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Autore: lapoetastra    24/10/2015    1 recensioni
Ed a lei, a lei chi l’aspettava?
Nessuno, se non le Direttrici, avide del denaro che il suo corpo produceva.
Nessuno, se non i clienti, avidi delle sue virtù.
Non poteva neanche scappare: Loro l'avrebbero ritrovata, come facevano sempre.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aveva poi senso vivere?
Non molto, forse.
Vivere del resto significava tornare in quell’istituto che più di una casa era una prigione, per lei.
Voleva dire trascorrere ogni notte con l’ansia di chi le sarebbe entrato in camera, e di cosa le sarebbe capitato, senza che potesse fare nulla per impedirlo.
E questo ogni giorno, ogni giorno lungo come un’esistenza intera, della sua adolescenza rubata.
Valeva la pena vivere?
Mitsuko continuava a domandarselo.
Nessuno le voleva bene, nessuno la amava.
Non aveva amici, non aveva un ragazzo.
Solo clienti, quasi sempre uomini sposati che cercavano di dare una scossa alla monotonia della loro vita quotidiana andando da lei, andando con lei, senza che si potesse ribellare.
Le Direttrici dell’Istituto non glielo permettevano, ed anche se avesse denunciato ogni cosa alla polizia, era sicura che nulla sarebbe cambiato, di certo non in meglio.
La rappresaglia invece sarebbe stata durissima, ed avrebbe messo in pericolo la vita delle sue compagne, che, nonostante tutto, rispettava.
Il cielo era bellissimo, visto dall’altezza dove Mitsuko si trovava adesso.
Si rifletteva nel vasto mare che brillava come un specchio a molti metri sotto di lei, confondendosi con esso, facendola tramare per quella meraviglia a cui prima d’ora non aveva mai avuto il privilegio di assistere.
Un passo.
Un solo passo e l’acqua l’avrebbe avvolta, lavando via  il dolore della sua esistenza, cancellando dalla sua anima le macchie scure che ne avevano intaccato l’originaria purezza, contaminandola con l’orrore del mondo degli adulti, che lei era stata costretta a conoscere troppo presto.
Un solo, semplice passo, e la sua vita ricca di sofferenza e piena di paura sarebbe terminata.
In un attimo, in un secondo.
Una farfalla le volteggiò improvvisamente attorno al viso, quasi a volerla accarezzare.
Mitsuko la guardò.
Le sue piccole e fragili ali erano bianche, candide come la neve. Stupende.
Non ne aveva mai viste di quel colore, mai di così belle.
Il piccolo insetto le fluttuò ancora un po’ attorno, poi se ne andò.
Probabilmente era diretto al suo rifugio, in qualche buco sicuro e caldo nel maestoso tronco di un albero secolare.
Sicuramente qualcuno la stava aspettando.
Ed a lei, a lei chi l’aspettava?
Nessuno, se non le Direttrici, avide del denaro che il suo corpo produceva.
Nessuno, se non i clienti, avidi delle sue virtù.
Una volta, tanto tempo prima, Mitsuko aveva provato a scappare, per ricominciare a vivere lontano da quel suo personale Inferno.
L’avevano ritrovata, neanche dopo un giorno, perché quelle donne crudeli e senza cuore avevano affiliati e spie dappertutto.
Ci aveva riprovato, solo una settimana prima.
Era corsa nella notte, confondendosi tra le ombre, lasciando che il vento asciugasse le lacrime imperiose che le rigavano le guance come fiumi in piena.
Il pomeriggio dopo era di nuovo all’Istituto.
Tanto valeva, allora, provare a fuggire nell’unico altro modo esistente, il solo che l’avrebbe resa definitivamente libera dal dolore e dalle preoccupazioni.
Aveva poi senso vivere, in fondo?
Un gabbiano la stordì con il suo grido stridulo, facendole però allo stesso tempo fremere le corde più recondite del cuore con la felicità pura e sfrenata di cui esso era intriso.
Mitsuko lo ascoltò con piacere, sorridendo inconsapevolmente a quel suono folle di gioia che mai prima d’allora aveva udito.
Era meraviglioso.
Probabilmente quell’uccello che si librava senza peso nel cielo sereno era così gaio perché era libero, senza pensieri, senza costrizioni di alcun tipo.
E lei, lei lo era?
No, lei era circondata dal dolore e dalle violenze che le tappavano le ali.
Ora, però, ora sarebbe volata anche lei.
Aveva poi senso vivere, in fondo?
Sì, adesso sì.
Valeva la pena di esistere anche solo per la natura che quella mattina per la prima volta nella sua giovane vita le si era offerta in tutto il suo straordinario splendore.
Il cielo, il mare, la farfalla dalle ali bianche, il gabbiano felice.
Ecco cosa le dava la forza di andare avanti, di vivere semplicemente per sperare di assistere ancora a tali spettacoli unici che le avevano fatto capire quanto fosse bello il mondo al di fuori delle mura dell’Istituto, la sua prigione.
Mitsuko fece un passo.
Non verso il mare.
Verso la terraferma.
Superò il parapetto con un salto agile, allegro.
Tante vie si diramavano di fronte al suo sorriso, adesso che aveva deciso di vivere.
Mitsuko decise di riprovarci, allora.
Forse… forse stavolta poteva farcela.
Intraprese così la strada della fuga, che si stagliava luminosa ed infinita di fronte a lei, invitandola a proseguire senza mai fermarsi.
Ed il giorno dopo, e quello successivo ancora, nessuno la trovò.
   
 
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