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Autore: grandR    07/10/2015    3 recensioni
Cinque volte che gli amis utilizzano la Stanza delle Necessità e una volta che non ne hanno bisogno.
[It's like daylight, only magic #6, Hogwarts AU]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Les Amis de l'ABC
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'It's like daylight, only magic'
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Storia appartenente alla serie It's like daylight, only magic
avvertimenti: depressione, menzione di attività sessuale tra studenti di diciassette anni (anche se per il Mondo Magico sono maggiorenni, potrebbe comunque essere considerato underage).

 

Room of Requirement
 
 
1.
 
Sono Joly e Bossuet a scoprirla.
Stanno battibeccando su un nuovo videogioco uscito da poco nel mondo babbano, discutendo sul modo migliore per introdurlo a scuola – perché no, non c'è alcuna possibilità che aspetteranno la fine dell'anno per provarlo, e , lo sanno che i congegni babbani non funzionano a Hogwarts, ma si inventeranno qualcosa – quando Joly si accorge che hanno percorso lo stesso corridoio più volte, andando avanti e indietro, pensando ad alta voce.
“Vieni, Cosette ci sta aspettando in biblioteca,” dice. Inizia ad avviarsi verso le scale.
Bossuet non lo segue. È bloccato in mezzo al corridoio, immobile, una curiosa espressione sul viso.
Joly aggrotta la fronte. “Stai bene?”
“Joly,” mormora lui. Fa una pausa. “Dimmi che non me lo sto immaginando.”
Joly torna sui suoi passi. Non è insolito che Bossuet gli chieda di accertarsi che non stia avendo allucinazioni: l'ha sempre fatto, sin da quando si sono conosciuti durante il primo anno, ogni volta che accadeva qualcosa di inspiegabile o incredibile davanti ai suoi occhi da Nato Babbano. Joly poteva definitivamente capirlo bene. Nel piccolo gruppetto di amici che aveva miracolosamente trovato all'inizio della loro avventura a Hogwarts, Enjolras era l'unico a provenire da una famiglia Babbana come lui, ed era fantastico, Enjolras era ed è una persona meravigliosa e tutti sono almeno un po' innamorati di lui – tutti quelli che non lo detestano, cioè – ma Bossuet era subito sembrato... di più. Joly non sa bene come spiegarlo. Altra cosa insolita, perché in genere Joly sa spiegare le cose piuttosto bene.
Quando lo raggiunge si accorge che Bossuet sta fissando una porta. Ha un aspetto comune, ordinario. È proprio questo a incuriosirlo: a Hogwarts non ci sono porte dall'aspetto comune e ordinario. Non ci sono porte babbane.
“Che cos'è?”
“Non ne ho idea,” risponde Bossuet. Parla a bassa voce, quasi con riverenza. O forse è così sorpreso da non riuscire a fare di meglio. “È... uscita dal nulla?”
“Non era qui. Sono sicuro che non era qui prima,” dice Joly. Fissa la porta, come se possa tentare di estorcerle le informazioni che desidera col pensiero. “Dove siamo? Sesto piano?”
“Settimo,” lo corregge l'altro.
Il corridoio è deserto. La porta è comparsa davanti all'arazzo di un mago che tenta di insegnare a dei Troll a ballare.
“Sembra innocua. E se noi...” Bossuet tralascia la frase.
“Non-” Joly tenta di bloccarlo, ma lui ha già appoggiato la mano alla porta, cautamente “... toccarla,” termina con un sospiro.
La porta rimane lì, e sembra sempre completamente innocua.
“Non vuoi scoprire che cosa c'è dentro?” chiede Bossuet, con l'espressione di chi sta per farla grossa. Joly adora quell'espressione, ma non può certo dirglielo.
