N o b o d y l i k e s t a n g e r i n e s
Il rombo penetrante delle
sirene del porto si mischiava al ritmo travolgente delle voci degli
Slade dando origine a una sinfonia dissonante. Shona mise in pausa la
riproduzione del brano ma le note di Merry
Christmas Everybody
continuarono a risuonarle nella mente come un tarlo impossibile da
scacciare. Ne canticchiò il ritornello mentre versava la cioccolata
densa e scura in una tazza; il pentolino andò ad accumularsi
sulla pila di stoviglie ancora da lavare, stipate da qualche settimana
sulla superficie adiacente ai fornelli. Fece per prendere un cucchiaino
ma si accorse che il portaposate era vuoto - ancora
più vuoto del suo cuore - e che cucchiai e forchette
giacevano abbandonati nel lavello, l’acciaio opaco e
consumato dai ripetuti lavaggi.
Le palline
dell’albero baluginavano lisce nella fioca luce del
pomeriggio invernale, e Shona ricordò quel giorno di due
anni prima da Tesco, quando fuori nevischiava e lei era indecisa tra le
palline rosse e quelle oro e Dave - Dave - aveva scelto per lei le
rosse. Scacciò l’impulso di sfilarle dai rami
verdi di plastica, una alla volta, e di lanciarle nel canale che
scorreva sotto la sua finestra, per poi guardarle galleggiare tra i
mozziconi di sigaretta e gli esperimenti culinari mal riusciti della
vicina. Raccolse invece un maglione appallottolato sul pavimento e,
lisciatolo, lo appese allo schienale del divano, dove si sedette dopo
aver poggiato la tazza bollente sul tavolo di fronte. I suoi programmi
per il giorno di Natale erano lì, scritti a pennarello su un
foglio a buchi strappato da un suo vecchio quaderno per appunti; cinque
attività che - fatta eccezione per la toccata e fuga di suo
padre - non prevedevano altra compagnia al di fuori di quella del
televisore e di varie scatole di cibo d’asporto. Le
spuntò un sorriso involontario: niente
mandarini, quest’anno. I pensieri corsero a Dave,
alla sua assurda passione per quei piccoli frutti arancioni e alla sua
cucina disseminata di bucce ruvide dal profumo intenso, e il sorriso da
compiaciuto le si fece amaro. Riprese in mano il pennarello e con
piglio deciso aggiunse un ultimo punto alla lista: dimenticare
Dave.
Sospirò, e disegnando sovrappensiero qualche punto
interrogativo, si chiese se esistesse qualcuno, in tutto il tempo e lo
spazio, che odiasse i mandarini quanto lei.
Frida’s corner ~
Come
si dice, a volte ritornano. Al ritmo di una flashfic
all’anno, ma ritorneranno sempre.
Questa storia ha avuto una gestazione lunga quanto quella di un bambino (e si parla di 378 parole, e io ancora continuo a sognare di riuscire a scrivere una long), visto che l’idea di scrivere su Shona è stata concepita subito dopo aver visto lo speciale di Natale, ma gli appunti che avevo preso riguardando l’episodio sono miseramente rimasti sul fondo della mia cartella piena di trame accennate e documenti Word praticamente vuoti fino all’altroieri, quando guardando la 9x04 ho desiderato che O’Donnell diventasse la nuova companion e Shona - per la quale conservo tuttora la stessa speranza - mi è tornata in mente, e con lei il suo missing moment ancora da scrivere. Così ho ripreso in mano gli appunti e ho scritto, il che non mi succedeva da tipo più di un anno *me immensamente felice*
Molti dei dettagli presenti nella storia rimandano all’episodio (vi sfido a riconoscerli tutti :D) e il titolo è una frase pronunciata dal Dottore nella scena sul tetto di Clara. La città in cui ho immaginato che abiti Shona è Hartlepool - sì, ho controllato la provenienza del suo accento, sì, ho studiato la costa orientale dell’Inghilterra, sì, mi mancava un sacco documentarmi mentre scrivo una storia *W* Ah, ovviamente il missing moment è da collocarsi subito prima che Shona venga attaccata dal Granchio dei Sogni, lo specifico nel caso non fosse chiaro.
Dopo questo sproloquio (come al solito non riesco a contenermi, certe cose non cambiano mai XD), vi ringrazio per aver letto e spero vi sia piaciuto questo mio esordio nel fandom - che conoscendomi non poteva che essere su un personaggio super secondario LOL
Alla prossima - che non so tra quando sarà, ma ci sarà.
Frida
Questa storia ha avuto una gestazione lunga quanto quella di un bambino (e si parla di 378 parole, e io ancora continuo a sognare di riuscire a scrivere una long), visto che l’idea di scrivere su Shona è stata concepita subito dopo aver visto lo speciale di Natale, ma gli appunti che avevo preso riguardando l’episodio sono miseramente rimasti sul fondo della mia cartella piena di trame accennate e documenti Word praticamente vuoti fino all’altroieri, quando guardando la 9x04 ho desiderato che O’Donnell diventasse la nuova companion e Shona - per la quale conservo tuttora la stessa speranza - mi è tornata in mente, e con lei il suo missing moment ancora da scrivere. Così ho ripreso in mano gli appunti e ho scritto, il che non mi succedeva da tipo più di un anno *me immensamente felice*
Molti dei dettagli presenti nella storia rimandano all’episodio (vi sfido a riconoscerli tutti :D) e il titolo è una frase pronunciata dal Dottore nella scena sul tetto di Clara. La città in cui ho immaginato che abiti Shona è Hartlepool - sì, ho controllato la provenienza del suo accento, sì, ho studiato la costa orientale dell’Inghilterra, sì, mi mancava un sacco documentarmi mentre scrivo una storia *W* Ah, ovviamente il missing moment è da collocarsi subito prima che Shona venga attaccata dal Granchio dei Sogni, lo specifico nel caso non fosse chiaro.
Dopo questo sproloquio (come al solito non riesco a contenermi, certe cose non cambiano mai XD), vi ringrazio per aver letto e spero vi sia piaciuto questo mio esordio nel fandom - che conoscendomi non poteva che essere su un personaggio super secondario LOL
Alla prossima - che non so tra quando sarà, ma ci sarà.
Frida