrarsi, non lo vedeva da giorni e la luce nella sua camera era sempre spenta.
Prese il mucchietto di vestiti e li portò in bagno per poi riporli in un cesto. Quando si girò per ritornare in camera trovò un foglio piegato, sicuramente caduto dagli abiti che portava.
Si sedette sulla soglia della porta con la testa poggiata allo stipite.
Lo aprì lentamente e si trovò davanti la scrittura ordinata di Charles che aveva diviso il foglio in varie sezioni in ognuna delle quali aveva scritto una poesia o qualcosa del genere.

"Cosa leggi?" 
"Poesie."
"Di cosa parlano?"
"Di te."


Ieri sera mi sono sentita come se tante ali mi accarezzassero tutta, come se le punte delle tue dita avessero bocche che baciavano la mia pelle.
Gli atomi del mio corpo sono tuoi e vibrano insieme così che ci amiamo l’un l’altra.
Voglio vivere ed essere forte per amarti con tutta la tenerezza che ti meriti, per darti tutto ciò che c’è di buono in me, così che tu non ti sentirai solo.1
 
Ti meriti un amore che ti voglia spettinato, con tutto e le ragioni che ti fanno alzare in fretta, con tutto e i demoni che non ti lasciano dormire.
Ti meriti un amore che ti faccia sentire sicuro, in grado di mangiarsi il mondo quando cammina accanto a te, che senta che i tuoi abbracci sono perfetti per la sua pelle.
Ti meriti un amore che voglia ballare con te, che trovi il paradiso ogni volta che guarda nei tuoi occhi, che non si annoi mai di leggere le tue espressioni.
Ti meriti un amore che ti ascolti quando canti, che ti appoggi quando fai il ridicolo, che rispetti il tuo essere libero, che ti accompagni nel tuo volo, che non abbia paura di cadere.
Ti meriti un amore che ti spazi via le bugie, che ti porti l’illusione, il caffè e la poesia. 2
 
Poiché non mi veniva nessuna parola
(la parola era “addio”, ma non riuscivo a dirla)
ti ho dato il mio silenzio
ed ho ascoltato il tuo,
e non è stato un vuoto, ma condivisa pienezza
e ancora gioia, mentre accettavamo,
come la terra, un nostro tempo di neve,
bianco grembo d’attesa delle future estati.3
 
Ma quando sediamo vicini,
insieme,
scivoliamo l’uno nell’altra,
ci fondiamo con frasi e parole.
Il confine tra noi sfuma,
è avvolto nella nebbia.
Siamo impalpabile territorio.4
 
Il mio corpo
ha bisogno di te.
Spesso mi hai
quasi guarita.5



Resterai per sempre con me, vedrò attraverso i tuoi occhi e vivrò attraverso il tuo cuore.
Porterò per sempre con me il tuo volto come quello di chi mi ha dato amore.
Ti amo Erik, ti amo così tanto.
 

Seduto sul pavimento con la camicia nei pantaloni e le scarpe sciolte Erik piangeva nel bagno.
Piangeva come se avesse saputo della sua morte, perché per Erik quel foglio valeva più di qualsiasi altra notizia, di qualsiasi ultimo respiro.
Tutto iniziava e finiva con quel foglio sporco di lacrime ed inchiostro. Con la faccia deformata dal dolore piangeva guardando le poesie poggiate in grembo e i pugni serrati.
Solamente brevi lamenti uscivano dalla sua bocca, piccoli singhiozzi che gli spezzavano il respiro. Sperava di morire nelle sue lacrime senza lasciare nulla di sé, nessun foglio, nessuna camicia, nessun ricordo.
 
 
 
 
Erik dalla finestra guardava piccoli uccelli volare tra le foglie che si staccavano dagli alberi, il sole caldo che illuminava il piccolo spiazzale dell'ospedale.
Con la mano destra vicino alla bocca ne torturava la pelle mordicchiandola. Le gambe strette al petto su quella piccola sedia in una posizione assurda sperando che il rimpicciolirsi potesse farlo sparire completamente. 
Si guardava intorno e vedeva solamente il grigio. Il grigio delle sedie, delle mura, del pavimento, del volto della madre di Charles pieno di lacrime.
Tutti avevano un volto triste, ma quello della donna era, per Erik, il più trasfigurato dal dolore. Perché lei aveva sperato fino alla fine che dio lo salvasse, che qualcuno illuminato dal signore potesse salvarlo.
Ma Charles era rinchiuso da ore lì dentro ed Erik non sentiva più le gambe da un pezzo.
Era così stanco. Voleva lasciarsi andare.
Un'infermiera a testa bassa si avvicinò alla madre di Charles che per un secondo placò il suo pianto e i suoi lamenti per poi riprendere in modo più convulso, urlando quasi per poi accasciarsi a terra come priva di vita.
Erik come in una piccola bolla si girò ancora a guardare fuori gli uccelli che volavano felici tra i raggi del sole.
Riportò la mano vicino alla bocca come a voler fermare i tremori delle sue labbra che sempre più velocemente lo deformavano in una maschera di dolore.
La madre di Charles sembrava annegare tra le lacrime incastrate tra le ciglia di Erik, tutto sembrava morire tra quelle lacrime, tutto tranne Erik che piangeva la morte di Charles già per la seconda volta.
 