“Certo che voglio,” concede. In fondo non ha passato tutto il primo anno ad esplorare il castello per niente. Lui, Courfeyrac, Grantaire e Marius si erano divertiti, certo, ma avevano fatto anche delle scoperte niente male per dei novellini. “Non pensi che dovremmo chiamare qualcuno? R, Combeferre? Gli altri?”
“R è agli allenamenti di Quidditch, e Combeferre è nella vostra Sala Comune,” gli fa notare Bossuet “Vuoi davvero allontanarti e rischiare che la porta scompaia?”
Sì, è un ragionamento logico. Se ignorata, la porta potrebbe ritornare da dove è venuta. Joly tenta di evitare di pensare alla sua curiosità pressante e cerca di ragionare lucidamente. “Hai ragione, certo,” gli concede. “Ma che succede se finiamo in qualche posto sperduto o pericoloso?”
“Impareremo a non accettare più di aprire porte sconosciute?”
“Siamo a Hogwarts. Che cosa potrebbe capitarci?”
Bossuet gli dà uno sguardo eloquente. Joly si lascia sfuggire un gemito. Vuole davvero, davvero scoprire che cosa c'è dall'altra parte. Trattiene un sorriso quando Bossuet gli prende la mano e la posiziona sull'apparentemente ordinaria maniglia della porta. “Dovremmo almeno mandare un messaggio a qualcuno,” tenta di nuovo.
“E come?” è la pronta risposta di Bossuet. Joly lo guarda. Sta inarcando le sopracciglia, gli occhi fissi su di lui. “In fondo siamo solo al quarto anno, non sappiamo come mandare messaggi, no?”
In realtà Joly conosce la teoria, anche se non ha mai messo in pratica l'incantesimo, e Bossuet lo sa.
Joly sospira nuovamente. Questa volta con sconfitta. “Va bene,” decide, “Facciamolo.”
Insieme, abbassano la maniglia della porta. Questa si apre con un basso cigolio. I due si lanciano uno sguardo di intesa, poi, in contemporanea, mettono un piede nella stanza poco illuminata. Non accade nulla. Fanno un altro passo, e poi un altro, fino a che la porta non si chiude piano dietro di loro.
“Vedi qualcosa?” sussurra Joly.
“No.” Una pausa, e poi, “Però aspetta. C'è un... un interruttore?”
“Un interruttore? Come può esserci un interruttore? Un interruttore di cosa?”
“Non lo so, è un interruttore!”
“Non toccare l'interruttore!”
“Ma potrebbe essere un interruttore importante!”
“Oh, per te ci sono interruttori non importanti? Come puoi parlare così degli interruttori?”
Bossuet fa una risatina. Si sente un clic e la camera è improvvisamente inondata di luce gialla e... elettrica.
“Ma cosa-” inizia Joly, a bocca aperta, ma si interrompe.
La stanza è semplice, ed è una stanza tipicamente babbana. Ci sono un vecchio divano dall'aspetto comodo, un tavolino di legno, una televisione spenta.
“Ehi,” dice Bossuet. Attraversa la stanza a grandi passi. “Ehi.” Si guarda intorno, poi fa un gran sorriso. “Ehi,” ripete di nuovo. Solleva qualcosa dal tavolino tra il divano e la televisione.
Ormai Joly ha la bocca spalancata. “Non ci credo,” riesce ad articolare. “Non. Ci. Credo.”
Bossuet ha in mano il videogioco su cui hanno discusso per tutta la giornata. E non solo, ma collegata alla televisione c'è una console. Esattamente ciò di cui avevano bisogno.
E se passano tutta la serata in quella stanza e finiscono il gioco a notte fonda, dimentichi di tutto e di tutti, non è colpa loro. Nemmeno quando il giorno dopo Cosette li ringrazia sarcasticamente per averla raggiunta in biblioteca.
Ma a Joly e Bossuet non importa, si faranno perdonare, perché intanto, improvvisamente, inconsapevolmente, hanno scoperto la Stanza delle Necessità.
 
