Anime & Manga > Saint Seiya
Ricorda la storia  |      
Autore: shirupandasarunekotenshi    03/10/2015    4 recensioni
Due fratelli, ricordi drammatici da condividere, un'intimità ritrovata... e il desiderio di sapere tutto l'uno dell'altro, fino alle estreme conseguenze.
[Piccola fic, un po' tenera, un po' angst, scritta a quattro mani per il compeanno di Ikki. Auguri Fenice ^*^]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Shun, Phoenix Ikki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

KIZU (Cicatrici)

 

Era una sera di fine estate, una di quelle che preludono all'autunno, con il cielo limpido, il vento che vibra tra le fronde con più decisione che mai. E il languore del caldo viene scosso da improvvise folate fresche che quasi erano state dimenticate nell'opprimente calore delle lunghe estati di Tokyo. Nella stanza le finestre aperte portavano ancora il canto delle ultime impetuose cicale che, presto o tardi, avrebbero riposato le loro voci.

Il rumore umano delle automobili era lontano, come attutito dalla stanchezza del giorno.

Dopo giorni si respirava di nuovo.

La luce calda dell'abat-jour mandava un alone circolare che sfiorava appena il perimetro del grande letto matrimoniale. Le lenzuola, abbandonate al limite più estremo del materasso, giacevano scomposte e silenziose, spettatrici di una visione che solo la notte poteva recare.

I due fratelli erano sdraiati, uno accanto all'altro, in un silenzio sonnacchioso e pacifico, il maggiore con una mano a solleticare lentamente un ciuffo solitario che gli si era posato accanto; il minore, lo sguardo che sfuggiva tra quella mano e il soffitto, tentativamente avvicinava la propria a quella libera dell'altro, abbandonata sul materasso, in attesa di un suo coraggioso gesto.

“Ne, Niisan...”.

Gli occhi chiusi di Ikki si aprirono e sul suo viso si dipinse un sorriso un po’ sornione; in effetti era in attesa, lo sapeva che quel silenzio non poteva durare a lungo, si stava giusto chiedendo quanto Shun avrebbe resistito alla tentazione di stuzzicare la calma di quella giornata.

Sdraiato su un fianco, Ikki si puntellò su un gomito e posò la guancia su una mano, mettendosi nella posizione che più gli permetteva di contemplare quel viso all’apparenza sempre troppo delicato, non importava quanto gli anni passassero, troppo tenero per appartenere ad un guerriero.

“Dimmi, piccolo…”.

Si morse le labbra, anche lui non resisteva alla tentazione di vezzeggiarlo… certo, a suo modo, non avrebbe mai permesso a se stesso, se non nell’intimità con Shun, certi nomignoli.

Il viso di Shun si colorò, per un attimo, di imbarazzo: Ikki si permetteva certe cose solo con lui... ma così di rado che non riusciva mai ad abituarsi a quell'intimità. Era naturale che arrossisse.

Ed era anche naturale che suo fratello non resistesse dal provocargli tale reazione.

“Niisan...”.

Un mugolo di protesta, ma nemmeno troppo sicura.

Ikki si lasciò andare ad una risatina ed anche quello era un evento raro, soprattutto se accompagnato da un buffetto dato con troppa delicatezza sul naso dell’altro:

“Ti infastidisce che ti chiami piccolo? Ormai sei grande e grosso, vero?”.

“Niisan!”.

La protesta divenne molto più sicura. Ma il vero motivo del primo richiamo al fratello smorzò il lamento.

“Niisan, senti... posso farti una domanda?”.

Ecco… quello poteva essere motivo di panico. Quando Shun si faceva audace nel tentativo di entrare a fondo dentro di lui, Ikki non poteva fare a meno di mettersi sulla difensiva, benché un po’ si sentisse in colpa: quello era suo fratello, il suo otooto, la creatura che contava per lui più di ogni altra cosa al mondo e farlo entrare nel suo cuore, completamente, gli sembrava ovvio in un certo senso. D’altronde era già padrone del suo cuore, anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente. Solo che c’era sempre una barriera, sottile per Shun più che per gli altri, ma pur sempre presente e oltre quella barriera un angolo del suo io più intimo che rimaneva invalicabile persino per il piccolo Andromeda.

