INTERPRETARE SHERLOCK HOLMES 

Un taxi nero sfrecciava celermente tra le confusionarie vie londinesi mentre la pioggia battente non accennava a smettere spargendo qua e là una moltitudine di pozzanghere.

I bagliori delle luci variopinte della città inghiottita dal manto del cielo notturno si riflettevano in una drammatica tavolozza sui finestrini della vettura. I colori avvolti nelle gocce di pioggia creavano un quadro cangiante che Sherlock Holmes, unico consulente detective al mondo, aveva sempre trovato di una mirabile bellezza facendosi accanito spettatore di quello scenario sin da quando i genitori lo avevano condotto per la prima volta nella capitale britannica.

Tra i piccoli specchi d’acqua sparsi sul vetro il detective poteva scorgere dipinto anche il riflesso del suo volto assorto farsi strada tra tutte quelle sfumature accese.

Soltanto in quel paesaggio, tra il plumbeo ed il brillante, immerso completamente nelle immagini di Londra che correvano veloci nel finestrino, Sherlock Holmes si specchiava fino a diventare parte stessa della città, fondendosi con essa, riuscendo ad osservarsi davvero.

Vedeva la sua anima, rischiarava la mestizia, addolciva l’amarezza e, anche se nessuno l’avrebbe mai immaginato, si prendeva del tempo per essere umano e cedere, per pochi minuti o per delle ore, agli incomprensibili istinti della natura della sua strana specie.

Abbandonarsi alla sua interiorità in quella situazione non lo allarmava; sapeva che, non appena avesse aperto la portiera del taxi, tutto sarebbe tornato come prima, il cuore congelato e la mente funzionante come una macchina ben oliata.

Se non esistesse Londra, non ci sarebbe traccia dell’arguto investigatore ed il nome Sherlock Holmes sarebbe solo uno tra tanti.

La sua stramba personalità era, infatti, anche prodotto della stessa Londra, perché, quella città altro non era se non un mistero destinato a rimanere insoluto su cui Sherlock indagava senza sosta.

In ogni angolo della città si nascondeva una storia da scoprire ed ogni mattino, sin dall’albeggiare ne nascevano di nuove: alcune sarebbero state ricordate per sempre altre avrebbero trovato la loro fine nell’oblio.

Sherlock puntava, inconsapevolmente, a conoscerle tutte, ad esplorarne ogni più nascosto dettaglio, a dedurne ogni più torbida sfumatura. 

La gente corre, in una continua frenesia, verso quello che pensa essere il completamento di tutti i suoi obiettivi, verso ciò che è generalmente chiamato felicità, non realizzando che spesso la soddisfazione sta proprio negli sfiancanti sforzi che deve compiere per arrivare alla meta.

Ecco, la misteriosa, affascinante Londra donava un senso alla vita di Sherlock Holmes poiché, nonostante le sue immense capacità mentali, il detective non ne avrebbe mai scoperto tutti i suoi celatissimi segreti vivendo così, immerso in un’eterna indagine.

Sherlock Holmes era Londra.

Era il vento tagliente quando percorreva le vie più nascoste e buie con il suo lungo cappotto, i suoi occhi dello stesso azzurro timido che si faceva lentamente spazio tra le nuvole plumbee dopo la tempesta, era la frenesia del traffico, la curiosità veemente dei turisti.

La sua anima si trovava proprio lì, in mezzo alla magia di quella metropoli che non si fermava mai, che ogni giorno cercava nuovi stimoli e che spesso non lasciava spazio ai sentimenti dei suoi abitanti a causa della sua inebriante confusione.

Una città, insomma, sociopatica iperattiva.

Antima