 
2.
 
La prima persona con cui Joly e Bossuet ne parlano è Combeferre, perché Combeferre è posato, responsabile e saprà certamente che cosa fare. È così che funziona: se hai un problema, vai da Combeferre, e lui farà di tutto per aiutarti senza battere ciglio. Nel loro gruppo di amici – che tutti si rifiutano di chiamare Club dell'ABC, perché il nome l'hanno inventato Éponine e Grantaire con la benedizione di Courfeyrac e il suo reale significato è ridicolo – tutti aiutano sempre tutti, questo è un dato di fatto, ma andare da Combeferre è quasi una convenzione. Anche Enjolras a volte cede e va da lui quando qualcosa lo preoccupa – il ché è tutto dire, perché Enjolras non parla mai dei suoi problemi, a parte forse con Grantaire.
È noto che Combeferre non sia facilmente impressionabile. Quando Joly e Bossuet lo prendono da parte durante la cena in Sala Grande chiedendogli all'unisono di potergli parlare in privato, lui si limita ad annuire, suggerendo di spostarsi all'estremità destra del tavolo di Corvonero al momento deserta.
“So che non ci crederai,” inizia Bossuet, e Combeferre inarca le sopracciglia in una domanda silenziosa.
“Abbiamo trovato una stanza,” dice Joly.
“O meglio, una porta che a volte c'è e a volte non c'è,” aggiunge Bossuet “Che conduce a una stanza.”
“Ma la stanza cambia ogni volta.”
“In base a ciò di cui hai bisogno.”
“L'abbiamo scoperta per sbaglio e abbiamo fatto qualche prova, e prima di dirlo a tutti volevamo parlarne con te,” termina Joly.
Combeferre li fissa per qualche secondo. “Avete trovato una porta che conduce a una stanza che cambia a seconda di ciò che hai bisogno?” ricapitola infine.
I due annuiscono.
“Molto bene,” sospira lui. Fa un cenno verso l'uscita della Sala Grande. “Volete mostrarmela?”
Così, come se niente fosse, Joly, Bossuet e Combeferre si alzano dal tavolo di Corvonero senza aver toccato cibo e iniziano ad attraversare la sala. Anche se non è notte, il soffitto incantato mostra il cielo già scuro e senza stelle tipico delle serate di fine gennaio.
Joly intravvede Cosette cenare al tavolo di Tassorosso insieme a Feuilly e Marius. Marius la sta guardando così intensamente che non si è accorto della zuppa che gli gocciola sui pantaloni dal cucchiaio bloccato a mezz'aria. La risata tonante di Bahorel risuona per tutta la Sala dal tavolo di Serpeverde, dove è in compagnia di alcuni compagni di casa. Al tavolo di Grifondoro ci sono Grantaire e Enjolras. Sono seduti vicini. Enjolras sta dicendo qualcosa a una compagna di Casa gesticolando animatamente, ed è probabilmente per questo che non si accorge dell'espressione di Grantaire.
Quasi senza pensarci, di riflesso, Joly si dirige verso di loro, trascinando gli altri con sé. Grantaire è uno dei suoi migliori amici. Lo è sempre stato, sin dal primo giorno del primo anno. Ma anche se Grantaire non fosse uno dei suoi migliori amici Joly tenterebbe comunque di andare da lui e fargli sparire quell'espressione vuota e avvilita dal viso.
“Ehi, R!” esclama in tono allegro. Ormai a pochi passi di distanza da lui, lo saluta con la mano.
Grantaire si riscuote improvvisamente con un sussulto. Prova a fingere un sorriso. “Ciao, Joly,” lo saluta.
Enjolras interrompe la sua conversazione per sorridere a tutti, ma Joly nota quando anche lui si accorge che qualcosa non va.
“Vuoi venire con noi? Siamo in missione.”
Il sorriso di Grantaire questa volta è tirato. Siamo in missione sono le parole che usavano al primo anno, durante le loro esplorazioni della scuola. Grantaire è sempre stato entusiasta di scoprire cose nuove su Hogwarts, ma adesso alza le spalle, come se non abbia importanza, come se la sua presenza non abbia importanza. Abbassa lo sguardo. “Non penso,” mormora.
Enjolras gli poggia cautamente una mano sulla spalla. “Potremmo andare tutti insieme,” propone. Il suo tono è dolce, leggero. È quello che usa solo con Grantaire.
“Ci farebbe molto piacere avervi con noi,” interviene Combeferre, gentile.
Grantaire rilascia un sospiro, alza le spalle. “D'accordo,” dice. Si alza a fatica dalla panca, come se tutto il suo corpo provi dolore solo a quel semplice gesto. Enjolras si alza con lui.
Bossuet si passa una mano sul volto. “Non so mai cosa dire quando è così,” sussurra.
“Nemmeno io,” ammette Joly “Ma ci provo comunque.”
Odia vedere Grantaire in quello stato. La preoccupazione e l'affetto per lui gli stringono il cuore ogni volta che è costretto a vederlo trascinarsi in giro, fantasma di se stesso. Fino a dicembre questi giorni erano sporadici e meno dolorosi, rare ore grigie che tutti sapevano sarebbero presto migliorate.