“Dipende…” borbottò, dopo qualche istante di silenzio. Avrebbe voluto risultare più simpatico alle orecchie di Shun, ma il mugugno che gli era uscito non doveva essere rassicurante.

Normalmente il santo di Andromeda avrebbe fatto una 'ritirata strategica', ricacciando nel limbo quella curiosità che l'aveva spinto a fare l'audace col fratello. Almeno, quello che lui considerava audace.

Ma quella sera no. Doveva essere il vento a dargli alla testa.

“Da cosa dipende?”.

Già… da cosa? Quella sì che era una domanda difficile. Ikki si passò nervosamente un dito su una guancia, accidenti a quell’esserino dagli occhi verdi al quale non riusciva a sottrarsi in nessun modo.

“Dal grado della tua curiosità diciamo, stasera sei troppo poco timido”.

“Sono tuo fratello... non dovrei essere troppo poco timido...”.

Già, non avrebbe dovuto essere timido con suo fratello. Avrebbe.

Ma chi ci riusciva?

“E come lo misuri il grado di curiosità?”.

Troppo poco timido e decisamente chiacchierone.

Non faceva una piega, il cervellino di suo fratello funzionava e anche la lingua funzionava fin troppo bene, meglio del solito.

“Lo misuro sulla mia disponibilità a risponderti”.

Si difendeva bene, poteva essere orgoglioso di se stesso.

Un sospiro, lungo e indeciso, si sciolse da Shun, gli occhi si incollarono a un piccolo angolo del soffitto.

“Non so se vorrai rispondermi... non so se è una domanda... cioè, una risposta... semplice...”.

E voleva sentirsi grande? Non si rendeva conto di quanto fosse simile ad un bimbo in quel momento? Ma, al tempo stesso, un bimbo un po’ monello… troppo.

Stava cercando di rabbonirlo facendolo intenerire, Shun stava imparando ad usare quelle armi che, aveva imparato a capire, facevano presa sul suo Niisan… e raramente fallivano.

“Sarà semplice se potrò risponderti, se sarà difficile magari non ci provo nemmeno… o, se proprio mi farà arrabbiare, ti torturerò… sicuro di voler correre il rischio?”.

Probabilmente, se quelle parole non fossero state rivolte a Shun, chiunque altro avrebbe avuto ragione di temerle.

“Se non lo corro ora... lo correrò un altro giorno” disse con fare quieto Shun, gli occhi chiari testardamente fissi su quel monotono pezzo di soffitto. Davvero, sapeva per certo che era una domanda fastidiosa la sua. Ma la curiosità...

No, non era quello il problema.

Erano le zone d'ombra a spaventarlo.

Ciò che non conosceva, normalmente, l'avrebbe reso curioso – o guardingo, in battaglia – era normale.

Ma quando chi amava recava ombre sconosciute, frammenti mancanti di un puzzle non finito...

Eccola allora quella coraggiosa curiosità.

Ikki sbuffò, ma quello sbuffo era una via di mezzo con una risata. E la risata uscì palese mentre lui scuoteva il capo, rassegnato e condiscendente.

“Spara questa domanda o rischierai di non dormirci stanotte, ti conosco”.

Le mani di Shun scesero lentamente sulla maglietta e lì si strinsero, nervose, in due piccoli pugni. Gli occhi continuavano a fissare quell'angolo, bucandolo quasi nell'intento di nascondere la paura.

“Ecco... Niisan, la... la tua cicatrice... quella sulla fronte...”.

La contemplazione di Ikki si interruppe e distorse lo sguardo dal fratello; se Shun l’avesse guardato lo avrebbe visto accigliarsi, ma bastò il prolungato silenzio ad allarmare il ragazzo.

Ikki si girò per metà, abbandonò il fianco e si mise supino, le mani intrecciate sotto la nuca; il soffitto sembrò improvvisamente interessante anche a lui.

 

Ecco, lo sapeva.

