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Autore: Avenal Alec    23/10/2015    2 recensioni
La storia comincia alcune settimane dopo il termine della puntata 2x16 ed è incentrata sui personaggi di Bellamy e Clarke.
Bellamy e Clarke non sono più sottoposti alla tensione della sopravvivenza a tutti i costi. Dovranno affrontare non solo i fantasmi del loro passato ma la consapevolezza che la Terra è realmente la loro nuova casa e dovranno scegliere come vivere in questo nuovo mondo. . A complicare il tutto, la "quiete" in cui vivono li porterà a fare i conti con il tipo di legame che li lega :)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The 100 - Welcome to the new world'
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CAPITOLO 21

Bellamy si destò sentendo un brusio di sottofondo, ma il dolore pulsante alla tempia sinistra prese il sopravvento. Aprì gli occhi lentamente mentre tentava di sollevarsi da terra.
Con una certa difficoltà si mise a sedere. 
Brutta idea, un istantaneo capogiro gli fece venire la nausea ma non cedette al desiderio di riappoggiarsi al pavimento, il corpo urlò in un paio di punti e Bellamy dovette respirare diverse volte per affrontare il dolore. 
Il rumore di sottofondo e la voce umana che lo aveva destato lo distrassero nuovamente.
La ricetrasmittente!
Era caduta poco distante da lui. Con attenzione cercò di rimettersi in piedi, il dolore alle costole sembrava solo un rumore di fondo e ne fu felice. Forse la situazione erano meno grave di quello che gli era apparso in un primo momento. Poi, una stilettata alla caviglia, l’obbligò immediatamente a sedersi. Tentò di muovere il piede a destra e a sinistra e il dolore fu ancora più forte. Non osava togliersi lo scarpone per timore che la caviglia potesse gonfiarsi. Forse era solo una brutta botta ma poteva essere anche una distorsione. Chiuse gli occhi e si accorse che anche il viso aveva qualcosa che non andava: era dolorante come tutto il resto. La sua mano sinistra corse subito a tastare la zona. La tempia sinistra e la guancia erano gonfie. Per fortuna non c’era sangue e sembrava, per ora, che il gonfiore non avesse raggiunto l’occhio. Non era di certo una bella situazione, rifletté il ragazzo. 
“Bellamy…” la voce di Raven interruppe l’inventario delle sue ferite. 
Doveva rispondere e avvertire del suo stato, sapeva che non sarebbe riuscito ad andare da nessuna parte in quel momento. Non ridotto così. 
Raggiunse la radio con una certa fatica. Le tempie imperlate dal sudore e il dolore pulsante alla testa e alla caviglia lo stavano martoriando. 
Attese un istante prima di schiacciare il tasto per la comunicazione per schiarirsi la mente, far tornare il respiro regolare con la speranza che il dolore si attenuasse.
Non sapeva da quanto era svenuto, ma dall’apertura filtrava ancora luce e questo gli fece ben sperare.  Forse la situazione era meno critica del previsto e avrebbe potuto chiamare i soccorsi prima dell’arrivo della notte. Prima dell’arrivo della tempesta.

Clarke camminava con passo spedito, era già uscita dalla foresta e in lontananza riusciva a vedere il campo Jaha. Il sole stava cominciando la sua parabola discendente. Se fosse stata fortunata sarebbe riuscita ad arrivare al campo poco prima dell’imbrunire. Si sentiva ritemprata da quell’uscita e decise che doveva rifare quell’esperienza più spesso. Amava il campo ma rimanere chiusa in quel luogo gli faceva perdere la prospettiva delle cose, creando paure e fantasmi dove non c’erano. 
Il rumore della ricetrasmittente la fece sobbalzare e perdere il passo.
Si fermò, la sganciò dalla cintura pronta a rispondere. 
Cliccò sul pulsante.
“Raven?, sono Clarke”
Fra le interferenze delle scariche elettrostatiche sentì subito la voce della ragazza.