Anche Combeferre è teso. “Non so che cosa potremmo fare. Non lo so mai.” Ai suoi fianchi, i suoi pugni sono stretti. Detesta sentirsi inutile, non riuscire a trovare una soluzione a un problema, non sapere cosa fare.
Enjolras e Grantaire li raggiungono lentamente. Enjolras sta sorridendo in modo incoraggiante. “Dove ci state portando?” chiede.
“È al settimo piano,” risponde Joly. Procede a raccontare tutta la storia con entusiasmo forse un po' artefatto, ma quando vede una scintilla di interesse negli occhi spenti di Grantaire capisce di essere sulla strada giusta.
“Chissà che cosa ci mostrerà questa volta, allora,” commenta Enjolras. Il suo sorriso non vacilla nemmeno per un secondo.
Grantaire annuisce, assente.
Negli ultimi due mesi, ossia da quando ha ricevuto la Strillettera dai suoi genitori, i giorni così sono aumentati. Grantaire è diventato più cupo, più taciturno, più triste. Nessuno sa cosa fare. Solo Enjolras, che tra loro è quello che si comporta meglio di tutti – e anche quello che soffre di più, sospetta Joly – riesce a farlo reagire un po'. Occasionalmente anche Jehan riesce a strappargli qualche sorriso.
Attraversano la scuola parlando di cose futili. Il cappello della professoressa di Antiche Rune, la prossima gita a Hogsmeade, l'ultima partita di Quidditch. Bossuet fa qualche orribile, scontatissima battuta a cui ridono tutti.
Una volta giunti davanti all'arazzo del mago e dei Troll, Joly tenta di spiegare loro che cosa fare. Ha un'idea. Combeferre chiude gli occhi senza alcuna esitazione. Enjolras lancia un'occhiata veloce a Grantaire prima di fare altrettanto.
Quando i cinque riaprono gli occhi, di fronte a loro è comparsa una porta di legno riccamente lavorata e Joly sente un'ormai familiare scintilla di curiosità. “Vuoi provare ad aprirla tu, R?”
“Certo,” risponde lui, piano. Si volta verso Enjolras. “La apri con me?”
Enjolras sorride a Grantaire come lui sia appena riuscito in un incantesimo particolarmente complesso. Le maniglie hanno l'aspetto pesante, ma la porta si spalanca appena i due vi poggiano le loro mani unite.
Oh,” sospira Enjolras. Fa qualche passo nella stanza, Grantaire lo segue senza lasciare la presa.
“Ma è... è...” Bossuet non termina la frase.
“È incredibile,” sussurra Combeferre.
Joly non sa dove sono. Non ne ha la minima idea. Sa solo che le pareti, il soffitto, persino il pavimento, tutto è ricoperto di arte. Ci sono dipinti, affreschi, persino sculture negli angoli. Delle alte finestre mostrano il cielo notturno. Le loro voci sbalordite rimbombano nella stanza dalle dimensioni immense.
“Guardate,” bisbiglia Bossuet, indicando il pavimento, dove dal nulla sono comparsi grossi cuscini e decine di coperte dall'aria confortevole. Sembra che la loro serata sia decisa.
Grantaire, al centro della stanza, non ha ancora detto una parola.
“Che ne dite se andiamo a chiamare gli altri?” propone Joly “Così passiamo la serata tutti insieme. È da tanto che non lo facciamo.”
Enjolras annuisce, ma non accenna a muoversi.
“Vengo con te,” dice Bossuet. Lui e Combeferre seguono Joly fuori dalla Stanza delle Necessità.
Impiegano venti minuti a radunare tutti e a condurli al settimo piano, perché Courfeyrac era imboscato in un sottoscala con un gruppetto misto di ragazze e ragazzi, mentre Éponine si era rintanata nella Sezione Proibita della Biblioteca.
I tre ridacchiano delle reazioni degli altri quando la porta appare ai loro occhi, ancora di più quando entrano nella grande sala dove Enjolras e Grantaire si sono sistemati sui cuscini sul pavimento. Grantaire sembra molto più tranquillo. Ha una coperta sulle spalle e la mano ancora stretta a quella di Enjolras. Non sembra intenzionato a separarsene. In un primo momento si irrigidisce quando l'intero Club dell'ABC – che nome ridicolo, dovrebbero davvero trovarne un altro – si raccoglie intorno a lui, poi però si rilassa gradualmente. Jehan si siede dietro di lui, gli dà un bacio sul capo, e senza una parola inizia a intrecciargli i capelli scuri. Courfeyrac si siede su un cuscino poco lontano. Chiede a Grantaire di indicargli le sue opere preferite nella stanza con genuina curiosità. Grantaire sta in silenzio per qualche secondo, poi inizia a parlare. Tutti ascoltano. Éponine gli posa la testa in grembo.
Quando termina il suo discorso, che da timido ed esitante è diventato sempre più sicuro e appassionato, Grantaire ha un leggero sorriso sulle labbra.
 