Shun strinse occhi e pugni e maledì quella sua curiosità: sperava che il fratello non avrebbe reagito troppo male a quella richiesta, ma... poteva immaginare a quale periodo della sua vita appartenesse quella vecchia ferita e... e sapeva che c'erano cose di cui Ikki, in tutto quel tempo, non gli aveva mai fatto parola.

C'era una ragione. C'era sempre.

“N-niisan, lascia stare...”.

Gli occhi del ragazzo più grande si chiusero per l'istante in cui i suoi polmoni emisero un profondo respiro: il buio davanti alle palpebre fu sufficiente a materializzare ricordi che lottava ogni giorno per seppellire, senza mai riuscirci, si rimaterializzò il dolore, non quello sulla fronte, che quasi non aveva sentito, no... quello era nulla, ma il dolore dell'anima era impossibile non provarlo, anche per il più rude dei guerrieri... e per quanto si vantasse già allora di essere, appunto, un rude guerriero, in realtà all'epoca era un bambino, solo poco meno di adesso in verità.

“Shun... ricordi quando ti parlai di Esmeralda?”.

Un semplice e flebile 'sì' fu la risposta del fratello. Uno strano batticuore gli stringeva la gola, un sentore bizzarro, l'istinto che metteva in guardia da un dolore grande, forse troppo.

Tale era il dolore di Ikki, l'immagine di quella ragazza... di quella bambina... coetanea del fratello, che moriva in maniera atroce, per lui, unicamente perché quel colpo non giungesse a colpire lui. E quell'uomo lo colpevolizzava e non provava la minima pietà di fronte ad un angelo che agonizzava sotto i suoi occhi.

“Non ti ho mai raccontato, nei dettagli, come è morta...”.

Suo malgrado, la voce uscì roca, persino un po' malferma, mentre gli occhi, ora riaperti, non vedevano tuttavia nulla, se non l'orrore dei ricordi.

Fu a quel punto che il ragazzo più giovane, con un impeto energico e, assieme, disperato, si alzò a sedere, sovrastando con la propria piccola figura quella del fratello, incollando i suoi occhi chiari a quelli brucianti di un blu notturno.

“Non... non volevo ricordarti qualcosa di... troppo triste. Ignora la mia domanda, Niisan”.

Ikki lo fissò in silenzio, senza ombra di rancore, quel genere di sguardi che riservava solo a lui e che, un tempo, aveva riservato anche a quella ragazza che tanto somigliava a Shun, così tanto che, nei giorni di Death Queen, gli faceva male al cuore.

Sollevò una mano, affondò le dita in una ciocca di capelli d'oro del fratello e gliela spostò delicatamente dietro l'orecchio, un gesto riservato all'intimità, che mai a nessun altro avrebbe permesso di scorgere.

“Non puoi avermi ricordato qualcosa che non dimentico mai... qualcosa cui non smetto mai di pensare... insieme alle tante altre tragedie che hanno solcato le nostre esistenze”.

Lo sguardo di Shun si abbassò, facendosi più grave e dimesso.

Era vero che il passato era impresso indelebilmente in loro, nella carne e, ancor più, nei ricordi. E che Ikki, il suo passionale e ombroso fratello, recava un'ombra addosso che, a volte, pareva sul punto di inghiottirlo... e forse in passato era riuscita nell'intento.

“Lo so...” bisbigliò, mordendosi poi le labbra. “Ma...”.

Lo interruppe il gesto ancor più profondo del fratello: l'altra mano raggiunse la prima sul viso di Shun ed entrambe lo tennero fermamente, occhi negli occhi, anima affondata nell'anima del ragazzo più piccolo.

“Sei mio fratello... vuoi condividere i miei pesi?”.

Era così strano udire la propria voce dire una cosa simile: chiedere a Shun di condividere i suoi pesi, a quel suo tesoro al quale avrebbe strappato dal cuore ogni sofferenza se avesse potuto? Ora, senza neanche rendersene conto, si era trovato a chiedergli una cosa simile?