Un infermiere lo prese per il braccio e lo guidò in un corridoio. 
"Puoi vederlo se vuoi."
Erik annuì brevemente ed entrò nella stanza 214.
Si fermò a guardare le pareti bianche, le lenzuola bianche ed il suo corpo bianco.
Si avvicinò con la sua maglietta nera e i suoi jeans disturbando la quiete della stanza.
Lui era lì, fermo, con le labbra pallide e il viso così bianco eppure sempre così bello, felice.
Le mani poggiate in grembo così sottili con le quali aveva accarezzato il volto di Erik.
Guardò il suo volto come sempre incorniciato dai capelli di mogano, gli zigomi che tanto amava accarezzare.
Allungò una mano come a volerlo fare per un ultima volta ma si fermò quando gli sembrò che si fosse mosso leggermente. 
"Respira..." sussurrò.
"No, mi dispiace..." L'infermiere lo guardò per poi sospirare ed uscire.
Erik si avvicinò ancora al letto ed abbassò il volto sul suo. Ne era sicuro, aveva visto il suo petto alzarsi. Ma adesso era tutto così immobile.
"Ti prego, respira Charles." Cominciò a tremare scosso dalle lacrime che ormai faticavano ad uscire dagli occhi gonfi. 
Si portò una mano al petto aprendo la bocca e lasciando uscire un lamento spezzato "Respira ti prego!" sentiva il suo cuore fermarsi su quel corpo fermo, su quegli occhi chiusi.
"Devi respirare perché io ti amo."
Piangeva sempre di più fino a quando tenere gli occhi aperti fu troppo e si poggiò sul petto di Charles ad aspettare che si muovesse.

Dopo qualche minuto si lasciò trascinare fuori senza opporre alcuna resistenza, portandosi dietro il silenzio del corpo di Charles.
 
 
 
 
 
Erik si lisciò per l'ennesima volta la maglietta nera ed aggiustò i pantaloni scuri tirandoli un po' su.
Aveva gli occhi umidi e le labbra secche, non si guardava allo specchio da giorni, ma era sicuro che le lacrime gli avessero scavato dei solchi lungo le guance.
Come aveva fatto per tutti i giorni della sua vita volse lo sguardo alla finestra della casa di fronte. Chiuse piano gli occhi quando vide la finestra chiusa e la stanza completamente immersa nel buio.
Non appena la madre lo chiamò prese un respiro profondo, si passò una mano sul volto pronto a dover immergersi in tutto quel problema e in tutta quell’ ipocrisia ancora una volta.
Si diressero nella chiesa gremita del paese. Al centro di essa vi era la cassa bianca che conteneva il corpo di Charles.
Erik si sedette accanto alla madre di Charles e guardava tutte le persone addolorate che lasciavano un bacio sul legno laccato o che poggiavano un fiore sul pavimento. 
Il tipo che una volta aveva tirato un pugno a Charles. 
Il ragazzo che li aveva chiamati froci negli ultimi anni.
Il padre di Charles che l'aveva abbandonato quando era ancora un bambino.
C'erano tutti, tutti con le lacrime agli occhi, tutti che cercavano di consolare la madre di Charles, che stringevano le spalle di Erik. Perché tutti sapevano che lui e Charles avevano quel rapporto così speciale e tutti lo avevano odiato e criticato. Tutti li avevano lasciati da soli, tutti li avevano giudicati quando Charles aveva bisogno di aiuto.
Lui si trovava lì a guardare ad ascoltare le parole addolorate del ministro che non conosceva per niente Charles ma che era convinto che sarebbe stato ammesso nel regno dei cieli perché era stato un ragazzo esemplare.
Lo era stato, ma questo lo sapeva solamente Erik quando chiudendo gli occhi ritrovava ancora il suo viso con quel piccolo sorriso che si creava la mattina prima ancora che aprisse gli occhi.
Erik tra tutte quelle lacrime pensava, ma quella volta non pianse perché un dolore così grande non porta alle lacrime. 
Porta alla morte.
 
 
 
 
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue. 6
 
 
 
 
 
 
 

1 Frida Kahlo
2 Frida Kahlo
3 Margherita Guidacci
4 Virginia Woolf
5 Frida Kahlo
6 Eugenio Montale
 
 
Questa os è ovviamente ispirata alla canzone Casimir Pulaski day di Sufjan Stevens della quale consiglio vivamente l’ascolto perché è assolutamente magnifica
https://www.youtube.com/watch?v=9EzeW5KoPUI .
Ho deciso di non affrontare le tematiche della malattia in maniera approfondita e contemporaneamente ho dato più spazio ai periodi in cui il malessere era minore di modo da poter facilitare lo svolgimento della trama, nonostante ciò spero di non aver offeso nessuno. Grazie per aver letto :)
  
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