 
3.
 
Éponine sa che non dovrebbe farlo. Sa che quando si sente così dovrebbe cercare la compagnia dei suoi amici, di chiunque, e non stare da sola a deprimersi nel suo piccolo mondo fatto di oscurità.
O meglio, lo sa, ma non le interessa.
A volte diventa troppo. Si sente sempre più ridicola ogni giorno che passa, ma in fondo che cosa può farci? Non è colpa sua se si è innamorata. Quello che prova lei non è qualcosa di limpido e appassionato come ciò che Grantaire prova per Enjolras, né qualcosa di inconsapevole e timido come l'affetto che Courfeyrac sente per Combeferre, né qualcosa di umile e semplice come quello che c'è tra Cosette e Marius, e nemmeno qualcosa di giocoso e nitido come sono Bahorel e Feuilly.
Al pensiero di Cosette e Marius si costringe a chiudere gli occhi.
Il fatto è che lei è felice per Marius. Per entrambi. Vuole che siano felici, vuole che stiano bene, vuole che la loro storia vada avanti. Dopo anni di sguardi incerti e sorrisi imbarazzati, si sono finalmente messi insieme. Proprio oggi. Il primo giorno di libertà dopo i G.U.F.O.
Éponine è sinceramente felice per loro. Lo è davvero. Per loro, ma non per se stessa. Perché ormai sì, è finita. L'ultima piccola, innocua, devastante scintilla di speranza si è spenta nel momento in cui li ha visti sorridenti e mano nella mano. È riuscita a resistere esattamente per tre minuti e mezzo. Poi ha fatto ciò che fa sempre. È scappata. Si è allontanata dal problema, come suo solito, ed è sgusciata nella Stanza delle Necessità senza pensarci due volte, perché qui nessuno può entrare, perché qui nessuno la troverà mai.
Non perde nemmeno tempo a guardare la forma che ha preso la stanza: si lascia cadere sul pavimento freddo, gli occhi spalancati nel buio. Non piange. Non singhiozza. Non urla. Fissa il vuoto, il suo respiro affannato che risuona contro le pareti attorno a lei.
Si chiede se sarà mai felice. Se troverà mai qualcuno che si interessi davvero a lei. Che vada oltre i pregiudizi sulla sua famiglia, oltre la sua situazione disastrata, oltre la sua carnagione troppo pallida e il suo viso troppo affilato e le sue maniere chiuse e sarcastiche. Se troverà mai qualcuno che vada oltre tutto questo e che la voglia comunque.
Musichetta la sta cercando.
Anche Grantaire la sta cercando.
Si domanda se anche gli altri si siano accorti della sua mancanza nel loro gruppo. A volte le sembra di non farne nemmeno parte. Si sente un'estranea in mezzo alle loro facce positive e sorridenti. Lei non è così. Loro lo sanno. L'hanno accettata davvero, o lei li ha tenuti tutti alla larga? Ma poi sospira, si maledice mentalmente. Persino Enjolras a volte si preoccupa per lei. Certo che loro sono suoi amici.
Non le piace dubitare di se stessa e di quelli che le stanno attorno, ma lo fa continuamente. Quando cambierà? Quando cambierà tutto?
Fa un altro sospiro. Chiude gli occhi.
Forse è proprio lei che dovrebbe far cambiare le cose.
 
 
4.
 