“Vuoi sapere tutto Shun? Proprio tutto? Vuoi... vuoi vedere quella parte del mio passato in cui il destino ci ha tenuti lontani?”.

Nella penombra di quella strana sera, gli occhi di Shun si erano fatti enormi, il nero delle pupille quasi cancellava il tenero verde che rendeva il suo sguardo morbido e dolce. Nelle mani di suo fratello il viso si era fatto attento, vigile e fermo, anche se il cuore aveva battiti strani, quasi indecisi, influenzati da quello straniamento che le parole del fratello gli stavano causando.

“Sei mio fratello, il tuo fardello è... il mio fardello”.

Le dita di Ikki si tesero con maggior forza sulle tempie di Shun:

“Vuoi... vedere... davvero?”.

Gli girava la testa al pensiero di quel che stava per fare e angosciato, furioso con se stesso perché gli era venuta in mente una cosa del genere... e perché lo voleva fare davvero.

Perché?

Per essere, una volta per tutte, tutt'uno con l'unica persona al mondo con la quale desiderava esserlo? Perché temeva che, altrimenti, non sarebbe riuscito a spiegare a Shun con le sole parole?

E adesso cosa sarebbe accaduto? Aveva giurato di proteggerlo... e invece...

All'improvviso, sulle gote gelide di Ikki giunsero le mani tiepide e tremanti di Shun, posandosi su di lui con più morbidezza sul volto levigato dalla sofferenza e dalla solitudine.

“Niisan...” un mormorio accompagnato da un sorriso preoccupato e malinconico. “... se non te la senti...”.

Con i pollici, Ikki carezzò le tempie del fratello, maledicendosi, perché le sue mani tremavano ed era impossibile che Shun non percepisse quei tremiti.

“Vorrei mostrarti tutto di me… ma il prezzo potrebbe essere troppo alto”.

“Se lo è per te... allora... allora non devi farlo...” disse Shun quasi sottovoce, gli occhi fissi e testardi in quelli del fratello.

Le dita di Ikki si bloccarono e le sue mani si staccarono, con lentezza, dal viso di Shun. Un sospiro scosse le sue spalle e si lasciò ricadere all’indietro sul materasso, gli occhi chiusi e labbro inferiore tra i denti.

“Per me…” sussurrò, roco. “Se lo fosse per me, pur di farti entrare nel mio intimo, non ci penserei due volte”.

“Per me... allora?” la voce di Shun si ruppe, mentre il capo si muoveva in diniego, con angoscia. “Niisan, ancora non mi credi... capace di sopportare...?”.

Le labbra di Ikki si piegarono su un lato, in un sorriso amaro, gli occhi rimasero chiusi mentre scuoteva il capo a propria volta:

“Tu sopporti qualunque cosa meglio di chiunque altro, sei disposto a sopportare tutto ed è questo che mi spaventa”.

“Io... io sopporto solo perché ci sei tu, perché ci sono i nostri fratelli, perché so di... non essere solo. La forza che vedi non è la mia... è solo un riflesso”.

Il capo di Shun si chinò su un occhio di Ikki, poi l'altro e li baciò dolcemente.

“Solo perché voi siete la mia forza... senza di voi non sarei quello... che io sono...”.

Gli occhi di Ikki si aprirono e Shun si trovò il suo dito puntato contro la fronte, che lo spingeva verso l’alto:

“Bla, bla, bla… sei acuto a comprendere il cuore altrui, ma quando si parla di te insisti nel non essere obiettivo. Non ti capisci proprio”.

“Io so solo che senza di te non sarei qui... e non sarei quel che sono... di questo sono certo. Quindi sì, voi siete la mia forza”.

La cocciutaggine del ragazzo era lì, seppellita in quegli occhi impavidi.

Il sorriso amaro di Ikki si trasformò in un ghigno. Si puntellò su un gomito e si sollevò, fissando il fratello con espressione vagamente divertita:

“E la tua testardaggine la dice lunga su quanto ho ragione, da quando sei così ribelle? Non si dà torto al tuo Niisan, sai?”.