“Clarke, dove sei?” 
“Sulle colline a poche ore di cammino dal campo Jaha” rispose Clarke.
“Bene, rientra il prima possibile, c’è una tempesta in arrivo e sarà qui prima del previsto”
Clarke alzò gli occhi al cielo, era sereno, ma alla sua sinistra, oltre la cresta delle montagne, notò il grigiore che le sovrastava. 
“Dovrei essere a casa fra un paio d’ore.”
“Perfetto, ci si vede a cena in sala mensa allora” rispose scherzando Raven.
“Certo! A dopo” replicò Clarke chiudendo la conversazione. 

“Raven?” chiamò Bellamy aprendo la comunicazione con il campo Jaha.
“Bellamy, finalmente, mi stavo preoccupando. Dove sei? molla tutto e rientra. La tempesta arriverà prima e Abby vi vuole tutti al campo con o senza Medicinali ”. 
Bellamy prese un respiro, di male in peggio.
“Sono al rifugio, ad almeno un paio di ore di cammino dalla base ma sono ferito e non credo di poter raggiungere in tempo il campo.”
“Stai bene adesso?” la voce gli arrivava distorta ma percepì la preoccupazione della ragazza.
“Sì! sono tutto intero ma ho una caviglia fuori uso.”
Non disse altro, le implicazioni erano chiare. Se i soccorsi fossero partiti subito sarebbero arrivati prima dell’ imbrunire, ma non era detto che sarebbero giunti prima della tempesta. 
Era bloccato lì. 
Anche Raven era silenziosa, erano giunti alla stessa conclusione.
“Raven, senti, il luogo è sicuro e ho riserve di cibo in abbondanza. Passerò qua la notte e domani, se la tempesta si sarà placata, potrete raggiungermi. Ho passato già notti all’addiaccio e in situazioni peggiori. Me la caverò” .
“Nei sei certo?” 
“Mi godrò una bella nottata di tranquillità lontano da voi, cosa potrei volere di più?” scherzò, sperava che la sicurezza che non provava si trasmettesse almeno a Raven.
“Sbruffone” rispose subito la ragazza.
La risata divertita di Bellamy risuonò nella stanza. Il ragazzo poi si guardò in giro e si reso conto che poteva realmente andargli peggio. I soccorsi sarebbero arrivati il giorno dopo, ne era certo. Era abituato a dormire fuori, nulla di preoccupante. Certo non avrebbe mai immaginato quella mattina, quando si era svegliato, di ritrovarsi solo e ferito in un rifugio. Aveva sperato in un finale diverso per quella giornata. L’immagine di una ragazza bionda fece subito capolino nella sua mente. 
Schiacciò subito il pulsante della trasmissione.
“Clarke? È rientrata? L’avete avvertita della tempesta?” sentì la tensione nella sua voce ma non poteva farne a meno. 
“Si! sta rientrando proprio ora” rispose subito Raven. 
“Grazie” replicò il ragazzo tirando un sospiro di sollievo. “Ci sentiamo domani Raven”
“Aspetta Bellamy! Clarke dovrebbe essere vicino al tuo rifugio. Siete usciti e andati nella stessa direzione. Potrebbe raggiungerti, magari con il suo aiuto ce la fate a rientrare. La chiamo!”
“No” il ragazzo quasi urlò “Non chiamarla, deve rientrare, se tentasse di venire  da questa parte potrebbe perdere del tempo e la tempesta potrebbe raggiungerla prima di arrivare al rifugio. Non facciamole correre questo rischio inutile, sono al sicuro qui.” 
La ragazza non risposte subito.
“Sei un testone e Clarke mi odierà quando lo verrà a sapere lo sai questo?” 
“Raven sai che è la cosa giusta da fare”
“Con voi due non lo so mai ! e il saperti là fuori ferito non mi piace” rispose Raven. 
Probabilmente Bellamy fraintese il rumore di sottofondo che sentì ma sembrava un sospiro. 
