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Autore: Kellh    14/10/2015    2 recensioni
"Zombie: se non puoi batterli evita almeno di unirti a loro".
Dalla storia:
"Chiudendo gli occhi Mitch poteva ancora sentirlo grattare disperato il legno della porta cercando di aprirla e le urla, Dio santo le urla. Si erano impresse a fuoco nella sua mente le grida strazianti che supplicavano salvezza e poi la morte mentre i cadaveri lo mangiavano vivo."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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The last day on Earth

Erano barricati nella fattoria da quasi una settimana e non avrebbero potuto restarci ancora a lungo. Era rimasto poco di tutto: cibo, acqua, munizioni, il loro plotone, l’Umanità stessa sembrava giunta al capolinea. L’unica cosa che abbondava erano i morti ed erano famelici.

   «Mitch, secondo te è giorno fuori?» domandò Carol smuovendosi dal torpore in cui era piombata da quando Doc se n’era andato. Mitch non ne aveva idea, tutte le finestre erano sprangate con assi di legno e non lasciavano passare la luce del sole. L’unica illuminazione era il camino che mantenevano sempre acceso per allontanare il freddo esterno e dissuadere i non morti dall’usarlo come via d’accesso. Era l’unica cosa che temevano, il fuoco, vi si tenevano alla larga quasi ricordassero il pericolo che rappresentava. Doc se l’era domandato spesso nei mesi precedenti se i morti ricordassero ancora qualcosa della loro vita passata, di ciò che erano stati. Aveva smesso una settimana prima, proprio oltre la porta su cui si concentrava lo sguardo di entrambi. Chiudendo gli occhi Mitch poteva ancora sentirlo grattare disperato il legno della porta cercando di aprirla e le urla, Dio santo le urla. Si erano impresse a fuoco nella sua mente le grida strazianti che supplicavano salvezza e poi la morte mentre i cadaveri lo mangiavano vivo.  La parte peggiore fu barricare la porta sapendo che se l’avessero aperta anche solo per mettere fine alle sue sofferenze l’avrebbero subito raggiunto nello stomaco di quei mostri. Era ancora là fuori Doc, quel che restava di lui almeno.

   «Allora?» chiese ancora Carol riscuotendolo dai cupi pensieri in cui era piombato. Mitch spiò da sotto la porta la situazione fuori usando la lucida lama del suo coltello come specchio, il sole vi si rifletteva sopra. Spostarono la cassapanca che bloccava la porta per poterla aprire usando la massima cautela e tenendo sempre le armi pronte. Fuori non c’era più nessuno, solo le poche ossa superstiti di Doc che biancheggiavano al sole del mattino. Soffiava una brezza leggera e nonostante fosse ormai prossimo l’inverno, si stava piuttosto bene. La giornata ideale per scavare un’altra tomba.

Misero quel poco che restava di Doc in un sacco e lo portarono sul retro della fattoria dove sotto una maestosa quercia riposavano in fila i loro commilitoni: Colm, Mickey, Lyla, Tom, Miranda, il tenente Corbin e altri. Le loro piastrine in verità, i corpi avevano dovuto abbandonarli nel punto in cui erano morti mentre scappavano dalla città. Tom e Lyla li avevano seguiti per giorni durante la fuga, restituirli alla morte era stato molto difficile, soprattutto per Carol che di Tom era innamorata anche se non glielo disse mai.

   «è la fine, vero?» domandò Carol mentre Mitch incideva il nome del loro compagno sulla rozza croce che aveva fabbricato con un paio d’assi di legno. «Gli ultimi giorni dell’Uomo».

   «Il pessimismo fa male al fegato» la esortò Mitch, ma darle torto era sempre più difficile ogni giorno che passasse. La radio era silenziosa da tanto tempo, per quanto ne sapevano, erano gli ultimi rimasti. Aveva ancora senso sperare a quel punto? Non era forse meglio darci un taglio una volta per tutte? Mitch ci aveva pensato a lungo e aveva preso la sua decisione. Commemorarono Doc in silenzio, quel che c’era da dire era già stato detto tante, troppe volte per aver voglia di ripeterlo ancora.

   «Mitch credi che i dinosauri sapessero che non sarebbero durati per sempre?» domandò Carol all’improvviso alzando lo sguardo al cielo terso.

   «Non dire fesserie, con le noci che avevano per cervello, era già tanto che sapessero di dover mangiare per vivere». Carol scoppiò a ridere, era passato tanto tempo dall’ultima volta e non ce ne sarebbe stata un’altra. Mitch la colpì al capo con la pala una, due, tre volte finché non crollò a terra con la testa sfondata e il rosso del sangue non andò a mischiarsi col verde dell’erba. Era giunto alla conclusione che farla finita ora era la cosa più pietosa, più umana da fare. Lui e Carol avevano sofferto abbastanza.

Mitch si rimise al lavoro, c’erano altre due tombe da scavare.
   
 
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