“Okay,” dice Enjolras, mentre Grantaire lo trascina su per le scale, attraverso corridoi e passaggi segreti, tirandolo incessantemente per la mano. “Dove mi stai portando? Lo sai che devo studiare, 'Taire, devo fare i compiti di-”
“Shhh,” lo zittisce Grantaire. Gli lancia uno sguardo da sopra la spalla e ride. “Non essere pesante.”
“Non sono pesante,” sbuffa Enjolras.
Grantaire si ferma e si volta di nuovo. Enjolras lo sta guardando con espressione imbronciata. “Voglio solo passare un po' di tempo con te, va bene? Negli ultimi giorni – che dico, nelle ultime settimane non abbiamo avuto nemmeno cinque minuti liberi, e la situazione sta degenerando.”
“Sta degenerando?” ripete Enjolras con un sorriso. “Ah sì?” Si avvicina a lui, lentamente, poi gli allaccia le braccia dietro il collo senza rompere il contatto visivo. Grantaire ha gli occhi più incredibili che abbia mai visto, di quell'azzurro che a volte diventa grigio, a volte diventa blu profondo, solo a seconda della luce. Al momento lo stanno osservando con uno sguardo luminoso. Gli occhi di Grantaire sono sempre così pieni di cose.
“Sì,” conferma con un breve cenno. Gli fa scorrere una mano lungo il fianco sinistro. “L'anno è appena iniziato e non abbiamo ancora avuto un momento per noi.”
“Abbiamo appena passato tutta l'estate insieme, 'Taire.”
Grantaire alza gli occhi al cielo. Gli prende la mano, si gira e continua a camminare verso la sua destinazione. “Il punto è che stasera non studierai, non farai i compiti, non cercherai di aiutare nessuno, e nemmeno di innescare di nuovo una rivoluzione degli studenti. Stasera stai con me.”
“E se mi viene fame? O sete?” lo stuzzica Enjolras.
Grantaire si blocca nuovamente. Quando si gira, questa volta, sembra incerto. “Se davvero non vuoi venire possiamo tornare in Sala Comune,” dice piano. “Scherzavo quando ho detto che sei così impegnato da non avere più tempo per me.”
Enjolras aggrotta la fronte. “Non l'hai messo in questi termini,” dice. Grantaire pensa davvero che non voglia passare del tempo con lui? È fuori di testa? “'Taire, dovresti saperlo che non desidero altro che passare del tempo con te. L'ho voluto per anni. Lo sai. Lo sai che ti-”
Allarmato, Grantaire scuote la testa con forza. Lo fa ogni volta che Enjolras prova a dire quelle parole, le parole che bruciano dentro di lui ormai da mesi e mesi.
“Va bene,” dice con voce calma. “Portami dove mi devi portare, e poi parliamo.”
Grantaire annuisce, ma, invece di voltarsi e proseguire, si allunga verso di lui. Enjolras copre la distanza tra le loro bocche senza esitare. Le labbra di Grantaire sono morbide e calde. Vorrebbe non separarsene mai. Una volta glielo ha detto e Grantaire si è messo a ridere ed è arrossito, perché lui può farsi strada senza problemi tra battute, frasi ambigue, gesti eloquenti – e persino durante certe cose a cui Enjolras non può pensare adesso, no, non ci penserà – ma quando entrano in gioco i sentimenti, beh, allora arrossirà e inizierà a balbettare e i suoi grandi occhi azzurri si allargheranno sempre di più, e Enjolras ancora non può credere che stiano davvero insieme perché Grantaire è così meravigliosamente incredibile. Lo è sempre stato.
Enjolras gli prende il viso tra le mani, intenzionato ad approfondire il bacio, quando le risatine smorzate di un gruppo di ragazze non lontano da loro lo riportano alla realtà.
“Vieni,” mormora Grantaire, riprendendogli la mano.
Enjolras sente altre risatine mentre si allontanano.
Il fatto che Grantaire lo conduca nel corridoio ormai familiare del settimo piano non dovrebbe sorprenderlo. La Stanza delle Necessità è ormai utilizzata solo per le riunioni del Club dell'ABC, oppure per quando vogliono ritrovarsi tutti insieme e non hanno altro posto dove andare. Lui e Grantaire ci sono stati raramente insieme. Enjolras reprime un brivido al ricordo del motivo per cui vi sono entrati la prima volta.
La stanza che si apre ai suoi occhi è la loro stanza, quella dell'arte e dei cuscini morbidi. Si siedono senza una parola. C'è tanto spazio, ma sono comunque vicini, come sempre.
“Mi dispiace di averti trascurato,” sussurra Enjolras.
Grantaire avvampa. “Non importa,” dice. I suoi occhi sono fissi sulle loro mani intrecciate. “In un certo senso me lo aspettavo.”