“Va bene” disse con voce più decisa  la ragazza “Ora la sento, vedo dov’è esattamente e se si trova abbastanza vicino, allora l’avverto altrimenti non le dirò niente”
“Raven…” cercò di dire Bellamy.
“Fidati, se non sarò certa che ti possa raggiungere in un breve lasso di tempo starò zitta. Mal che vada invece sarete obbligati a passare la notte insieme”
Che Raven lo stesse prendendo in giro. In quel momento? Pensò subito Bellamy, Le parole della ragazza gli avevano fatto pensare a ben altro. Aprì un paio di volte la bocca per rispondere. Il dito sull’interruttore della radio..
“Bellamy ci sei?”
“Si”
“Ok, allora la sento e poi ti faccio sapere” disse chiudendo la comunicazione.
Bellamy poteva solo aspettare, il pensiero rivolto a Clarke. Alla possibilità che lo raggiungesse e che potessero rimanere bloccati in quel luogo.
Soli. 
La certezza che non sarebbe mai potuto essere come le altre volte.


“Clarke?”, “Clarke?”
Era la voce di Raven, la ragazza prese subito in mano la ricetrasmittente senza smettere di camminare.
“Ehi! Che c’è?.” osservava le montagne e il cielo. Nuvoloni all’orizzonte stavano superando la cresta dei monti e si era alzata una lieve brezza. Per un istante pensò che non sarebbe arrivata in tempo. Mentalmente stava riflettendo.
“Dove sei di preciso?” chiese Raven.
Clarke tentò di spiegarglielo anche se, senza una cartina topografica e una bussola era difficile.
“Lì vicino ci dovrebbe essere un rifugio vero? una cantina o qualcosa di simile”.
Clarke annuì impercettibilmente, sapeva che Raven non poteva vederla e rispose subito “Si! l’abbiamo scoperto Bellamy ed io quando sono rientrata al campo mesi fa. Perché? pensate che non riuscirò ad arrivare in tempo al campo?” 
“Quanto è distante da lì” 
“Non saprei” Clarke riflettè “Forse un’ ora o poco più. Perché?”
Raven non rispose alla sua domanda. Sentiva solo le cariche elettrostatiche della comunicazione.
“Raven, cosa c’è, dimmelo!”
Qualcosa non le tornava e cominciava a preoccuparsi.
“Raven, cosa sta succedendo?”
Finalmente la ragazza le rispose
“Bellamy, è bloccato in quel rifugio, ferito. Sta bene ma non è in grado di rientrare alla base.” 
Clarke, sentì un tuffo al cuore, doveva raggiungerlo subito.
“Vado da lui!”
“Clarke, non riuscirete a rientrare in tempo” tentò Raven.
“Ho visto ben di peggio e là saremo al sicuro dalla tempesta” rispose Clarke risoluta mentre stava già cambiando direzione.
“Ci aggiorniamo quando arrivo al rifugio” avvertì la ragazza prima di chiudere la comunicazione e aumentare il passo.

Bellamy non era soddisfatto della conversazione con Raven ma, qualunque cosa ne sarebbe venuta fuori, come prima cosa doveva pensare a come passare la notte. Lo sportello aperto lasciava entrare l’aria che si era fatta più fredda, sentiva a distanza i rumori delle fronde degli alberi ghermite dal vento. La tempesta sarebbe arrivata e lì non era al sicuro, sapeva di non poter raggiungere lo sportello e richiuderlo. Si guardò in giro, la stanza in cemento aveva diverse scaffalature, sopra erano appoggiate scatole, le riserve di medicinali e altre cose necessarie alla sopravvivenza. Dietro di lui, di fronte alla scala una porta portava a un’altra dispensa. Alla sua sinistra, se ricordava bene, una pesante porta in ferro dava in un piccola stanza. 
Con una certa fatica si sollevò in piedi cercando di non forzare sulla caviglia che gli stava facendo un male d’inferno e si trascinò saltellando verso quella seconda porta. 
