Lontana da me
A Kíli non rimane che il vago ricordo del dolore lancinante del veleno nella sua carne, mentre ricordi non molto remoti fluttuano nella sua mente offuscata. C'è silenzio intorno a lui, troppo silenzio. Nonostante l'aspetto grezzo e forte, il giovane nano tradisce un certo timore nell'aprire gli occhi, spaventato dall'idea di scoprire di non avercela fatta. Di essere morto. Il suo pensiero corre veloce e inarrestabile, richiamando a sé il volto di suo fratello Fìli; o ancora, quelli di Oin e Bofur, rimasti a Pontelagolungo per lui. E poi, come se il giovane Kíli avesse aperto una piccola porta nella sua mente, un nuovo ricordo riemerge dalla sofferenza di pochi istanti prima.
Tauriel. La sua Tauriel. I suoi capelli rossi, i lineamenti delicati ma al contempo forti e sicuri avvolta da una dolce luce argentea. E quello sì, quello doveva essere il paradiso. L'aveva vista, Kíli, quando la sua vita era in bilico fra atroci sofferenze. Aveva udito la sua voce carezzevole, aveva avvertito le sue mani sul suo corpo. E non poteva essere che un sogno, un dolce e terribilmente amaro sogno.
Perché Tauriel è lontana, anche quando è vicina.
È solo un tocco leggero, impercettibile, quello che avverte sulla gamba ferita, ma è abbastanza da convincere Kíli ad aprire gli occhi. E tutto il disperato dolore che c'era stato in precedenza, ogni cruccio o sconforto, ora è improvvisamente scomparso, come soffiato via dal vento e sostituito da un'irrazionale malinconia.
Tauriel è lì accanto a lui: il volto inquieto, concentrato, i capelli lunghi e intrecciati le cadono morbidi sulle spalle in una cascata cremisi. Ed è bellissima con quel cipiglio a corrugarle la fronte.
«Tauriel» sussurra il giovane Kíli, le parole graffiano la sua gola secca.
L'elfa rivolge lo sguardo al nano e, quando lo vede alzarsi, lo spinge giù senza indugio.
«Sta' fermo» gli ordina senza ammettere repliche.
Kíli la guarda trasognante. «Tu non puoi essere lei. Lei è molto...» Sospira e chiude gli occhi. «...molto, molto lontana da me. Cammina nella luce delle stelle in un altro mondo. È stato un sogno e basta.» La voce del giovane nano e intrisa di malinconia. Osserva Tauriel timoroso che possa sparire davanti ai suoi occhi come una nuvola di fumo. Il suo cuore, la sua mente, la sua anima, non riuscirebbe a sopravvivere vedendola andare via. Come se volesse accettarsene, allunga le dita e, debolmente, le afferra la mano. Solida. Calda. E quel contatto, seppur breve, irradia un piacevole calore che riscalda il cuore di entrambi.
Kíli non può far altro che guardare quella magnifica creatura, in piedi al suo capezzale, ricambiare il suo sguardo con un sorriso incerto. Avverte chiaramente la stanchezza tornare come un'ombra su di sé, i suoi occhi si fanno un po' più pesanti e le parole faticano ad essere pronunciate. Stringe la mano di Tauriel, calda fra le sue mani da nano.
«Credi che avrebbe potuto amarmi?» chiede con un filo di voce, come a voler nascondere tutta la malinconia che porta con sé quella domanda.
Ma non l'amore che prova per Tauriel.
Tauriel. La sua Tauriel. I suoi capelli rossi, i lineamenti delicati ma al contempo forti e sicuri avvolta da una dolce luce argentea. E quello sì, quello doveva essere il paradiso. L'aveva vista, Kíli, quando la sua vita era in bilico fra atroci sofferenze. Aveva udito la sua voce carezzevole, aveva avvertito le sue mani sul suo corpo. E non poteva essere che un sogno, un dolce e terribilmente amaro sogno.
Perché Tauriel è lontana, anche quando è vicina.
È solo un tocco leggero, impercettibile, quello che avverte sulla gamba ferita, ma è abbastanza da convincere Kíli ad aprire gli occhi. E tutto il disperato dolore che c'era stato in precedenza, ogni cruccio o sconforto, ora è improvvisamente scomparso, come soffiato via dal vento e sostituito da un'irrazionale malinconia.
Tauriel è lì accanto a lui: il volto inquieto, concentrato, i capelli lunghi e intrecciati le cadono morbidi sulle spalle in una cascata cremisi. Ed è bellissima con quel cipiglio a corrugarle la fronte.
«Tauriel» sussurra il giovane Kíli, le parole graffiano la sua gola secca.
L'elfa rivolge lo sguardo al nano e, quando lo vede alzarsi, lo spinge giù senza indugio.
«Sta' fermo» gli ordina senza ammettere repliche.
Kíli la guarda trasognante. «Tu non puoi essere lei. Lei è molto...» Sospira e chiude gli occhi. «...molto, molto lontana da me. Cammina nella luce delle stelle in un altro mondo. È stato un sogno e basta.» La voce del giovane nano e intrisa di malinconia. Osserva Tauriel timoroso che possa sparire davanti ai suoi occhi come una nuvola di fumo. Il suo cuore, la sua mente, la sua anima, non riuscirebbe a sopravvivere vedendola andare via. Come se volesse accettarsene, allunga le dita e, debolmente, le afferra la mano. Solida. Calda. E quel contatto, seppur breve, irradia un piacevole calore che riscalda il cuore di entrambi.
Kíli non può far altro che guardare quella magnifica creatura, in piedi al suo capezzale, ricambiare il suo sguardo con un sorriso incerto. Avverte chiaramente la stanchezza tornare come un'ombra su di sé, i suoi occhi si fanno un po' più pesanti e le parole faticano ad essere pronunciate. Stringe la mano di Tauriel, calda fra le sue mani da nano.
«Credi che avrebbe potuto amarmi?» chiede con un filo di voce, come a voler nascondere tutta la malinconia che porta con sé quella domanda.
Ma non l'amore che prova per Tauriel.