“Che vuoi dire?”
Grantaire sospira. Ha una mezza idea di lasciar cadere l'argomento, ma alla fine tenta di formulare una risposta sensata. Non è facile. Non quando sa che Enjolras lo sta guardando in quel modo. “Enjolras, è il nostro ultimo anno. Sei preoccupato per i M.A.G.O. Non fai che studiare, ripassare ed esercitarti a fare incantesimi. Sei sempre più chiuso in te stesso. Che cosa ti ricorda?”
Enjolras si lascia cadere all'indietro sui cuscini. “Lo sto rifacendo, vero?” mormora.
“Non è colpa tua.”
“Certo che lo è.”
“Non lo fai volontariamente,” ribatte Grantaire. Enjolras si limita a sbuffare. Non sembra intenzionato a rimettersi seduto, quindi lui gli si sdraia accanto, sorretto da un gomito per poterlo vedere in faccia. “Ehi,” insiste “Dico sul serio.”
Enjolras volta il viso nella sua direzione, inchiodandolo con i suoi occhi blu. “Non mi piace farvi preoccupare,” borbotta. “Nessuno di voi. È stato Combeferre a dirti di parlarmi?”
“Sono stato io a dirmi di parlarti.”
Enjolras alza gli occhi al cielo.
“E poi Combeferre ormai è troppo fuori di testa,” aggiunge Grantaire in tono malizioso.
“Che succede?”
“Courfeyrac.”
“Ah. Capisco.”
“Non riesco ancora a credere che li abbiamo battuti.”
Enjolras emette un suono a metà tra un gemito e un lamento. Si volta completamente verso di lui, avvolgendo le braccia attorno alla sua vita, nascondendo la sua espressione. “Smettila con questa storia,” bofonchia.
Grantaire fa finta di non sentire il suo sorriso attraverso la maglietta leggera. “Lo so che in realtà sei felice che siamo riusciti a metterci insieme prima di loro. Significa che non siamo così senza speranza,” gli bisbiglia nei capelli dorati, stringendolo.
Enjolras rimane in silenzio. Cambia leggermente posizione, seppellendo il viso nel collo di Grantaire con un sospiro soddisfatto. Lui rabbrividisce. È abituato alla vicinanza di Enjolras, al contatto fisico con lui – a tanto contatto fisico con lui, come ha avuto il piacere di scoprire durante i primi mesi della loro relazione – ma ogni volta non riesce a fare a meno di meravigliarsene. Non riesce a credere a ciò che ha.
“Sei stanco?” gli chiede, giusto per colmare il silenzio.
Dalla bocca di Enjolras esce un suono indistinto. Se possibile si sposta ancora più vicino, in modo che i loro corpi aderiscano perfettamente.
“Vuoi dormire?” ritenta Grantaire.
Enjolras gli posa un bacio nell'incavo tra il collo e la spalla, poi un altro sulla gola. “Voglio solo stare un po' con te,” risponde, ripetendo le stesse parole che Grantaire ha usato con lui all'inizio, quando gli ha preso la mano e ha iniziato a trascinarlo per il castello dopo la cena in Sala Grande. “Semplicemente stare un po' con te.” Gli lascia una scia di baci sulla pelle, strofinando le labbra sulla clavicola destra.
Grantaire ha già il respiro lievemente affannoso quando abbassa il viso per catturargli la bocca con la sua. È sempre così ormai, soprattutto negli ultimi tempi. A volte quasi gli mancano i giorni in cui Enjolras non faceva che arrossire se Grantaire si permetteva un gesto più ardito, quando i loro baci erano sempre nuovi e allo stesso tempo esitanti e incredibilmente appassionati, fatti di mani vaganti e gemiti a mezza voce, quando non occorreva che una giusta mossa per far cadere in pezzi entrambi. Sono momenti che ricorda con affetto, perché costituiscono l'inizio di tutto, l'inizio della loro storia.
Adesso i loro baci sono più esperti, più consapevoli. Grantaire sa che Enjolras adora quando gli tira leggermente i capelli al tempo dei movimenti della sua lingua, avvolgendo le dita tra le ciocche morbide. E se gli posa una mano sulla parte bassa della schiena mentre gli morde il labbro inferiore e spinge, sa che Enjolras emetterà un gemito che lo porterà a volerlo fare ancora, e ancora.
“Non sai quanto io ami vederti così,” gli sussurra sulle labbra, tentando di riprendere fiato.
Enjolras si avvicina di nuovo, ma questa volta il bacio è breve e dolce. Gli accarezza una guancia con la mano. “Prima o poi mi permetterai di dirtelo,” dice.
Grantaire sospira. Cambia posizione per lasciare che Enjolras si acciambelli contro di lui. “Sì,” mormora. Torna ad accarezzargli i capelli. “Prima o poi.”
 