Lì dentro sarebbe stato per lo meno al caldo. Il rifugio sotterraneo aveva una temperatura superiore dell’esterno e gli avrebbe permesso di non soffrire troppo per il freddo.
Forzò la porta, sembrava non volersi muovere di un centimetro eppure, la prima volta, erano riusciti ad aprirla. 
La prima volta eravamo in due e io ero in forma, rifletté Bellamy. 
Il dolore non accennava a sedarsi e lo sforzo per aprire la porta lo acuiva ma non poteva rimanere lì fuori.
Si appoggiò un istante alla porta, il tempo di riprendere fiato e sperare che il dolore si attenuasse.
Passarono alcuni minuti, ore nella sua testa ma, lentamente, la sofferenza divenne abbastanza sopportabile per riprovarci.
Girò la maniglia e spinse appoggiando tutto il suo peso.
Questa volta la porta si mosse aprendo uno spiraglio.
Bellamy prese un altro respiro e spinse di nuovo. 
La porta si aprì di colpo, il movimento prese in contropiede Bellamy che, ferito, non riuscì a mantenere l’equilibrio e rovinò nuovamente a terra.
“Maledizione” sussurrò fra i denti mentre il dolore ricominciò a imperversare sul suo corpo.
Rimase disteso a terra, senza più energie. Una mano posata sugli occhi, il suo respiro ansante rimbombava nella stanza buia.
Per ora era al sicuro. 
“Bellamy?”
La voce di Raven lo riscosse.
Con una certa fatica recuperò la radio che aveva attaccato alla cintura.
“Si?”
“Clarke sta arrivando” 
Il silenzio che seguì fra loro era interrotto solo dal brusio della comunicazione aperta.
“Bellamy? Ci sei?”
“Fra quanto arriverà?”
“Una un’ora circa”
“Ok”
“Tu come stai?” 
“Vivo, ancora!” era irritato all’idea che Clarke stesse rischiando la sua vita per raggiungerlo e per una semplice storta. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
“Ok allora, non fare salti di gioia perché ti ho trovato un medico  e compagnia per la notte a portata di mano” rispose Raven. 
Bellamy non potè fare a meno di sorridere, la ragazza non gli aveva solo portato un medico ma molto altro.
“Ok, Grazie Raven, ci riaggiorniamo! Sto esplorando il rifugio!” sperando così di chiudere la comunicazione. Mantenere un tono fermo senza far trasparire la sofferenza stava diventando impossibile.
La ragazza non rispose subito poi dalla distanza sentì un saluto sussurrato prima di chiudere la comunicazione.
Bellamy appoggiò la radio accanto a se, si sentiva stanco, molto stanco come se il suo corpo non rispondesse più ai suoi comandi. 
L’adrenalina che avrebbe dovuto dargli forza era scemata nello stesso istante in cui aveva capito che qualcuno si sarebbe preso cura di lui, che non avrebbe dovuto passare quella notte solo e all’addiaccio. Chiuse gli occhi, il tempo di riprendere il controllo del suo corpo ma svenne di nuovo.

Clarke stava camminando a passo sostenuto, si ricordava la zona in cui avevano trovato il rifugio ma non se la sentiva di correre, non voleva rischiare di cadere lei stessa. Il vento stava diventando più forte e vedeva gli alberi attorno a se piegarsi sotto la forza delle folate di aria. Sentiva il freddo sulla pelle del viso e attraversarle i vestiti forse troppo leggeri. 
Sentiva il cuore battere a un ritmo forsennato per lo sforzo e per la paura. Per quanto Raven l’avesse rassicurata dicendo che era in contatto con Bellamy non poteva fare a meno di pensare che stesse peggio di quanto aveva detto, con tutte le sue forze tentava di sedare la paura irrazionale che tentava di sommergerla. 
Non poteva succedere, non poteva farcela senza Bellamy.