Il viso di Shun fu lesto ad arrossire e ad abbassarsi, lasciando ricadere un ciuffo troppo lungo sugli occhi.

“Ci sono... questioni... e... questioni...”.

Ikki si grattò la fronte, laddove si trovava la cicatrice: altro che testone, il suo fratellino ormai riusciva a confonderlo. Gli teneva testa, eccome e nonostante tutto Shun non si rendeva conto di quanto fosse forte.

“Piccola peste” si trovò a borbottare, quasi senza accorgersene.

Il viso di Shun si ritrovò ancora più in fiamme, mentre un piccolo broncio si disegnava sulle labbra.

“Non assumere quell’espressione da bambino offeso che non mi incanta. Sei troppo tosto per essere un bambino”.

Intanto, dentro di sé sperava che il discorso in sospeso fosse accantonato, o forse un po’ gli dispiaceva perché il bisogno di far capire tutto a Shun era sempre lì, ma ancora più forte era la paura di fargli del male, perché era uno solo il modo che conosceva per fargli comprendere, fino in fondo, ogni cosa.

Le labbra di Shun allora si sciolsero in un piccolo sorriso, ma poi, ciò che galleggiava sopra di loro come una nera nuvola di pioggia tornò a farsi sentire con il suo insostenibile peso.

“Se allora mi ritieni così forte, che cosa temi... Niisan?”.

La voce del ragazzo più giovane si fece sentire, stavolta senza sussurri né timori.

Ikki avrebbe dovuto saperlo: era o non era un osso duro il suo otooto? Tanto dolce, sensibile, tenero… tanto deciso ad andare fino in fondo quando si metteva in testa qualcosa.

“Il fatto che tu sia forte, non rende per me meno doloroso il pensiero di farti del male, te ne ho già fatto troppo in passato ed è già abbastanza per cancellare ogni possibilità di perdonare me stesso”.

“Ma...”.

Il suo Niisan, fin troppo premuroso, fin troppo delicato con lui...

Shun agì d'istinto e, prendendo di sorpresa entrambi, spinse il fratello contro il materasso, giungendo a sovrastarlo con una decisione che difficilmente aveva manifestato con lui.

“Se... se io mi fido di te... tu devi fidarti di me, devi credere in me, nella... nella mia forza che tu vedi in me altrimenti... altrimenti le tue parole... che senso avrebbero?”.

Colto del tutto alla sprovvista da quel gesto, Ikki sbatté le palpebre, osservando quegli occhi tanto profondi e decisi; ormai lo sapeva, si era rassegnato ad essere tanto orgoglioso di lui, l’aveva ormai ammesso più volte a se stesso, anche se forse non era mai riuscito a confessarlo a nessun altro fino in fondo, neanche al diretto interessato, se non quel giorno, nell’Ade, quando Shun si era immolato al dio degli Inferi per…

Deglutì, il solo ricordo lo fece tremare. Era diventato tanto debole? I ruoli si erano invertiti?

Non era così: semplicemente la crescita e le esperienze avevano portato alla luce quel che realmente erano ed avevano messo in chiaro, una volta per tutte, chi davvero fosse forte, interiormente solido ed equilibrato, tra loro due.

Sospirò per l’ennesima volta:

“Stai cercando di ubriacarmi con le parole? Stai cercando di convincermi che devo fare ciò che non vorrei e che vorrei al tempo stesso?”.

Le mani strette a pugno, abbandonate sui fianchi, lo sguardo testardamente puntato su un punto poco definito sotto il braccio destro di Ikki.

“Non posso ubriacarti, posso solo convincerti”.

E ne era così certo. In fondo sapeva che potere riusciva ad avere sul fratello. Qualcosa che, a quel mondo, solo lui possedeva.

Ikki si sollevò e si ritrovarono in ginocchio sul letto, l’uno di fronte all’altro, occhi negli occhi e, osservando quelle profondità di smeraldo, il santo di Phoenix lo comprese una volta di più: il suo fratellino era cresciuto.

Mentre io sono rimasto fermo… non è vero?” si disse tra sé.