 
5.
 
Combeferre vorrebbe semplicemente studiare.
Con la Sala Comune piena e rumorosa, Feuilly e Bahorel che ridacchiano in biblioteca – o meglio, Bahorel infastidisce Feuilly, che con lui non sa mai restare serio troppo a lungo – e le classi chiuse a chiave, non ha altra scelta. La Torre di Grifondoro è occupata dalle risate di Courfeyrac che intrattengono l'intero ambiente e da Enjolras e Grantaire che, beh, sono Enjolras e Grantaire. Non sono svenevoli quanto lo erano Marius e Cosette durante le loro prime settimane insieme, ma sono comunque qualcosa. Combeferre tenta sempre di non pensarci troppo, sin da quando i due hanno finalmente annunciato di essersi messi insieme il mese prima – con gran sollievo dell'intero corpo studentesco. Pensarci lo mette sempre a disagio. Non perché sia geloso di Enjolras o di Grantaire, certo che no, ma forse lo è di quello che hanno, perché lui lo vorrebbe tanto avere con... comunque. Anche la Sala Comune di Tassorosso è chiassosa, e non può certo invitarsi nei sotterranei di Serpeverde. Quindi non ha altra scelta: deve usare la Stanza delle Necessità.
Una volta lui e Jehan sono andati lì per studiare insieme. Combeferre gli ha anche dato una mano con Divinazione. Non ha mai partecipato a una sola lezione di Divinazione, che Jehan trova molto affascinante.
Combeferre deve studiare Pozioni, Aritmanzia e Trasfigurazione. Vorrebbe chiedere a Courfeyrac se vuole ripassare Antiche Rune insieme a lui. Sospira. È sempre stato bravo a reprimere ciò che prova, o quantomeno a ignorarlo. Questa volta è solo un po' più difficile del solito.
Entra nella Stanza delle Necessità. È piccola e bene illuminata, perfetta per trascorrere qualche ora a studiare. Non gli piace ammetterlo, ma il sesto anno è lievemente più arduo di ciò che aveva programmato.
Sospira di nuovo, e poi apre il primo libro.
 
 
+1.
 
“Vuoi andare nella Stanza delle Necessità?”
È una domanda fatta senza malizia o secondi fini, ma Marius mentre la pronuncia non può fare a meno di arrossire.
Accanto a lui, Cosette gli sorride tranquilla e gli posa la testa sulla spalla. Ha capito. Come sempre, ha capito. “Magari più tardi,” risponde.
Sono tutti nella Sala Comune di Tassorosso. Ci sono Joly e Bossuet che ridacchiano di qualcosa con Grantaire, che ha la mano ben stretta a quella di Enjolras. Lui sta parlando animatamente insieme a Musichetta. Jehan sta leggendo il giornale appoggiato alle gambe di Courfeyrac. Quest'ultimo è accanto a Marius ed è stranamente silenzioso. Proprio come Combeferre. Cosette non ha idea di come vadano le cose tra loro. Non ancora. C'è anche Éponine, addormentata con la testa sulle gambe di Jehan.
A Cosette mancano Feuilly e Bahorel. Hanno finito la scuola l'anno prima. E come farà quando anche tutti gli altri se ne andranno? Mancano solo poche settimane all'inizio dei M.A.G.O. Solo poche settimane alla fine di tutto. Sa che si scriveranno, che si vedranno nelle vacanze estive, e poi durante quelle di Natale, ma non può fare a meno che incupirsi al pensiero che tra poco finirà tutto. Le rimarranno solo le sue amiche e i suoi compagni di Casa per il suo settimo anno.
“O magari domani,” si corregge.
Ama quando stanno tutti insieme. Lei, Marius e tutti i loro amici.
Cerca sempre di non pensare che anche Marius andrà avanti e lei dovrà rimanere a Hogwarts per altri interminabili mesi. Non è preoccupata per la loro storia – perché dovrebbe? – ma sa che cambierà tutto. È inevitabile.
A volte le piacerebbe poter fermare il tempo. Congelare gli attimi perfetti come quello che sta vivendo proprio adesso e rimanere così per sempre.
Si limita a sollevare la sua vecchia macchina fotografica, sorridendo a tutti mentre scatta fotografie che conserverà per sempre. 




-- note: Mi avete chiesto il fluff, vi ho dato il fluff! Anche come ringraziamento per le bellissssime recensioni che lasciate. ♡ 
Procediamo velocemente: trovate tantissimi indizi su ciò che è successo/succederà nelle prossime fics, che naturalmente si svolgeranno prima del settimo anno, e dico tantissimi
Per chiarire: nella prima e nella seconda parte sono al quarto anno, nella terza alla fine del quinto, in quella su Enjolras e Grantaire sono all'inizio del settimo anno, nella quinta parte sono al sesto, e nell'ultima di Cosette ci troviamo alla fine del settimo (non per lei, perché, se ricordate, lei è un anno più piccola). 
La maggior parte delle fics che scrivo sono dal punto di vista di Grantaire, e a Grantaire non piace parlare di sè. Per questo ho deciso di offrire uno sguardo diverso, scrivendo dal punto di vista di diversi amis - ho anche tentato di scrivere dal punto di vista di Enjolras e ho fallito miseramente, quindi sono tornata a R, ma cercherò di riprovarci, prometto! 

 
   
 
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