Quando arrivò nella zona in cui sapeva che si trovava il rifugio si fermò. Non riusciva a riconoscere con precisione i riferimenti. Era nel punto giusto? non riusciva a vedere nulla, venne presa dal panico: e se non fosse riuscito a trovarlo, se la zone era sbagliata?.
Un rumore attrasse la sua attenzione. Un clangore, un tonfo ripetuto. Chiuse gli occhi cercando di isolarlo in mezzo al frastuono del temporale che si stava avvicinando. Arrivava dalla sua destra. 
Si slanciò verso quel suono aggrappandosi alla speranza che la portasse al rifugio.
Era un suono irregolare. Clarke camminava con circospezione, osservando il terreno cercando di capire da dove provenisse. Poi vide con la coda dell’occhio un movimento, si girò di scatto. Un tonfo.
Finalmente vide l’ingresso del rifugio. Una delle due porte, mossa dalla violenza del vento, sbatteva ripetutamente contro il terreno. 
Si slanciò verso quella direzione.
Arrivata sulla soglia vide solo il buio oltre le scale.
“Bellamy!” urlo con tutto il fiato che aveva in gola. 
Non ottenne alcuna risposta, urlò di nuovo con lo stesso risultato.
Di nuovo il panico fece per sommergerla ma lo ricacciò in fondo con tutta la forza che aveva. 
Presa una torcia alogena dallo zaino e scese un paio di scalini. Trascinò dietro di se la porta e la bloccò con una fune. 
Saggiò con attenzione gli scalini. Avrebbe voluto scendere a precipizio ma poteva essere pericoloso.
Il fascio della torcia illuminava di una luce biancastra l’ambiente. Man mano che scendeva cominciava a notare le scaffalature e, alla sua sinistra, notò oltre una porta aperta le gambe di qualcuno.
“Bellamy” urlò di nuovo ma la figura non si mosse.
Tenendosi al corrimano, con il cuore in gola fece gli ultimi gradini.
Appena raggiunse il pavimento si slanciò verso di lui.
Lo riconobbe subito, era lui, si sentì attraversata subito da un moto di sollievo.
Vide il lato del viso del ragazzo gonfio. Sentì subito le pulsazioni accanto alla gola. Cercò il suo respiro e quando lo sentì delle lacrime liberatorie che non sapeva di aver trattenuto fino a quel momento si sciolsero sul suo viso. 
Era vivo.

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NOTA: Finalmente ci siamo….con il prossimo aggiornamento entriamo negli ultimi 3 capitoli, il centro di tutta questa storia, quindi è ora che ringrazi di cuore tutti quelli che mi hanno seguito fino ad ora, chi ha messo questa storia fra i preferiti, ricordati e seguiti, chi capitolo dopo capitolo ha scelto di lasciare un proprio commento. Vi ringrazio di cuore, sono contenta di essere riuscita a raggiungervi con la mia storia. Spero di ripagare la vostra pazienza proprio con questi tre capitoli dove la mia visione del rapporto fra Bellamy e Clarke mostrerà il lato che tutti aspettate. Mi rendo conto che rispetto magari ad altre Fan Fiction questo avvicinamento è stato lento ma il loro rapporto non è nato per essere “romantico”, è nato da un rapporto di fiducia e rispetto reciproco. Spesso, riuscire a scardinare determinate paure, accorgersi che c’è un’attrazione oltre all’amicizia, è difficile da accettare perché significa fare un salto nel vuoto rischiando di perdere ogni cosa…
spero con tutto il cuore che in questi ultimi capitoli troviate il Bellarke che vorreste vedere. 
Grazie ancora a tutti e scusate questa nota così lunga a questo punto ma non volevo che le mie fredde notarelle a fine capitolo vi distogliessero dalle sensazione post lettura ☺…spero di leggere i vostri commenti a fine storia soprattutto per capire, una volta arrivati alla fine, quali sono stati i punti deboli dell’intera FF e i punti forti per poter proporvi, magari in un futuro prossimo, una FF ancora più intensa ☺ 
  
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