Ma le parole che uscirono furono altre:

“Convincermi a… ma tu… hai capito in che modo io... posso mostrarti? Hai capito cosa… cosa mi è venuto in mente? L’hai capito sul serio?”.

A Shun bastò solo lo scuotersi lento e chiaro del capo per ricevere in risposta il viso di Ikki tendersi e impallidire appena.

Le mani di Ikki tornarono sulle sue tempie, mentre una sensazione di ineluttabilità si impadroniva di lui: la decisione finale era sua, eppure credeva di non poter tornare indietro.

Solo scuse che metteva in fila una dopo l’altra per giustificare se stesso e il gesto che stava per compiere? Probabile. D’altronde l’egoismo era parte del suo essere, da sempre. Persino quando, da bambino, si era preso sulle proprie spalle il fardello di un fratello minore di cui occuparsi, non l’aveva fatto per se stesso in fondo? Non era stato lui ad aggrapparsi a Shun, laddove sembrava che fosse Shun ad aggrapparsi a lui?

“Vuoi vedere… Death Queen… il giorno in cui io ho ricevuto questa cicatrice, Shun?”.

Il capo di Shun annuì lievemente, gli occhi si socchiusero.

Non voglio, non voglio, non voglio farlo!” si ripeteva mentalmente Ikki, ma le dita si fecero pressanti contro la pelle delicata di Shun, il comando mentale del Gen Ma Ken precedette ogni tentativo volontario di fermarlo… e lui non sapeva più dove fosse la sua volontà.

Percepì il tendersi di Shun sotto il suo tocco e il gemito che si levò dalle sue labbra, vide i suoi occhi sgranarsi e si perse in essi, rivivendo per l’ennesima volta ciò che voleva mostrare a Shun, dubitando di riuscire ad essere abbastanza forte per sostenere il fratello.

“Perdonami” mormorò, smarrito, mentre le immagini cominciavano a scorrere davanti ai sensi di entrambi.

 

Gli occhi di Shun si chiusero sul viso di Ikki e si riaprirono sempre su di lui, più giovane, forse più arrabbiato.

Una terra arsa, dura, impietosa.

Calore bruciante, sole quasi accecante.

E poi la vide.

E per lui fu come guardarsi in uno specchio.

Medesimi occhi, medesimo viso. Solo i capelli...

E poi, come uno sparo, quel viso si stravolse nel dolore. E sangue, tanto sangue.

E un urlo.

E Shun tornò a guardare Ikki, pallido e sorpreso (o forse no?).

E lì, eccola... eccola quella cicatrice.

Ecco di nuovo del sangue.

Tanto, troppo.

Eppure... non era il sangue.

Non era...

“Era la mia anima, che se ne andava insieme ad Esmeralda”.

Gli parlò la voce di Ikki adulto, che si fondeva in maniera struggente con quella del ragazzo… del bambino… che aveva sofferto tanto fino ad impazzire.

 

Shun si sentì tremare, respirò a fatica. Guardò Ikki e il viso bambino si confondeva con quello del presente e le lacrime parevano appartenere a entrambi e non solo.

“Niisan...”.

Ikki sussultò, staccò le mani dal fratello, come se la pelle del ragazzo improvvisamente si fosse messa a bruciare, ma la realtà era che temeva lui stesso di bruciare il santo di Andromeda con la violenza del proprio cosmo. Arretrò, incredulo di se stesso, incredulo per ciò che vedeva: l’aveva fatto davvero.

“Shun…” riuscì solo a sussurrare, in risposta al richiamo del fratello.

Gli occhi enormi, di un verde cupo, pieno di sofferenza, si spalancarono sul maggiore ma, prima che Ikki potesse dire altro, Shun si aggrappò al suo collo, stringendosi come se fosse la sua unica ragione di vita.

“Niisan... perdonami... perdonami...”.

Era difficile, per Ikki, comprendere i percorsi mentali di Shun a volte, era difficile per tutti, perché in quella testolina si agitavano cose ed idee decisamente lontane dai processi mentali comuni.

Non poté fare altro che ricambiare la stretta, fino a farlo scomparire tra le proprie braccia, perché non importava quanto Shun crescesse: accanto a lui sembrava sempre tanto piccolo e fisicamente fragile.

“Quando la smetterai di chiedermi perdono persino quando sono io a farti del male, piccolo stupido?”.

Il tono commosso smentiva l’apparente severità delle parole.

La risposta del fratello fu una stretta ancora più forte attorno al collo di Ikki, il respiro tremante di un pianto silenzioso, un sospiro breve.

“Sono...” disse infine, “un vero stupido... niisan...”.

Ikki sbuffò fuori una piccola risata:

“L’ho detto prima io a te, non copiare”.

Il corpo di Shun scivolò lentamente lontano da Ikki, mentre gli occhi umidi si riaprivano sulle proprie mani, appoggiate al petto del ragazzo.

“Uhn...” mugugnò Shun stringendosi appena nelle spalle.

Poi, lentamente, alzò lo sguardo, seguendo la linea del mento, della bocca e poi del naso del fratello. Si fermò nel momento in cui giunse alla cicatrice.

E la mano si alzò, impossibile non sfiorare, ora, quel punto.

Il sorriso di Ikki si trasformò in un’espressione di stupore e le sue iridi blu si fecero intense, scrutatrici; avrebbero inquietato chiunque tanto sembravano inquisitorie, ma Shun non ne sembrava più intimorito da tempo.

“Otooto” mormorò Ikki, “cosa pensi? Dopo quello che hai visto intendo… ora sai tutto… davvero tutto”.

Le iridi ancora lucide di Shun lo guardarono perplesse, il viso si piegò su un lato, confuso.

“Dovrei pensare qualcosa di diverso di te, Niisan?”. Credeva che quella... visione... avrebbe cambiato qualcosa nei suoi sentimenti? “Se c'è qualcosa di diverso è che ora comprendo... meglio...”.

Il più grande gli posò una mano sulla guancia e lasciò una carezza, che poi salì verso la tempia:

“Come stai? Ti ho fatto male?”.

Shun scosse la testa in diniego.

“Non potresti mai farmi del male...”.

Ikki spostò una ciocca ribelle di Shun dalla sua fronte, accompagnando il gesto con un sospiro penoso:

“Solo tu potresti dire una cosa del genere dopo tutto quello che ti ho fatto… e solo tu potevi accogliere un Gen Ma Ken senza impazzire… tu, colui che tutti abbiamo passato anni a sottovalutare. Non dovrei più stupirmi immagino”.

Era sollevato e, al tempo stesso, incredulo: Shun non aveva subito davvero alcuna conseguenza dal suo colpo che aveva provocato la follia di molte menti.

Non lo aiutò a far svanire il senso di colpa ma, in un certo senso, aver mostrato a Shun quella parte di sé, lo fece sentire come liberato da un peso.

Giunse la mano di Shun sulla sua e la accarezzò dolcemente.

“Te l'ho detto...” sussurrò Shun socchiudendo gli occhi con un sorriso lieve sulle labbra. “Se sei con me... posso fare qualsiasi cosa... e la tua dolcezza mi ha protetto... da qualsiasi dolore...”.

“La mia… dolcezza… certo”.

Ikki avrebbe riso se la commozione non l’avesse spinto a lottare per trattenere le lacrime: andava bene, poteva accettare di mostrare a Shun le parti più segrete di sé, ma scoppiare platealmente a piangere lo considerava ancora un po’ troppo.

O forse no?

Le sue labbra esalarono un nuovo sospiro, afferrò Shun per le spalle e si lasciò cadere indietro sul materasso, trascinandolo con sé.

A quel punto, dopotutto, non importava più: Shun aveva visto qualcosa di molto più profondo delle lacrime che avrebbe potuto piangere davanti a lui. Non aveva più scuse per lottare contro se stesso allo scopo di nascondergli qualcosa.

Ci apparteniamo di nuovo fino in fondo” pensò, “come quando eravamo piccoli e il destino già cercava di separarci… non ce l’ha fatta allora… adesso non ha davvero più armi contro di noi”.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: shirupandasarunekotenshi